Zinnia, la più amata dalle farfalle

 

La Zinnia, pianta erbacea della famiglia delle Asteracee/Composite, contiene una ventina di specie divers, che in Italia si possono trovare sotto i 200 m. di altitudine, tra cui la Zinnia elegans che è quella che spicca di più, . Originaria del Messico e dell’America centrale, anche se il suo habitat naturale è il sottobosco, si coltiva in vaso, balcone o nelle aiuole. I primi esemplari furono importati in Europa nella seconda metà del Settecento e vennero classificati verso la fine del Novecento. La sua fioritura avviene da maggio ad ottobre, con i fiori dai tanti colori, dal giallo al rosso, dall’arancione al rosa. Ha poche esigenze di coltivazione, preferisce le posizioni assolate,  può raggiungere 1,20 cm. di altezza e non ama i cambiamenti climatici improvvisi e le correnti d’aria. Ideale per le bordure, la Zinnia non tollera umidità o posizioni chiuse, non necessita potature, e la temperatura deve essere tra i 23 e i 29 C. I fiori sono singoli all’estremità, a margherita o doppi a pon-pon.

La pianta può essere a stelo lungo o a cespuglio compatto, ideale per siepi e bordure fiorite, con fiori e foglie inodori. Facile  da coltivare, va seminata da febbraio ad aprile in piena terra, oppure in semenzaio a marzo. Il concime deve contenere le giuste quantità di sali minerali, soprattutto azoto, fosforo, potassio e zinco, indispensabili per la fioritura. La cocciniglia farinosa, insetto che succhia la linfa delle piante indebolendole progressivamente, è il parassita che può attaccare la pianta, e che va trattato con uno specifico insetticida. Il nome Zinnia è dedicato all’anatomista e botanico tedesco Johann Gottfried Zinn, allievo del grande naturalista Linneo.  Nel linguaggio dei fiori simboleggia la semplicità, forse perché ha veramente poche esigenze.(fonte foto: Pixebay)




Il glicine, una dolce invadenza colorata

In realtà il nome botanico è Wisteria, è originaria dell’America e dell’Asia, anche se in Italia è una pianta che troviamo da nord a sud. Stiamo parlando del glicine, parola che deriva dal greco ‘glikis’ che significa dolce e prende il suo nome scientifico dallo studioso statunitense Kaspar Wistar, pianta rampicante ornamentale dai bei grappoli bianchi, rosa, viola che in questo periodo apprezziamo per il suo profumo e i suoi fiori nei pergolati, terrazzi e giardini.

La pianta può raggiungere fino ai 15 metri,  e fiorisce in modo più vigoroso se posta al sole, meglio se per almeno sei ore al giorno. Si adatta a tutte le temperature, le foglie sono di colore verde bronzato e di forma lanceolata, i frutti sono simili a dei fagioli, lunghi circa 20 centimetri con semi velenosi al suo interno. La pianta contiene una sostanza tossica chiamata wisterina che, se ingerita, può causare confusione, problemi di linguaggio, nausea, vomito, dolori di stomaco e collasso. Ma sono soprattutto i semi i più velenosi, che causano  avvelenamento per bambini e animali domestici, con gastroenterite più o meno gravi. I fiori sbocciano in modo più generoso se i rami principali sono posizionati in linea orizzontale. La fioritura dura per tutta la primavera a seconda della specie e della temperatura. Avviene circa dopo 8-10 anni se la pianta parte dal seme, mentre gli anni sono tre se proveniente da innesto.

Le radici sono vigorose e per la loro forza possono rompere pavimentazioni e muri, mentre i rami si avvolgono attorno a qualsiasi superficie, quindi è bene scegliere un supporto adatto per farlo arrampicare.
Sono da preferire i terreni sabbiosi e leggermente acidi, così come un tutore per il sostegno della pianta. Nei primi anni la fioritura non è molta, in quanto si deve impiantare in profondità e le irrigazioni devono essere frequenti; in inverno possono essere sufficienti le piogge. La potatura va eseguita in estate e in inverno, i rami secchi vanno eliminati e bisogna lasciare poche gemme per ramo. Il terreno ideale per il glicine è morbido, ricco di materiale organico e non calcareo. Diverse sono le varietà, dal glicine rosso a quello giapponese,  al cinese, quest’ultimo il più diffuso.  La pianta può essere colpita da afidi, acari, dal ragno rosso che compare al momento della fioritura, ma soprattutto dalla clorosi,  una condizione che provoca l’ingiallimento delle foglie dovuta all’assenza di clorofilla che ne rallenta crescita e fioritura, e che si combatte con concime e prodotti appropriati.

In Oriente il glicine rappresenta la coscienza dell’uomo, con la sua crescita in continua torsione e movimento. Vari i racconti e le leggende della tradizione giapponese che vi sono legate: si narra di imperatori che portavano con sé, durante i viaggi fuori dal Giappone, vasi di glicine da offrire in segno di amicizia e benevolenza. Tuttora nel linguaggio dei fiori è  simbolo di amicizia, riconoscenza e disponibilità. (Foto di Marta Fortunati)




Orchidee, tra bellezza e mistero

La coltivazione delle orchidee, piante affascinanti per la loro provenienza e per le bellissime infiorescenze, fino a qualche decennio fa era riservata ad una élite: era infatti quasi sempre necessario possedere delle serre o ambienti dove si potessero mantenere alte temperatura e umidità.

Le foglie dell’orchidea sono intere, quasi sempre ovali o nastriformi, disposte in modo alternato sullo stelo. La loro consistenza, per lo più carnosa, consente di ‘mantenere’ i liquidi e i nutrienti per la pianta stessa. In altri casi questo compito spetta agli pseudobulbi che si trovano alla base, di forma ovoidale o cilindrica. La forma dei fiori è tipica e molto riconoscibile: nella parte superiore sono presenti tre sepali, in quella inferiore tre petali. Quello centrale, detto labello, varia in forma e colore a seconda della specie ed ha la funzione di attirare gli insetti impollinatori. Le radici, aeree e spesso carnose, presentano, sulla loro superficie, uno strato sottile il cui compito è quello di assorbire l’umidità che è presente nell’aria e nelle superfici dove si ‘attaccano’.

Diffuse nelle aree tropicali e subtropicali del continente asiatico ed americano, circa duecento specie di orchidee si trovano, però, allo stato spontaneo anche in Italia, in particolar modo nelle aree collinari e montane. Quelle provenienti da habitat temperati e caldi sono quasi tutte epifite: si aggrappano con le radici ad altre piante, che fungono solamente da sostegno. Alcune varietà, proveniendo da ambienti più freddi, più adattabili alle condizioni di vita europee, si sono diffuse ed abbelliscono spazi interni ed esterni. Le altre, di altitudine, sono invece dette “terricole” perché affondano le radici nel terreno.

Le orchidee, poiché sono una famiglia vastissima, eterogenea e largamente diffusa, sono entrate a vario titolo nella vita dell’essere umano. Ad esempio nelle arti magiche, nei riti religiosi, nella letteratura e nell’arte. Gli aspetti letterari e artistici non sono spesso così riconoscibili. Infatti le orchidee sono conosciute quasi ed esclusivamente come piante ornamentali ed anche i più esperti, gli orchidofili, le trattano esclusivamente per la loro coltivazione.

Il loro ruolo nella vita umana ed i valori che hanno rappresentato, sono importanti e svelano aspetti a tratti sconosciuti. In Oriente le orchidee sono sempre apparse nei testi letterari, mentre un po’ meno in Occidente. Le orchidee le incontriamo nell’Amleto shakespeariano, in particolare nel bouquet di erbe e fiori della folle Ofelia, descritta nei suoi ultimi istanti di vita quando delirante entra nel ruscello che la trascinerà alla morte; nel romanzo ‘’Il Ritratto di Dorian Grey’’ di Oscar Wilde, dove il fascinoso e dannato Dorian Grey trova un’orchidea da mettere nell’occhiello della giacca perché in essa vedeva incarnati i peccati capitali; nelle pagine di “Sodoma e Gomorra” lo scrittore Marcel Proust le cita più volte, alludendo all’orchidea come simbolo di bellezza impura, sensoriale e sensuale.

Uno spazio importante viene dato alle orchidee dalla seconda metà dell’Ottocento quando il naturalismo delle fresche foreste tropicali lasciava il passo alle sensazioni ben più “forti” come la passione sensuale, l’erotismo e la decadenza. Probabilmente l’aspetto appariscente, l’aria effimera e sensuale, ha fatto sì che questo misterioso fiore si insinuasse con facilità fra le pagine culturali e letterarie del tempo, giungendo fino ai giorni nostri.

(Foto:  Mike Darger da Pixabay)




Stella di Natale, la pianta delle feste

 

Tra i classici regali  del periodo natalizio, la Stella di Natale, o Poinsettia (Euphorbia pulcherrima), occupa i primi posti. Originaria del Messico, dove cresce spontaneamente raggiungendo anche i tre metri di altezza, al momento della sua prima catalogazione botanica le venne dato il nome in onore del primo governatore americano del Messico, Robert Poinsett, in quanto non si pensava fosse una euphorbia. Solo dopo ulteriori studi venne inserita nella famiglia delle euphorbiacee dove ci sono piante simili a cactus, arbusti e piante erbacee. A partire da fine Ottocento, per tradizione, veniva donata alle autorità istituzionali e agli ambasciatori come regalo di benvenuto. Anche se da noi la Stella di Natale è una pianta tipicamente invernale, le sue origini sono dunque tropicali. Già era nota agli Atzechi che la consideravano il simbolo della purezza, e ne utilizzavano il lattice come colorante.

I fiori della pianta, in realtà, non sono le foglie, dette brattee, che hanno il tipico colore rosso acceso: i fiori veri sono i boccioli giallastri che si trovano al centro delle brattee. Nel corso degli anni le varie ibridazioni della pianta hanno consentito alle brattee di essere rosa, gialle, fucsia, bianche, doppie e arrotolate. I fusti sono legnosi, ma sottili e il fogliame ricorda un po’ quello dell’agrifoglio. Per capire se la pianta è in buone condizioni  le foglie devono essere di un bel verde intenso, non devono cadere dopo un leggero colpo, e le radici devono essere fitte e bianche. La temperatura  deve essere tra i 15 e i 21 gradi,  deve stare lontano da fonti di calore e da correnti d’aria, in una zona della casa poco luminosa, in quanto ‘sopporta’ al massimo otto ore di luce giornaliere. Finite le feste che fine fa la Poinsettia? Non va di certo dimenticata. La terra va mantenuta moderatamente umida e, a fine inverno, quando inizia a perdere le foglie, vanno tagliati gli steli a circa 15 cm da terra. Quando a primavera la pianta comincerà a gettare le prime foglioline, bisogna rinvasarla in un vaso più grande, mettendo un nuovo composto fatto di terriccio e sabbia e tenerla, fino all’estate, in un luogo luminoso, ma non in pieno sole.

La Stella, che nello stelo ha un lattice urticante, va tenuta lontana dalla portata dei bambini in quanto, se ingerito, causa vomito e diarrea (meglio contattare un medico), e quando va trattata è bene proteggere le mani con i guanti. Se ben curate, le Stelle di Natale possono durare molto tempo. Tra i consigli degli esperti:

  • in inverno vanno tenute in una stanza luminosa, arieggiata e non calda;
  • poca luce durante il giorno;
  • in primavera ed estate vanno in ‘riposo’ vegetativo: tagliare allora le foglie colorate e tenerle per circa un mese in luogo luminoso, a temperatura mite;
  • d’estate vanno rinvasate e concimate, i germogli arriveranno per novembre.

Auguri di buone feste a tutti i nostri lettori!

(Foto di Steve Buissinne da Pixabay)



Piante, bella come una bouganville

 

Con l’arrivo dell’estate veste i nostri giardini e balconi dando un tocco di colore, di vari colori, che rappresentano da soli la bella stagione. Sto parlando della bouganville (o bouganvillea o bouganville). Originaria del Sudamerica appartiene alla famiglia delle Nyctaginaceae e  conta 18 varietà diverse; diffusa in Italia e in Europa ama le esposizioni soleggiate, terreni fertili e umidi. Anche se di solito si coltivano in giardino, alcune specie possono essere tenute anche in vaso sempre al riparo dalle correnti. Vanno annaffiate spesso, soprattutto d’estate, facendo attenzione a non far ristagnare l’acqua per non far marcire le radici. Per quelle in vaso è meglio preferire la buganvillea butttiana che si può far crescere a cespuglio con regolari spuntature degli apici, e richiede un terriccio composto da sabbia e torba, con sassolini e compost e ben drenato. In generale la bouganville va potata in primavera, tagliando i rami secchi, comunque al termine di ogni fioritura, in modo da permettere alla pianta di rinnovarsi e cresce velocemente.  Nella fase del riposo vegetativo, le annaffiature vanno sospese. Teme freddo e gelate invernali, quindi va riparata dal freddo intenso. Si riproduce per talea, asportando dalla pianta un ramo di circa 10 centimetri che si pianta nel terreno, o con i semi, o  con il travaso. Si tratta di una pianta resistente e di solito non viene attaccata dagli insetti,  anche se può essere colpita dagli afidi che rinsecchiscono i germogli, la cocciniglia che va tolta con prodotti specifici e le  muffe, che sono la conseguenza delle acque stagnanti. Le foglie sono di un verde lucente, con forma simile ad un uovo allungato, i rami presentano delle spine e i rami sono sottili. La fioritura della bouganville va da giugno a ottobre, i fiori sono di colore bianco o giallo e crescono a grappolo. Durante il periodo estivo si concima una volta a settimana, con un concime liquido allungato all’acqua dell’innaffiatura, mentre in autunno il concime deve essere ricco di azoto e a lenta cessione. (Foto di Vane Monte da Pixabay)