Senza proroga del PTPR c’e’ il rischio di cementificazione del territorio.
“Oggi nel Lazio ci sono 29 piani per la tutela del territorio. E’ una babele che ha prodotto ritardi e anche illegalità. Saranno sostituiti da un piano unico, lo scriveremo insieme al Ministero dei beni culturali perché vogliamo regole chiare per difendere la ricchezza più grande che abbiamo, il nostro territorio
Sul Piano territoriale paesaggistico regionale del Lazio, che risale al 2007, pesano ben 20mila osservazioni: 4 o 5mila di queste riguardano aree sensibili.
Abbiamo deciso di intervenire e siamo al lavoro per un nuovo Piano territoriale paesaggistico regionale che valga per tutto il territorio: sarà approvato entro il 2014 e lo scriveremo con la collaborazione del Ministero dei Beni Culturali
Vogliamo eliminare la burocrazia, rendere più semplici le procedure e dare certezze sulla tutela delle aree di particolare valore paesistico e naturalistico. In questo modo evitiamo discrepanze e acceleriamo i tempi perché se i Comuni adotteranno il Piano non ci sarà più il passaggio di verifica della Regione.
È un esempio concreto della nostra azione per favorire la semplificazione e lo sviluppo del Lazio valorizzando e proteggendo il territorio”.
Questo è ciò che il giorno 11 dicembre 2013 dichiarava il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti sul suo blog. Parole che, se tramutate in fatti, darebbero considerevole lustro all’intero territorio, orfano di una politica di tutela efficace e spesso vittima di sconsiderati scempi urbanistici e ambientali (vedi il caso Cerroni).
Poco più di un mese dopo, precisamente negli ultimi giorni del gennaio 2014, diversi abitanti della regione (in particolare i capitolini) hanno scoperto a proprie spese, a seguito delle alluvioni dovute alle forti piogge, che l’importanza dei vincoli non giova solamente agli “amanti della natura” e agli “appassionati di archeologia”, bensì ad ogni singolo cittadino che rischia la casa, l’automobile e la vita stessa ogniqualvolta viene sorpreso da una pioggia torrenziale. Il 31 gennaio è bastato sfogliare i maggiori quotidiani nazionali per leggere: “Gente sui tetti a Prima Porta. Un corso d’acqua minore è esondato a Prima Porta costringendo alcuni cittadini a cercare rifugio sui tetti”, “Una frana ha interessato il raccordo anulare, dove il traffico sta vivendo momenti di grande difficoltà. Il punto maggiormente colpito è quello che riguarda gli svincoli di Casal del Marmo e la Cassia”, oppure le dichiarazioni del primo cittadino di Roma: “Quello che è accaduto a Roma può succedere ovunque se c’è edilizia spontanea a cui segue una cementificazione dei canali delle acque. Questo determina dissesto idrogeologico, non ci vuole un grande scienziato”.
A rigor di logica, questi episodi drammatici, oltre ad esser l’ennesimo campanello di allarme di una situazione ormai critica, avrebbero dovuto esortare il governatore e la sua giunta ad interventi cautelativi di prevenzione, rapidi e mirati ad arginare in maniera decisa l’abusivismo e l’urbanizzazione selvaggia, puntando magari su una politica finalizzata all’incremento dei vincoli paesaggistici.
Ancora una volta, alle meravigliose dichiarazioni della maggioranza, non sono seguiti i fatti.
L’imminente scadenza, prevista per domani 14 febbraio, del Piano Territoriale Paesaggistico Regionale (PTPR) e le mancate risposte dell’assessore Michele Civita (assente) alle domande dei consiglieri David Porrello e Gaia Pernarella (Movimento 5 Stelle), sono il preludio di una potenziale devastazione del territorio laziale. Per quale motivo? Il PTPR è lo strumento di pianificazione nel quale sono indicate le azioni volte alla conservazione, alla valorizzazione, al ripristino o alla creazione di paesaggi che devono essere applicate dall’amministrazione regionale. Questa definizione di “Paesaggio” è contenuta nella Convenzione Europea del Paesaggio, legge 14/2006 ed il PTPR è stato adottato dalla Giunta Regionale con atti n. 556 del 25 luglio 2007 e n. 1025 del 21 dicembre 2007, ai sensi dell’art. 21, 22, 23 della legge regionale sul paesaggio n. 24/98.
I sette consiglieri del Movimento 5 Stelle hanno posto all’attenzione del consiglio regionale del 12 febbraio l’urgenza di prorogare il PTPR dal momento che, in assenza di esso, sarà possibile edificare in zone vincolate (non solo costruzioni residenziali ma anche impianti biogas ad esempio), modificare l’urbanistica di centri storici, aumentare le cubature degli immobili, stravolgere l’assetto attuale del territorio agricolo e delle zone di interesse naturalistico ed archeologico. Basterebbe anche un solo giorno lavorativo di “vuoto legislativo” tra la scadenza e l’eventuale proroga per far approvare centinaia (se non migliaia) di progetti bloccati da vincoli attualmente depositati negli uffici urbanistici di tutti i comuni della regione.
Dopo non aver ricevuto risposte, i sette consiglieri hanno deciso di occupare l’aula consiliare fino a quando il Presidente del Consiglio Daniele Leodori non garantirà la convocazione di un nuovo consiglio dove potrà esser affrontato (e forse risolto, a seconda delle votazioni) il problema. Dopo più di 18 ore ininterrotte, una notte ed una mezza giornata chiusi dentro l’aula, i consiglieri del Movimento 5 Stelle non hanno ottenuto ancora nessuna risposta in merito: maggioranza e opposizione latitano compatte, ma di questo pochi oramai si stupiscono. Cittadini, parlamentari, associazioni attendono risposte fuori dal palazzo di via della Pisana, mentre speculatori e palazzinari incrociano le dita nella speranza che nessuna proroga venga concessa almeno fino a lunedì sera.
Dov’è quindi la sbandierata “protezione del territorio”? Evaporata dopo la campagna elettorale esattamente come la “politica verde sui rifiuti”?
Dice il proverbio che “tra il dire ed il fare, c’è di mezzo il mare”, ma la giunta Zingaretti dimostra che “tra il dire ed il fare il contrario di ciò che si è detto, c’è di mezzo…niente”. Vedremo se ancora una volta, la vecchia politica si dimostrerà l’alleata numero uno di mattoni e cemento.