Stati Uniti, buona la prima

Beatrice è una viaggiatrice di ‘lungo corso’, milanese di nascita, ma  residente a Pomezia da tanti anni, ha ereditato la passione per i viaggi dai genitori. È una sportiva a tutto tondo: pratica ciclismo, nuoto e corsa, vantando anche varie partecipazioni alla maratona di Roma. Tra i numerosi e variopinti viaggi che l’hanno portata in giro per il mondo, dal Marocco all’Egitto, dalla Turchia alla Grecia, dagli itinerari italiani a quelli europei, dal Messico agli Stati Uniti, ha scelto di condividere con i nostri lettori il primo viaggio fatto sul territorio statunitense: un’esperienza ricca di emozione anche perché, a quei tempi, considerava l’America quasi irraggiungibile.

Come nasce l’idea di un viaggio negli Stati Uniti, fino ad allora considerato inarrivabile

È nato tutto da una sorpresa che mio marito mi ha voluto fare mentre passeggiavamo un sabato mattina per via Roma a Pomezia, nel lontano 1995, per rispondere al mio desiderio di visitare gli States. Detto e fatto: siamo entrati in un’agenzia di viaggi e mi ha comprato il regalo per il mio compleanno, che ci siamo goduti nella primavera dello stesso anno.

Cosa le è rimasto più impresso nel cuore da questa destinazione così speciale per lei

Mi ricordo la prima volta a New York: sembravo una bambina che vede per la prima volta Babbo Natale con quegli scenari naturali e giungle urbane viste solo in televisione (ancora oggi è una città che adoro). Non mi aspettavo di rimanere colpita dalla stazione Centrale di New York che ha fatto parte del film ‘C’era una volta in America’ di Sergio Leone con Robert De Niro. Stando lì mi sembrò di far parte del film stesso.

Emozioni forti le ho provate anche con i soffioni che uscivano dai marciapiedi della metropolitana, sbucando dalla fermata metro in pieno mercato Chinatown. Io con la mia macchina fotografica al collo che cammino tra persone che tagliano con mannaie giganti teste ai pesci, il vociare assordante del mercato, e le Torri gemelle che viste da sotto mi sono apparse come dei giganti impensabili. Sono rimasta affascinata dagli allestimenti di Chinatown, alla 5th Ave, che ogni giorno proponevano scenari diversi: prima un paesaggio invernale, poi uno primaverile con tanto di prati pronti, ancora inesistenti in Italia, le strade cittadine immense, a 8 corsie. Abbiamo visitato anche la zona di Ellis Island con il museo nazionale dell’immigrazione con manufatti e documenti relativi ai passeggeri che vi hanno transitato nel periodo di maggior richiamo dell’America, intorno ai primi anni dello scorso secolo, a testimonianza anche del lunghissimo, incerto e difficoltoso viaggio dall’Europa. Oggi, tutto ciò mi fa pensare e riflettere sull’attuale problema dell’immigrazione dall’Africa al nostro Paese. Con questo viaggio ho riportato per la prima volta i pendagli per l’albero di Natale, inusuali nella primavera del 1995. Infatti rimasi colpita nel vedere un negozio tutto sugli addobbi natalizi; da qui il mio albero è cresciuto di addobbi ad ogni viaggio e oggi, ogni volta che lo faccio, è un momento magico fatto di bellissimi ricordi.

 Come viaggiatrice cosa non può mancare nel suo bagaglio?

Nel mio bagaglio non può mancare la guida della Lonely Planet, in quanto ritengo che sia la migliore in circolazione, con informazioni e suggerimenti molto utili, incluso ciò che bisogna evitare durante il soggiorno e le visite. Inoltre la macchinetta fotografica. Sono una fotografa seriale, anche se cerco sempre lo scatto artistico… per quanto mi è possibile. Durante il viaggio, come è mia abitudine, raccolgo molto materiale cartaceo che mi porto a casa, che poi archivio per tenere memoria del viaggio stesso, di ciò che ho visto e fatto durante tutta la vacanza.

Purtroppo non parlo inglese e con gli abitanti del luogo è mio marito che parla: ma essendo un timido/riservato le informazioni sono ridotte al minimo e questo mi limita un po’. Se fossi in grado chiederei tutto nei minimi particolari, ma il rapporto con l’inglese  non è dei migliori, anche se ho provato a ‘riattivarlo’ più volte negli anni, però senza grande successo.

New York mi ha affascinato per la sua vita frenetica, le strade sempre pullulanti di gente di ogni tipo, i grattacieli che ti fanno sentire piccola come una formica. Sono rimasta sorpresa anche dai panini enormi che preparano in città: quattro piani di cibo che mangi prima con gli occhi e poi con la bocca! Abbiamo avuto l’occasione di pranzare anche con una famiglia del luogo, amici di mio cognato: cibo e compagnia ottima. Ancora oggi, quando viaggio, cerco di mangiare per lo più prodotti e piatti locali, cerco ristoranti tipici solo se il viaggio è molto lungo, ogni tanto mangio pizza. Compro anche prodotti tipici che porto in Italia da degustare con parenti e amici.

Quello che mi porto indietro da ogni viaggio sono i paesaggi, i colori e la conoscenza delle tradizioni locali.

#gallery-1 { margin: auto; } #gallery-1 .gallery-item { float: left; margin-top: 10px; text-align: center; width: 33%; } #gallery-1 img { border: 2px solid #cfcfcf; } #gallery-1 .gallery-caption { margin-left: 0; } /* see gallery_shortcode() in wp-includes/media.php */




La media del Pollo

 E’ di oggi la notizia che il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha deciso di innalzare il salario minimo dei nuovi assunti nell’amministrazione federale portandolo da 7,25 dollari l’ora a 10,10 dollari, pari ad un aumento del 39%, e lo farà con un decreto apposito scavalcando a piè pari il Congresso, sfidandolo in pratica a lavorare uniti per rilanciare consumi ed economia e far approvare una legge che punti allo stesso risultato anche per i contratti in essere ed infine indicizzare il salario orario all’inflazione. In pratica introducendo quello che in Italia era stato abolito dal ’92, la cosiddetta “scala mobile”, che serviva a mantenere i salari al passo con l’inflazione per preservare il potere d’acquisto degli italiani.

 Questa azione si integra quindi in un progetto dell’amministrazione americana volto ad una più ampia serie di riforme sociali ed economiche, ad esempio sul fisco, sull’immigrazione, sul possesso di armi da fuoco e così via.

 trova le differenze

E in Italia?

 Secondo l’Istat le retribuzioni medie nel 2013 sono cresciute solo dell’1,4%, che corrisponde al tasso più basso registrato dal 1982. Il tutto aggravato del fatto che a fine dicembre, sempre secondo l’Istituto di Statistica, erano in attesa di rinnovo del contratto oltre sei milioni di lavoratori, ovvero quasi la metà dei dipendenti tra pubblici e privati in Italia!

Queste cifre non fanno che fotografare la realtà allarmante in cui si trova il mondo del lavoro nel nostro Paese. A titolo di esempio basti ricordare la questione Electrolux. L’azienda, infatti, minaccia di spostare la produzione in Polonia (dove il costo del lavoro è inferiore) a meno che i lavoratori non accettino una diminuzione delle loro retribuzioni. Di quanto? C’è il solito balletto di cifre che oscillano da metà dello stipendio a “solo” 130 euro al mese in meno.

 Come non ricordare, poi, lo studio di Bankitalia pubblicato pochi mesi fa secondo cui nel biennio che va dal 2010 al 2012 lo stipendio medio dei lavoratori dipendenti è diminuito di oltre 800 euro l’anno, con una flessione del -5%, mentre il costo della vita saliva aumentando il divario tra i redditi ed il potere d’acquisto per le famiglie?

 Ci piace guardare all’estero per trarre esempio da migliore qualità della vita, migliori servizi, ma ci dimentichiamo di guardare uno dei punti essenziali: tali servizi sono pagati ANCHE dai maggiori introiti fiscali (in valore assoluto) dati da RETRIBUZIONI PIU’ ALTE, che le aziende possono permettersi di dare ai loro dipendenti grazie a costi del lavoro complessivamente più bassi.

 Naturalmente si parla sempre di valori medi. Come il famoso “pollo” di Trilussa, che statisticamente toccava metà per uno, mentre in realtà sono sempre più le persone, almeno in Italia, il cui piatto resta vuoto.