Partiti politici, arriva il 2 per mille (volontario) …. ma non per tutti

L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato il 3/4/2014 una terza scheda, simile a quella per devolvere l’8 oppure il 5 per mille, che può essere utilizzata per destinare il 2 per mille della propria Irpef a favore di un partito o movimento politico.

Il decreto 149/2013 ha previsto una riduzione dei rimborsi/finanziamenti percepiti dai partiti politici (riduzione progressiva nei prossimi anni del 25%-50%-75% e abolizione totale nel 2017), introducendo però già da quest’anno il contributo volontario del 2 per mille.

Il contribuente può, se vuole, effettuare tutte e tre le scelte (2, 5 e 8 per mille) nella propria dichiarazione dei redditi (730 o modello unico).

In caso di mancata sottoscrizione della scheda del 2 per mille, la quota di Irpef rimarrà allo Stato.

2per1000

I partiti politici per i quali è possibile effettuare la scelta tramite la sottoscrizione della nuova scheda, sono quelli contenuti nell’elenco trasmesso dalla “Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici” ai sensi dell’articolo 10, comma 3 e dell’articolo 12, commi 2 e 3-bis, del citato decreto legge.

Per quest’anno i possibili destinatari del finanziamento volontario sono i seguenti partiti e movimenti politici:

  • Fratelli d’Italia
  • Partito Autonomista Trentino Tirolese
  • SEL
  • UDC
  • Lega Nord
  • Partito Democratico
  • Scelta Civica
  • Union Valdotaine;
  • Forza Italia
  • Partito Socialista Italiano
  • Sudtiroler Volkspartei

 




Sulle Primarie e sulla Partecipazione

Corre l’obbligo, per amore della trasparenza e per rispetto di chi legge, premettere che chi scrive è un iscritto al Partito Democratico di Torvajanica e che al congresso locale ha sostenuto in prima persona la mozione rinnovatrice della lista In Campo per Cambiare.

La fine della fase congressuale, che ha raggiunto il suo apice con la celebrazione delle elezioni primarie per la scelta del segretario nazionale, ci permette di fare delle brevi e modeste considerazioni politiche. La prima cosa che possiamo affermare con una certa sicurezza è che bene o male tutta la fase congressuale del Partito Democratico è stato un fenomeno mediatico non indifferente. Per almeno due mesi, telegiornali, trasmissioni televisive di approfondimento e testate giornalistiche cartacee ed online ci hanno inondato di informazioni ed analisi sui concorrenti e sui loro programmi, senza  risparmiarci  il  minimo particolare.

Questo è sicuramente un fatto positivo, sia per chi ha fatto parte della macchina organizzativa, sia per chi semplicemente ha espresso una preferenza, ma non deve essere né un fatto consolatorio, né un punto di arrivo.

E’ vero la politica è in crisi. E’ in crisi in ogni parte del mondo perché le persone hanno sempre più la sensazione che le decisioni fondamentali di una comunità, non vengano prese dai legittimi rappresentanti della sovranità popolare, ma fuori dalle istituzioni, lì dove si annidano forti interessi economici, o dove freddi burocrati applicano la tecnica, privi di una coscienza sociale o semplicemente privi di moderazione. Se la politica vuole tornare a scaldare i cuori dei cittadini deve aprirsi alla partecipazione dal basso .

Il concetto della partecipazione è diventato così ovvio che rischia di rimanere solo uno slogan se non lo mettiamo in pratica. Nessuno oggi si sognerebbe di contestarlo, perfino le grandi organizzazioni si sono rese conto che data la situazione attuale, è essenziale dare potere decisionale a chi realmente interagisce nella società. E’ dal basso quindi che devono essere prese le decisioni secondo una logica “Bottom Up” da contrapporre alla vecchia visione organizzativa “Top Down”, dove tutte le informazioni e le scelte venivano prese dai vertici dell’organizzazione.

Ma tornando a concentrarsi sul campo della politica e dell’amministrazione della cosa pubblica, è fondamentale, dicevamo, che si passi dalla partecipazione democratica come slogan, alla sua applicazione pratica.

Le elezioni primarie sono un’applicazione pratica di quanto abbiamo detto?

La mia risposta è che lo sono solo in parte. Esistono vari gradi di coinvolgimento dei cittadini alla politica. Scegliere il segretario di un partito, o il candidato premier alla carica di presidente del consiglio dei ministri è un primo passo, ma è un passo leggero, che rimane un po’ in superficie nel terreno, un passo che non penetra a fondo l’essenza del concetto di partecipazione. I cittadini devono, non solo scegliere tra la soluzione A o la soluzione B, tra Renzi, Cuperlo e Civati, tra il consigliere x e quello y, devono poter determinare radicalmente i programmi, le candidature, addirittura i provvedimenti di un sindaco, o di un gruppo consiliare. Questa è partecipazione allo stato puro. Limitarsi a permettere all’elettore di mettere una crocetta una volta ogni tanto, sottoponendo agli interessati scatole preconfezionate non basta. Semplificando brutalmente, il Partito Democratico deve essere partecipativo 365 giorni all’anno. Deve aprirsi alla discussione ed alla determinazione dei cittadini su qualsiasi aspetto della vita politica.

Esiste un modello partecipativo che secondo me funziona, è il meetup, implementato dal Movimento Cinque Stelle. Ecco, non dobbiamo snobbare uno strumento solo perché lo usa un avversario politico. Si deve avere l’intelligenza di utilizzare qualcosa che funziona, magari adattandolo al proprio contesto.

(Questa idea di coinvolgimento tra l’altro è alla base della mozione presentata all’ultimo congresso locale dalla mia lista, mozione che vuole mettere al centro della vita politica del Partito Democratico del comune pometino, l’Assemblea degli Iscritti come massimo organo deliberativo nei fatti e non a parole).

Riassumendo quindi, la partecipazione non è solo una possibilità di scelta una tantum, ma è  la possibilità concreta di determinare realmente le decisioni da prendere, aggiungendo però un altro aspetto, che secondo me, è l’ essenza  del concetto partecipativo, ovvero aggiungendo il fatto che la partecipazione è legata, fortemente, alla possibilità di veder realizzato quello che si è determinato. Ecco il principio attivo che debella qualsiasi malattia della politica: la realizzazione concreta di quello che si è scelto attivamente. Un cittadino che decide e vede realizzato ciò che ha scelto, non solo ritrova fiducia nella politica, non solo aumenta il proprio interesse per l’amministrazione della cosa pubblica, ma acquisisce responsabilità sociale, combatte le tentazioni egoistiche di pensare solo al proprio benessere personale senza curarsi delle sorti degli altri.

Le primarie per concludere, sono un punto di partenza, sono una forma blanda di partecipazione, se non accompagnate da una rivoluzione strutturale dei partiti, un cambiamento radicale che trasformi le vecchie organizzazioni gerarchiche come le conosciamo noi, in cellule fondamentali  del tessuto sociale, nonché in luoghi decisori dove chiunque associandosi possa rappresentare veramente le proprie istanze, sentendosi parte attiva della comunità. Ora spetta al gruppo dirigente che si è recentemente affermato nel PD, accontentarsi di un’illusoria vittoria elettorale, o decidersi finalmente ad accendere la miccia del cambiamento radicale. Ai posteri l’ardua sentenza.




Rimborsi elettorali ai partiti politici – Come funzionano ?

Rimborsi Elettorali, ma sapevate che…

Si fa un gran parlare della battaglia sull’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti politici, portata avanti in particolare dal Movimento 5 stelle, e ci si indigna quando escono alla ribalta della cronaca gli scandali legati all’utilizzo che i partiti, tramite i loro tesorieri, hanno fatto di questi soldi pubblici . Sull’argomento e’ intervenuta recentemente la Corte dei Conti.

Ho pensato di scrivere due righe per cercare di capire meglio in cosa consiste questo enorme flusso di denaro che dalle casse dello Stato finisce nelle tasche dei partiti.

Probabilmente molti gia’ conoscono il meccanismo, ma nel dubbio preferisco schematizzare perche’ le parole utilizzate dal legislatore “rimborso” e non “finanziamento” fanno la differenza (ma solo a parole).

Premetto che nel 1993 il 90,3% degli italiani che hanno votato al referendum, si sono espressi per l’abolizione del “Contributo dello Stato al finanziamento dei partiti politici”.

Quindi possiamo dire che lo Stato non puo’  e non deve finanziare i partiti politici.

Nello stesso anno viene pero’ introdotta la norma che consente il rimborso delle spese elettorali.

Come molti, finche’ non ho approfondito ho interpretato cosi’:

1)  Il partito o movimento politico partecipa alle consultazioni elettorali;
2)  Il partito o movimento politico sostiene delle spese per partecipare alle consultazioni elettorali;
3)  Le spese elettorali sostenute dal partito o dal movimento poi vengono rimborsate dallo Stato al termine delle consultazioni elettorali;

Le cose nella realta’ sono differenti e spiego perche’:

1)  Non c’e’ alcuna relazione tra le “spese sostenute” ed il “rimborso “ ricevuto. Ed infatti per le spese la norma prevede esclusivamente un tetto da non sforare (abbastanza alto) e l’obbligo di pubblicare il bilancio. Il rimborso e’  erogato sulla base dei voti presi con alcune condizioni (1% dei voti presi e poi un rappresentante eletto). In pratica si potrebbe anche ipotizzare che un partito o movimento che nulla spende ottiene lo stesso il “rimborso” delle spese non sostenute;

2) Non c’e’ alcuna relazione con la consultazione elettorale , infatti le somme vengono erogate per tutti gli anni di durata della legislatura, anche in caso di scioglimento anticipato delle Camere;

3) Sui bilanci e rendiconti dei partiti e movimenti politici e’ prevista solo una verifica dell’eventuale sforamento del tetto massimo delle spese elettorali sostenute, non e’ richiesto esibire fatture o documentare i costi.  I soldi che arrivano ai partiti sono di importo anche 10 volte piu’ elevato delle spese elettorali sostenute;

nel 2012 complice la crisi e la protesta civile si e’ iniziata a ridurre la “torta” a disposizione dei partiti, ora la Corte dei Conti si accorge che per 20 anni giocando con le parole sono stati trasferiti ai partiti politici milioni e milioni di euro di soldi pubblici.

Per non parlare poi di quello che parlamentari, senatori e consiglieri regionali hanno a disposizione per le spese legate al loro mandato, ma quello’ e’ argomento di un altra pillola, anzi supposta dorata basata sui giochi di parole.