Torino, una città da vivere tra le righe

Alessandro, 58 anni, romano con laurea in matematica, lavora in un istituto di ricerca della Capitale dove si occupa, tra l’altro, di divulgazione scientifica. Tra i suoi interessi, culturali e di viaggiatore, ce n’è uno che ha iniziato a ‘praticare’ da poco, ma che gli dà molta soddisfazione, ed è quello di scrivere libri. Dopo ‘Dallo speaker’s corner di Campo de’ Fiori’ (ed. Kimerik), di recente ha pubblicato per l’editore Albatros, ‘Matematica e Poesia’, a cui il viaggio a Torino, che gentilmente condivide con i nostri lettori, è strettamente legato.

Torino, la sabauda

L’idea di andare a Torino non nasce dalla voglia di fare un viaggio di piacere, ma dalla partecipazione come firmacopie della mia ultima ‘fatica’ al recente ‘Salone del libro’ che si è svolto lo scorso mese di maggio nel capoluogo piemontese. La visita alla città è la naturale conseguenza: invece di fare toccata e fuga sono rimasto in città 3 notti, con informazioni e suggerimenti da parte di mio fratello, il mio amico/collega Andrea e le notizie che ho preso autonomamente sul web, consultando anche ‘le 10 cose più belle da vedere a …”. Quando viaggio da solo per lavoro e/o per diletto non porto molte cose, solo l’essenziale, anche se in questa occasione la giacca di rappresentanza non poteva mancare, dovendomi interfacciare con il pubblico del Salone. Ho soggiornato in un appartamento che si trova  a 10 minuti a piedi dalla stazione Porta Nuova, e a una ventina dalla famosa Piazza Castello.

A spasso per la città, e le visite ‘da non perdere’

Il Salone del libro di Torino è enorme ed attira una quantità di gente incredibile. Dal canto mio l’esperienza è stata positiva seppur il tempo che avevo a disposizione allo stand della casa editrice Albatros per il firmacopie era veramente poco (un’ora circa): vendere, però, il mio libro, che parla di matematica in sonetti romaneschi, ad un pubblico per la maggior parte piemontese, è stata una bella soddisfazione. Oltre a visitare le principali attrazioni della città, come amo fare spesso, ho respirato l’aria del luogo, ho girato in lungo e in largo per percepirne i profumi, il dialetto e le abitudini dei suoi abitanti. La città mi ha dato l’impressione di essere disegnata con le squadre, le strade si intersecano in modo per lo più perpendicolare, ed i loro nomi testimoniano fortemente il dominio sabaudo. Dal Palazzo Reale mi aspettavo un po’ di più, forse perché pochi altri possono competere con quello di Vienna, che ho visitato qualche tempo fa. La visita al museo Egizio, come da previsioni, è stata la cosa più emozionante. Il giovane archeologo che ci ha accompagnato nella visita ha saputo, con le sue conoscenze, rendere il tutto ancora più interessante, unendo, allo stupore di ciò che vedevo, una lunga serie di notizie storiche legate a quell’affascinante civiltà. Sono salito anche sulla Mole Antonelliana ed ho visitato il Museo del cinema, collocato in essa: la prima mi ha permesso di vedere tutta la città dall’alto e da una posizione centrale, il museo mi ha permesso di vedere cose molto interessanti e inaspettate.

Non potevo poi non fare una visita alla Basilica di Superga, attratto dal desiderio di gustare la città dall’alto e le Alpi che la sorvegliano da lontano, e dal mito che avvolge questo luogo dove nel maggio del 1949 si schiantò un aereo, proprio contro il muraglione del terrapieno posteriore alla Basilica. Nell’incidente  perse la vita l’intera squadra cittadina, il ‘Grande Torino’ di Valentino Mazzola e compagni, assieme ad accompagnatori e giornalisti al seguito, gruppo che rientrava da Lisbona dove aveva giocato una partita amichevole contro il Benfica. Non posso non menzionare tra i miei giri a piedi la bellissima passeggiata lungo il Po, che mi ha regalato un momento di tranquillità e spensieratezza. Come mi succede spesso non ho fatto molte fotografie se non quelle che man mano spedivo via chat alla mia famiglia, per condividere le esperienze del viaggio.

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Torino a tavola

In tutto questo, trovandomi da solo, ho mangiato in modo piuttosto ‘veloce’, pizza, panini e toast,  cercando però di gustarmi i dolci tipici. Ho mangiato un fantastico gianduiotto in Piazza San Carlo, dove tra l’altro ho bevuto il Bicerin, una nota bevanda di crema gianduia, appartenente all’antica cultura e tradizione torinese, che veniva servita in tutti i caffè della città sin dai primi anni del XIX secolo, e di cui ne ho riportato una bottiglia a forma di Mole Antonelliana, come souvenir.

Cosa suggerisci a chi voglia visitare la città?

Andare assolutamente al museo Egizio e camminare a piedi per respirarla in ogni suo aspetto!




Il viaggio in Terra Santa

Alessandro, 47 anni di Ardea, a Pomezia ha conseguito il diploma di tecnico per le industrie chimiche presso l’Istituto professionale ‘Cavazza’, attuale ‘Largo Brodolini’. Ha una sorella e un nipote che vivono a Roma, che vede poco per impegni di lavoro e di studio, ma che vorrebbe godersi di più, e molti passatempi: sport, cucina, informatica e la scrittura: è infatti tra gli autori del libro “A volo d’angelo” presentato da Pomezianews lo scorso agosto. La scelta di raccontarci il viaggio in Terra Santa nasce dalla forte spiritualità e dalle mille emozioni che gli sono rimaste nel cuore.

 

Direzione Terra Santa

 Dopo il primo pellegrinaggio fatto in Terra Santa è nato il desiderio di un viaggio che non avesse i ritmi serrati dei viaggi organizzati, ma che fosse di sosta, preghiera, scoperta dei vicoli, degli odori e dei sapori del posto e della popolazione. Così è nato “il viaggio”, un breve soggiorno dal 18 al 22 marzo 2019, ma molto intenso e di una ricchezza unica. Siamo partiti in due dall’aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino, con una compagnia low cost e siamo atterrati a quello di Ben-Gurion di Tel Aviv. Con un po’ di inglese e una carta di credito abilitata al pagamento in shekel, la moneta locale, abbiamo preso un treno veloce che ci ha portato in poco tempo alla stazione di Gerusalemme. Li, con un tram, siamo arrivati al nostro alloggio: una struttura semplice e accogliente gestita dalle suore a due passi dalle mura della città vecchia. Ẻ iniziata così la nostra scoperta della città che da secoli ha il suo fascino e il suo punto di “convivenza impossibile’ tra ebrei, mussulmani e cristiani con ritmi e riti diversi, che dividono e uniscono il territorio e i suoi abitanti.

 

Verso Betlemme, in compagnia

In uno dei giorni di soggiorno decidemmo di visitare la vicina Betlemme. In attesa del bus per andare alla città natale di Gesù abbiamo iniziato a parlare in inglese con delle persone, scoprendo poi che una era brasiliana e l’altra italiana. Abbiamo fatto così il viaggio insieme. L’italiana, Pina, è una giovane donna che ha scelto di fare la volontaria in un orfanotrofio per bambini abbandonati di Gerusalemme. Dopo aver visitato la Basilica della Natività e pranzato insieme abbiamo deciso di visitare un luogo fuori programma, il monastero di San Saba. Dopo aver contrattato con un tassista la tariffa siamo partiti. Il percorso tra le due località è stato piuttosto accidentato, sia per la strada, in mezzo alle montagne del deserto, sia per la guida stile ‘safari’ del nostro autista, un tipo molto intraprendente che voleva portarci a casa dalla sua famiglia per poterci vendere oggetti e souvenir. Il tragitto nel territorio del deserto è stato qualcosa di inaspettato che ci ha lasciato a bocca aperta: l’area desertica è sicuramente un luogo inospitale, ma dove è possibile vivere! Un luogo dove la flora non manca e dove l’uomo è stato capace di costruire nel passato strutture dove abitare e ingegnarsi per raccogliere le acque piovane: abbondanti e torrenziali in alcuni momenti, assenti per la maggior parte dell’anno.

Tra le rocce e le rovine spunta all’improvviso il monastero greco-ortodosso di San Saba, fondato nel 438 D.C., costruito nel mezzo del deserto di Giudea. Il monastero rappresenta uno dei più importanti simboli cristiano-ortodossi del Medio Oriente, eretto da circa cinque mila monaci dediti a San Saba, il monaco che scelse di formare la propria comunità monastica in Terra Santa. I monaci che ancora oggi vivono lì mantengono ancora oggi la regola di non far entrare le donne nel monastero. Cosa che abbiamo scoperto una volta arrivati a destinazione. Il disappunto è stato di tutto il gruppo, ma le foto fatte ci hanno aiutato a condividere con la nostra compagna di viaggio la bellezza, la storia e l’arte del posto. Ancora oggi sono in contatto con Pina che mi porta a conoscenza della cronaca di quei luoghi, notizie che in Italia non arrivano, raccontandoci la difficoltà dei rapporti sociali e politici delle diverse fazioni, ma soprattutto di come vanno avanti i progetti a favore dei bambini della struttura dove presta servizio che vengono portati avanti grazie alle donazioni che arrivano da tutto il mondo. Mi sono reso disponibile a dare spazio ai suoi progetti per sostenere i bambini, e non appena il Covid lo permetterà darò il mio contributo.

Cosa ha riportato a casa

Ho riportato con me le forti emozioni che ho provato in questo viaggio ‘lento’, che mi ha permesso di gustare la bellezza dei luoghi ‘senza correre’, e mi ha dato l’opportunità di apprezzare le persone che vi abitano, e le loro vite che scorrono lentamente e intensamente.

Tra tutti i ricordi che porto dentro di me, il piacere di svegliarsi per andare alla messa delle 5 di mattina nella Basilica del Santo Sepolcro, immerso nel silenzio di quell’atmosfera unica e senza tempo.




Benvenuti in Iran

Federica è una farmacista siciliana che vive e lavora a Pomezia, dopo aver girato per motivi di studio e professionali varie città d’Italia. Ama il suo micio rosso Piumino, ma anche viaggiare, cucinare e fare immersioni subacquee che l’hanno portata ad esplorare non solo i fondali marini italiani, ma anche quelli di Egitto, Maldive e Sudan, assieme ai gruppi di sub che frequenta da molti anni e con i quali condivide i viaggi ‘ad hoc’. Tra i tanti viaggi, oggi ci racconta l’Iran, visitata con un gruppo organizzato di viaggiatori.

Perché l’Iran?

Se è vero che un viaggio inizia quando entra per la prima volta nel nostro immaginario, il viaggio in Iran è iniziato due anni prima, nel novembre del 2017, durante un altro viaggio straordinario, quello in Vietnam. Un desiderio coltivato per due anni, in quanto nel novembre 2018 l’ho dovuto rimandare in seguito ad un infortunio di una mia amica che voleva anche lei assolutamente visitarla. Quell’anno optai per la Turchia, altro paese meraviglioso soprattutto nelle sue regioni della Cappadocia e Anatolia. Ho iniziato a raccogliere commenti di gente che aveva visitato l’Iran, notizie e documenti che mi fecero crescere la voglia di partire, tra le perplessità e le paure di amici e parenti che mi dicevano: “Proprio lì devi andare? È un paese pericoloso! Hanno la bomba atomica! Ma sai come trattano le donne? E se poi ti rapiscono?”. E così a novembre 2019, io, assieme ad un amico e altri 13 sconosciuti, partimmo come gruppo organizzato dall’aeroporto di Fiumicino (Roma). Scoprimmo poi, durante il viaggio, che tutti eravamo stati scoraggiati da amici e parenti dall’intraprendere questa avventura persiana. Una volta atterrati, ricordo che in aeroporto il gruppo apparve ‘mutato’, almeno per ciò che riguardava noi donne: criniere dai vari colori, caschetti e riccioli erano scomparsi sotto foulard di tutti i colori. Avvolti sul capo, dapprima in maniera maldestra e poi col passare dei giorni in modo sempre più composto, questi foulard ci caratterizzarono, facendoci scordare del tutto le nostre usuali capigliature. Oltre a capo e collo coperto per tutte le donne, turiste comprese, lì bisogna indossare lunghi camicioni per coprire le forme. Nelle moschee l’abbigliamento deve essere ancora più casto: infatti indossavamo gli chador, lunghi drappi colorati con diverse fantasie e rigorosamente sintetici, distribuiti all’entrata alle donne che ne erano sprovviste. Familiarizzare con il velo non è stato per tutte facile, ed ha rappresentato un leit-motiv di tutto il nostro tour. Qualcuna ha lottato dal primo all’ultimo giorno con mollette e fermacapelli, sperimentato veli di ogni misura e foggia, con l’assistenza di gentili signore iraniane mosse a compassione! A volte capita che la soddisfazione per un viaggio tanto immaginato e desiderato risulti inferiore alle nostre aspettative; nel nostro caso è successo il contrario, la realtà ha superato l’immaginazione. Questa destinazione non avrebbe potuto avere esiti migliori, sia per i luoghi visitati, sia per l’aspetto organizzativo, curato in maniera ineccepibile dal mio amico, coordinatore da anni per Avventure nel mondo (Anm).

Di che nazione si tratta?

Si tratta di un paese che mi ha letteralmente sorpreso per la qualità delle strutture e dei servizi: una rete stradale in ottime condizioni anche nei paesi più sperduti, alberghi di livello spesso superiore al nostro abituale, le città molto pulite, tanti giardini tenuti perfettamente, corrente elettrica diffusa fino nei villaggi più remoti di montagna, e tanto altro ancora. Insomma l’Iran non è affatto quel luogo arretrato e pericoloso che ci avevano descritto su giornali e televisione in Occidente. L’economia è sicuramente in sofferenza, condizionata dalla pesante cappa del regime religioso e in parte anche dalle sanzioni dei paesi occidentali. È un paese ricco di risorse naturali, come petrolio, gas, minerali e con molte potenzialità creative umane che attendono solo di manifestarsi. Secondo me l’Iran potrà avere un grande sviluppo e un ruolo importante nel mondo se cambiasse la politica dei prossimi governi.

Altra cosa che da occidentali non ci si aspetta è che si tratta di un paese molto pulito. Nelle case degli iraniani si entra scalzi e si mangia sul tappeto. Quando abbiamo chiesto ai nostri amici locali come fosse possibile non trovare scomodo il bagno alla turca, ci hanno risposto: “Come fate voi a non trovare antigienica una tavoletta sulla quale si poggiano anche altre persone?”. Attualmente, comunque, hanno quasi tutti entrambe le soluzioni: gli hotel hanno praticamente solo il nostro water occidentale. Solo in termini di varietà di paesaggi, la superficie del territorio è cinque volte e mezzo quella italiana e riassume in sé un continente intero. L’Iran è un mondo a sé anche in termini culturali, una civiltà con 5.000 anni di storia. Sono presenti nel territorio tantissimi siti   inseriti nel ‘Patrimonio dell’umanità UNESCO’, tra cui i luoghi iconici come le rovine di Persepolis, l’antica capitale dell’impero persiano, la necropoli di Naqsh-e Rostam e la città antica di Pasargadae con il mausoleo di Ciro il Grande, fondatore del primo Impero. Ovviamente sono belle anche le città: dalle stupende moschee, con all’interno i classici tappeti di “maioliche”, soprattutto a Isfahan, ai palazzi degli scià di Teheran a quelli non meno pomposi dei ricchi commercianti, di cui alcuni a Tabriz e Kashan, e naturalmente anche Yazd, un incredibile labirinto di stradine tra case in argilla e moltissime badghir, le Torri del vento. Non vanno dimenticati i bazar, tra zafferano, erbe aromatiche e tappeti persiani. L’Iran è talmente vasto e ricco di cose da vedere che scegliere solo la capitale Teheran è un po’ limitante, benché molto indicativo: essendo molto caotica spesso non viene neanche menzionata all’interno dei classici tour. Noi ci siamo rimasti due giorni e abbiamo visitato la Torre Azadi, uno dei simboli della capitale, il Palazzo Golestan, utilizzato per cerimonie ufficiali, come l’incoronazione dello scià Mohamad Reza, ed il caotico e caratteristico Gran Bazar, perfetto per fare acquisti e portare a casa un souvenir. L’elenco delle cose da vedere a Teheran è ancora lungo: palazzi, giardini e musei che custodiscono reperti di inestimabile valore dello scià di Persia. Altro simbolo iconico dell’Iran sono le moschee ed altri luoghi di culto. Gli architetti che hanno disegnato le moschee iraniane, si sono sbizzarriti in soluzioni che mi hanno lasciato stupefatta. Ologrammi tridimensionali ottenuti con minuscoli fori nelle cupole, mosaici composti con milioni di piastrelle colorate e frammenti di vetri o specchi locali, dalla particolare acustica che amplificano le voci.

Poi ci sono gli indimenticabili villaggi di montagna. I monti Zagros, nell’Iran occidentale, sono i luoghi migliori per visitare piccoli villaggi di montagna con le case costruite in “adobe”, una miscela di paglia e argilla. Questi remoti villaggi tradizionali, dove si conservano usanze e dialetti spariti dal resto dell’Iran, sono frequentati da pastori nomadi e sono circondati da uno spettacolare paesaggio. Un villaggio di montagna facilmente accessibile e con le tradizionali case rosse di adobe, è Abyaneh e può essere visitato percorrendo una breve deviazione quando si è di strada tra Isfahan e Kashan, mentre altri villaggi più remoti richiedono un diverso tipo di organizzazione. Sicuramente le rovine di Persepoli con l’adiacente Necropoli e Pasargadae, sono il luogo ideale per conoscere qualcosa in più sull’Impero achemenide e sui re persiani, una storia ben documentata da antiche incisioni su pietra in gran parte decifrate, da stupendi bassorilievi risalenti a 2.500 anni fa e da preziosi reperti archeologici di inestimabile valore.

Gli iraniani e la loro accoglienza

Appena arrivati in Iran, e precisamente a Shiraz, cominciammo a orientarci con una passeggiata in un parco. La fotografia che porto nella mente e nel cuore è la seguente: molte persone sedute sui prati, l’una accanto all’altra attorno ad una tovaglia da picnic,  famiglie numerose a rappresentare tre o quattro generazioni insieme. Ricordo uomini che versavano il tè e sistemavano il carbone e il tabacco dei loro narghilè, con il vento che trasportava in giro l’aroma del cibo. E con un “Welcome! Please, join us”. Unitevi a noi!  E qualche metro più avanti, un altro invito, e un altro, e un altro ancora. ”Welcome to Iran!”. E fu subito un sorriso. Se esistesse un’espressione per riassumere l’esperienza in questo meraviglioso paese, sarebbe “Benvenuti!”. Ve lo dirà qualsiasi passante per strada, bambini, anziani e commercianti nei bazar mentre vi offrono un dattero o una noce, oppure dei pistacchi di cui l’Iran è uno dei principali produttori al mondo. Molti di loro saranno curiosi di sapere da dove venite, dove siete diretti e se vi trovate bene nel loro paese.  Ovviamente scatteranno volentieri anche un paio di selfie con voi. Siate preparati a sentire la richiesta: “Ditelo ai vostri amici che tutti sono i benvenuti da noi. Non siamo terroristi”. Gli iraniani purtroppo sono al corrente della loro cattiva reputazione e nonostante ciò la loro cordialità è sconvolgente, quasi umiliante, e smentisce i falsi stereotipi di un’ostilità collettiva.  La visione che l’Occidente ha dell’Iran è limitata e molto incompleta. Cioè non vuol dire ignorare fatti rilevanti: certo la Repubblica islamica è una teocrazia, governata da un regime dittatoriale, e le condizioni di rispetto dei diritti umani sono pessime. C’è dispotismo e censura, ma difficilmente un turista ne sarà testimone. Contrariamente alla sua reputazione e alla sua situazione politica, l’Iran è una destinazione assolutamente sicura. Si potrebbe aprire un intero capitolo a riguardo, ma ciò che non si deve mai dimenticare, in nessun luogo del mondo, è che governo e popolo sono due entità distinte e che il secondo non può essere colpevole per le scelte, le imposizioni e le leggi del primo. In realtà anche per gli abitanti le libertà nella vita di tutti i giorni sono maggiori di quello che si pensi. La hijab, il velo, che per molte donne emancipate costituisce l’odiato simbolo della propria mancanza di libertà, viene trasformata in un accessorio alla moda. Tra l’altro l’Iran è il paese con il più alto tasso di operazioni di chirurgia estetica al naso. La rinoplastica indica uno status sociale,  per le donne: visto che il naso è una delle rare cose che possono mostrare, lo vogliono bello e se lo fanno ‘sistemare’. Anche se non si sono operate, alcune di loro, per ‘vezzo’, portano con fierezza  delle bende bianche intorno al naso, ad indicare i postumi di una rinoplastica a cui si sono sottoposte, anche se spesso ciò non è vero.

Qual è la stagione migliore per visitarla e quali requisiti bisogna avere per entrare?

Il clima presenta temperature estreme piuttosto importanti in estate e in inverno, quindi il periodo migliore corrisponde alle mezze stagioni, ovvero tra aprile e maggio e tra fine settembre e inizio di novembre. Per l’ingresso occorre il passaporto con validità residua di almeno 6 mesi, e il visto di ingresso da ottenersi presso un’ambasciata o un consolato, sebbene sia possibile ottenerlo anche all’arrivo nei maggiori aeroporti, questa modalità viene sconsigliata. Gran parte dei tour organizzati e dei viaggi individuali prenotati tramite agenzia prevedono come mezzi di trasporto auto o pulmini guidati da un conducente locale e questo è probabilmente il miglior modo per spostarsi in Iran, soprattutto per chi ha poco tempo a disposizione. Anche perché, per noleggiare l’auto, bisogna considerare il traffico delle città e lo stile di guida degli iraniani, che possono essere davvero stressanti e pericolosi.

 Cosa hai riportato da questo viaggio?

Sicuramente le cose più belle portate dall’Iran, oltre a pistacchi, tappeti e le ceramiche raffiguranti i caratteristici melograni, sono i ‘miei’ ricordi. Si tratta di ricordi dolci e intensi di centinaia di persone che ci hanno fermati per strada o contattati tramite Instagram (Facebook è bloccato), che non hanno esitato un attimo prima di invitarci a cena o, chi poteva, a dormire nelle loro case.

Questa è l’Iran con la sua meravigliosa gente!

 




Islanda, terra dalle mille emozioni

Inauguriamo la rubrica “Racconti di viaggi”. Chi vorrà, potrà condividere l’esperienza di un viaggio, un percorso o un itinerario con i lettori del nostro giornale contattandoci all’indirizzo mail raccontidiviaggi@pomezianews.it.

Iniziamo le nostre storie di viaggio con una tra le destinazioni più belle e intriganti, l’Islanda, raccontata da Sara, una giovane grafica e fotografa romana, mamma di un bambino di 6 anni, che vive sul litorale di Pomezia. Sara ha visitato quest’isola ricca di contrasti e bellezze naturali mozzafiato due anni fa, con un tour organizzato. L’ha conosciuta ed esplorata attraverso lo strumento che fa parte della sua vita, la macchina fotografica. Gentilmente accetta di condivide questa esperienza con i lettori di Pomezianews e noi la ringraziamo.

 Com’è nata l’idea di un viaggio in una parte del mondo così particolare?

Stavo uscendo da un periodo difficile della mia vita, dovevo resettarmi. Dopo molte riflessioni, scelsi di ripartire da me, investendo sulla mia più grande passione, la fotografia e da qui l’idea di un viaggio fotografico. Per la prima volta mio figlio avrebbe trascorso le vacanze da solo con il padre. Sapevo che quelli sarebbero stati giorni piuttosto lunghi per me e fare un viaggio poteva essere un’ottima soluzione per distrarmi e concentrarmi sul mio equilibrio.

Come hai trasformato questo desiderio di viaggio in un’azione operativa?

Navigando tra le tante iniziative del web ho trovato una proposta molto allettante: fare il giro dell’Islanda, con un tour già organizzato, in gruppo, che prevedeva un itinerario a 360° lungo tutta l’isola. Ho visto paesaggi unici, dai terreni brulli alle cascate, dalle spiagge nere ai paesaggi dove la natura è incontaminata. Ebbi una strana sensazione, non avrei mai immaginato un giorno di potermi trovare in quel luogo da sogno così remoto, eppure sapevo che sarebbe stato possibile, dipendeva solo da me stessa. Provai inizialmente a proporre il viaggio ad amici e conoscenti per evitare di sentirmi completamente sola in quella terra lontana, ma nessuno fu disponibile a venire con me. Non viaggiavo da circa 10 anni e mai l’avevo fatto da sola, o con sconosciuti. Inoltre mi manca completamente il senso dell’orientamento, riesco a perdermi anche nel mio quartiere! Non avevo più dimestichezza con i viaggi e l’idea di trovarmi sola, per esempio in un aeroporto, mi terrorizzava.

 Ti sei allora affidata al tuo cuore. Che ti ha detto?

Una cara amica mi disse che era la mia occasione, non potevo lasciarmi frenare dalle mie paure. Aveva ragione. Ricordo ancora l’emozione provata nel momento in cui comprai il biglietto. Posso dire ora che si rivelò una tra le più importanti e azzeccate scelte della mia vita. L’Islanda mi ha regalato una gioia che non provavo da decenni e le distanze macinate durante il tour sono state le stesse che ho percorso dentro di me, nel mio viaggio ‘parallelo’. Il viaggio interiore mi ha liberato da paure, vecchi schemi e strutture mentali fino al raggiungimento della vera me stessa. Posti incantevoli e nuovi fantastici amici hanno fatto da contorno alla mia più grande rinascita. Il gruppo era formato da circa dieci persone, con le quali ho condiviso tante emozioni, esperienze e momenti divertenti. Ricordo con particolare piacere una sera in cui tutti stavamo in un pub a mangiare e parlare, ascoltando musica. Un uomo ballava in mezzo alla sala del locale. Come per incanto, ad un certo punto vengo ‘rapita’ dalla musica e inizio anch’io a ballare in pista, libera e contenta di vivere questo momento ludico. Piano, piano si sono uniti tutti gli altri, e abbiamo passato una bella serata spensierata, e in libertà.

Cosa raccontano le tue foto dell’Islanda?

Ne ho fatte ovviamente tante, in ogni luogo e alcune in posti meravigliosi, cercando di cogliere le bellezze allo stato puro di quella flora e fauna così emozionanti. Inoltre, al rientro, le fotografie scattate mi hanno aperto nuove porte professionali. Infatti sono entrata in contatto con un’agenzia fotografica con la quale ho collaborato ed ho anche vinto un premio con una delle foto, che ho voluto allegare a questa intervista.

Di che viaggio si è trattato?

Nello stato di estasi in cui mi trovavo non ho trovato nessun aspetto negativo. Anche le numerose alzatacce alle 5 del mattino, per una dormigliona come me, non sono riuscite a scalfire l’entusiasmo di quei giorni. Il mio diario di bordo è stata la macchina fotografica.

Cosa ti sei portata a casa dall’Islanda?

L’unico gadget acquistato è stato un libro illustrato di Troll e Folletti per mio figlio. Comunque al mio rientro nulla è stato più come prima.

 

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