Referendum abrogativo:

E’ giusto mantenere il quorum?

E’ passato poco tempo da quando gli italiani sono stati chiamati alle urne per il referendum sulle trivellazioni, ma in molti hanno deciso di “non rispondere” senza andare a votare. Tra le tante riflessioni che ha aperto l’argomento ne analizzeremo in questo articolo una in particolare: quella riguardante il quorum.

Come è già noto, in Italia per il referendum abrogativo è necessario raggiungere il quorum del 50% degli aventi diritto di voto affinché esso possa essere valido. Esso serve per evitare che una minoranza di elettori possa prendere decisioni per tutta la collettività.

Il referendum è uno dei pochi strumenti democratici di cui la popolazione può usufruire per esprimere direttamente la propria opinione. Può accadere però (come è successo anche il 17 aprile scorso) che quest’ultimo possa essere sabotato da coloro che non sono favorevoli all’abrogazione e, per questo motivo, incentivano le persone a non votare, cosicché non si possa raggiungere la soglia minima di affluenza definita dal quorum. Le speranze dell’abrogazione di una legge si devono,quindi, sommare a quelle del raggiungimento del quorum stesso.

In questi giorni si sta diffondendo on-line la petizione che riguarda proprio l’eliminazione del quorum prevista per i referendum. Sempre più persone si dimostrano favorevoli e sono già state raccolte molte firme. Secondo quest’ultimi, l’abolizione porterebbe ad una maggiore democraticità, evitando ulteriori ed eventuali sabotaggi, e motiverebbe i politici ad esprimere una propria opinione sull’argomento, così da motivare anche la popolazione.




Trivelle in mare

E il potere della disinformazione

Il 17 aprile 2016 i cittadini italiani potranno andare a votare per il referendum riguardante le trivellazioni in mare. Le estrazioni di petrolio e gas si intrecciano a molteplici interessi, senza mai però prendere alcuna considerazione i giganteschi danni provocati sull’ambiente. Lo sfruttamento dell’uomo delle risorse naturali è ormai -purtroppo- un argomento sentito e risentito e questa non ne è che l’ennesima dimostrazione. Danni di questo tipo disastrano da troppo tempo l’habitat di moltissimi organismi, compresi noi stessi in quanto il mondo che ci circonda è anche il nostro habitat e, come tale, dobbiamo salvaguardarlo.

Le trivellazioni in mare provocano enormi danni all’ambiente circostante. Bastano i pochi dati forniti dal ministero dell’ambiente per farci riflettere su quanto sia grave la situazione. Essi dimostrano che gran parte delle piattaforme di trivellazione superano spesso i limiti prefissati per quanto riguarda il rilascio di “sostanze pericolose” e, di conseguenza, di inquinamento. Inoltre, i dati raccolti riguardano solo una parte delle piattaforme operative. Immaginate, quindi, quanto potrebbero aumentare ulteriormente questi danni. Aggiungiamo a questo anche la manutenzione degli impianti stessi, la quale richiede costose operazioni che colpiscono e inquinano le nostre acque. Idrocarburi, metalli pesanti, sostanze cancerogene… queste sono solo alcune delle sostanze che vengono rilasciate nel mare, a danno della fauna marina e dell’uomo stesso.

A un mese dal 16 Aprile gran parte degli italiani non sono neanche a conoscenza del referendum in questione. Per quale motivo? Perché media, giornali, politici non ne parlano? Dopotutto, la disinformazione è sempre risultata un’arma potentissima che le nostre istituzioni hanno usato (e usano tuttora) per manipolare la realtà.

Dal momento che il referendum ha valore abrogativo, dovrete votare “si” se volete porre fine alle trivellazioni in mare e al conseguente inquinamento da esse provocato, nella speranza che sempre più parte della popolazione si sensibilizzi ai temi riguardanti per il rispetto per l’ambiente.