Occupazione della scuola Trilussa: politica nazionale e locale

La sera del 17 febbraio 2014 mi sono recato personalmente presso la scuola Trilussa in via Giacomo Matteotti insieme a mio fratello (Adriano Velli, consigliere comunale Movimento 5 Stelle) appena ricevuta la notizia (verso le ore 21:30 circa) dell’occupazione da parte dei lavoratori ex LSU di Pomezia. Giunti sul posto abbiamo incontrato il sindaco Fucci, gli assessori Filippone, Avesani, Sbizzera ed i consiglieri Sorrentino e Monni. “Stranamente”, nessun consigliere di opposizione o segretario di partito. Fuori stazionava una volante dei Carabinieri ed una decina di cittadini incuriositi dai lampeggianti e dagli striscioni affissi sul cancello di ingresso. Ho atteso fuori dall’edificio in compagnia del marito di una manifestante, il quale mi ha spiegato dettagliatamente le motivazioni della protesta e le ragioni per le quali questi lavoratori (già ignorati dai “palazzi romani”) hanno deciso insieme ad altre decine di migliaia di colleghi in tutta Italia di occupare alcuni istituti scolastici (loro sedi lavorative) in diverse regioni.

Dopo circa un’ora di dialogo, sindaco, assessori e consiglieri sono stati invitati dai lavoratori a lasciare l’edificio in quanto si era deciso che la protesta sarebbe comunque proseguita in quella maniera.

Il primo cittadino, oltre ad esternare la propria vicinanza ai manifestanti, ha consigliato loro più volte di non proseguire la contestazione occupando la scuola perché in tal modo sarebbero andati incontro alle proteste dei genitori degli alunni (a causa del servizio interrotto) e avrebbero infine costretto le autorità competenti a procedere con lo sgombero previsto dalle disposizioni riguardanti l’ordine pubblico (dipendenti dalle forze dell’ordine e non dal sindaco). La risposta dei lavoratori, come già anticipato, è stata negativa dal momento che la loro volontà, comprensibile nonostante i tentativi insistenti di mediazione, restava quella di protestare con le medesime modalità degli altri lavoratori ex LSU, esattamente come nelle stesse ore stava accadendo ad esempio nella limitrofa Campania.

Facciamo un passo indietro: qual è stato il motivo che ha indotto i lavoratori ad occupare una scuola?

Nel Decreto del Fare, approvato dal Governo Letta (PD) nel giugno 2013, è stabilita l’esternalizzazione dei servizi di pulizia negli istituti scolastici pubblici a seguito dei tagli effettuati da un discutibile piano di  spending review. La riduzione degli orari lavorativi già part time (36 ore settimanali ridotte a  6 ore settimanali) e la conseguente drastica riduzione dei salari, suona non solo come una beffa, bensì, a parer mio, come un insulto alla dignità dei lavoratori che arriverebbero (nella migliore delle ipotesi, evitando il licenziamento) a percepire non più di 400 euro mensili.

Cosa ha fatto il governo nel frattempo? Niente o quasi. Mentre il MIUR (Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca) tra finanziamenti di appalti e cassa integrazione del personale spende circa 320 milioni di euro annui,  Il Movimento 5 Stelle ha presentato già in estate, in commissione bilancio, una proposta volta a non esternalizzare il servizio di pulizia, dimostrando che l’assunzione dei lavoratori ex LSU come personale ATA garantirebbe una spesa non superiore ai 270 milioni di euro annui (e certamente un servizio di qualità superiore), arginando in gran parte il problema che ancora oggi aleggia sulle spalle di migliaia di famiglie. La proposta è stata bocciata “senza replica alcuna” (ha spiegato il portavoce della Camera del Movimento 5 Stelle Luigi Gallo) da PD e PDL.

La “battaglia” in Parlamento è proseguita ed il Movimento 5 Stelle ha presentato un emendamento sul Decreto Istruzione (riguardante la situazione di emergenza nella quale si trova la scuola pubblica ed il personale impiegato), giudicato “inammissibile” (PD e PDL non ritengono evidentemente gli ex LSU un’emergenza). Stesso “spettacolo” si è verificato quando i “grillini” hanno proposto un emendamento al Decreto della Pubblica Amministrazione: ancora una volta “emendamento inammissibile” è stata la risposta.  Il pressing dei parlamentari del Movimento 5 Stelle non è terminato: a dicembre 2013 la portavoce Maria Marzana (Movimento 5 Stelle), con un ordine del giorno, ha presentato due proposte che impegnavano il Governo a risolvere il problema: la prima mirata a ridurre progressivamente le esternalizzazioni dal momento che lo Stato ha accertato un aggravio di spesa rispetto all’assegnazione delle stesse mansioni al personale già presente, la seconda finalizzata all’ inserimento di  questi lavoratori nella graduatoria del personale ATA, riconoscendo l’esperienza professionale maturata durante i tanti anni di lavoro esercitato ricoprendo i posti accantonati del personale ATA; ciò avrebbe garantito 11000 assunzioni nell’immediato. Risoluzioni bocciate (da PD e PDL).

Azioni queste verificabili sugli atti pubblicati riguardanti la Camera dei Deputati.

Date le circostanze a dir poco drammatiche, volute da un “Governo Letta” (PD) che, alla luce dei fatti,  si è dimostrato assolutamente sordo, disinteressato ed incapace di risolvere una enorme falla creata da un esecutivo perennemente barcollante, risultano a dir poco strumentali le visite e le dichiarazioni degli esponenti locali di PD e SEL. Il tentativo di screditare l’amministrazione locale per l’intervento dei reparti mobili della Polizia di Stato (controllata esclusivamente da Questore e Prefetto) ricorda più un atto di bieco opportunismo che di reale vicinanza e comprensione di una situazione voluta da loro “compagni” di partito, lautamente ricompensati a Roma per avallare decreti di questa portata e bocciare in commissione o in Aula le proposte risolutive. Sono stati chiesti tavoli di lavoro ad un sindaco, quando gli unici potenziali risolutori, deputati del PD e del PDL che rappresentano “la maggioranza di governo”, da oltre 8 mesi tergiversano sulla questione, “forse” più interessati ai futuri appalti che al futuro di questi lavoratori. Lo stesso sindaco, accusato di immobilismo sulla stampa locale, ha inoltre dichiarato che l’amministrazione già a dicembre, tramite una lettera, ha sollecitato tutte le autorità interessate dalla vertenza (Ministro Carrozza compreso) ad agire in tempi brevi sulla problematica degli ex  LSU.

Facile supporre che gli stessi che si lamentano dello “sgombero”, addossando le responsabilità del comportamento degli agenti al primo cittadino, probabilmente sono gli stessi che, in caso contrario, si sarebbero lamentati per l’interruzione delle lezioni. Sarebbe interessante inoltre sapere se questi esponenti politici locali fossero in piazza Montecitorio, al fianco dei lavoratori, durante le proteste dei mesi scorsi.  E’ chiaro che anche in questa occasione, alcuni “politici” non hanno perso occasione per entrare in una campagna elettorale anticipata (di circa quattro anni e mezzo)  e per dar segni di vita tramite la stampa locale. “Confido” che coloro che si sono confrontati direttamente con questi lavoratori, abbiano almeno illustrato i motivi che spingono il Partito Democratico (che rappresentano) ad insistere sulle disposizioni folli previste dal Decreto del Fare e resto della convinzione che se lo spigassero a tutti gli italiani, capiremmo perché le risoluzioni proposte in Parlamento vengono da mesi ripetutamente ignorate. Infine mi chiedo quale siano i motivi che inducono Giuseppe Cappucci (segretario generale CGIL Roma Sud-Pomezia-Castelli) ad inviare continuamente lettere alla stampa pometina (e non al Prefetto, vista la lamentela sul modus operandi della Polizia di Stato) invece di spiegare  (magari tramite la stessa) il ruolo della CGIL nella tutela di questi lavoratori che da mesi versano in questa situazione tanto critica quanto grottesca e le intenzioni del sindacato visto l’evidente programmato smantellamento della scuola pubblica italiana in corso da diversi anni.

Da comune cittadino, mi aspetto queste risposte.

 




I lavoratori delle cooperative tornano a scuola, tra solidarietà e diritti/doveri

Ho provato a spiegare a Elena il motivo per il quale oggi non sarebbe entrata a scuola, ma avrebbe accompagnato il papà a fare colazione al bar e poi sarebbe andata a casa dei nonni.

Non che fosse dispiaciuta, solo non riusciva a capire il motivo per il quale i grandi si erano chiusi dentro la sua scuola, mentre i piccoli ne dovevano rimanere fuori.

Allora tra i “dipendenti” delle cooperative, che ieri sera hanno “occupato” le aule preoccupati di perdere il posto di lavoro, tra i genitori inferociti perché non gli viene permesso di lasciare entrare i bambini per recarsi al lavoro, tra forze dell’ordine al lavoro per cercare di non far degenerare la protesta e l’amministrazione comunale al lavoro per trovare la migliore soluzione possibile, ho pensato di scrivere due righe utili ai soci di molte cooperative che potrebbero, spero per loro più tardi possibile, trovarsi nelle stesse condizioni dei colleghi della Cooperativa Activity e della Cooperativa Roma Petrus asserragliati nelle aule delle elementari del Trilussa.

Cari amici soci di cooperative sappiate che:

Con la vostra domanda di ammissione , non avete solo firmato la premessa per un lavoro, ma qualcosa di molto più importante, siete entrati a far parte attiva di un’impresa dove lo scopo principale e’ quello di ottenere un vantaggio comune tra i soci, quale ad esempio quello di assicurare il lavoro fra tutti.

Gira una storiella che racconta di presidenti di coop (spesso veri e propri imprenditori) che contestualmente alla lettera di ammissione, fanno firmare una lettera di dimissioni in bianco (senza data) da utilizzare all’occorrenza.

Qualora qualcuno si fosse trovato a sottoscrivere una lettera simile, un buon avvocato potrà consigliare come preparare ed autenticare una dichiarazione contraria in modo da rendere inefficace l’eventuale utilizzo delle dimissioni in bianco.

Ma c’e’ molto di più nell’essere  socio di cooperativa.

Si partecipa attivamente alla gestione dell’impresa, si realizza il diritto/dovere di voto ed ognuno vale “un” voto, senza distinzione di quote versate o cariche ricoperte.

Si e’ chiamati ad approvare il bilancio ed a valutare la reale capacita’ degli amministratori.

Si ha diritto/dovere, di partecipare alla nomina degli amministratori ed alla revoca qualora se ne ravvisi la giusta causa  prima della scadenza del loro mandato.

Leggete il regolamento interno che le cooperative sono tenute ad avere e che, approvato dall’assemblea e depositato presso la Direzione provinciale del lavoro,  definisce in concreto i tipi di rapporto di lavoro che si instaurano tra soci.

Potrete scoprire se sono stati rispettati i profili professionali,  se sono stati applicati correttamente i contratti previsti, cosa si prevede in caso di crisi aziendale.

Mi rendo conto che spesso e’ un prendere o lasciare e molti accettano le condizioni di socio lavoratore senza capirne il significato, ma forse alcune situazioni, con la consapevolezza dei propri diritti/doveri si potrebbero affrontare prima e meglio.