Il “triste” destino del cittadino attivo, accadde ad Ardea

Il cittadino attivo è, per definizione, una persona attenta al territorio, partecipe della cosa pubblica, dotato di spiccato senso civico: uno di quelli, insomma, che ogni Amministrazione comunale, dotata di buon senso, vorrebbe tra le fila dei propri residenti.

E il motivo è tanto banale, quanto strategico per un Comune.

Il cittadino attivo è come una sentinella sul territorio, è quasi un “consigliere civico aggiunto”, attento ai temi ambientali, sociali, alla sicurezza: le Amministrazioni virtuose se ne servono, ad esempio, attraverso progetti che non solo fanno risparmiare le casse comunali, ma rendono anche un servizio all’intera comunità cittadina.

Potremmo citare il progetto del Controllo del Vicinato, ormai attivo in più di 100 Comuni italiani, dove un gruppo di cittadini può costituire un vero e proprio ponte comunicativo tra loro, le forze dell’ordine e gli amministratori locali per il controllo del proprio quartiere, attraverso segnalazioni qualificate di eventi legati alla sicurezza.

Cittadini attivi che, in questo caso, per puro spirito di appartenenza al territorio e per senso civico collaborano con Polizia locale e Carabinieri di zona per una convivenza sicura  e consapevole, nella convinzione che non è possibile mettere una volante a presidio di ogni strada e che la partecipazione sia, al momento, l’unica strada percorribile.

Fin qui tutto bene, ma…ci sono anche quelle Amministrazioni che, sebbene bisognose “di aiuto” da parte dei cittadini,  si auto-convincono di bastare a se stesse.

Succede infatti nel Comune di Ardea – appena qualche giorno fa – che, nonostante una buca (voragine) stradale fosse stata prontamente segnalata alle Istituzioni, questa rimanesse lì nella sua autentica bellezza concava per mesi (le mail che segnalavano la pericolosità della situazione erano state inoltrate più volte in almeno tre mesi): segreteria del Sindaco, ufficio Lavori pubblici e Polizia locale forse nemmeno avevano fatto caso alle insistenze dei cittadini opprimenti che nulla hanno da fare se non “disturbare” la quiete operosità dell’Amministrazione comunale.

E quando questi si svegliano dal torpore invernale che li aveva colti mesi addietro, ecco la efficace, tempestiva e tanto attesa risposta: la competenza non è nostra!

Un mix di grave menefreghismo e di scarsissima conoscenza del proprio territorio.

Perché il caso vuole che in quella buca ci va a cadere una ignara motociclista, che per poco non ci rimette l’osso del collo e se la cava con una visita al pronto soccorso: volete sapere come va a finire?

Va a finire che la buca, prontamente – si fa per dire –  rattoppata, trova finalmente il suo responsabile (il Comune che aveva negato la propria competenza territoriale) e che il cittadino attivo, che tanto si era prodigato per la comunità, rimane sbigottito per quanto accaduto e per quanto poteva essere semplicemente evitato.

Ma la storia, come recita il titolo di questo articolo, è triste: rimangono, infatti, a dieci metri di distanza dalla prima voragine rattoppata almeno altre due buche pericolose, ovviamente già segnalate da tempo…che Dio ce la mandi buona pure stavolta!




A Torvaianica, ‘Tutti per Uno’

Si è svolta sabato 20 giugno la 7° edizione di ‘Tutti per Uno’, manifestazione multietnica dedicata alle comunità straniere del territorio, organizzata dalle associazioni ‘La casa dell’albero’ e ‘Spirit Romanesc’, patrocinata dal Comune di Pomezia, con l’obiettivo di favorire la conoscenza delle varie comunità, creare una reale integrazione e una ‘rete’ anche tra le comunità stesse.
Per la prima volta la manifestazione ha dato appuntamento a Torvaianica, nella centralissima P.zza Ungheria. Il pomeriggio è trascorso a suon di musica, balli, prodotti tipici dei Paesi delle comunità presenti sul territorio, per valorizzare i differenti modi di vivere e le diverse culture.
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L’unico momento in cui le comunità si sono date ‘battaglia’ (si fa per dire!) è quello ‘mangereccio’, con tante pietanze buone e saporite, certamente un buon modo per conoscere gli stranieri che vivono nel nostro territorio. Con il ‘Dolce della Bukovyna’ di Halyna & Co ci siamo avvicinati all’ Ucraina; con ‘salatka wielowarzywna’ (insalata russa), szarlotka (dolce di mele) e sernik, (dolce di ricotta e cioccolato) Agnieswka e gli altri amici polacchi hanno fatto assaporare un po’ della loro terra; Daniela ci ha fatto gustare ‘mici si bere’, salsicce rumene con birra; Fatou, dal Senegal, ha preparato ‘Jassa’, un piatto a base di riso bianco con carote, pollo e legumi; Maria, che proviene dalla Colombia, ha cucinato ‘empanadas’ (fagottini di pasta di farina di mais, ripieni di carne tritata, patate, pomodori e cipolla) e salpicon de frutas ( una sorta di macedonia con sciroppo di lamponi);Hatem ha preparato il suo superbo ‘hummus’, salsa di ceci e pane fresco, tipico della Palestina e i tanti amici del CAS di Santa Palomba hanno partecipato con il loro ‘cous cus’.
Nel corso della serata balli e canti rumeni si sono alternati a brani a tema antirazzista letti da studenti di Pomezia della ‘seconda generazione’, tra cui giovani originari del Marocco, Brasile e Romania. Alla serata è intervenuta la musicista Carmen Giglio che ha allietato tutti con le musiche della sua Malta.
“Ringrazio le Comunità presenti per questo piccolo, grande momento di integrazione sul nostro territorio” afferma soddisfatta Carla Benfenati dell’associazione ‘La casa dell’Albero’, organizzatrice insieme a Daniela Hondrea (Spirit Romenesc), e anima della manifestazione . “L’auspicio è quello di essere sempre più numerosi. Quest’anno abbiamo scelto come location il centro di Torvaianica. E’ la prima volta e siamo soddisfatte in quanto è venuta tanta gente. Colgo l’occasione per ringraziare tutti i partecipanti e l’Amministrazione comunale che ci ha supportato in questa iniziativa, in particolar modo la Vice sindaca Elisabetta Serra che ha partecipato a questa festa multietnica”.Alla manifestazione sono intervenuti: Comitato Nuova Lavinium, Associazione Culturale Tyrrhenum e la Croce Rossa Italiana. L’ evento è stato aperto dalla mostra fotografica ‘People’.




Tempo scaduto per il paesaggio laziale

Senza proroga del PTPR c’e’ il rischio di cementificazione del territorio.

 “Oggi nel Lazio ci sono 29 piani per la tutela del territorio. E’ una babele che ha prodotto ritardi e anche illegalità. Saranno sostituiti da un piano unico, lo scriveremo insieme al Ministero dei beni culturali perché vogliamo regole chiare per difendere la ricchezza più grande che abbiamo, il nostro territorio

Sul Piano territoriale paesaggistico regionale del Lazio, che risale al 2007, pesano ben 20mila osservazioni: 4 o 5mila di queste riguardano aree sensibili.

Abbiamo deciso di intervenire e siamo al lavoro per un nuovo Piano territoriale paesaggistico regionale che valga per tutto il territorio: sarà approvato entro il 2014 e lo scriveremo con la collaborazione del Ministero dei Beni Culturali

Vogliamo eliminare la burocrazia, rendere più semplici le procedure e dare certezze sulla tutela delle aree di particolare valore paesistico e naturalistico. In questo modo evitiamo discrepanze e acceleriamo i tempi perché se i Comuni adotteranno il Piano non ci sarà più il passaggio di verifica della Regione.

È un esempio concreto della nostra azione per favorire la semplificazione e lo sviluppo del Lazio valorizzando e proteggendo il territorio”.

Questo è ciò che il giorno 11 dicembre 2013 dichiarava il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti sul suo blog. Parole che, se tramutate in fatti, darebbero considerevole lustro all’intero territorio, orfano di una politica di tutela efficace e spesso vittima di sconsiderati scempi urbanistici e ambientali (vedi il caso Cerroni).

Poco più di un mese dopo, precisamente negli ultimi giorni del gennaio 2014, diversi abitanti della regione (in particolare i capitolini) hanno scoperto a proprie spese, a seguito delle alluvioni dovute alle forti piogge, che l’importanza dei vincoli non giova solamente agli “amanti della natura” e agli “appassionati di archeologia”, bensì ad ogni singolo cittadino che rischia la casa, l’automobile e la vita stessa ogniqualvolta viene sorpreso da una pioggia torrenziale. Il 31 gennaio è bastato sfogliare i maggiori quotidiani nazionali per leggere: “Gente sui tetti a Prima Porta. Un corso d’acqua minore è esondato a Prima Porta costringendo alcuni cittadini a cercare rifugio sui tetti”, “Una frana ha interessato il raccordo anulare, dove il traffico sta vivendo momenti di grande difficoltà. Il punto maggiormente colpito è quello che riguarda gli svincoli di Casal del Marmo e la Cassia”, oppure le dichiarazioni del primo cittadino di Roma: “Quello che è accaduto a Roma può succedere ovunque se c’è edilizia spontanea a cui segue una cementificazione dei canali delle acque. Questo determina dissesto idrogeologico, non ci vuole un grande scienziato”.

A rigor di logica, questi episodi drammatici, oltre ad esser l’ennesimo campanello di allarme di una situazione ormai critica, avrebbero dovuto esortare il governatore e la sua giunta ad interventi cautelativi di prevenzione, rapidi e mirati ad arginare in maniera decisa l’abusivismo e l’urbanizzazione selvaggia, puntando magari su una politica finalizzata all’incremento dei vincoli paesaggistici.

Ancora una volta, alle meravigliose dichiarazioni della maggioranza, non sono seguiti i fatti.

L’imminente scadenza, prevista per domani 14 febbraio, del Piano Territoriale Paesaggistico Regionale (PTPR) e le mancate risposte dell’assessore Michele Civita (assente) alle domande dei consiglieri David Porrello e Gaia Pernarella (Movimento 5 Stelle), sono il preludio di una potenziale devastazione del territorio laziale. Per quale motivo? Il PTPR è lo strumento di pianificazione nel quale sono indicate le azioni volte alla conservazione, alla valorizzazione, al ripristino o alla creazione di paesaggi che devono essere applicate dall’amministrazione regionale. Questa definizione di “Paesaggio” è contenuta nella Convenzione Europea del Paesaggio, legge 14/2006 ed il PTPR è stato adottato dalla Giunta Regionale con atti n. 556 del 25 luglio 2007 e n. 1025 del 21 dicembre 2007, ai sensi dell’art. 21, 22, 23 della legge regionale sul paesaggio n. 24/98.

I sette consiglieri del Movimento 5 Stelle hanno posto all’attenzione del consiglio regionale del 12 febbraio l’urgenza di prorogare il PTPR dal momento che, in assenza di esso, sarà possibile edificare in zone vincolate (non solo costruzioni residenziali ma anche impianti biogas ad esempio), modificare l’urbanistica di centri storici, aumentare le cubature degli immobili, stravolgere l’assetto attuale del territorio agricolo e delle zone di interesse naturalistico ed archeologico. Basterebbe anche un solo giorno lavorativo di “vuoto legislativo” tra la scadenza e l’eventuale proroga per far approvare centinaia (se non migliaia) di progetti bloccati da vincoli attualmente depositati negli uffici urbanistici di tutti i comuni della regione.

Dopo non aver ricevuto risposte, i sette consiglieri hanno deciso di occupare l’aula consiliare fino a quando il Presidente del Consiglio Daniele Leodori non garantirà la convocazione di un nuovo consiglio dove potrà esser affrontato (e forse risolto, a seconda delle votazioni) il problema. Dopo più di 18 ore ininterrotte, una notte ed una mezza giornata chiusi dentro l’aula, i consiglieri del Movimento 5 Stelle non hanno ottenuto ancora nessuna risposta in merito: maggioranza e opposizione latitano compatte, ma di questo pochi oramai si stupiscono. Cittadini, parlamentari, associazioni attendono risposte fuori dal palazzo di via della Pisana, mentre speculatori e palazzinari incrociano le dita nella speranza che nessuna proroga venga concessa almeno fino a lunedì sera.

Dov’è quindi la sbandierata “protezione del territorio”? Evaporata dopo la campagna elettorale esattamente come la “politica verde sui rifiuti”?

Dice il proverbio che “tra il dire ed il fare, c’è di mezzo il mare”, ma la giunta Zingaretti dimostra che “tra il dire ed il fare il contrario di ciò che si è detto, c’è di mezzo…niente”. Vedremo se ancora una volta, la vecchia politica si dimostrerà l’alleata numero uno di mattoni e cemento.