L’altra figlia di Annie Ernaux

Romanzo breve della grande scrittrice francese contemporanea

 

L’altra figlia è un romanzo breve scritto da Annie Ernaux nel 2011 e pubblicato in Italia da L’Orma editore nel 2016 con la traduzione di Lorenzo Flabbi.

Come in tutta la produzione della Ernaux anche l’evento centrale de L’altra figlia ha origini da un episodio di vita vissuta e il testo è imperniato in una lettera scritta ad una sorella mai conosciuta se non casualmente all’età di dieci anni quando ascolta una conversazione di sua madre.

Così, per puro caso, la figura della sorella morta due anni prima della sua nascita, diventa l’interlocutrice di un dialogo serrato, sofferente e con profondi sensi di colpa. Ernaux dialoga con Ginette con la quale condivide gli stessi genitori sebbene in piani temporali diversi visto che la sorella li ha conosciuti ancora giovani e appena sposati e, soprattutto, liberi dal dolore della morte, mentre lei li ha vissuti dopo, con tutta la pesantezza della vita vissuta con un dolore nel cuore.

La grandezza della scrittura di Ernaux si conferma nella sua capacità di sintetizzare momenti di vita personale trasformandoli in una narrazione universale dove la nota autobiografica si innalza e diviene il mezzo attraverso il quale comunicare emozioni intime e senza tempo.

L’altra figlia è una lettera cruda, a volte spietata dove la scrittrice riesce a dichiarare che «sono venuta al mondo perché tu sei morta e ti ho sostituita» nel momento in cui realizza che i suoi genitori non avrebbero mai potuto permettersi di mantenere due figli. Non potremmo fare per due ciò che facciamo per una, implicando inevitabilmente che la sua nascita è avvenuta solo ed esclusivamente grazie alla morte della sorella e che la sua vita come quella della sorella Ginette vivranno sempre lontane e separate, senza incontrarsi mai.

«Questa lettera – è evidente – non è destinata a te, e tu non la leggerai. Saranno altri a riceverla, dei lettori, che mentre scrivo sono invisibili quanto lo sei tu. Eppure un residuo di pensiero magico dentro di me vorrebbe che, in maniera inconcepibile, analogica, questa lettera ti raggiungesse come la notizia della tua esistenza mi ha raggiunta una domenica d’estate, […], tramite un racconto di cui a mia volta non ero la destinataria

 

L’altra figlia è un romanzo breve che si legge in poche ore ma che scalfisce e impone riflessioni nel lettore per lungo tempo.




L’evento della scrittura. Sull’autobiografia femminile di Colette, Marguerite Duras, Annie Ernaux di Sara Durantini

Edito da 13Lab Editore nel 2021

 

Il breve saggio di Sara Durantini, L’evento della scrittura. Sull’autobiografia femminile di Colette, Marguerite Duras, Annie Ernaux, edito da 13Lab Editore nel 2021, è un inno d’amore a tre grandi donne e scrittrici del novecento francese.

Una finestra sulla grande letteratura che fa luce sulla forza dirompente e universale di tre figure femminili che, ciascuna con il proprio stile, hanno segnato con determinazione il cammino della rappresentazione narrativa femminile.

“La lingua inaugurata segna uno spartiacque tra ciò che è stato prima del loro ingresso in società e ciò che è avvenuto (e avverrà) dopo: è una lingua che parla alle donne e delle donne, spiega e converte in parole il sentire femminile, si nutre di spazi e tempi propri. Una lingua libera.”

Sara Durantini divide il suo lavoro in tre macro sezioni approfondendo l’analisi per ciascuna scrittrice, lasciando sempre aperta la mente alle contaminazioni che ciascuna di esse ha avuto da un’energia cosmica che le ha spinte ad aprirsi all’autobiografia come voce intima e ancestrale dell’animo femminile.

Ho impiegato un bel po’ di tempo a leggere questo saggio perché è un continuo stimolo e non ho resistito al desiderio di tornare a sfogliare e rileggere alcuni libri di ciascuna scrittrice. Subito dopo aver terminato la prima sezione dedicata a Colette ho trovato nella mia libreria Hotel Bella Vista e altri racconti; con Marguerite Duras ho rispolverato L’amante e per Annie Ernaux mi aspettava L’altra figlia.

 

 

Che splendida avventura leggere l’analisi di Sara Durantini e subito dopo immergersi nella lettura di un lavoro della scrittrice in esame! È stato come se le pagine si fossero arricchite di sfumature nuove, come se l’animo di ciascuna scrittrice fosse stato messo in risalto e delicatamente sottolineato dai richiami di Durantini.

Ritengo sia fondamentale in ogni lettura che ci si accinge a fare, comprendere e immergersi nel periodo storico, culturale e sociale durante il quale lo scrittore ha messo mano al suo lavoro. E il lavoro certosino di Sara Durantini permette di sviscerare l’elaborazione personale di ciascuna di loro, i percorsi attraverso i quali sono riuscite a esternare con la scrittura, tormenti personali e interiori con tale eccellente bravura al punto da renderli trasposizione universale del sentire femminile.

Argomenti come il difficile rapporto con la figura materna, la sessualità e l’incesto, l’aborto e l’emancipazione femminile erano temi tabù per il periodo storico durante il quale sono vissute eppure tutte e tre, quasi passandosi il testimone, sono riuscite a innescare una escalation liberatoria della scrittura. Partendo da Colette, nata nel 1873 per arrivare a Duras nata nel 1914 e infine a Ernaux nata nel 1940.

La grande capacità di Colette, Duras e di Ernaux di interpretare l’energia femminile attraverso il coraggio di una scrittura autobiografica ci regala opere di una grandezza sopraffina a testimonianza di quanta inarrestabile forza interiore si sia celata dietro il millenario silenzio di ciascuna donna che ci abbia preceduto. Autrici che sono riuscite a seguire quella forza motrice interiore che le ha spinte a trasmigrare le proprie intime emozioni nella scrittura riuscendo a liberare loro stesse e ad interpretare la voce di tutte le donne.

Come specifica Duras in un’intervista rilasciata a Bernard Pivot, è una scrittura corrente che «corre, che ha fretta di afferrare le cose più che dirle […] è una scrittura che è come se corresse sulla crosta, per andare veloce, per non perdere

Scrittura individuale che si trasforma in universale perché i lavori di Colette, Duras e Enaux toccano le corde più intime di ogni donna riuscendo a tradurre i tormenti, le pene, le introspezioni interiori di intere generazioni passate e, oserei dire, future.

“Che il mio corpo, le mie sensazioni, e i miei pensieri diventino scrittura” dichiara Ernaux mentre la scrittura di Colette, secondo Durantini,  assurge “a depositaria della memoria, talismano per superare gli anni”

L’evento della scrittura è un saggio meticoloso e delicato e, soprattutto, un grande omaggio d’amore verso la potenza della scrittura femminile di tre donne che, con la propria vita e il proprio stile, hanno dato voce a chi voce non ne ha.




Due di Irène Némirovsky

Uno sguardo sulla forza dell’amore coniugale nella Francia del 1920

 

Iréne Némirovsky è stata una scrittrice francese di origine ebraica nata a Kiev nel 1903 e morta nel 1942 ad Auschwitz.
Sebbene abbia pubblicato diversi testi e novelle nel periodo prima del suo arresto, la sua fama è arrivata postuma nel 2004 quando una delle sue due figlie inviò a un editore il manoscritto contenuto in una vecchia valigia che, per quasi 60 anni, era rimasta chiusa. Quel manoscritto conteneva Suite francese, tradotto in ben 38 lingue e letto da milioni di persone.

Due, il romanzo di cui trattiamo ora, fu pubblicato la prima volta nel 1939 e ripubblicato da Adelphi nel 2010 e, attraverso la storia dei due protagonisti, Antoine e Marianne, la Némirorsky riesce a trattare temi delicati quali il matrimonio, l’adulterio, l’aborto e la maternità.

Su un piano temporale che si dipana tra il 1920 e i primi anni del 1930 Due  ci riporta ad un periodo dove per una donna era fondamentale sposarsi per sistemarsi e dove il matrimonio rappresentava per l’uomo dare seguito alla discendenza e conquistare un posto rispettabile nella società.

Il matrimonio, con tutte le sue responsabilità, visto come punto finale e inevitabile della giovinezza che verra sempre ricordata nel romanzo, come qualcosa di ormai andato e irraggiungibile.

Da considerare poi che ci troviamo in Francia, pochi anni dopo la terribile Prima Guerra Mondiale e tutti i protagonisti, in fondo, si considerano a tutti gli effetti dei sopravvissuti, dei graziati dal destino per essere ancora vivi.

Ma cosa accade, davvero, all’interno della coppia quando ci si sposa?
Ecco che aspettative, desideri, trepidazioni si alternano con una scrittura delicata ma senza perdere mai la capacità di scavare nell’animo umano.

«Lui pensava che per tutti e due il tempo della passione non era ancora finito, che non avevano l’età in cui si mette il cuore in pace, che entrambi avrebbero cercato, inseguito per anni quello stato quasi di pazzia dell’amore, mentre, l’uno per l’altro, non provavano più né tormenti e né estati. Quello sì, era finito»

Un legame coniugale vissuto come inevitabile, per il quale non serve lottare visto che è indissolubile e che nulla potrà mai davvero arricchire ora che il tempo è passato. Un matrimonio che lega senza alcuna possibilità di ripensamento i due coniugi fino ad arrivare a pensarsi come un’unica cosa. Magari con freddezza, con cinismo, con cattiveria addirittura ma sempre e per sempre come uniti.

Eppure, per quanto nel corso della trama si succedano adulteri, allontanamenti, aborti e tradimenti, alla fine le pagine più belle e intese diventano quelle in cui i due coniugi si ritrovano vicini nonostante tutto, quelle in cui cresce la consapevolezza della presenza dell’uno per l’altro, quelle in cui il mondo fuori dal talamo risulta perfido e cattivo e il loro incontrarsi, anche solo per addormentarsi vicini, unico rifugio solido e certo della vita.

«La donna che ho amato di più non è questa, ma, in punto di morte, rimpiangerò ciò che mi unisce a lei più di quanto non abbia rimpianto la passione.»

Un romanzo che merita davvero di essere letto. Probabile che tra le sue righe ci sia davvero il segreto più recondito del matrimonio, quello per cui, nonostante tutto, le nostre nonne e le nostre bisnonne sono arrivate a trascorrere insieme tutta la loro vita con un dolce sorriso sul viso.

 

SINOSSI

«Chi meglio della signora Némirovsky, e con un’arma più affilata, ha saputo scrutare l’anima passionale della gioventù del 1920, quel suo frenetico impulso a vivere, quel desiderio ardente e sensuale di bruciarsi nel piacere?» scrisse, all’uscita di questo libro, il critico Pierre Loewel. Le giovani coppie che vediamo amoreggiare in una notte primaverile (la Grande Guerra è finita da pochi mesi, e loro sono i fortunati, quelli che alla carneficina delle trincee sono riusciti a sopravvivere) hanno, apparentemente, un solo desiderio: godere, in una immediatezza senza domani, ignorando «il lato sordido della vita», soffocando quella «parte d’ombra» che ciascuno si porta dentro. Eppure, quasi sulla soglia del romanzo, uno dei protagonisti si pone una domanda che ne costituirà il filo conduttore: «Come avveniva, nell’unione coniugale, il passaggio dall’amore all’amicizia? Quando si cessava di tormentarsi l’un l’altro per volersi finalmente bene?». Con mano ferma, e con uno sguardo ironicamente compassionevole, Irène Némirovsky accompagna i suoi personaggi, attraverso le intermittenze e le devastazioni della passione, fino alla quieta sicurezza dell’amore coniugale. A volte, certo, alcuni di loro rimpiangeranno «l’ebbrezza triste e folle dell’amore», e a quasi tutti accadrà di inoltrarsi, almeno per un po’, nelle vie perigliose dell’adulterio; ma il tempo riserverà loro una sorprendente rivelazione: che quell’«essere due» che del matrimonio costituisce l’essenza e «il flusso discontinuo, lento e possente dell’amore coniugale» conferiscono alla coppia una sorta di invincibilità.




L’ANOMALIA

L’ANOMALIA

Di Hervé Le Tellier

Ed. La nave di Teseo

 

Chi ci dice che quello che pensiamo di essere, sia veramente la realtà? Siamo certi di ciò che siamo, di come e cosa stiamo vivendo, del dove, del quando e, forse alcuni di noi, anche del perché. Ma chi ci assicura che sia effettivamente così?

Dopo aver letto L’anomalia di H. Le Tellier la mia mente è piena di dubbi.

Un romanzo veramente affascinante e coinvolgente, scritto da una penna che non lascia niente al caso, e che ci fa sentire con l’acqua alla gola fino all’ultima parola.

I primi capitoli hanno il titolo di un personaggio, e ognuno di loro ci racconta la sua storia; poi ad un certo punto un capitolo diverge: è intitolato La lavatrice. La prima riga mi ricorda qualcosa, non mi vanto assolutamente di aver capito, ma con umiltà ho iniziato a cercare, e ho trovato la fonte delle mie reminiscenze:

 

“Tutti i voli tranquilli si somigliano.

Ogni volo turbolento lo è a modo suo”.

“Tutte le famiglie felici si somigliano;

ogni famiglia infelice è invece infelice a modo suo”.

da Anna Karenina, Lev Tolstoj

Questo è solo un assaggio di quanto articolata e particolare possa essere l’architettura di questo romanzo ricco di suspence e sorprese.

Numerosi i riferimenti a scoperte e teorie sull’esistenza e sull’universo, ma anche nelle parti più tecniche e scientifiche non ho mai avuto l’impressione che Le Tellier scrivesse senza cognizione di causa.

L’autore è da anni presidente dell’Oulipo, il laboratorio di lettura potenziale che riunisce scrittore e matematici e di cui fece parte anche Italo Calvino.

La prima parte della storia ci sembra relativamente semplice e anche già sentita, ma il successivo dipanarsi delle vicende al limite del concepibile,  diventa quasi una sfida per chi legge.

Intelligente, ironico, drammatico, non si riesce quasi a dare una definizione precisa a questo romanzo che ci pone una domanda all’apparenza banale: “Quanto può cambiare la vita di 243 persone in soli 106 giorni”?

A questo interrogativo le numerose personalità politiche, religiose e scientifiche chiamate in causa non riusciranno a dare una risposta, nel momento in cui a causa di un’anomalia i passeggeri del volo AF006 Parigi-New York si troveranno faccia a faccia con il proprio duplicato.

 

Non amo particolarmente la parola “destino”.

È soltanto un bersaglio disegnato, un secondo dopo, nel punto in cui si è conficcata la freccia.

Il finale poi ci riserva una sorpresa, non voglio anticipare niente, dirò solo che se leggerete vi troverete davanti una specie di enigma da risolvere, chi riuscirà nell’intento?

 

SINOSSI

 

Nel marzo 2021 un Boeing 747 di Air France in volo da Parigi a New York incappa in una grande turbolenza prima di atterrare. Tre mesi dopo, lo stesso aereo, con gli stessi passeggeri e un identico equipaggio, ricontatta i controllori di volo dell’aereoporto JFK. L’inspiegabile duplicazione preoccupa CIA, FBI e gli alti comandi dell’esercito, che dirottano l’aereo in una base militare. Le indagini degli Stati Uniti e delle altre potenze scatenano una caccia all’uomo planetaria per rintracciare i misteriosi doppi di tutte le persone a bordo.

 

 

Non vado oltre perché L’anomalia è uno di quei romanzi in cui bisognerebbe eliminare la quarta di copertina, ma nonostante ciò non sia stato fatto, quelle poche righe nulla tolgono al lettore che si avventura in questa storia che ci racconta la verità e i suoi inganni, alla ricerca dell’anomalia nascosta che può sfiorare la vita di ognuno di noi.

 

 

 




La donna gelata di Annie Ernaux

Pubblicato in Francia nel 1981 è ora disponibile in Italia per L’Orma Editore

 

La donna gelata, romanzo della pluripremiata scrittrice francese Annie Ernaux, arriva in Italia quarant’anni dopo la sua pubblicazione ma i temi trattati e la freschezza della scrittura restano di feroce attualità.

Il romanzo, strutturato in forma autobiografia, scavalca l’intimità della protagonista narrando la situazione femminile in un contesto sociale e famigliare che non ha confini e, purtroppo, neanche tempo.

Nata e cresciuta in una famiglia dove i ruoli sono interscambiabili e dove l’unica cosa che conti davvero è la realizzazione professionale e la conquista della propria indipendenza economica, la piccola Annie cresce scontrandosi con tabù e limitazioni esterne che pesano come carico mentale millenario che vuole la donna realizzata solo nel matrimonio, nella nascita dei figli e nella cura e mantenimento della famiglia.

La protagonista vive in una famiglia dove i ruoli non hanno nulla di tradizionale, dove la madre tiene i libri contabili della drogheria e il padre cucina, legge le favole la sera e l’accompagna a scuola; la piccola cresce lontana dai retaggi che vogliono le bambine a giocare con le bambole e i maschi a fare gli eroi.

“Diventare qualcuno, per i miei, non aveva sesso… Mia madre è la forza e la tempesta, che mi dice di non aver mai paura di niente e di nessuno. Come avrei potuto, vivendo accanto a lei, non essere persuasa della magnificenza della condizione femminile, o persino della superiorità delle donne sugli uomini?”.

Lo stile di scrittura di Ernaux ha la forza di trasformare un pensiero personale in un pensiero collettivo, conducendo per mano ogni lettrice obbligata a soffermarsi spesso per riflettere tra sé e sé, che sì, anche lei ha pensato, vissuto e respirato quel pesante carico mentale da tutto l’ambiente interno e esterno in cui viviamo.

Dalla protagonista poco più che adolescente che si veste e si rende presentabile non per il semplice piacere di ammirarsi, per amor proprio, ma per catturare l’attenzione del maschio, quello che potrà sceglierla e, quindi, offrirle l’unico futuro possibile, quello di moglie, madre e regina del focolaio.

Alla donna ormai sposata e madre che si ritaglia a fatica spazi per riuscire a studiare per il concorso per l’abilitazione all’insegnamento, tra un salto dal macellaio tentando di fare le domande giuste da brava massaia, all’escogitare la cena sfiziosa per il marito che rientra dopo una faticosa giornata di lavoro al quale porgere il figlio, pulito, tranquillo e sistemato, da alzare in alto tra le braccia come un trofeo, per poi riconsegnarlo alla madre e dedicarsi al suo meritato relax.

La donna gelata è un libro che rivela la realtà dell’universo femminile, senza mezzi termini e senza tanti giri di parole.
Avrei voluto, con tutta sincerità, arrivare alla fine della lettura e dichiarare come il romanzo fosse antiquato e vecchio; purtroppo, per quanti passi avanti si siano fatti, sono ancora troppi i retaggi che la società si trascina dietro e il cammino, affinché una donna sia libera di realizzarsi nei propri sogni e obiettivi,  è ancora lungo e impervio.

 

 

 

SINOSSI

Una giovane coppia si sposa, condivide una casa, fa due figli. Anche se animata da ideali egualitari e progressisti, la famiglia presto si sbilancia e tutto il peso delle incombenze di ogni giorno ricade esclusivamente sulla moglie. Un’ingiustizia quotidiana, “normale”, che vivono moltissime donne. Con sguardo implacabile “La donna gelata” traccia un percorso di liberazione capace di trasformare l’inconfessabile orrore per la propria vita in coraggiosa e spietata presa di coscienza. Alternando l’impeto di una requisitoria alla precisione di un’indagine, Ernaux ci consegna un’analisi dell’istituzione matrimoniale che non ha uguali nella letteratura contemporanea.




LA CAMERA AZZURRA

LA CAMERA AZZURRA

di Georges Simenon

Ed. Adelphi

 

Ho sempre associato Georges Simenon all’ispettore Maigret e ai gialli; poichè il genere non è tra i miei preferiti ho relegato questo illustre scrittore ai ricordi di scuola. Da un po’ di tempo però il titolo di questo breve romanzo ha iniziato a rincorrermi: proposte di gruppi di lettura e recensioni sui social. Poi ho letto quelle poche righe di Mario Fortunato sull’ultima copertina e mi sono decisa.

 

“Ti ho fatto male?”

“No”.

“Ce l’hai con me?”

“No”.

Era vero. In quel momento tutto era vero, perché viveva ogni cosa così come veniva, senza chiedersi niente, senza cercare di capire, senza neppure sospettare che un giorno ci sarebbe stato qualcosa da capire. E non solo tutto era vero, ma era anche reale: lui, la camera, Andrée ancora distesa sul letto sfatto…”

 

 

L’incipit è secondo me fenomenale, lo si legge e arriva una irrefrenabile voglia di andare avanti, senza fermarsi, fino all’ultima pagina. Ci si aspetta un romanzo d’amore, erotico, dove Simenon abbia dimenticato se non rinnegato il suo alter ego Maigret. Troviamo invece una storia crudele che si snoda in un’atmosfera provinciale, dove questo aggettivo viene inteso nel senso dispregiativo del termine. Grazie ad una scrittura fluida quasi non ci accorgiamo delle meschinità e delle bassezze dei personaggi che ruotano intorno ai due protagonisti.

L’immagine della passione che visualizziamo nella camera azzurra, sfoca quasi subito. Il grigiore della quotidianità e della sala interrogatorio diventa preponderante.

Il protagonista che inizialmente si presenta come un uomo forte e virile, si rimpicciolisce poco a poco; Simenon è magistrale quando ci fa credere che lei, Andrée, l’amante, sia quasi sparita e invece è presente sempre, anche se non la vediamo.

L’evoluzione verso la tragedia è inesorabile e ci prende con un nodo allo stomaco; increduli voliamo in poco tempo verso il finale. Non si ha la forza di appoggiare il libro per poi riprenderlo più tardi.

 

 

Questa volta lui fu incapace di girare la testa dall’altra parte, tanto il suo volto l’affascinava. Mai, neppure nei momenti in cui i loro corpi erano stati più uniti, l’aveva trovata così bella, così raggiante.

Mai aveva visto sulla sua bocca carnosa un sorriso che esprimesse così intensamente il trionfo dell’amore.

Mai, con un solo sguardo, si era impossessata di lui in modo così totale.

“Lo vedi, Tony,” gli gridò “non ci hanno separati!”

 

 SINOSSI

 

Tony e Andrée sono una coppia di amanti, all’apparenza come tante. Si incontrano di giovedì in una camera d’albergo: una camera azzurra. Sembra che nessuno sappia, ma non è così; sembra una storia d’amore e di passione che sfocerà nella felicità, ma non è così. Il protagonista è sotto interrogatorio, dalle sue risposte e dai suoi ricordi si dipana quello che in realtà è un thriller dal finale imprevedibile. Intorno ai due amanti sfrenati abbiamo personaggi incolori: Nicolas, il marito malato di Andrée, Gisèle la brava moglie di Tony, Marianne la figlioletta, Vincent il fratello complice di Tony e un nugolo di avvocati e inquirenti le cui domande ci porteranno piano piano, a capire.

 




L’ELEGANZA DEL RICCIO

 

di Muriel Barbery

Ed. e/o

 

 

Come possono una ricca ragazzina di 12 anni e una sciatta portinaia di 54 diventare amiche? Semplice: indossano entrambe una maschera che nasconde due anime colte e raffinate, l’amore per i classici e il Giappone, il disprezzo per la mediocrità travestita da eleganza; sono entrambe delle snob.

 

“Alcune persone sono incapaci di cogliere il senso della vita e il soffio intrinseco in ciò che contemplano, e passano la loro esistenza a discutere sugli uomini come se fossero degli automi, e sulle cose come se fossero prive di anima….”

 

Muriel Barbery racconta la storia di Renée, ultracinquantenne portinaia di un elegante palazzina di Parigi, di Paloma, figlia dodicenne di un ricco ministro, e di monsieur Ozu, regista giapponese che saprà scoprire cosa si nasconde dietro quelle due maschere.

Con uno stile non facile, ricco di citazioni filosofiche, a tratti forse noioso, la Burbery nelle prime 80 pagine tesse la sua tela, nella quale rimaniamo intrappolati e dalla quale non desideriamo più fuggire.

Narrato in prima persona da Renée e Paloma, i capitoli si differenziano in questo e anche nel carattere scelto per la scrittura.

Un romanzo sulle apparenze, sull’amore, sull’amicizia; 319 pagine che non conoscono mezze misure, o si amano o si odiano.

 

“Madame Michel ha l’eleganza del riccio: fuori è protetta da aculei, una vera e propria fortezza, ma ho il sospetto che dentro sia semplice e raffinata come i ricci, animaletti fintamente indolenti, risolutamente solitari e terribilmente eleganti.”

 

 

SINOSSI

 

Siamo a Parigi, in un’elegante palazzina composta da otto grandi e lussuosi appartamenti. C’è Renée, una brutta e sciatta portinaia che coltiva in segreto la passione smodata per la letteratura, il teatro e la musica. Poi c’è Paloma: una ragazzina geniale e brillante che sta progettando di bruciare il suo appartamento e di suicidarsi il giorno del suo tredicesimo compleanno. Due personaggi in incognito che solo monsieur Ozu, regista giapponese e uomo che riesce a vedere al di là delle apparenze, riuscirà a smascherare.

 

 

 




IL DIO DEL MASSACRO

di Yasmina Reza

Adelphi

 

Yasmina Reza nasce a Parigi da padre iraniano e madre bulgara. Autrice di numerose pièce teatrali, drammaturga, scrittrice, sceneggiatrice e anche attrice, con Le dieu du carnage ci regala un feroce spaccato della società perbenista francese.

 

Annette – Lei è un’appassionata di pittura vedo.

Véronique – Di pittura. Di fotografia. È un pò il mio mestiere.

Annette – Anch’io adoro Bacon.

Vèronique – Ah sì, Bacon.

Annette – …Crudeltà e splendore.

Vèronique – Caos. Equilibrio.

Annette – Sì…

Vèronique – Ferdinand s’interessa all’arte?

Annette – Non quanto dovrebbe…I suoi figli sì?

Vèronique – Tentiamo. Tentiamo di compensare le carenze dell’insegnamento scolastico in queste materie.

Annette – Già…

Vèronique – Tentiamo di farli leggere. Di portarli ai concerti, alle mostre. Forse sbagliamo, ma crediamo al potere rappacificante della cultura!

Annette – Ha ragione…

 

Quello che a prima vista sembra un “libercolo” fucsia di sole 91 pagine, già alle prime battute si rivela ben altro.

Una tragicommedia dove due coppie di genitori si incontrano per parlare civilmente di un increscioso avvenimento: il figlio di Annette e Alain al parco, ha dato una bastonata sul viso al figlio di Vèronique e Michel.

Novantuno pagine di dialogo a 4, non c’è trama, solo dialoghi, eppure la storia si dipana sotto i nostro occhi increduli, in modo molto realistico e altrettanto raccapricciante.

Dalle prime esilaranti battute, ben presto arriviamo a scoprire ciò che veramente si cela dietro quelle quattro maschere di civiltà e moralismo, e la barbarie umana si svela in tutta la sua ferocia.

lo stile è proprio quello di una sceneggiatura: dialoghi e ogni tanto la descrizione in corsivo e tra parentesi di movimenti e situazioni.

Nel 2014 Roman Polanski ne ha diretto la versione cinematografica con artisti di livello: Jodie Foster, John C. Reilly, Cristoph Waltz e Kate Winslet.

Se leggerete e avete figli, vi rivedrete in molti degli aspetti delle due coppie protagoniste della storia, mi auguro non proprio in tutti!

 

SINOSSI

Ferdinand Reilly, un bambino di 11 anni, colpisce al volto Bruno Houillè in seguito ad una lite. Bruno non vuole che Ferdinand faccia parte della gang perché è un traditore.I signori Houillè invitano i coniugi Reille a casa propria per discutere dell’accaduto. Le buone intenzioni finiscono presto nel dimenticatoio e l’iniziale clima di civiltà si trasforma in scoppi d’ira e crisi di nervi.

 

 

 




Il paradiso degli orchi di Daniel Pennac

 

Il paradiso degli orchi è il primo di sei fortunati romanzi dedicati alla saga Malaussène.

Benjamin Malaussène è il fratello maggiore e responsabile di un nugolo di fratellini geniali; una famiglia sui generis composta inoltre da “zii” stravaganti, una madre assente e un cane epilettico; di mestiere fa il capro espiatorio in un grande magazzino.

Vi chiederete ora cosa voglia dire fare il capro espiatorio: Benjamin ha il compito di accollarsi la colpa di tutto ciò che non va in questa attività commerciale, deve subire aspri rimproveri dal suo responsabile di fronte a clienti delusi dal trattamento ricevuto o dalla qualità scadente di un prodotto acquistato. Tutto ciò allo scopo di evitare denunce e rabbonire la clientela insoddisfatta.

Benjamin nella sua affollata esistenza non ha quasi mai momenti di quiete: a lavoro, per il particolare ruolo che riveste e per strani accadimenti che si susseguono; a casa perché i suoi particolari fratellini se lo contendono e pretendono ognuno le sue attenzioni. La giornata di Ben termina soltanto dopo aver raccontato loro  la favola della buonanotte, favola per modo di dire perché altro non è che un resoconto infiocchettato di quanto accaduto nella sua giornata lavorativa.

 

Ho sempre pensato che sarei potuto essere un buon sordo e un pessimo cieco. Toglietemi il mondo dalle orecchie, mi piacerà. Tappatemi gli occhi, morirò. Ma dato che le cose migliori prima o poi finiscono, il mondo riesce a farsi largo fino ai miei timpani.

 

 

L’ironia particolare di Pennac trapela in ogni pagina, non è forse facile coglierla se non ci si immedesima il più possibile in questo universo onirico

L’umorismo sottile e ben dosato ci fa stare con il sorriso sulle labbra per tutte le 200 pagine del libro, la nostra curiosità viene mantenuta viva da una suspence quasi nascosta che rivela poco a poco una terribile realtà: gli orchi non sono solo nelle favole, gli orchi esistono davvero.

Pennac forse non è una lettura molto scorrevole, ma il piccolo sforzo iniziale che ci viene richiesto per entrare nelle sue storie, viene ampiamente ricompensato dall’originalità del tutto, da un finale affatto scontato e dal desiderio che le avventure della famiglia Malaussène continuino ancora.

Clienti inviperiti nonostante l’atmosfera natalizia, bombe che esplodono tra i giocattoli, belle donne cleptomani che si aggirano furtive tra gli scaffali, poliziotti che non sanno a che santo votarsi e sotterranei che nascondono segreti…cosa chiedere di più? Sicuri che sia un romanzo umoristico? A voi lettori l’ardua sentenza.