Angelica Kauffmann tra Classicismo e Sentimento

Angelica Kauffmann (1741–1807) è stata una delle più celebri pittrici neoclassiche del XVIII secolo.

Pittrice, ritrattista e decoratrice, è nota soprattutto per la sua capacità di coniugare la raffinatezza formale del classicismo con un’intensa espressività emotiva.

Nata a Coira, in Svizzera, Kauffmann fu introdotta all’arte da suo padre Josef Kauffmann, un artista di modesta fama che la incoraggiò a sviluppare le sue doti precoci.

Viaggiarono molto per l’Italia, dove Angelica si immerse nello studio dei grandi maestri del Rinascimento e dell’antichità.

Questa formazione internazionale contribuì a plasmare il suo stile e il suo interesse per i soggetti storici e mitologici, tipici del neoclassicismo emergente.

 

Cornelia, madre dei gracchi

 

Nel 1766, Angelica Kauffmann si trasferì a Londra, dove raggiunse rapidamente la fama.

Il suo ingresso nell’alta società britannica fu favorito dal fascino personale e dalla sua cultura cosmopolita.
Nel 1768, Kauffmann fu una delle fondatrici della Royal Academy of Arts, insieme a Mary Moser, segnando un traguardo storico per le donne nel mondo dell’arte.

Sebbene le donne fossero ammesse solo marginalmente nelle accademie d’arte del tempo, la presenza di Kauffmann all’interno dell’istituzione sottolineava il suo riconoscimento come artista di talento.

 

Le sue opere di questo periodo si concentrano prevalentemente su temi storici e mitologici, come “Cornelia, mater Gracchorum” (1785), una tela che esprime perfettamente il contrasto tra virtù e vanità.

Cornelia, considerata un modello di matrona romana, mostra orgogliosa i suoi figli, a differenza di una donna accanto a lei che esibisce i suoi gioielli.

Questo dipinto evidenzia l’interesse di Kauffmann per i soggetti femminili virtuosi, attraverso i quali rifletteva anche una sensibilità morale che si rivolgeva soprattutto al pubblico colto e borghese.

 

Arianna abbandonata

Lo stile di Angelica Kauffmann si distingue per l’eleganza della composizione e la delicatezza del tratto.

I suoi personaggi, spesso ispirati alla mitologia e alla storia classica, sono ritratti con una grazia serena che richiama l’armonia ideale dei canoni estetici greci e romani.

Tuttavia, a differenza dei suoi contemporanei neoclassici, come Jacques-Louis David, Kauffmann inseriva nelle sue opere un elemento di tenerezza emotiva, una sorta di malinconia romantica che le conferiva un carattere unico.

 

 

Un esempio significativo di questo approccio è “Ariadne abbandonata” (1782), in cui l’eroina mitologica è raffigurata in un momento di vulnerabilità e solitudine dopo essere stata abbandonata da Teseo.

L’abilità di Kauffmann nel catturare i sentimenti più intimi e personali nei suoi soggetti mitologici è uno degli aspetti più apprezzati della sua arte.

Ritratto di Lady Elizabeth Foster

Oltre alle sue opere storiche, Kauffmann fu un’affermata ritrattista.

Durante il suo soggiorno a Londra, ricevette numerose commissioni da parte dell’aristocrazia e della borghesia inglese.
I suoi ritratti, caratterizzati da un’eleganza raffinata e un uso sapiente del colore, combinavano l’idealizzazione classica con la rappresentazione realistica della psicologia del soggetto.

Un esempio è il “Ritratto di Lady Elizabeth Foster” (1784), in cui la nobildonna è ritratta con uno sguardo malinconico, immersa in un’atmosfera intima e contemplativa.

 

Con il suo ritorno a Roma nel 1782, Angelica Kauffmann consolidò ulteriormente il suo prestigio internazionale.
Fu accolta calorosamente dagli ambienti artistici e culturali della città e continuò a produrre opere per collezionisti e mecenati di tutta Europa.

Le sue commissioni includevano decorazioni per palazzi e residenze aristocratiche, come quelle eseguite per Villa Borghese e il Palazzo di Caserta.

 

Angelica Kauffmann non fu solo una pittrice di talento, ma anche una figura di transizione tra il classicismo e i primi segnali di sensibilità romantica.
Le sue opere, intrise di nobiltà e grazia, restano testimonianza di un’arte che coniugava rigore formale e profondità emotiva. Il suo contributo all’arte europea è stato ampiamente riconosciuto sia dai contemporanei che dalle generazioni successive.

In un mondo dominato dalla figura maschile, Kauffmann riuscì a emergere e a lasciare un segno indelebile nella storia dell’arte.

Oggi, Angelica Kauffmann è ricordata non solo come una delle più grandi pittrici del suo tempo, ma anche come una pioniera che ha aperto la strada a future generazioni di artiste.




Il Flauto Magico

IlFlauto Magico (in lingua: Die Zauberflöte) è un’opera composta nel 1792 da Wolfgang Amadeus Mozart su libretto di Emanuel Schikaneder.
Mozart, che da tempo era malato, trovò un fortissimo senso di soddisfazione grazie all’immediato successo che ebbe l’opera nel grande pubblico.
Fu infatti la sua ultima opera.

L’opera è divisa in due atti ed è in forma di “singspiel” ovvero una forma popolare tedesca che univa i dialoghi parlati al canto.
Questo modello aveva origina dai commedianti tedeschi (nasce a Vienna e poi si diffonde anche in Germania) che all’interno dell’opera musicale solevano inserire canzoni popolari.

Tre potenti accordi ripetuti tre volte aprono le danze: questo tema musicale ritorna tre volte (tre damigelle, tre geni, tre schiavi, tre sacerdoti e le tre prove) e ha dato agli studiosi motivo di pensare che fosse un’opera che celava un significato massonico data la ripetizione del numero tre, che era sacro appunto per la massoneria.

La storia, in breve, racconta le vicende del principe Tamino il quale, aiutato da Papageno, supera numerosi ostacoli per liberare Pamina, la sua amata.

ATTO I

Tamino incontra tre donne mentre fugge da un serpente.
Le donne lo aiutano a salvarsi: sono le dame della regina della notte. Lo introducono così alla regina, Astrifiammante, la quale è disperata per la scomparsa della figlia Pamina, rapita da Sarastro.

Tamino, che vede un ritratto della giovane e subito se ne innamora, decide di andarla a cercare con l’aiuto di Papageno. Le tre dame consegnano al principe un flauto magico e Papageno un carillon.

Da qui iniziano le numerose sfide che i due sono costretti ad affrontare per la strada verso il Tempio di Sarastro, dove è imprigionata la bella Pamina.
Papageno giunge per primo al tempio dove trova Pamina, prigioniera di Monostato, il carceriere.
Tamino nel frattempo giunge ai Tre Templi (Natura, Ragione e Saggezza) dove incontra un sacerdote che cerca di fargli cambiare idea sulla cattiveria di Sarastro.
Tamino è così sconcertato che viene trascinato via e portato al cospetto di Sarastro stesso che lo libera e lo obbliga a purificarsi per poter entrare nel suo regno.

ATTO II

Inizia la prima prova: stare in silenzio qualunque cosa accada. Nel frattempo la regina della notte giunge da Pamina, chiedendole di uccidere Sarastro con un pugnale.
Monostato, servo di Sarastro, ascolta tutto e le minaccia, ma in quel momento giunge Sarastro, il quale spiega che solo l’amore può condurre alla verità, e non la vendetta.
Pamina tenta dunque di parlare con Tamino (che, ricordiamo, al momento non può parlare!) e credendolo non più innamorato di lei, tenta il suicidio.
Scopre poi, grazie a tre ragazzi, lo scopo della prova. Così, terminata la prima prova, alla quale ne seguiranno altre due superate con successo: l’attraversamento dell’acqua e del fuoco.

Infine, Astrifiammante, Monostato e le tre dame si uniscono per sconfiggere Sarastro. Un terremoto fa inabissare tutti, celebrando così la vittoria del bene sul male.




Giovan Battista Piranesi: L’Architetto dell’Immaginario

Giovanni Battista Piranesi, artista, architetto e incisore italiano del XVIII secolo, è celebre per le sue straordinarie rappresentazioni artistiche e incisioni, che hanno lasciato un’impronta indelebile nel mondo dell’arte e dell’architettura. Le sue opere, caratterizzate da una fusione di grandiosità, mistero e dettagli minutamente eseguiti, hanno elevato la pratica dell’incisione e hanno influenzato generazioni di artisti successivi. In questo articolo, esploreremo alcune delle sue principali opere, che continuano a ispirare e affascinare gli amanti dell’arte in tutto il mondo.

Carceri d’Invenzione (Prigioni Immaginarie)

Una delle serie più iconiche e misteriose di Piranesi è senza dubbio la “Carceri d’Invenzione” o le “Prigioni Immaginarie”. Queste incisioni, create tra il 1745 e il 1750, mostrano strutture architettoniche complesse, quasi labirintiche, popolate da scale intricate, archi maestosi e passaggi oscuri. L’atmosfera che emerge da queste incisioni è di una potente drammaticità, con giochi di luce e ombra che intensificano la sensazione di mistero e incantamento.

Le “Prigioni Immaginarie” di Piranesi incarnano l’esplorazione del sublime, invitando gli spettatori a immergersi in mondi impossibili e a lasciarsi trasportare in una dimensione oltre la realtà. Queste opere incanalano il desiderio di esplorazione e la straordinaria immaginazione di Piranesi, catturando l’essenza stessa dell’arte fantastica.

Vedute di Roma

Piranesi è ampiamente conosciuto per le sue vedute di Roma, una serie di incisioni dettagliate e realistiche che ritraggono monumenti e rovine dell’antica Roma. Queste opere, realizzate tra il 1748 e il 1778, mostrano una profonda comprensione dell’architettura classica e una straordinaria abilità tecnica nell’incisione.

Le “Vedute di Roma” di Piranesi vanno oltre la semplice rappresentazione realistica degli edifici; attraverso la maestria dell’ombreggiatura e l’attenzione al dettaglio, l’artista riesce a catturare l’atmosfera e la grandezza di questi monumenti storici. Le sue vedute rivelano il suo amore per la storia, l’architettura e la città di Roma stessa, rappresentando una testimonianza tangibile dell’interesse di Piranesi per il passato.

I Campi Phlegraei

Un’altra opera significativa di Piranesi è la serie “I Campi Phlegraei”, realizzata nel 1776. Questa collezione di incisioni è dedicata ai campi flegrei, una regione vulcanica nei pressi di Napoli. Le incisioni mostrano paesaggi pittoreschi, attività vulcaniche e studi geologici dettagliati.

“I Campi Phlegraei” sono un’opera di grande rilevanza scientifica e artistica, in quanto combinano l’osservazione accurata della natura con la sensibilità estetica di Piranesi. Le incisioni trasmettono un senso di meraviglia per la forza e la bellezza della natura, nonché la complessità delle forze geologiche.

Conclusioni

Le opere di Giovanni Battista Piranesi continuano a esercitare un’influenza duratura sull’arte e sull’architettura. Attraverso la sua maestria tecnica e la sua straordinaria immaginazione, Piranesi ha creato mondi fantastici e affascinanti che invitano gli spettatori a esplorare l’incognita e a riflettere sulla grandezza della storia e della natura. La sua eredità artistica rimane un tesoro prezioso, ispirando gli artisti contemporanei a esplorare i confini della creatività e a celebrare la bellezza del passato.




Giambattista Tiepolo: l’eleganza del Rococò

Giambattista Tiepolo, figura di spicco nel panorama della pittura barocca e rococò, ha lasciato un’impronta indelebile nella storia dell’arte con le sue straordinarie opere. Nato a Venezia nel 1696, Tiepolo sviluppò uno stile unico caratterizzato dall’eleganza, dalla vivacità cromatica e dalla maestria tecnica. Il suo talento era indiscusso, e ancora oggi le sue opere suscitano ammirazione e ispirazione in artisti di tutto il mondo.

“L’Apoteosi della Famiglia Pisani” (1761)

Una delle opere più celebri di Giambattista Tiepolo è “L’Apoteosi della Famiglia Pisani”, un affresco che decora la volta della villa Pisani a Stra, vicino a Venezia. Questa grandiosa composizione rappresenta l’apice della sua carriera artistica. L’affresco presenta una scena mitologica in cui la famiglia Pisani viene accolta tra gli dèi dell’Olimpo, celebrandone il prestigio e la grandezza.

Tiepolo dimostra la sua abilità nell’uso del colore e della luce, creando una vera e propria esplosione di tonalità luminose che conferiscono un senso di movimento e vitalità all’intera composizione. La prospettiva illusionistica e l’eleganza dei personaggi sono altre caratteristiche peculiari dell’opera di Tiepolo che qui raggiungono il massimo splendore.

“Il Trionfo di Venere” (1740)

Un’altra opera iconica di Giambattista Tiepolo è “Il Trionfo di Venere”, realizzata nel 1740 e conservata presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma. Questo dipinto è un esempio straordinario del suo stile, che fonde il classicismo con elementi barocchi e rococò.

Tiepolo rappresenta Venere, dea dell’amore, circondata da altre divinità, creature mitologiche e putti. L’uso sapiente del colore e la padronanza della composizione conferiscono all’opera un’atmosfera di grazia e leggerezza, catturando la bellezza e l’armonia della divinità.

“Il Ciclo Affrescato di Würzburg” (1750-1753)

Tra le opere più imponenti e celebri di Tiepolo vi è il ciclo di affreschi realizzato nella Residenza di Würzburg, in Germania. Questo ciclo, commissionato dal principe vescovo Carl Philipp von Greiffenclau, rappresenta un punto culminante dell’arte barocca.

Le scene affrescate narrano storie della vita di Apollo e altri temi mitologici, mostrando la maestria di Tiepolo nel creare spazi architettonici illusionistici e nel rappresentare personaggi mitologici con grazia e dinamismo. L’uso vivace del colore e la prospettiva illusionistica rendono questo ciclo un esempio di eccellenza artistica.

Conclusione

Giambattista Tiepolo, maestro del barocco e rococò, ha lasciato un’eredità artistica che continua a ispirare generazioni di artisti. Le sue opere, con la loro vivacità cromatica, maestria tecnica ed eleganza compositiva, ci trasportano in un mondo di bellezza e armonia. L’abilità di Tiepolo nel catturare l’essenza della mitologia e della vita quotidiana è una testimonianza del suo genio artistico, che merita di essere celebrato e studiato ancora oggi.