Il David di Donatello

Prima del celeberrimo David di Michelangelo, esisteva un David altrettanto importante ma passato alla storia come un’ombra del primo.

Il David di Donatello è una scultura bronzea del 1440 ca. (in un arco temporale che va dal 1427 al 1460), simbolo ed emblema del Quattrocento italiano.

Il David è la prima scultura a tutto tondo di un nudo dai tempi delle sculture classiche romane.

 

 

Storia espositiva

Donatello realizza quest’opera per il cortile di Palazzo Medici a Firenze su commissione di Cosimo de’ Medici, ed infatti è testimoniata al centro del cortile già dal 1469, durante le nozze di Lorenzo de’ Medici con Clarice Orsini.

Il David però doveva apparire un po’ differente da come è oggi: infatti le fonti (tra cui Vasari) attestano una base marmorea, perduta, di Desiderio da Settignano.

Durante la cacciata dei Medici, l’opera fu rubata dalla folla e portata a palazzo Vecchio come simbolo della libertà repubblicana, ma con il ritorno di Cosimo I il David fu collocata in una nicchia esterna nella facciata del palazzo.

Successivamente il David viaggia ancora un po’ per Firenze: prima, venne spostato su un camino di una sala di Palazzo Pitti; poi, nel 1777 fu trasportato agli Uffizi, dove fu collocato da Luigi Lanzi nella sala delle sculture moderne.

Infine, il suo viaggio di conclude con l’approdo al Museo nazionale del Bargello, dove si trova tutt’oggi.

 

Descrizione

Ma cosa rappresenta questa famosissima statua?

La storia di Davide e Golia è una delle più famose della Bibbia: il pastorello Davide, armato di una fionda, uccide il gigante Golia, soldato dei Filistei in guerra contro il popolo di Israele.

La statua rappresenta il momento il cui l’eroe, Davide, con tutti gli attributi che lo descrivono (la testa di Golia ai piedi e la spada) trionfa sul nemico sconfitto.

C’è però un elemento anomalo: Davide porta sulla testa un copricapo insolito, un cappello a punta con una ghirlanda di alloro, mentre i piedi sono foderati da lunghi calzari. Questi elementi, ad un primo impatto, lo fanno sembrare un Mercurio alato.

A differenza delle statue classiche romane – pur rispettato la statuaria di Prassitele – il corpo risulta molto più armonioso e naturalistico. In più, non esiste un solo punto di vista adatto all’osservazione: questa è una scultura progettata a tutto tondo, bisogna dunque ruotarci attorno per avere una visione d’insieme e cogliere ogni dettaglio.

 

Il restauro

Un recente restauro del 2007 ha messo in luce delle tracce di doratura superstiti in alcuni punti della statua.
Così, al termine del restauro si è deciso di eseguire una copia che ne mostra il possibile aspetto originario e di esporla temporaneamente accanto all’originale.




Auguste Rodin e Camille Claudel

Questa di oggi è una storia d’arte ma anche e soprattutto una storia d’amore.
E’ la storia di Auguste Rodin, il celebre scultore del Il Pensatore e La porta dell’Inferno, e la sua allieva Camille Claudel.

 

 

L’incontro

I due si incontrano nel 1883, quando Rodin viene incaricato di sostituire un suo collega all’Accademia.
Lei è giovane, ha meno di vent’anni, mentre lui è già un rinomato artista di quarantacinque anni.

Dapprima, Camille è sua allieva e modella ma dopo poco tempo diventa la sua amante.
Tra i due non solo nasce un rapporto passionale e affettivo, ma anche una collaborazione artistica: lei è la sua musa, la sua modella, la sua aiutante.
Le loro mani lavorano insieme nella creazione di numerose opere di Rodin.

Purtroppo, però, il loro è un amore segreto: Rodin ha una lunga relazione con Rose Beuret, anche se dalle lettere che lui e Camille si scambiano nel corso degli anni possiamo percepire un immenso e tenero amore.
Rodin arriva addirittura a prometterle il matrimonio, ma questa promessa non sarà mai mantenuta.

Ad un certo punto, però, la loro relazione si rovina e Camille inizia a soffrire la tormentata storia d’amore ma soprattutto l’influenza artistica del suo maestro.
Odia il fatto che la critica la identifica solamente come l’”allieva del Rodin” senza riconoscere il lei il genio autentico.

Tutto questo tormento porta alla rottura definitiva con Rodin, nel 1893.

Da quel momento in poi Camille iniziò lentamente a impazzire, ad essere tormentata da ossessioni e manie di persecuzione, fino ad arrivare alla depressione.
Il suo stato di salute peggiorò a tal punto da essere rinchiusa in un manicomio, dove morì trent’anni più tardi.

Le opere d’amore

 

Le sue prime opere ci raccontano il loro amore: passionale e intenso.

In Il Valzer, i due corpi si fondono in un movimento ritmico e slanciato; vediamo le due figure sbilanciarsi in un taglio drasticamente, mentre dall’altro lato spiccano le due mani intrecciate.
Questa bellissima scultura in bronzo è oggi conservata nel Museo Rodin di Parigi.

Dello stesso periodo è anche Sakuntala.

Diversamente dalla scultura precedente, qui troviamo i due amanti accoccolati in un tenero abbraccio, similmente al Bacio di Klimt. Lei è seduta su un tronco, mentre il giovane è inginocchiato per sorreggerla.

La scultura prende spunto da un mito induista: la giovane Sakuntala si innamorò perdutamente del re Duchamanta, ma i due furono separati per molto tempo. La scultrice raffigura il momento della ricongiunzione tanto attesa, carico di passione e tenerezza.

Le opere della rottura

 

Successivamente, Camille inizia a soffrire tantissimo la situazione sentimentale di Rodin, già impegnato con Rose da molti anni e sempre pieno di amanti. Da questa angoscia che le tormentava il cuore, Camille produce due opere.

La prima è L’implorante.

La giovane figura, nuda, si slancia nello spazio a braccia aperte nella disperata ricerca di afferrare qualcosa. Il suo amante Rodin, probabilmente.

La seconda è l’Età matura. Anche in quest’opera, più complessa e articolata della precedente, ritroviamo la stessa piccola figura in ginocchio protesa nell’afferrare il braccio dell’uomo che al tempo stesso è sopraffatto da un’altra figura, che l’avvolge e gli blocca le braccia.

Con quest’opera Camille raccontare la rottura tra lei e Rodin; il momento in cui lui la abbandona, lasciandola alle sue spalle, con questa spaventosa figura alle sue spalle che sarebbe la compagna Rose.

Tuttavia, come accadde, Camille non riuscì a “trattenere a sé” Rodin, e la loro rottura la porto alla depressione.

 




L’arte senza tempo di Antonio Canova: l’eternità scolpita nel marmo

Antonio Canova, nato nel 1757 a Possagno nel Veneto, è stato uno dei più celebri scultori neoclassici del XVIII e XIX secolo.

Le sue opere, intrise di grazia e perfezione, incarnano l’ideale estetico dell’epoca e continuano a esercitare un profondo impatto sull’arte scultorea moderna.
Il genio di Canova si esprime attraverso il marmo, trasformando la pietra in opere d’arte cariche di emozione e bellezza.

Il Capolavoro: “Amore e Psiche”

Tra le opere più celebri di Antonio Canova spicca “Amore e Psiche”, un capolavoro senza tempo che incarna l’elevata maestria e la sensibilità artistica dello scultore.
Quest’opera stupenda rappresenta il mito d’amore tra il dio Amore (Eros) e la bellissima principessa Psiche.

La scultura cattura l’essenza dell’amore in un abbraccio appassionato tra i due amanti, con Psiche che è dolcemente sostenuta dalle ali di Amore.

Canova ha reso ogni dettaglio in modo impeccabile, dalle ali eteree all’espressione tenera dei volti, creando un’opera in cui il marmo sembra prendere vita, trasmettendo sentimenti e emozioni.

“Venere e Marte”: L’equilibrio della Passione

Un’altra opera emblematica di Canova è “Venere e Marte”, che cattura l’equilibrio tra passione e grazia.

La scultura rappresenta il dio della guerra, Marte, addormentato e disarmato, mentre Venere, dea dell’amore, lo osserva con tenerezza.
Quest’opera manifesta la capacità di Canova di creare sculture che narrano storie complesse e suscitano emozioni profonde.

“Le Tre Grazie”: L’Armonia del Corpo Femminile

Le Tre Grazie, conosciute come Aglaia, Eufrosine e Talia, erano considerate nella mitologia greca come le dee dell’incanto, della grazia e della bellezza.

Canova ha immortalato queste figure mitologiche in una scultura che incarna l’armonia e la bellezza del corpo femminile.
Le tre figure si abbracciano dolcemente, rappresentando l’unità e la grazia che solo l’amore e l’amicizia possono portare.

L’Eredità di Canova

Antonio Canova non ha solo lasciato un’impronta indelebile nel mondo dell’arte, ma ha anche influenzato generazioni successive di scultori.
Il suo stile neoclassico, caratterizzato da una ricerca della perfezione e una predilezione per soggetti mitologici e storici, ha ispirato numerosi artisti.

Canova ha dimostrato che la pietra può essere modellata per esprimere la bellezza e la grazia, consentendo all’arte di trascendere il tempo e toccare l’eternità.

In conclusione, Antonio Canova è stato un maestro nella scultura neoclassica, le cui opere continuano a incantare e a ispirare il mondo dell’arte.

Attraverso la sua abilità straordinaria e la sua sensibilità artistica, Canova ha creato opere senza tempo che parlano all’anima e ci invitano a riflettere sulla bellezza e sull’eternità.




L’espressione della passione e del movimento: Gianlorenzo Bernini

Gianlorenzo Bernini, figura preminente del barocco italiano, è celebre per le sue straordinarie opere scultoree che hanno segnato un’epoca e continuano a ispirare gli amanti dell’arte in tutto il mondo. Tra le sue opere più iconiche spiccano “Apollo e Dafne”, “Il ratto di Proserpina” e “Il David”, ciascuna rappresentante del suo straordinario talento nel catturare l’essenza del movimento e delle emozioni umane.

Apollo e Dafne: Un Momento di Trasformazione Eterna

La scultura di “Apollo e Dafne” di Gianlorenzo Bernini, realizzata tra il 1622 e il 1625, cattura l’intenso momento di trasformazione mitologica tra Apollo e Dafne. Nella mitologia greca, Apollo, dio della luce e delle arti, si innamora della ninfa Dafne, che per sfuggire al suo amore indesiderato si trasforma in un albero di alloro. Questa metamorfosi è magistralmente rappresentata da Bernini, che dà vita a questa storia attraverso il marmo.

La scena è dinamica e carica di energia, con Apollo insegue Dafne mentre lei si trasforma. Gli sguardi intensi, le pose fluide e le texture dettagliate creano un senso di movimento palpabile. La pelle di Dafne si trasforma in corteccia, e le foglie spuntano dai suoi arti, un’illusione resa così realistica che si avverte quasi il profumo dell’alloro.

Il Ratto di Proserpina: Un Capolavoro di Emozione e Dettaglio Anatomico

L’opera “Il ratto di Proserpina” è un capolavoro intriso di drammaticità e maestria tecnica. Realizzata tra il 1621 e il 1622, questa scultura cattura il momento in cui Plutone, dio degli Inferi, rapisce Proserpina, figlia di Cerere, per farne la regina degli Inferi. La scena è pervasa da un’intensa emozione, con Proserpina che esprime terrore e sorpresa mentre è trascinata via.

Bernini dimostra la sua abilità nel modellare la pietra, rendendo il marmo così vivido che sembra fluire come il tessuto. L’attenzione ai dettagli anatomici, alle pieghe dei vestiti e all’espressione dei volti è straordinaria. Questa combinazione di maestria tecnica e intensità emotiva rende “Il ratto di Proserpina” un’opera che continua a toccare il cuore degli spettatori.

Il David: Forza, Bellezza e Tensione

Il “David” di Gianlorenzo Bernini è una reinterpretazione unica del celebre soggetto biblico. Questa scultura in marmo bianco rappresenta Davide nel momento precedente il combattimento con Golia. Bernini cattura il momento di tensione e concentrazione, in cui Davide stringe la fionda, pronto a sfidare il gigante.

La forza e la bellezza fisica di Davide sono esaltate attraverso la maestria nel modellare la pietra. Le venature e i muscoli del marmo sembrano vibrare di energia. Il volto concentrato di Davide e la sua postura determinata evocano il senso di coraggio e determinazione. L’opera incarna la lotta tra il bene e il male, la forza e la debolezza, catturando un momento cruciale e iconico nella storia biblica.

In conclusione, le opere scultoree di Gianlorenzo Bernini, quali “Apollo e Dafne”, “Il ratto di Proserpina” e “Il David”, rappresentano la maestria e la genialità di un artista il cui lavoro ha sfidato il tempo. Attraverso il marmo, Bernini è riuscito a catturare l’essenza del movimento, dell’emozione e della bellezza umana, lasciando un’impronta indelebile nella storia dell’arte. Le sue opere continuano a ispirare e ad affascinare il pubblico anche oggi, dimostrando la potenza senza tempo dell’espressione artistica.




La Dea Pomona di Claudio Mazza vince la campagna #amopomezia

 

Claudio Mazza con una fotografia dedicata alla sua opera scultorea su legno la “Dea Pomona” ha vinto la campagna lanciata dal Comune di Pomezia “#amopomezia”.

Lo scorso 14 febbraio, in occasione della festa degli innamorati, l’Amministrazione comunale ha lanciato la campagna #amopomezia, invitando tutti cittadini a documentare l’amore verso la propria città con una fotografia simbolo dei propri atti d’amore verso Pomezia da postare tramite il social network twitter o da inviare tramite mail all’Ufficio Stampa del comune.

Ad inaugurare la campagna #amopomezia è stata proprio la Giunta, con una delibera, firmata nella Giornata del Risparmio Energetico “M’illumino di meno 2014”, che azzera i diritti di segreteria previsti per l’installazione dei pannelli fotovoltaici. Un atto d’amore del Sindaco e degli Assessori che permetterà a chi sceglie di avvalersi di questa tipologia di energia alternativa di non dover più pagare i 200 euro per i diritti di segreteria.

“La delibera”, spiega il Sindaco Fabio Fucci, “nasce dalla volontà di incentivare sul territorio l’installazione di pannelli fotovoltaici. Il Comune di Pomezia ha sottoscritto il Patto dei Sindaci promosso dalla Commissione Europea e redatto il Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile (PAES), che prevede una serie di iniziative da mettere in campo per raggiungere l’obiettivo 2020 della riduzione delle emissioni di CO2. L’obiettivo che noi ci siamo fissati per quella data è la copertura con energie rinnovabili del 25% del fabbisogno di energia elettrica del Comune di Pomezia”.

In quest’ottica volta alla tutela e al rispetto dell’ambiente la “Dea Pomona” sarà il simbolo dell’amore per Pomezia.

Abbiamo chiesto a Claudio Mazza di raccontarci della sua passione per la scultura e della nascita di Pomona che verrà poi donata alla città di Pomezia:

“Dopo anni di esperienza in cui ho effettuato intagli artistici e sculture su materiali diversi e inusuali (zucche, cocomeri, ecc), ho voluto tornare alle origini, ossia il legno.
L’ispirazione è nata durante una passeggiata al porto di Ostia, dove sono esposte opere ed espressioni artistiche fatte con materiali riciclati, come tronchi, mattoni, e altri materiali “di fortuna”, per cui quando un giorno mia moglie mi ha fatto notare un tronco giacente da mesi accanto alle barche dei pescatori sulla spiaggia di Torvaianica, è stato per me immediato il pensare di realizzare una scultura prendendo come base un’opera “morta” come un tronco riportato a riva dal mare.

All’inizio la scultura doveva raffigurare una figura maschile, ma come spesso avviene, è stata “l’anima” contenuta all’interno della materia grezza, a suggerirmi di modificarne la natura. Durante la definizione del viso, quelli che dovevano essere i capelli, si sono rivelati essere in realtà la raffigurazione del “cesto” della Dea Pomona, ricolmo di frutti, ricco, che continuava alle spalle della futura scultura. Una figura che risultava nel suo corpo invece ferita, mutilata, come è Pomezia attualmente, una Pomezia che sorge però su una terra ricca, una ricchezza fatta sia di risorse naturali e fisiche, che di risorse umane. Questa “Pomona” rappresenta per me l’allegoria della Pomezia di oggi, che ha in se le potenzialità per rinascere e risorgere con l’aiuto disinteressato di tutti.

imageimageimageUn ringraziamento particolare, oltre alla mia famiglia, va a Romano Zecchi, che non appena ha colto lo spirito del progetto, ha aderito con entusiasmo donando la sua fattiva collaborazione, totalmente gratuita, fatta non solo di consigli pratici, ma anche di tante piccole e grandi cose, come il trasporto del tronco lungo ben 5 metri e mettendo a disposizione un luogo dove custodirlo e dove poterci lavorare, dando nel frattempo supporto nella realizzazione.

L’opera è stata iniziata a fine settembre e prevedo di completarla per l’inizio dell’estate dove verrà donata alla città. L’intenzione è che la statua rappresenti il passaggio di consegne tra la quercia “Pomona” che è morta strangolata nel cemento, e la nuova “Pomona” che da tronco morto diventi una statua “viva”,che rappresenti la condivisione di intenti, di partecipazone attiva, volontaria e gratuita, dei cittadini per il bene della città”