Giuseppe Capogrossi: Tra Astrazione e Spiritualità

Introduzione

Giuseppe Capogrossi, figura significativa nel panorama della pittura astratta italiana del XX secolo, ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo dell’arte con la sua ricerca incessante e la sua capacità di tradurre emozioni complesse in forme astratte e suggestive.

Nato il 7 marzo 1900 a Roma, Capogrossi ha contribuito a plasmare l’estetica dell’arte astratta attraverso la sua vita e le sue opere, rendendo il suo nome un simbolo di innovazione e sperimentazione nel contesto artistico del dopoguerra.

Il Percorso Artistico

Il percorso artistico di Capogrossi è stato caratterizzato da una costante evoluzione stilistica, passando attraverso diverse fasi che riflettono la sua incessante ricerca di espressione personale.

Inizialmente influenzato dall’arte metafisica e surrealista, ha presto sviluppato un interesse profondo per l’astrazione.

La sua transizione verso un linguaggio visivo astratto è emersa in modo evidente nei primi anni ’50, quando ha co-fondato il gruppo artistico “Forma 1” insieme ad altri artisti pionieri come Afro, Mirko Basaldella, e Ettore Colla.

Questo movimento, un manifesto dell’astrattismo italiano, ha aperto nuovi orizzonti per Capogrossi e ha segnato l’inizio di una fase di intensa sperimentazione.

La Teoria del Segno

Il contributo più significativo di Capogrossi all’arte astratta risiede nella sua teoria del segno, che ha elaborato nel corso degli anni.

Secondo Capogrossi, il segno rappresenta una forza vitale, un’entità autonoma che può trasmettere emozioni e sensazioni profonde senza ricorrere alla rappresentazione figurativa.

Il suo interesse per il segno lo ha portato a sviluppare uno stile unico caratterizzato da linee fluide, increspature e intrecci che conferiscono alle sue opere una profondità emotiva straordinaria.

Le sue tele, segnate da pennellate decise e controllate, incarnano la sua concezione del segno come veicolo di espressione universale.

Opere Principali

Tra le opere principali di Capogrossi spiccano la serie delle “Superfici”, dipinti, realizzati tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60, in cui il segno si evolve in forme geometriche e tridimensionali.

Questi lavori testimoniano la continua sperimentazione di Capogrossi con le possibilità plastiche del segno, dimostrando una volta ancora la sua versatilità e la sua predisposizione all’innovazione formale.

Capogrossi ha creato attraverso un segno grafico ben distinguibile – quello dell’iconica “forchetta” – una brand identity che lo ha reso riconoscibile e apprezzato ovunque.

Conclusioni

Giuseppe Capogrossi, artista instancabile e innovatore nel campo dell’astrazione, ha lasciato un’eredità duratura nella storia dell’arte italiana.

La sua capacità di tradurre l’esperienza umana in forme astratte ha influenzato generazioni successive di artisti, consolidando il suo status di figura chiave nell’evoluzione dell’arte contemporanea.

Attraverso la sua teoria del segno e la sua continua ricerca di espressione, Capogrossi ha dimostrato che l’arte astratta può essere un potente veicolo per esplorare le profondità dell’animo umano, sfidando i confini della rappresentazione figurativa.

La sua vita e le sue opere rimangono un tributo duraturo alla creatività e all’audacia nel mondo dell’arte.




Umberto Boccioni e il Futurismo

Umberto Boccioni: Una Visione Dinamica dell’Arte Moderna

Nel tumultuoso panorama dell’arte moderna, pochi artisti possono vantare una visione tanto audace e rivoluzionaria quanto Umberto Boccioni.

Nato nel 1882 a Reggio Calabria, Boccioni si affermò come uno dei principali esponenti del Futurismo, un movimento artistico che sfidava le convenzioni e celebrava il dinamismo della vita moderna.

La Vita di Boccioni: Un Percorso Verso la Modernità

 

La formazione artistica di Boccioni iniziò all’Accademia di Belle Arti di Roma, ma il suo spirito ribelle e desiderio di esplorare nuove direzioni lo portarono a entrare in contatto con le idee rivoluzionarie dei futuristi.

Boccioni divenne uno dei principali teorici del movimento, contribuendo in modo significativo al “Manifesto dei Pittori Futuristi” nel 1910, insieme a artisti del calibro di Giacomo Balla e Gino Severini.

Le Opere Rivoluzionarie di Boccioni: Un Inno al Movimento

Le opere di Boccioni, spesso caratterizzate da una fusione di forma e movimento, riflettono la sua concezione dinamica del mondo. Tra le sue creazioni più celebri, “La città che sale” e “Dinamismo di un ciclista” evidenziano la sua abilità nel catturare il ritmo frenetico della vita urbana e il dinamismo della modernità.

“La città che sale” del 1910, ad esempio, ritrae una città in crescita, con edifici che sembrano emergere come manifestazione di energia e progresso. Boccioni utilizza colori vibranti e forme astratte per rappresentare l’esperienza futurista della metropoli in rapido sviluppo.

 

“Dinamismo di un ciclista” (1913), invece, coglie il movimento inarrestabile di un ciclista in corsa. Le linee spezzate e i colori intensi comunicano la velocità e la forza centrifuga, trasmettendo l’idea che l’arte non dovrebbe essere statica, ma dovrebbe riflettere la dinamica sempre in evoluzione della società moderna.

Il Futurismo e il Contributo Duraturo di Boccioni all’Arte

Il Futurismo di Boccioni è un movimento che abbraccia il progresso, la tecnologia e il dinamismo, ma è anche un invito a riconsiderare la percezione stessa dell’arte. La sua influenza si estende ben oltre il periodo futurista, e il suo impatto sull’arte moderna è ancora evidente oggi.

Umberto Boccioni morì prematuramente nel 1916, ma il suo lascito persiste attraverso le sue opere rivoluzionarie e la sua visione audace. Oggi, i dipinti di Boccioni sono oggetto di studio e ammirazione, dimostrando che la sua concezione dinamica dell’arte ha resistito al passare del tempo, continuando a ispirare generazioni di artisti e appassionati d’arte in tutto il mondo.




René Magritte e il Surrealismo

René Magritte è considerato uno dei più grandi artisti del movimento surrealista.

 

Nato a Lessines, in Belgio, nel 1898, ha trascorso gran parte della sua vita a Bruxelles, dove ha creato molte delle opere d’arte che lo hanno reso famoso in tutto il mondo.
La sua arte è stata caratterizzata da una combinazione unica di immagini apparentemente banali e surreali che spesso si contraddicono tra loro, creando un effetto di confusione e sorpresa.

Magritte ha iniziato a esplorare il mondo dell’arte fin da giovane, frequentando la Académie Royale des Beaux-Arts di Bruxelles.
Tuttavia, non ha subito aderito al movimento surrealista, ma ha sperimentato con varie forme di arte, tra cui il cubismo e l’espressionismo.

È stato solo negli anni ’20 che ha incontrato André Breton, il fondatore del movimento surrealista, e ha iniziato a collaborare con altri artisti surrealisti come Salvador Dalí e Max Ernst.

Le opere d’arte di Magritte sono caratterizzate da un’attenzione particolare per la rappresentazione della realtà.

Egli ha spesso utilizzato oggetti comuni come pipe, mele, cappelli, ecc. per creare immagini surreali che sfidano le aspettative dello spettatore.

Ad esempio, in una delle sue opere più famose, “La trahison des images” (“Il tradimento delle immagini”), rappresenta un semplice tubo di metallo con la scritta “Ceci n’est pas une pipe” (“Questa non è una pipa”).

L’immagine sembra contraddittoria, poiché la pipa  è chiaramente rappresentato come tale, ma la scritta nega la sua identità. Questo tipo di gioco sulla realtà è diventato una caratteristica distintiva delle opere di Magritte.

Magritte ha anche utilizzato immagini di natura umana per creare opere d’arte surreali. In molte delle sue opere, il volto umano è rappresentato in modo anonimo o in un contesto inaspettato, come nella sua famosa opera “Le fils de l’homme” (“Il figlio dell’uomo”), dove l’uomo con il cappello a cilindro tiene una mela davanti al volto, nascondendo la sua identità. Questa rappresentazione dell’uomo come anonimo e misterioso è diventata un’altra caratteristica distintiva delle opere di Magritte.

“L’empire des lumières”  (“L’impero delle luci”) è una serie di opere d’arte di René Magritte, realizzate tra il 1947 e il 1967.

L’opera più famosa di questa serie è probabilmente quella del 1954, che rappresenta una casa di campagna con una finestra illuminata, situata di fronte a un paesaggio notturno scuro e inquietante.

L’opera rappresenta un’immagine apparentemente ordinaria, ma che allo stesso tempo presenta una serie di elementi inquietanti e surreali.

In primo luogo, la finestra illuminata sembra fuorviante, poiché il paesaggio circostante è completamente oscuro e immerso nell’oscurità. In secondo luogo, l’immagine della casa di campagna sembra essere sospesa in un limbo tra la vita e la morte, tra la realtà e il sogno.

Nonostante la sua popolarità, Magritte ha continuato a sperimentare con nuove forme di arte per tutta la sua vita.

Ha anche lavorato come scenografo e ha creato opere d’arte pubbliche, tra cui murales e dipinti a fresco. Nel 1967, ha realizzato il murale del Centro di ricerca nucleare di Mol, che rappresenta il tema della scienza e della tecnologia in modo surreale.

Magritte è morto a Bruxelles nel 1967, all’età di 69 anni




Le Demoiselles d’Avignon

Le Demoiselle d’Avignon è uno dei quadri più celebri di Pablo Picasso, universalmente considerato il quadro manifesto del cubismo, la corrente artistica di cui pionieri furono Picasso e Braque.

E’ sicuramente uno dei movimenti artistici più innovativi dell’inizio del ‘900 e rappresenta una frattura netta e definitiva con lo stile pittorico tradizionale, ancorato agli stilemi dettati dagli impressionisti.

 

Già prima di Picasso alcuni artisti, come Seurat, Munch, Van Gogh, ma soprattutto Cèzanne (il quale influenzò più di tutti il modo di vedere di Picasso) iniziarono una ricerca stilistica volta alla scomposizione e alla geometrizzazione dello spazio.

Le figure umane, seppur distorte nello spazio, risultavano comunque verosimili: con questo quadro, non più.

La genesi del quadro è molto lunga: Picasso ci lavorò tantissimo e tantissime, infatti, sono le influenze che si colgono all’interno di quest’opera: una fra tante, l’arte africana.

Nei primi disegni per la progettazione dell’opera lo spazio e le figure risultavano quantomeno tridimensionali, ma a mano a mano assistiamo ad una frantumazione dello spazio fino ad arrivare all’opera completata.

Le protagoniste del quadro sono cinque ragazze, probabilmente personaggi di una casa di tolleranza frequentata da Picasso, anche se i corpi hanno perso ogni valenza erotica.


I loro corpi sono esposti all’occhio dell’osservatore, ma sono frammentati e di diverse colorazioni. Anzi, tutto lo spazio ci appare scomposto geometricamente e disomogeneo.

I colori sono contrastanti: il rosa della carne è stagliando su uno sfondo bianco-azzurro.

Le due ragazze centrali hanno uno sguardo riconoscibile e rivolto verso lo spettatore, poi, come già detto, le due ragazze a destra richiamo le maschere di tradizione africana molto amate da Picasso, mentre la ragazza di sinistra ricorda uno stile egizio con il suo occhio centrale ed il profilo laterale.

Ai loro piedi, una piccola natura morta su un tavolo che indirizza il suo angolo proprio verso le figure.




La persistenza della memoria

La persistenza della memoria è uno dei quadri più famosi di Salvador Dalì, esponente della corrente artistica del Surrealismo nata agli inizi degli anni ’20 a Parigi.

Su cosa si basa il surrealismo?

Quando nel 1900 Sigmund Freud fece pubblicare “L’Interpretazione dei Sogni” il mondo fu rivoluzionato.
Freud diede una chiave d’accesso ad un mondo fino ad ora sconosciuto: l’inconscio.

E la prima metà del ‘900 è caratterizzata quindi da quest’esplorazione della psiche dell’uomo.
Il Surrealismo nasce qui, da questo desiderio di esplorare e portare a galla ed imprimere su tela il caos interiore.

Senza giudizio, senza la presenza dell’occhio “cosciente”: solo l’inconscio.
E la Persistenza della memoria è uno dei capolavori della corrente Surrealista


Il quadro presenta, ovviamente, quelle caratteristiche tipiche della nuova scuola d’espressione: un paesaggio fantastico, oggetti fantastici e irreali in una dimensione non soggetta alle leggi della fisica.Ed eccoci arrivati all’oggetto principe del dipinto: l’orologio.

Il senso di disorientamento è fortissimo, nonostante ciò che ci si presenta davanti gli occhi siano comunque oggetti della vita quotidiana, che ognuno di noi conosce.Ma questi non sono orologi normali, ma sono orologi molli, deformati, a metà tra la condizione solida e quella liquida: danno l’impressione di starsi sciogliendo, in un processo irreversibile.

Uno degli orologi si sta sciogliendo su un oggetto bianco.
All’inizio, sembra essere un grumo senza senso.

Tuttavia si può notare che sembra un volto, soprattutto se lo si guarda di lato. Si possono vedere le ciglia di un occhio chiuso, un naso e altre forme astratte. Questa creatura appare in molti dipinti di Dali ed è il suo autoritratto.

Accanto notiamo l’unico orologio solido di color arancio, con sopra alcune formiche nere, che sembrano divorarlo: queste formiche rappresentano l’allegoria per dell’annullamento del tempo cronologico, inconsistente e reversibile.

Perchè Salvador Dalì ha dipinto questo quadro?

Il pittore stesso rispose a questa domanda confessando di aver preso ispirazione da una fetta di formaggio che si stava sciogliendo al sole.
Questa visione gli ispirò l’idea degli orologi molli che subito dipinse sulla tela. L’immagine che stava dipingendo rappresentava un paesaggio di Port Lligat, in Spagna.

Questo quadro ci trasmette un messaggio molto chiaro: il tempo non funziona come noi pensiamo, nè tantomento la memoria.

E che cos’è, dunque, la memoria se non uno spazio dove ci si può muovere in modo non unilaterale nel tempo?
Nella nostra memoria possiamo tornare indietro ad un ricordo remoto, per poi svilupparlo in sequenza cronologica e poi tornare ancora più indietro: non ci sono leggi.




Iniziative solidali di Marzo per Cuore d’Africa Onlus

Cuore d’Africa, la casa dei bambini diventa orfanotrofio
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Il mese di Marzo è ricco di eventi per le raccolte fondi dell’Associazione Cuore d’Africa Onlus, perché abbiamo in cantiere diversi nuovi progetti. Pochi giorni fa dal Kenya ci hanno scritto le nostre collaboratrici, informandoci della visita degli ispettori governativi presso il Villaggio della Speranza.

La nostra casa dei bambini ha ricevuto da tempo il riconoscimento dello status di orfanotrofio, ma abbiamo deciso di inoltrare la richiesta per delle sovvenzioni governative destinate agli istituti caritatevoli di pubblica utilità.

A questo scopo dobbiamo rispettare degli standard più rigidi e gli ispettori hanno evidenziato alcune carenze. Sarà necessario assumere altri due dipendenti oltre alla matrona Lynda e al custode Willy (poiché deve essere garantito un servizio 24 ore su 24 a disposizione e a custodia dei bambini ospiti della struttura), dovranno essere apportate delle piccole modifiche alla struttura dei servizi igienici, e dovremo acquistare materassi, coperte e zanzariere nuove per ogni letto.

L’impegno finanziario per i lavori non è di grande entità (anche se stiamo aspettando il costo definitivo), ma gli stipendi per due nuovi dipendenti sono davvero una sfida! Per questo motivo nei prossimi mesi saremo molto presenti sul territorio e sul web per promuovere le nostre attività finalizzate alla raccolta dei fondi necessari.

La prima iniziativa ci vedrà in piazza per la vendita delle piantine in collaborazione con gli scout del gruppo Assoraider. I nostri amici, come lo scorso anno, si sono resi nuovamente disponibili per aiutarci in questa raccolta fondi. Quest’anno abbiamo scelto le pansè, le viole del pensiero, quello che rivolgiamo ai nostri bambini in adozione a distanza: lontani geograficamente, ma sempre nei nostri cuori! Ancora una volta saranno proposte in un vasetto di ceramica smaltata a fronte di un contributo di soli 5 euro. L’appuntamento è per Sabato 15 Marzo al mercato di Pomezia davanti al “Bar del Pino” (angolo tra Via Orazio e Via Catullo) dalle 9 alle 13 e per Domenica 16 Marzo in Piazza Indipendenza davanti alla Chiesa di San Benedetto alla stessa ora. A fine mese torna l’appuntamento con il teatro solidale. Gli amici della compagnia Il Cassetto Nel Sogno si sono resi disponibili ancora una volta per mettere in scena uno spettacolo per raccogliere fondi a nostro favore.

E’ stato scelto NOVECENTO, il monologo di Alessandro Baricco dal quale è stato tratto il celebre e commovente film “La leggenda del pianista sull’oceano”. Protagonista dello spettacolo è Luca Dante Ortolani, che con la sua accorata interpretazione ci farà rivivere le scene del film, accompagnato dalle indimenticabili musiche di Ennio Morricone. L’appuntamento è per Sabato 23 Marzo alle ore 21 presso la sala teatro dell’Hotel Principe in Via dei Castelli Romani 14/A. Il contributo richiesto è di 10 euro e tutto il ricavato sarà destinato alla costruzione del secondo edificio dell’orfanotrofio. Queste due iniziative daranno il via a una importante raccolta fondi, che ci accompagnerà per i prossimi mesi e alla quale ci auguriamo partecipino molti amici, vecchi e nuovi, che nel tempo hanno dimostrato di apprezzare l’impegno e la dedizione dell’Associazione Cuore d’Africa Onlus. 

Per maggiori informazioni su questi appuntamenti potete consultare il sito www.cuoredafrica.org oppure scrivere a info@cuoredafrica.org