La Tosca di Puccini

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Giacomo Puccini (1858-1924) è stato un compositore italiano, considerato uno dei più grandi esponenti dell’opera lirica del suo tempo.
Nato a Lucca, in Toscana, Puccini proveniva da una famiglia di musicisti e iniziò la sua formazione musicale con suo padre e con altri insegnanti di Lucca.

Dopo aver studiato al Conservatorio di Milano, Puccini debuttò nel 1884 con l’opera “Le Villi”.
Tuttavia, la sua fama internazionale arrivò con la messa in scena di “Manon Lescaut” nel 1893 e poi con le successive opere “La Bohème” (1896), “Tosca” (1900), “Madama Butterfly” (1904), “La Fanciulla del West” (1910) e “Turandot” (1926, incompiuta).

Le opere di Puccini si caratterizzano per l’originalità delle melodie, la ricchezza dell’orchestrazione e la forza emotiva delle storie.

Il compositore era particolarmente attento alla rappresentazione dei personaggi femminili, che hanno spesso un ruolo centrale nelle sue opere.

La sua musica ha avuto un grande impatto sulla cultura popolare, influenzando il cinema e la musica leggera.
Anche oggi, le sue opere continuano ad essere rappresentate nei teatri di tutto il mondo, attirando un vasto pubblico di appassionati di musica lirica.

La Tosca

 

La Tosca di Puccini è un’opera lirica in tre atti su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, basata sulla pièce teatrale “La Tosca” di Victorien Sardou.

La prima rappresentazione ebbe luogo al Teatro Costanzi di Roma il 14 gennaio 1900, ottenendo un enorme successo di pubblico e critica.

La trama ruota attorno alla storia d’amore tra la cantante Floria Tosca e il pittore Mario Cavaradossi, minacciati dalla malvagia azione del capo della polizia, il barone Scarpia, che vuole possedere la Tosca per sé.

La figura di Tosca è un’immagine emblematica dell’opera romantica: una donna passionale, impetuosa e gelosa che difende l’amato fino alla morte. La sua aria “Vissi d’arte” è uno dei momenti più toccanti dell’opera, in cui la protagonista si interroga sulla giustizia divina e sulla sua stessa vita dedicata all’arte.

La vicenda si sviluppa attraverso la storia d’amore tra i protagonisti ed esplora i temi della gelosia, della vendetta, della passione e della morte.
Fulcro della trama è la congiura contro il governo francese in cui Cavaradossi è coinvolto e che Scarpia vuole sventare a tutti i costi.

Il finale, tragico, vede la morte di tutti e tre i protagonisti. Nella celebre scena finale la protagonista si getta dalla cima del Castel Sant’Angelo per evitare di essere arrestata e condannata a morte.

La Tosca è una delle opere più celebri di Puccini e viene apprezzata soprattutto per le sue arie, tra cui spiccano “Vissi d’arte”, cantata dalla Tosca, e “E lucevan le stelle”, eseguita da Cavaradossi. La partitura è caratterizzata da un’orchestrazione ricca e variegata, che sottolinea gli aspetti drammatici della vicenda.

La sua bellezza e intensità emotiva sono dovute non solo alla musica, ma anche alla trama avvincente e alle forti personalità dei personaggi.

La Tosca, dunque, è un’opera lirica di grande bellezza e intensità emotiva, con personaggi profondamente caratterizzati.
Grazie alla sua storia d’amore travagliata e alla sua forza drammatica, continua a conquistare il pubblico di tutto il mondo.




La Salomè

La figura di Salomè

Forse molti di voi hanno sentito parlare della figura di Salomè.
Ebbene, Salomè è un famosissimo personaggio biblico, la bellissima figlia di Erodiade, principessa giudaica tanto affascinante quanto terrificante ed anche una delle prime danzatrici (parleremo più avanti della sua danza dei sette veli).

La figura di Salomè ha da sempre ispirato numerose opere d’arte, dal Cinquecento fino nel Novecento – basti pensare alla formella “Banchetto di Erode” di Donatello o al celeberrimo “Salomè o Giuditta” di Gustav Klimt – ma anche di opere teatrali.

Oggi andremo a vedere, infatti, la Salomè di Richard Strauss, composta nel 1905.

Strauss basa il suo dramma sull’omonimo in francese di Oscar Wilde, tradotto in tedesco da Lachmann e riadattato dunque da Strauss per la sua opera.

Già a partire dal 1900, anno della pubblicazione dell’Interpretazione dei sogni di Freud, si era sviluppato un grande interesse per la psicologia dei personaggi, famosi e non, che erano talvolta passati alla storia come “negativi”.

È il caso di Salomè.

 

La Salomè di Strauss

 

La storia di Salomè, nell’opera di Strauss, comincia con l’arrivo di Jochanaan (Giovanni Battista) nella prigione del palazzo di Erode, tetrarca di Gerusalemme.

Nella sala accanto alla cisterna dov’è prigioniero il profeta è in corso un banchetto dal quale Salomè scappa, incuriosita dalla litania continua che sente provenire dalla stanza accanto.

A guardia del prigioniero vi è Narraboth, capitano dei soldati, il quale inizialmente cerca di desistere dalla pressante richiesta di Salomè di liberare Jochanaan per farglielo conoscere.
Narraboth, tuttavia, innamorato di Salomè e ammaliato dal suo fascino, si lascia convincere.

Jochanaan viene liberato e comincia a condannare i peccati di Erode e di sua moglie, Erodiade, madre di Salomè.
La ragazza, invece, guarda affascinata il profeta dai lunghi capelli e dalle belle labbra ed immediatamente se ne innamora.

Cerca di sedurlo, di avvicinarsi, ma Jochanaan è irremovibile: la respinge.

Intanto, in disparte, Narraboth assiste a questo atto di seduzione da parte della sua amata, e non potendo più sopportare tale visione, si uccide in silenzio.

Salomè neanche se ne accorge, tant’è presa dal desiderio di baciare Jochanaan, che tuttavia la allontana ferocemente. Egli la maledice e ritorna nella cisterna, sprezzante.

Erode, Erodiade ed il loro seguito, nel frattempo, cercano Salomè.
Una volta trovata Erode offre alla giovane vino, frutta ed un posto al suo fianco, sotto lo sguardo furente della madre, ma lei rifiuta.

Solo quando le offre in cambio qualunque cosa lei desideri, Salomè accetta di danzare.

La principessa esegue questa danza perturbante, movimentata, selvaggia: i suoi veli cadono uno ad uno mentre lei volteggia estatica di fronte ad Erode.

 

Il Finale

 

Alla fine della danza Erode le chiede quale sia la ricompensa da lei voluta e Salomè, orgogliosa, risponde: la testa di Jochanaan su un piatto d’argento.

Inorridito, Erode cerca di farle cambiare idea, ma invano, ed infine le offre la testa del Battista.
Salomè, al colmo della gioia, canta, afferra la testa del profeta e bacia, finalmente, la sua bocca.

Erode, dopo tanto orrore, ordina ai soldati di uccidere la figliastra.

Si conclude così una delle storie più perturbanti, che sin dall’antichità ha il potere di destare stupore, curiosità ma anche orrore e repulsione.




L’Edipo Re di Sofocle

Oggi parliamo di un mito famosissimo nell’antica Grecia, il quale ha dato il nome al celebre “complesso di Edipo”.
Ma in quanti sanno qual è la vera storia di Edipo?

Edipo Re è una tragedia composta da Sofocle attorno al 430 e il 420 a.C. ed è unanimemente considerata il suo capolavoro.

Edipo è il re di Tebe, ma la città al momento è devastata da una pestilenza.
Consultando l’oracolo di Delfi, si scopre la causa dell’epidemia: il precedente re di Tebe, Laio, è stato ucciso ed il suo assassino vive in città impunito.

Il morbo, perciò, non libererà la città finché l’omicida non verrà identificato e cacciato.

Edipo vuole indagare per il bene del suo popolo, ma non sa assolutamente cosa lo aspetta.

Egli decide dunque di convocare Tiresia, l’indovino cieco, per scoprire l’identità di quest’uomo.
Tuttavia Tiresia, il quale conosce la verità, decide inizialmente di tacere per evitare numerose sventure. Il re si arrabbia, alza i toni e riesce infine a far parlare Tiresia, che confessa: l’uccisore di Laio è Edipo stesso.

Il Re, furibondo e sicuro di essere vittima di una congiura, lo caccia via.
Ma Tiresia prima di andarsene profetizza: “Questo giorno ti darà la vita e ti distruggerà”. Così sarà.

A questo punto della tragedia entra in scena un personaggio fondamentale: Giocasta, moglie di Edipo e vedova di Laio, la quale consola il proprio marito dicendogli di non credere alle profezie.

Infatti, gli racconta, a Laio era stato predetto che sarebbe morto per mano di suo figlio, quando invece furono dei banditi a ucciderlo sulla strada verso Delfi.

Edipo, per niente consolato, fa convocare il testimone di quell’omicidio. E piano piano inizia a mettere insieme i pezzi della sua storia…

Egli era figlio del re Polibo e principe di Corinto, ma un giorno scappò di casa in seguito ad un oracolo che gli predisse grandi sciagure: avrebbe ucciso suo padre e sposato sua madre.
Per evitare tutto ciò, lasciò la sua casa natale e si diresse a Tebe.

Sulla strada per Tebe ebbe un litigio con un uomo, che uccise.
Questo ricordo provoca in Edipo un enorme turbamento. Possibile che quell’uomo fosse Laio?

Nel frattempo, giunge un messaggero da Corinto con una notizia: re Polibo è morto!
Edipo può dunque tirare un sospiro di sollievo, sapendo di non essere stato l’uccisore di suo padre.

Chiede dunque notizie della madre, ma il messaggero lo conforta dicendogli che non c’è pericolo che egli sposi sua madre, poiché è stato adottato.

Ed egli ne è proprio un testimone, poiché fu lui, quando era un pastore, a trovarlo neonato. Gli fu dato da un servo di Laio.

Giocasta a quel punto capisce tutto e supplica Edipo di smettere con le ricerca. Non essendo ascoltata, disperata, se ne va.

A quel punto arriva il servo di Laio che fa luce su tutta la vicenda.
Laio, essendo venuto a conoscenza della profezia, consegna suo figlio neonato al servo con l’ordine di ucciderlo.
Il servo, però, mosso da pietà, porta il bambino dal pastore.
Tutto coincide.
Il pastore lo porta a Corinto, dove viene adottato dai regnanti; nel viaggio verso Tebe uccide il suo vero padre Laio ed una volta divenuto Re sposa sua madre Giocasta.

Edipo è sconvolto.
Il finale, dunque, è vicino. Ed è tragico.

Giocasta, sconvolta per l’orrore, si toglie la vita ed Edipo, appena trovato il suo corpo, si acceca e si esilia, lontano dalla città che tanto ha amato e alla quale ha portato così tanta disperazione.
Si conclude così una delle tragedie più famosa di sempre.