72° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.

Pomezianews alla 72° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.

Si sa, le occasioni vanno prese al volo…

Così, quando mi è stata data l’opportunità –grazie a Mauro Valentini – di raccontarvi la 72.a Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, non ho avuto esitazioni.

Sarò io, quindi, per quel che può valere, a farvi rivivere quello che accadrà al Lido, tra film, red carpet, conferenze stampa e aneddoti vari, senza soffermarmi però troppo sull’aspetto tecnico, ma più su quello che percepisce il pubblico.

venezia72fotolidoPerché sì, anch’io una volta sono stata dall’altra parte, a fare ore di attesa per l’autografo di una star o semplicemente per immortalarla nella mia macchina fotografica. E anche se il “lavoro” adesso chiama, non ho perso comunque quella gioia nell’incontrare da vicino qualcuno che si ammiri a prescindere.

E come ogni buon festival internazionale può permettersi, anche quest’anno sfileranno al Lido i nomi importanti della Hollywood che conta, primo fra tutti un Johnny Depp sempre sulla cresta dell’onda, seguito dagli idoli dei teenager, Robert Pattinson e Kristen Stewart, per arrivare all’ultimo Premio Oscar, Eddie Redmayne. Non mancheranno, però, neanche Dakota Johnson, Juliette Binoche, Ralph Fiennes e Anthony Hopkins.

Ce n’è per tutti, compreso un programma fitto fitto di film, che il Direttore Artistico Alberto Barbera ha definito “sorprendente e per niente scontato”. Il Concorso, infatti, è composto da ben 21 film,  tra cui quattro italiani (Marco Bellocchio con Sangue del mio sangue, Giuseppe M. Gaudino e il suo Per amor vostro, Luca Guadagnino con A Bigger Splash e l’esordiente Piero Messina con L’attesa) e l’attesissimo The Danish Girl di Tom Hooper, oltre al ritorno al Lido di Aleksandr Sokurov con Francofonia e al debutto del Sud Africa con The Endless River di Oliver Hermanus. Fuori Concorso spiccano il nuovo lavoro di Scott Cooper, Black Mass, con Johny Depp e Joel Edgerton,  Spotlight, di Thomas McCarthy, con Michael Keaton e Mark Ruffalo e il documentario su Brian De Palma di Noah Bambach e Jake Paltrow.

Impossibile, quindi, non trovare qualcosa – o qualcuno – che catturi la curiosità, anche perché ad inaugurare la 72.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ci penserà Jake Gyllenhaal con Everest di Baltasar Kormákur. E se questo è solo l’inizio… ci sarà da divertirsi!




Birdman

Ma questo Birdman, saprà volare?!?

Questo non è un film, almeno non per come normalmente si puo’ intendere un film.

È girato come se fosse una rappresentazione teatrale, in cui girano un film che parla di una rappresentazione teatrale… L’impressione è quella di assistere ad un solo piano sequenza, come se quacuno stesse riprendedo con uno smartphone ciò che sta vivendo il protagonista.

Siamo a New York e uno spettacolare Michael Keaton interpreta un attore holliwoodiano di nome Riggan Thomson, il quale negli anni novanti interpretava, sul grande schermo, un supereroe di nome Birdman. Lo conosciamo mentre, a venti anni dalla sua celebrità, decide di dirigere ed interpretare una commedia a Broadway. I personaggi che lo accompagnano in questa nuova avventura sono Emma Stone, quasi irriconoscibile ripensando a The Help, che interpreta la figlia scapestrata di Riggan. Naomi Watts, attrice emozionata e in ansia per la sua prima volta in un teatro di Broadway, fidanzata con un folle, conturbante e sempre esaltante Edward Norton, anche lui attore della compagnia.

Norton in questa pellicola gioca con il suo grande carisma interpretativo, cosa che si nota ancora di più vedendolo in lingua originale. Ci trascina in un personaggio egocentrico e assolutamente non etichettabile tra “buoni” o “cattivi”, in bilico tra il mondo reale e un proprio universo e pensiero in cui solo lui conta davvero.

Nei panni dell’avvocato, produttore, amico tutto fare e risolvi problemi, quello che tarantino avrebbe chiamato “Wolf“, qui si chiama Jake, ed un pò più imbranatello ed emotivo rispetto al meraviglioso personaggio del ’94 di Harvey Keitel, ed è interpretato da Zach Galifianaski.

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Per ultimo, ma assolutamente non meno importante, troviamo quello che forse è il vero protagonista di questo film, Birdman. O meglio la voce che continua a parlare nella testa di Riggan. Assistiamo infatti a questa inaspettata e potente dualità del personaggio principale, l’attore e il supereroe che lo ha reso famoso. E spesso durante la visione ci troviamo a non capire se stiamo vedendo un film ambientato nella realtà di una mente disturbata o l’ennesimo, ma un po’ piu’ di nicchia, film su di un supereroe. Non è scontato nè che il protagonista sia schizofrenico, nè che sia davvero Birdman, e forse è proprio qui la carta vincente di questa pellicola.

Che non ha assolutamente importanza. In molti hanno sottolineato la grande critica che, presumibilmente, l’abile Inarritu, ha voluto fare nei confronti dei nuovi media e non dobbiamo infatti sottovalutare una morale nemmeno troppo celata: che oggi giorno la realtà ha valore solo se, e nel modo in cui, gli viene dato valore sul web.

Ci sono scene disarmanti in cui ci ritrovamo a giudicare comportamenti come forzati, quando in realtà scopriamo che sono stati girati improvvisando, con una videocamera, nel pieno centro di Time Square e che le reazioni delle persone sono reali.

Ciò che mi ha colpita di più è la presa di coscienza del protagonista rispetto alla sua vita, ai suoi errori e alle sue vittorie. La scena che più mi ha gonfiato il cuore di emozione è stata quella nella quale Riggan si rende conto di non essere mai stato presente a se stesso in tutta la sua vita.. ma chi di noi lo è realmente? E non ci troviamo, dunque, a compatire questo personaggio, bensì a ringraziarlo per averci fatto da sveglia e per averci dato la possibilità di scandagliare dentro di noi universi fatti di voci di io nascosti e profondamente influenzati da tutto ciò che ci circonda e che abbiamo vissuto. Ci fa fare i conti con l’aspettativa, quella che noi abbiamo verso noi stessi e quella che gli altri hanno verso di noi.. “Che cosa saresti potuto diventare… invece..”

Quello che ai miei occhi è sembrato un meraviglioso dialogo interiore è un film che spiazza e non ti fa stare comodo sulla sedia, perche proteso in avanti a seguire gli eventi come se tu stesso fossi il cameramen! Girando l’angolo, tra un camerino e l’altro potresti trovare un batterista che prova la sua musica oppure un ragazza che disegna sulla carta igenica.

Inarritu, in queste due ore circa di film, ci fa fare un viaggio. Un viaggio in un teatro di Broadway dove condividiamo passioni, attese e disperazioni degli attori in attesa di andare in scena. E’ riscito, nel suo piccolo, a portare l’emozione del dietro le quinte di un teatro, al cinema.. a parer mio, assolutamente magnifico!