Gli alberi vanno in aiuto delle città

Il grande sviluppo produttivo e dei trasporti degli ultimi anni ha fatto registrare un notevole incremento dello smog, o meglio dell’inquinamento fotochimico, specialmente nelle grandi città: la concentrazione di ozono a basse quote è aumentata, così come sono aumentate le polveri Pm10 nell’atmosfera, superiori al numero consentito. Tale elevata quantità di polveri sottili comporta importanti modificazioni e danni che mettono a rischio l’ecosistema globale. I dati più allarmanti riguardano la presenza di Co2(emissioni di anidride carbonica nell’aria) soprattutto nelle grandi città, prive o quasi di spazi verdi, densamente popolate e con un tasso di veicoli e/o fabbriche che non permette alla vegetazione presente di equilibrare la saturazione dell’aria.

Da una recente ricerca di Coldiretti presentato al Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione a Cernobbio (Como) emerge che alcuni arbusti sarebbero in grado di bloccare le pericolose polveri Pm10,che ogni anno provocano in Italia circa 80 mila morti premature (Agenzia europea dell’Ambiente) e che hanno il ‘picco’ da novembre a marzo, soprattutto nelle zone sotto i 200 m. di altitudine.

Tra le varie iniziative messe in atto dalle amministrazioni locali a difesa dell’ecosistema minacciato, c’è l’incremento delle aree verdi, il divieto di transito nei centri storici cittadini per i veicoli a motore, l’aumento delle aree ciclabili e il ricorso agli alberi. In molte aree metropolitane sono stati utilizzati gli alberi per combattere lo smog. Infatti alcuni alberi riescono ad inglobare l’anidride carbonica prodotta dai gas di scarico e a purificarla: la pianta assorbe e rimuove gli inquinanti gassosi e li rende inerti attraverso il suo metabolismo. Tra questi il faggio, che assorbe l’ozono e il biossido di azoto, l’abete di Douglas che abbatte il Pm10 così come il pioppo bianco che contrasta l’anidrite carbonica. Un albero ben gestito, curato e potato è una grande centrale di assorbimento degli inquinanti come accade per esempio con il tiglio selvatico, il frassino e l’acero, ma soprattutto con il  bagolaro (celtis australis), che ha il maggior potere di neutralizzare le polveri sottili.

Alberi dunque anche come strumenti di contrasto allo smog che, insieme ad amministratori e cittadini, possono rendere i centri abitati più vivibili, migliorando la qualità dell’aria e quindi la salute della cittadinanza, in particolare dei bambini. Se gli alberi ‘assorbono’ inquinanti che sono nell’aria, cittadini e amministrazioni locali possono dare il loro contributo attraverso comportamenti consapevoli come non accendere i fuochi all’aperto, limitare l’uso di stufe, caminetti e motori diesel e scegliere le piante più adatte ai diversi contesti della città.

La parola smog venne coniata per la prima volta in un articolo dei primi del Novecento in Inghilterra per denominare la grande quantità di nebbia scura e fuligginosa che compariva a ridosso delle città più industrializzate, o laddove c’era un’alta presenza di veicoli a combustibile fossile.




Stop all’inquinamento! Arrivano i prodotti al titanio



Come ormai è noto a tutti l’inquinamento è una delle piaghe che ci siamo autoinflitti. Non potendo ricorrere né ad incantesimi né a miracoli, molti scienziati si sono ingegnati per cercare di debellare questo male. Secondo diversi studi un possibile alleato all’energie rinnovabili è il biossido di titanio (TiO2). Quest’ultimo è una polvere cristallina (numero CAS 13463-67-7) usata principalmente come pigmento bianco nelle vernici, nelle materie plastiche e nel cemento; per tale ragione, è anche comunemente chiamato “bianco di titanio”. Di seguito viene descritto come questa sostanza chimica potrebbe essere utilizzata per ridurre l’inquinamento atmosferico.

  1. Biossido di titanio visto al microscopio elettronico

    Biossido di titanio visto al microscopio elettronico

    Filtro solare al titanio

Secondo una ricerca di geoingegneria, spargere nell’aria particelle di biossido di titanio potrebbe contribuire a ridurre il riscaldamento globale.

“L’idea è nata in seguito all’eruzione del 1991 del Monte Pinatubo nelle Filippine”, racconta Davidson, l’ingegnere chimico responsabile del progetto nonchè  direttore della società di consulenza inglese Davidson Technology. “L’eruzione immise nella stratosfera 20 milioni di tonnellate di anidride solforosa la quale formò una sottile nebbiolina di acido solforico che ridusse le temperature globali di circa mezzo grado centigrado per due anni. L’acido solforico però danneggia lo strato di ozono arrivando perfino a interrompere la circolazione nella stratosfera”, dice Davidson.” Il biossido di titanio, invece, è sette volte più efficace nel disperdere la luce, il che significa che ne basta molto meno per raggiungere l’effetto desiderato e, di conseguenza, l’impatto sulla circolazione atmosferica sarebbe decisamente minore”. Secondo l’ingegnere chimico basterebbero circa tre milioni di tonnellate di biossido di titanio, sparso a formare uno strato spesso un milionesimo di millimetro, per disinnescare gli effetti del riscaldamento globale causato dal raddoppio dei livelli di biossido di carbonio (anidride carbonica).

Davidson precisa che i rischi ambientali legati alla dispersione del titanio nell’atmosfera sarebbero minimi. “Sono stati effettuati molti test di esposizione alle polveri di biossido di titanio”, ha dichiarato il ricercatore “che io sappia, non esistono prove di pericoli per la salute. Con queste concentrazioni minime è improbabile che vi siano problemi”. Ciononostante, la storia ci insegna che “ogni volta che abbiamo diffuso sostanze chimiche nell’atmosfera, siamo rimasti sorpresi dalle reazioni che ne sono risultate”, replica Rob Jackson, professore di Scienze Ambientali alla Duke University del North Carolina. “I clorofuorocarburi, o CFC, sono l’esempio più lampante”, aggiunge.

Davidson ribatte però che l’umanità ha bisogno di una “polizza d’assicurazione” contro gli effetti catastrofici del riscaldamento globale. “Saremmo poco lungimiranti se non svolgessimo adesso ricerche su un sistema che potrebbe rivelarsi sicuro”. (Fonte: nationalgeographic.it)

  1. Jeans al titanio

Jeans al titanio

Jeans al titanio

Una possibile alternativa alle noiosissime giornate a targhe alterne è quella di indossare dei jeans al “titanio”. Tony Ryan, docente di chimica alla Facoltà di Scienze dell’Università di Sheffield, ha infatti creato un liquido che, versato sui jeans, renderebbe quest’ultimi dei veri e propri mangia-smog ambulanti. Infatti, il tessuto rivestito con particelle di biossido di titanio riuscirebbe in questo modo ad intrappolare lo smog (in particolare gli ossidi di azoto) e a trasformarlo in sostanze inerti che si lavano via in lavatrice. Il dottor Ryan assicura che i jeans anti-smog non sono pericolosi per la salute umana e che saranno in commercio entro due anni. “Se migliaia di persone utilizzassero l’additivo avremmo un sensibile miglioramento della qualità dell’aria”, ha fatto sapere il professor Ryan.

  1. Tegole mangia-smog

La lotta all’inquinamento atmosferico passa anche dal tetto. A produrre la “tegola mangia-smog” è Wierer, azienda del Gruppo Monier con sede a Chienes, in provincia di Bolzano.

Il biossido di titanio, aggiunto allo strato di finitura superficiale della tegola, è in grado di accellerare la reazione di ossidazione degli elementi inquinanti rendendoli innocui e facilitandone il dilavamento grazie all’acqua piovana. Secondo dei calcoli una copertura di circa 200 metri quadrati realizzata con una soluzione di questo tipo permette di eliminare dall’atmosfera, in un anno, gli agenti inquinanti dovuti alle emissioni di un’automobile a benzina euro 4 con una percorrenza di circa 18mila Km/anno.

  1. Vernici ecologiche

Il biossido di titanio, composto fondamentale di queste particolari eco-pitture, agisce in questo caso da fotocatalizzatore sotto l’azione dei raggi ultravioletti e abbatte i principali fattori di inquinamento (biossido di azoto, biossido di zolfo, monossido di carbonio, benzene, ammoniaca, formaldeide, particolato atmosferico PM10) trasformandoli in sostanze inerti e del tutto innocue.

Vernici ecologiche

Vernici ecologiche

Ad avvalorare l’efficacia delle pitture fotocatalitiche è intervenuto anche il CNR che, in una relazione sul tema, ha stabilito che un metro quadro di superficie trattata con tali vernici è in grado di decomporre in appena un’ora,  il 90% dell’inquinamento presente in 80 m³ di aria.

Il principio della fotocatalisi può essere applicato anche a materiali di rivestimento generici come piastrelle e asfalto.

Il biossido di titanio potrebbe diventare quindi un valido alleato contro l’inquinamento atmosferico ma gli esperti sottolineano che non è “La Soluzione”. Bisogna quindi impegnarsi a ridurre le emissioni di gas serra e ad investire nell’energie rinnovabili. Speriamo solo che i politici non intravedano in questa sostanza una possibile scappatoia per evitare di impegnarsi di più per ridurre l’inquinamento.