Tintoretto: Il Genio Ribelle della Rinascita Veneziana

La Vita

Jacopo Robusti, noto come Tintoretto, è una delle figure più affascinanti e ribelli del panorama artistico della Venezia rinascimentale. Nato nel 1518, Tintoretto ha lasciato un’impronta indelebile nell’arte, con la sua straordinaria capacità di catturare l’intensità delle emozioni umane attraverso il colore e il dinamismo delle sue composizioni. In questo articolo, esploreremo la vita e le opere di questo maestro veneziano, analizzando il suo stile distintivo e il suo impatto duraturo sulla storia dell’arte.

Tintoretto visse in un periodo di fervente attività artistica a Venezia, città rinomata per la sua prosperità e la sua apertura alle influenze culturali. La sua formazione iniziò nella bottega del padre tintore, da cui derivò il suo soprannome “Tintoretto”. Tuttavia, la sua vera ispirazione venne dalla scoperta delle opere di Michelangelo e Tiziano, che lo spinsero a sviluppare uno stile unico e audace.

Lo Stile Distintivo di Tintoretto

L’arte di Tintoretto è caratterizzata da un’energia e un dinamismo straordinari. Le sue opere sono pervase da movimenti ardenti e drammatici, spesso con figure in pose contorte e illuminate da giochi di luce intensi. La sua abilità nel dipingere giochi di chiaroscuro, unita a una padronanza sorprendente del colore, conferisce alle sue opere un’atmosfera unica e coinvolgente. Il suo stile è un connubio di realismo e visione espressiva, rivelando una profonda comprensione delle emozioni umane.

Le Opere

 

“L’Ultima Cena”

Una delle opere più celebri di Tintoretto è “L’Ultima Cena”, situata nella Chiesa di San Giorgio Maggiore a Venezia. In questa rappresentazione unica dell’evento biblico, Tintoretto rompe con la tradizione, posizionando le figure in un’atmosfera carica di tensione e drammaticità. I personaggi sembrano in procinto di muoversi, catturando un momento di grande intensità emotiva.

“Il Paradiso”

Un’altra opera iconica è “Il Paradiso” nel Palazzo Ducale di Venezia. Questo affresco monumentale, rappresentante una visione celeste, è un capolavoro di dimensioni epiche. Le figure angeliche, le sfumature di colore e la prospettiva ardita conferiscono a quest’opera una grandiosità senza pari.

Eredità e Influenza

Nonostante le sue innovazioni e il suo spirito ribelle, Tintoretto ottenne grande riconoscimento durante la sua vita, diventando uno degli artisti più richiesti della sua epoca. La sua influenza si estese oltre i confini veneziani, influenzando generazioni successive di pittori. Il Caravaggio, ad esempio, si ispirò al suo uso audace del chiaroscuro.

Tintoretto rimane un gigante nell’ambito dell’arte rinascimentale veneziana, il cui spirito ribelle e innovativo ha lasciato un’impronta indelebile nella storia dell’arte. La sua capacità di catturare l’essenza umana con una tale intensità e la sua abilità tecnica straordinaria ne fanno uno dei maestri indiscussi dell’arte occidentale. Attraverso le sue opere, Tintoretto ci invita a esplorare l’umanità in tutte le sue sfaccettature, dimostrando che la vera grandezza artistica risiede nell’abilità di cogliere l’essenza dell’esperienza umana.




Festival di Cannes 2023, i vincitori

Lo scorso 27 maggio si è conclusa la 76ª edizione del Festival di Cannes, uno degli eventi cinematografici più attesi dell’anno e, se Chiara Mastroianni è stata la madrina del Festival, la madre, Catherine Deneuve, ne è stata certamente il volto. Sulla locandina vi era infatti una sua foto scattata nel ’68, quando l’attrice aveva 25 anni.

Questa edizione, inaugurata con la proiezione di “Jeanne du Barry- La favorita del re” e chiusa dal film d’animazione Pixar “Elemential”, è stata inoltre caratterizzata da molti cambiamenti, tra cui sicuramente l’aumento di pellicole trattanti il tema della diversità e un programma con titoli provenienti da buona parte del mondo.

La giuria, presieduta dal regista svedese Ruben Ostlund, vincitore della precedente edizione, ha assegnato la Palma D’Oro di quest’anno al film “Anatomie d’une Chute”, thriller legale della francese Justin Triet. Per la terza volta nella storia del Festival è quindi una donna a vincere il riconoscimento più importante, mentre il secondo più importante, il Grand Prix, è stato attribuito a “The zone of interest”, ambientato durante l’olocausto e acclamato dalla critica. I due film vedono inoltre come protagonista la stessa attrice: Sandra Hüller, la quale ha senza dubbio confermato la sua bravura. Miglior interpretazione femminile, tuttavia, è stata quella di Merve Dizdar in “About Dry Grasses”, mentre, per quella maschile, è stato Koji Yakusho per il film “Perfect Days” a vincere il premio. Degni di nota anche Tran Anh Hung per “La passion de Dodin Bouffant”, premio alla regia, e Yuji Sakamoto per il film “Monster”, miglior sceneggiatura. Infine il premio della giuria è stato assegnato alla commedia sentimentale “Les feuilles mortes” di Aki Kaurismaki.

 

Purtroppo l’Italia, rappresentata dai registi Bellocchio, Moretti e Rohrwacher, non ha invece ottenuto alcun riconoscimento, nonostante le pellicole siano state comunque molto apprezzate.

Possiamo dunque dire che anche questa edizione del Festival di Cannes sia giunta al termine, ora non ci resta solo che aspettare due mesi per il tanto atteso Festival di Venezia.

Virginia Porcelli




Il salotto sulla laguna e dintorni

Quello che colpisce di Cristiano, calabrese che vive e lavora a Roma oramai da diversi anni, è la sua totale sintonia con i viaggi, che lo porta ad avere uno sguardo ricco, attento e pieno di fascino dei luoghi che visita, e che racconta in maniera speciale. Il viaggio è per lui un bel passatempo, un momento di crescita e di confronto con gli altri assieme alla cucina, per cui è osannato dai suoi amici, specie per le farfalle al salmone con zest di cedro (rigorosamente proveniente dalla Calabria) e la lettura, tra cui i libri su Paesi e culture diversi, dal Marocco al Giappone, da cui prende spunto per i suoi viaggi. Oggi ci porta in giro per Venezia e Padova, visitate lo scorso giugno, dopo aver visto un documentario su alcuni luoghi particolari delle due città venete.

Come nasce questo viaggio

Questo viaggio nasce dopo aver visto un documentario su alcune zone di Venezia  che hanno fomentato la mia curiosità. Sono ritornato in questa città, sebbene vista già tre volte, che ha sempre qualcosa di nuovo con il quale stupirti. In questa occasione l’ho visitata con due familiari: dall’arrivo alla stazione Santa Lucia siamo stati ‘avvolti’ dai turisti e dal caos che regna in questa città tra vaporetti, traghetti e barche private. Per fortuna l’albergo, tranquillo, ci ha fatto un po’ dimenticare il frastuono cittadino.

 Calli, campi e sestieri

Venezia non è Venezia se non si fa il giro in gondola! Infatti è proprio con la gondola che si scoprono gli angoli più belli, quelli meno affollati, quelli pieni di charme, di quel nonsoché che solo questa città sa regalare. Attraversate calli (strade), campi (piazze) e sestieri (quartieri) siamo arrivati a piazza San Marco, il salotto della città e, non essendo riusciti a visitare la Basilica, ci siamo diretti verso Ponte della Paglia, che ha la vista più bella sul Ponte dei Sospiri: vuole la tradizione che sia chiamato così perché era il passaggio dei condannati dalle prigioni al patibolo, e passando da qui sospiravano.

Tante sono state le scoperte che mi ha riservato la città a partire dalla storica seteria Bevilacqua del 1499, con i suoi telai del 1600, fili, velluti, broccati, a testimonianza di come l’aristocrazia e la corte del Doge richiedevano gli abiti fatti con questi preziosi tessuti. La particolarità di questa seteria è il velluto ‘soprarizzo’, un velluto diciamo così tridimensionale, cangiante e unico che solo qui si produce.

 Un salto a Padova

É d’obbligo una visita a Padova, sia per la città, che merita di essere vista, soprattutto per i capolavori che conserva, sia per devozione. Siamo arrivati a Padova verso l’ora di pranzo. Dopo aver mangiato abbiamo raggiunto la cappella degli Scrovegni. Un video ci ha introdotto alla visita: una volta entrati siamo stati estasiati dai colori straordinari, le immagini nitide e una cromia che rende il tutto un mero capolavoro dell’arte italiana. La cappella è stata dipinta da Giotto di Bondone, pittore Toscano innovatore della pittura italiana. L’interno è decorato con un ciclo di affreschi fatti risalire al periodo 1303-1305, per volere della famiglia Scrovegni. L’interno è straordinario, i colori sono intensi e le immagini ancora vivide. Il filo conduttore degli affreschi è la ‘Storia della Salvezza’ divisa in due percorsi differenti: il primo con le Storie della Vita della Vergine e di Cristo; il secondo inizia con i Vizi  e le Virtù, e si conclude con il maestoso Giudizio Universale, antecedente al giudizio michelangiolesco della Cappella Sistina. Terminata la visita, abbiamo visitato la tomba del Santo Taumaturgo Antonio, famoso non solo in Italia, ma in tutto il mondo.

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 Rientro a Venezia, anticipo di alta marea?

Ritornati a Venezia nel tardo pomeriggio ci siamo subito immersi tra le calli illuminate dalle fioche luci che si specchiavano nei canali gonfi (forse a causa dell’alta marea) i quali rendevano la città ancora più suggestiva di quello che normalmente è, e con gli occhi all’insù… come non restare affascinati dai salotti veneziani e dagli splendidi lampadari in vetro di Murano?

Il viaggio è proseguito sotto un’interminabile pioggia, ma noi non ci siamo affatto scoraggiati e siamo andati avanti con ombrelli e poncho! Appena entrati nella Basilica di San Marco, dopo essere stati in fila allietati dall’orchestra che suonava davanti allo storico Caffè Florian sulle note blues di impronta americana,  siamo stati subito avvolti dallo splendore di questo luogo sacro: il pavimento è caratterizzato da diversi tipi di lavorazione, si riconoscono l’opus sectile e l’opus tesselatum, con piccoli pezzi di marmo che danno vita a figure animali e fiori. L’interno è un trionfo di mosaici dorati, lanterne, cappelle, l’architettura segue la tipicità delle chiese bizantini, i mosaici in oro nelle pareti e nelle cupole, rappresentano la parte celeste, mentre i marmi, e le decorazioni nel settore inferiore rappresentano la zona terrena. La Basilica è un luogo unico nel suo genere, come pure la Pala d’Altare, un gioiello unico. È un pala d’altare con circa 250 smalti cloisonnè, su lamina d’argento dorato. E’ l’unico esempio al mondo di oreficeria gotica di tali dimensioni ed anche per la numerosa presenza di pietre, smalti e gemme. La Pala (dal latino palla), cioè stoffa, non è altro che la stoffa usata per coprire e adornare gli altari. Questa è in oro, ma ci sono anche in argento o in broccati ricamati. La pala di San Marco fu ordinata dal Doge Ordelaffo Falier nel 1102 e finita a Costantinopoli. Viene usata solo il girono di San Marco, negli altri giorni viene chiusa in un’altra pala, la Pala feriale, ovvero una teca lignea dipinta.

 Murano, Mazzorbo e Burano

Ci siamo dedicati anche ai dintorni della città, visitando le isole. La prima che abbiamo visitato è stata Murano, una Venezia in miniatura, con i suoi  canali, calli e ponti, ma meno affollati. A Murano è d’obbligo visitare una vetreria poiché è conosciuta proprio per il vetro di soffiato, o vetro di Murano. Ne abbiamo approfittato per pranzare e visitare qualche monumento, come la Basilica dei Santi Maria e Donato (il Duomo di Murano) e fare un po’ di shopping, prima di prendere il traghetto e raggiungere Mazzorbo, un’isola verde e lontana dal turismo di massa, in cui si può passeggiare nella vigna e nel frutteto del WineResort Venissa. L’isola rappresenta un esempio di vigna murata, risalente al 1727. Qui è stato ripiantato un vitigno autoctono, la Dorona, un vitigno a bacca bianca che produce un ottimo vino. L’isola è molto suggestiva, nel silenzio e nel verde con il suo campanile trecentesco di San Michele Arcangelo. Attraverso un piccolo ponte abbiamo raggiunto Burano, dalle mille abitazioni colorate: si racconta che era un modo per i marinai per ritrovare la propria casa. Burano è anche famosa per il merletto ‘Buranello’, lavorato al tombolo. Tante sono state le emozioni che abbiamo vissuto girando per le viuzze, con gli occhi pieni di felicità, cercando l’angolo più bello da immortalare con una foto.Rientrati a Venezia ci siamo goduti gli ultimi spezzoni del viaggio  dal vaporetto, ammirando le luci, la leggera pioggia, l’andirivieni di barchette, vaporetti, taxiwater… un incanto! Prima di riprendere il treno per Roma ci siamo dedicati allo shopping, tra i sestieri di Cannaregio, San Polo e Santa Croce.

La mia prossima meta mi porterà nei Paesi Bassi, alla scoperta delle preziose ceramiche bianche e azzurre della Royal Delf.




Storia di una collezionista: Peggy Guggenheim a Venezia

Oggi parliamo di una donna straordinaria e importantissima per il mondo dell’arte: Peggy Guggenheim.
Forse il nome Guggenheim vi ricorda qualcosa, forse un famoso museo di New York?
Ebbene sì, lo zio di Peggy, Solomon R. Guggenheim fondò nel 1937 la Fondazione Guggenheim, che viene ospitata nel 1943 nel Museum of Non-Objective Painting costruito da Frank Lloyd Wright su richiesta dello stesso Solomon.
La famiglia di Peggy, di origine ebraica e provenienti dalla Svizzera, aveva messo su una bella fortuna grazie all’estrazione di argento e rame, ma il padre il 15 aprile 1912 naufragò sul Titanic.
Peggy si ritrovò in possesso di una cospicua somma di denaro. Cominciò a lavorare in una libreria di New York e a frequentare circoli e salotti dove entrò subito in contatto con le avanguardie artistiche (prima di tutto il dadaismo).
Si trasferì poi a Parigi, dove sposerà nel 1922 Laurence Vail e dove farà amicizia con artisti del calibro di Man Ray e Marcel Duchamp.
Tra le varie opere esposte nella sua collezione ci sono anche quelle di Pegeen Vail: sua figlia. Vicino alle figurine di vetro e ai quadri esposti, c’è una commovente lettera della madre che la ricorda con amore.
Dopo il divorzio da Vail, Peggy decise di viaggiare con i figli per l’Europa.
Piano piano, però, stava iniziando a collezionare numerose opere di artisti più o meno conosciuti (Kandinsky e Tanguy erano allora artisti emergenti).
Tra gli artisti che Peggy aiutò a consacrare alla memoria artistica dei posteri c’è da ricordare sicuramente Jackson Pollock.
È, infatti, da ascrivere a Peggy il merito della sua “scoperta” poiché Pollock espose per la prima volta proprio nella galleria che la Guggenheim aveva aperto a New York per scappare alla guerra in Europa.
Con la fine del conflitto mondiale, tuttavia, Peggy decise di tornare in Europa e scelse per la sua collezione una meta definitiva: Venezia.
È qui che infatti, ancora oggi, sorge il Peggy Guggenheim Museum, uno dei più importanti musei d’arte contemporanea in Italia.
Ho avuto il piacere di visitare questa meravigliosa collezione proprio qualche giorno fa, così da poter allegare alla storia della fantastica vita di Peggy anche il frutto del suo duro lavoro da collezionista.



Giambattista Tiepolo: l’eleganza del Rococò

Giambattista Tiepolo, figura di spicco nel panorama della pittura barocca e rococò, ha lasciato un’impronta indelebile nella storia dell’arte con le sue straordinarie opere. Nato a Venezia nel 1696, Tiepolo sviluppò uno stile unico caratterizzato dall’eleganza, dalla vivacità cromatica e dalla maestria tecnica. Il suo talento era indiscusso, e ancora oggi le sue opere suscitano ammirazione e ispirazione in artisti di tutto il mondo.

“L’Apoteosi della Famiglia Pisani” (1761)

Una delle opere più celebri di Giambattista Tiepolo è “L’Apoteosi della Famiglia Pisani”, un affresco che decora la volta della villa Pisani a Stra, vicino a Venezia. Questa grandiosa composizione rappresenta l’apice della sua carriera artistica. L’affresco presenta una scena mitologica in cui la famiglia Pisani viene accolta tra gli dèi dell’Olimpo, celebrandone il prestigio e la grandezza.

Tiepolo dimostra la sua abilità nell’uso del colore e della luce, creando una vera e propria esplosione di tonalità luminose che conferiscono un senso di movimento e vitalità all’intera composizione. La prospettiva illusionistica e l’eleganza dei personaggi sono altre caratteristiche peculiari dell’opera di Tiepolo che qui raggiungono il massimo splendore.

“Il Trionfo di Venere” (1740)

Un’altra opera iconica di Giambattista Tiepolo è “Il Trionfo di Venere”, realizzata nel 1740 e conservata presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma. Questo dipinto è un esempio straordinario del suo stile, che fonde il classicismo con elementi barocchi e rococò.

Tiepolo rappresenta Venere, dea dell’amore, circondata da altre divinità, creature mitologiche e putti. L’uso sapiente del colore e la padronanza della composizione conferiscono all’opera un’atmosfera di grazia e leggerezza, catturando la bellezza e l’armonia della divinità.

“Il Ciclo Affrescato di Würzburg” (1750-1753)

Tra le opere più imponenti e celebri di Tiepolo vi è il ciclo di affreschi realizzato nella Residenza di Würzburg, in Germania. Questo ciclo, commissionato dal principe vescovo Carl Philipp von Greiffenclau, rappresenta un punto culminante dell’arte barocca.

Le scene affrescate narrano storie della vita di Apollo e altri temi mitologici, mostrando la maestria di Tiepolo nel creare spazi architettonici illusionistici e nel rappresentare personaggi mitologici con grazia e dinamismo. L’uso vivace del colore e la prospettiva illusionistica rendono questo ciclo un esempio di eccellenza artistica.

Conclusione

Giambattista Tiepolo, maestro del barocco e rococò, ha lasciato un’eredità artistica che continua a ispirare generazioni di artisti. Le sue opere, con la loro vivacità cromatica, maestria tecnica ed eleganza compositiva, ci trasportano in un mondo di bellezza e armonia. L’abilità di Tiepolo nel catturare l’essenza della mitologia e della vita quotidiana è una testimonianza del suo genio artistico, che merita di essere celebrato e studiato ancora oggi.




L’addio di Claudio Caligari, la bellezza di Danish Girl

Come promesso, eccomi a parlarvi dei film visti finora alla 72.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Quando ormai ci stiamo avvicinando alla conclusione del festival, è possibile trarre i primi bilanci, tra delusioni, conferme e sorprese. Solo una premessa: giusti o sbagliati che siano, i miei giudizi sono dettati dal cuore e da quello che i film mi hanno trasmesso nel corso della proiezione o che mi hanno lasciato dentro una volta terminato.

Perché dovute sapere che, ad un festival, durante le preziose pause caffè, i pareri discordanti su un film sono all’ordine del giorno. Quindi ormai ci rinuncio: vado avanti per la mia strada e basta. Chi è d’accordo bene, altrimenti va benissimo lo stesso. Detto questo, sono pochi i film che mi hanno particolarmente colpita in tutto e per tutto. Uno di questi è sicuramente The Danish Girl di Tom Hooper con Eddie Redmayne e Alicia Vikander, tanto emozionante quanto delicato, sia nella regia che nelle interpretazioni.

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Convincente, poi, El Clan di Pablo Trapero, che racconta la vera storia della famiglia Pucci, la quale, nell’Argentina degli anni ottanta, rapiva delle persone a scopo economico. A strappare applausi a scena aperta, però, ci hanno pensato Anomalisa di Charlie Kaufman e Duke Johnson e 11 Minutes di Jerzy Skolimowski. Il primo è l’unico film d’animazione presente in concorso, ed è una favola agrodolce per soli adulti, il secondo racconta 11 minuti di dieci personaggi diversi, legate da una concatenazione di eventi, in un finale inaspettato e punto forza del film, grazie ad un effetto domino straordinario. Sperimentale, poi, il nuovo lavoro di Aleksander Sokurov, Francofonia, che ci porta all’interno del Louvre, tra passato e presente, arte e storia.

Gli italiani, invece, finora sono stati rappresentati da A Bigger Splash di Luca Guadagnino, Sangue del mio Sangue di Marco Bellocchio e L’Attesa di Piero Messina.  I primi due si sono rivelati al di sotto delle aspettative, nonostante il cast del primo (Ralph Fiennes, Tilda Swinton, Dakota Johnson e Matthias Schoenaerts) e la trama intrigante del secondo, mentre il debutto cinematografico di Piero Messina ha sorpreso proprio per la maturazione mostrata, supportato anche da una bravissima Juliette Binoche.

Questi, finora, i film in concorso particolarmente degni di nota, a cui vanno aggiunti i già citati Beats of No Nation di Cary Joji Fukunava, Marguerite di Xavier Giannoli e Equals di Drake Doremus. Una menzione speciale, però, va fatta anche a Non essere cattivo, il film postumo di Claudio Caligari, presentato fuori concorso e vera rivelazione del festival, a Tanna, presentato alla Settimana Internazionale della Critica, e al documentario di Jake Paltrow e Noah Baumbach su Brian De Palma, presente al Lido anche per ritirare il premio Jaeger-LeCoultre. Ora ci aspettano le ultime proiezioni e i primi responsi, scommesse già iniziate.




L’autografo di Johnny Depp e di Eddie Redmayne…

per Martina ( e per Pomezianews!)

Dovete sapere che i giorni ad un festival cinematografico sono uno diverso dall’altro. Sembra strano, ma è così. E per me lo sono stati, in maniera diversa, questi ultimi tre alla 72.a Mostra Internazionale del Cinema di Venezia.

Il perché è semplice: mi sono ritrovata più fan che critica. Ogni tanto succede, ed è meraviglioso. Difficile rimanere indifferenti se il Lido si trasforma in una bolgia per l’arrivo di Johnny Depp o se uno dei tuoi attori preferiti, Eddie Redmayne, presenta il film da te – stranamente – più atteso. Perché, quindi, privarsi dell’entusiasmo e della gioia nel volere un autografo o nel provare a scambiarci due parole? In fondo, siamo qui per questo, per vivere il nostro sogno. Così, quando venerdì mattina ti accingi a seguire la prima proiezione mattutina (alle 8.30, per l’esattezza), ti accorgi che nell’aria c’è qualcosa di diverso, c’è più movimento… e molta più gente!

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Perché sì, per l’arrivo di Johnny Depp, c’è perfino chi ha passato la notte sul red carpet per riuscire ad assicurarsi la prima fila. Ma il delirio generale – in senso positivo –  è aumentato di ora in ora, quando ormai anche la conferenza stampa era gremita di giornalisti. E allora anch’io, trascinata dall’entusiasmo generale, non ho resistito e ho sfidato la sorte nel tentativo di riuscire a strappargli un autografo, che dopo quasi un’ora di attesa è prontamente arrivato.

Ma chi non lo farebbe per Johnny Depp? E se ve lo state chiedendo, sì, non era al suo massimo della forma, ma chi se ne importa! Niente a che vedere, però, con l’emozione provata per l’arrivo in conferenza stampa di Eddie Redmayne, quasi commosso dall’accoglienza trionfale ricevuta.

Il nostro privilegio, infatti, è proprio quello di vederli – per quel poco che ci è concesso – nella loro vita reale, senza interpretazioni che tengano, a confermare o smentire l’idea che ci eravamo fatti di loro. E Eddie si è prontamente rivelato per la bella persona che immaginavo fosse, timido e dolce allo stesso tempo, quasi imbarazzato da tanta attenzione. Quindi riuscire a farsi fare l’autografo, o a dirgli “your performance is incredibile!”, è solo il coronamento di una giornata già perfetta, dove i tuoi sogni per una volta sono diventati realtà. Se a questo, poi, si aggiunge l’emozione per la toccante visione di The Danish Girl – ad ora il miglior film visto – in cui regala un’altra interpretazione da Oscar, è facile comprendere con quanta felicità e gioia abbia vissuto il tutto. E sono giorni come questo che ci ricordano perché siamo qui e perché amiamo il cinema. Dei film vi parlerò la prossima volta, questo era il mio momento fan girl, scusate!




Un’escursione sull’Everest in 3 D

Pomezianews a Venezia 72 – Un’escursione sull’Everest in 3 D

 

spotlightveneziaEverest ha ufficialmente inaugurato la 72° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e dato il via così a proiezioni, red carpet e conferenze stampa. Questi primi due giorni, però, sono serviti principalmente a riassaporare il clima festivaliero, dove i ritmi quotidiani sono scanditi da un programma pieno di impegni, nell’ardua impresa di riuscire ad incastrare perfettamente quello che si dovrebbe e si vorrebbe fare.

Perché l’imprevedibilità è sempre dietro l’angolo, sia in senso negativo che positivo, ma fa parte del gioco. Così in fila per le proiezioni si spera di entrare senza rimanere fuori, come riuscire a prendere un autografo senza venire sommersi. Il bello, però, è proprio questo, quello di condividere con persone il tuo stesso sogno e ritrovare in loro la tua stessa passione. Perché tutti siamo stati  fan una volta, e allora quando alle 8.30 del mattino trovi già ragazzine appostate davanti al red carpet per Jake Gyllenhaal non puoi che sorridere, e ritenerti fortunata a vedere il film in anteprima stampa, seguito anche dalla conferenza in cui è presente il cast.

Ti rendi conto, così, di essere una privilegiata e di sognare ad occhi aperti, almeno per qualche giorno all’anno. Quello che alla fine rimane, però, oltre al ricordo e all’esperienza personale, è la visione di tanti, troppi film, che magari lasceranno il segno nella storia del cinema, o almeno nella corsa ai premi importanti. Di quelli visti finora si può già fare un primo bilancio, ovvero che la gran parte è tratta da fatti realmente accaduti. Questo, però, non significa una mancanza di idee, ma piuttosto un bisogno di attenersi ad una realtà che ci sta sfuggendo di mano.

Parliamo di Everest di Baltasar Kormàkur, interpretato da Jason Clarke, Josh Brolin e Jake Gyllenhaal, e della conquista della montagna più alta del mondo, che grazie ad un 3D spettacolare, fa provare la sensazione dell’altezza, e di Beats of No Nations, film in concorso del regista della prima stagione di True Detective, Cary Fukunaga, che racconta la tragica storia di un bambino africano educato per diventare soldato.

everestscenaA strappare applausi convinti, però, ci ha pensato Spotlight (fuori concorso), film di Thomas McCarthy che racconta lo scandalo dei preti pedofili a Boston. Una storia forte ma necessaria, interpretata da un grandissimo cast, nel quale spiaccano Michael Keatoon, Rachel McAdams, Stanley Tucci e Mark Ruffalo, questi ultimi due presenti al Lido e disponibilissimi con stampa e fan – oltre che molto eleganti. La 72.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, quindi, si appresta ad entrare nel vivo con quello si preannuncia un weekend di fuoco, dove sono attesi Johnny Depp, Kristen Stewart e Eddie Redmayne, oltre al primo film italiano in concorso, L’attesa, di Piero Messina, con Juliette Binoche. Ah, dimenticavo, Robert Pattinson ha dovuto dare forfait all’ultimo minuto. Peccato, perché un Festival vive anche di questo.




72° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.

Pomezianews alla 72° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.

Si sa, le occasioni vanno prese al volo…

Così, quando mi è stata data l’opportunità –grazie a Mauro Valentini – di raccontarvi la 72.a Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, non ho avuto esitazioni.

Sarò io, quindi, per quel che può valere, a farvi rivivere quello che accadrà al Lido, tra film, red carpet, conferenze stampa e aneddoti vari, senza soffermarmi però troppo sull’aspetto tecnico, ma più su quello che percepisce il pubblico.

venezia72fotolidoPerché sì, anch’io una volta sono stata dall’altra parte, a fare ore di attesa per l’autografo di una star o semplicemente per immortalarla nella mia macchina fotografica. E anche se il “lavoro” adesso chiama, non ho perso comunque quella gioia nell’incontrare da vicino qualcuno che si ammiri a prescindere.

E come ogni buon festival internazionale può permettersi, anche quest’anno sfileranno al Lido i nomi importanti della Hollywood che conta, primo fra tutti un Johnny Depp sempre sulla cresta dell’onda, seguito dagli idoli dei teenager, Robert Pattinson e Kristen Stewart, per arrivare all’ultimo Premio Oscar, Eddie Redmayne. Non mancheranno, però, neanche Dakota Johnson, Juliette Binoche, Ralph Fiennes e Anthony Hopkins.

Ce n’è per tutti, compreso un programma fitto fitto di film, che il Direttore Artistico Alberto Barbera ha definito “sorprendente e per niente scontato”. Il Concorso, infatti, è composto da ben 21 film,  tra cui quattro italiani (Marco Bellocchio con Sangue del mio sangue, Giuseppe M. Gaudino e il suo Per amor vostro, Luca Guadagnino con A Bigger Splash e l’esordiente Piero Messina con L’attesa) e l’attesissimo The Danish Girl di Tom Hooper, oltre al ritorno al Lido di Aleksandr Sokurov con Francofonia e al debutto del Sud Africa con The Endless River di Oliver Hermanus. Fuori Concorso spiccano il nuovo lavoro di Scott Cooper, Black Mass, con Johny Depp e Joel Edgerton,  Spotlight, di Thomas McCarthy, con Michael Keaton e Mark Ruffalo e il documentario su Brian De Palma di Noah Bambach e Jake Paltrow.

Impossibile, quindi, non trovare qualcosa – o qualcuno – che catturi la curiosità, anche perché ad inaugurare la 72.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ci penserà Jake Gyllenhaal con Everest di Baltasar Kormákur. E se questo è solo l’inizio… ci sarà da divertirsi!