L’estate che sciolse ogni cosa di Tiffany McDaniel

Esordio letterario e best seller edito in Italia da Atlantide Edizioni

 

L’estate che sciolse ogni cosa è il romanzo di esordio di Tiffany McDaniel uscito negli Stati Uniti nel 2016 e diventato in breve un best seller. In Italia è arrivato nel 2017 grazie alla casa editrice Atlantide Edizioni con la traduzione di Lucia Olivieri.

La voce narrante è quella dell’ottantaquattrenne Fielding Bliss che racconta la caldissima estate del 1984 quando aveva solo tredici anni e suo padre, il giudice Autopsy Bliss, pubblica sul giornale locale un’invito particolare:

Egregio Satana, Diavolo chiarissimo, esimio Lucifero e tutte le altre croci che siete costretto a sopportare, vi invito cordialmente a Breathed, in Ohio. Terra di colline e di balle di fieno, di peccatori e di uomini capaci di perdonare. Che possiate venire in pace.

E il diavolo si presenta davvero sotto le sembianze di un ragazzino nero, Sal (dalle iniziali di Satana e Lucifero) con indosso una logora tuta di jeans, e con gli occhi di un verde intenso come a ricordare il paradiso.

Il caldo arrivò insieme al diavolo. […] C’era da aspettarselo che arrivassero insieme. Dopo tutto, il caldo non è forse il volto del diavolo? E a chi è mai capitato di uscire di casa senza portarselo dietro?

Nel corso di quella torrida estate nasce e si consolida l’intensa amicizia tra Bliss e Sal che li porterà a vivere sulla propria pelle il male che si annida sia nella società statunitense che nella piccola comunità di Breathed. Saranno i comportamenti dei vicini di casa, dei compagni di scuola, dei semplici conoscenti a far emergere temi come il razzismo, il dramma dell’AIDS e il tabù dell’omosessualità.

Argomenti che restano avvinghiati al pensiero di tanti e che ne determinano i comportamenti, le discrepanze e le divergenze fino ad arrivare a trasformare persone che sembrano essere per bene in catalizzatori e portatori di male.

 

 

La scrittura di McDaniele è coraggiosa, conturbante e spietata e i dialoghi sono diretti e le domande che Bliss pone a Sal conducono piano piano il lettore a chiarire come in ciascuno di noi viva e conviva sia il male che il bene.

«Pensavo, se tu sei il diavolo, hai incontrato Dio. Com’è?» […] Sal si sollevò su un gomito e mi chiese di raccontargli di un giorno in cui mi ero sentito amato.»

Tiffany McDaniel ha creato un intenso romanzo di fiction letteraria toccando temi non semplici ma riuscendo a estrapolarli per renderli accessibili, possibili quasi avvicinabili. Il male esiste nella stessa misura in cui esiste il bene e noi umani possiamo solo imparare a conviverci equilibrando e dosando i due pesi. Il nostro pensiero e le nostre azioni hanno bisogno di controllo perché raccolgono in sé sia il male che il bene e le conseguenze segnano per sempre sia noi che chi ci vive accanto.

Se dovessi trovare un difetto in L’estate che sciolse ogni cosa, sicuramente direi l’uso eccessivo e ridondante di metafore ma è una piccola cosa davanti ad un romanzo ben strutturato, con argomenti riflessivi importanti e con una trama assolutamente non banale.

«Perché quei lacci sono ogni cosa, e quando ogni cosa rimane slacciata, si finisce per inciampare anche se si va in giro scalzi»




LA LIBRERIA SULLA COLLINA di Alba Donati

LA LIBRERIA SULLA COLLINA

Di Alba Donati

Ed. Einaudi

 

 

Da quando ho aperto la libreria, non c’è conversazione che non includa la domanda: “ Come le è venuta l’idea di aprire una libreria in un paesino sperduto di 180 persone?” […]

Come mi è venuto in mente?

Le cose non vengono in mente, le cose covano, lievitano, ingombrano la nostra fantasia mentre dormiamo.

Solo queste poche righe dovrebbero indurre qualunque lettore ad acquistare La libreria sulla collina. Ad ammirarne la copertina, annusarne l’interno, sbirciare la seconda copertina, ed infine ad aspettare.

Sì perché con questo romanzo autobiografico di Alba Donati, non bisogna andare di fretta, è necessario centellinare le parole, assaporarlo piano piano, altrimenti finisce troppo presto.

La libreria sulla collina è un libro che parla di libri, un romanzo che racconta di luoghi e persone coraggiose accomunate dalla passione travolgente per la letteratura.

Alba Donati è una donna come poche, che con una forza incredibile lascia una città come Firenze dove ha studiato, vissuto e lavorato, per trasferirsi in un piccolo centro di 180 anime, in cui aprire una libreria.

Un negozio piccolo in un paesino sperduto sulle colline toscane, magico come una scatola del tesoro; la grandezza di una libreria non si misura in centimetri: una stanza piena di libri è l’infinito a portata di mano.

A Lucignana esiste davvero questo posto incantato, retto da persone forti, da una famiglia unita che insieme resisterà ad incendi, pandemia e calamità.

Leggendo le parole di Alba Donati, scandite da date, volumi acquistati e ordinati su internet, da persone che vanno, vengono e a volte restano, non si può non provare l’urgenza di andare a visitare questo posto meraviglioso.

Scorriamo avidi le pagine, godendo di un’ esperienza unica; ci nutriamo della caparbietà femminile e dell’amore per le storie di chi vuole farle conoscere e circolare.

I libri che entrano, escono e per un po’ di tempo stazionano nel piccolo cottage letterario, sono tutti dotati di un’anima, sono come figli della nostra libraia, e come tali sempre presenti nella sua mente.

 

Il pensiero va sempre al mio piccolo cottage pieno di libri.

So che soffrono il freddo e l’umidità, tremano e talvolta le copertine si alzano a ricciolo, segno evidente del loro disagio, della paura di essere abbandonati.

Invece nelle giornate di sole, quando lasciamo perfino la porta aperta, li vedo che sorridono e mi ringraziano.

 

Leggete con devozione questo diario, con i giorni scanditi da titoli che ritroverete più volte, e in cui vi ritroverete.

 

 

SINOSSI

 

Nel dicembre 2019, alle porte della pandemia, Alba Donati decide di cambiare vita e aprire una libreria a Lucignana, poche case sull’Appennino lucchese. Lo fa grazie ad un crowdfunding e al passaparola sui social. Da subito la libreria diventa un luogo di pellegrinaggio, di parole in comune, di incontri speciali.




Di seconda mano di Chris Offutt

Raccolta di racconti editi da Minimum Fax

 

Di seconda mano è una raccolta di racconti dello scrittore americano contemporaneo Chris Offutt pubblicato dalla casa editrice romana Minimum Fax e uscito a luglio 2022 con la traduzione di Roberto Serrai.

Leggere racconti è un po’ come sedersi ad un tavolino di un bar e ascoltare di nascosto le chiacchiere dei vicini. Non arriverà l’intera storia ma solo uno stralcio. Non si conosceranno le vicissitudine prima e dopo quell’intervallo di tempo in cui si ha avuto modo di ascoltare e spesso non si saprà neanche come andrà a finire ed è proprio questo il fascino del racconto: riportare una storia succinta, incisiva, determinante senza entrare troppo nelle descrizioni, lasciando al lettore ampia possibilità di immaginare.

Di seconda mano raccoglie storie intime di solitudine, disagi e povertà dove non si trovano gli Stati Uniti stereotipati del sogno americano bensì quella degli ultimi, dei dimenticati, di coloro che non fanno notizia, in poche parole quelli di seconda mano, di coloro che fanno fatica ad andare avanti, coloro che non hanno più santi ai quali rivolgersi, coloro che si adattano e sopravvivono.

Chris Offutt ha una penna che non lascia spazio a alternative e i suoi personaggi sono pieni, tondi, indimenticabili.

 

 

Come la protagonista del primo racconto che dà il titolo al libro che impegna la cosa più preziosa che ha, un paio di stivali di pelle di struzzo, per regalare una bicicletta alla figlia del suo compagno per conquistarne la fiducia. Si può permettere solo un oggetto usato, da acquistare in un luogo dove «Ogni cosa, lì dentro, è appartenuta a gente al capolinea, e la loro disperazione la senti nell’aria» esattamente come lei che dichiara «I miei vestiti hanno già coperto il corpo di un altro. Anche il mio ragazzo prima era sposato» però è capace di rinunciare ai propri amati stivali perché «le mani di una bambina che tremano di gioia sono lo spettacolo più bello che abbia mai visto».

Chris Offutt ha un stile pungente e diretto che si intrufola nelle pagine senza inutili fronzoli per schermarsi nella mente del lettore togliendo il fiato perché sono personaggi sofferenti, soli e malmenati dal destino ma sono soprattutto persone reali, vere, concrete e sincere.

Il bello dei racconti è che non c’è bisogno di terminare il libro per fermarsi a riflettere; bastano poche pagine, anche sotto l’ombrellone, in riva ad un fiume o in cima ad una montagna, per leggere una storia e poi fermarsi a riflettere come Darla, la protagonista del terzo racconto che «si sdraiò nel letto basso del torrente, allargò le braccia e lasciò andare l’anello [fede nuziale]. L’acqua fredda le scorse sul volto, mescolandosi alle lacrime, e le sembrò che il torrente, adesso, sgorgasse dai suoi occhi

Non bastano questi brevi stralci per innamorarsi della scrittura di Offutt?




IL ROSMARINO NON CAPISCE L’INVERNO di Matteo Bussola

IL ROSMARINO NON CAPISCE L’INVERNO

Di Matteo Bussola

Ed. Einaudi

 

Un romanzo composto da racconti, ognuno dei quali dedicato ad una donna: questo è Il rosmarino non capisce l’inverno, di Matteo Bussola, nato architetto, poi diventato fumettista e scrittore.

La bravura di questo giovane autore è nella capacità di descriverci storie di donne, narrate in prima persona, con frasi e parole che solo una donna può pensare e scrivere.

Il preambolo molto particolare, una specie di incipit lungo, è costituito da domande, apparentemente senza risposta, rivolte ad una interlocutrice non ben identificata, dai contorni sfocati, che può essere tutte o nessuna.

 

A cosa pensa una donna quando, assordata dalle voci di tutti, capisce all’improvviso di aver soffocato la propria?

Di non essersi mai davvero prestata ascolto?

Cos’hai pensato, tu, la mattina o il pomeriggio o la notte in cui, per la prima volta, lo hai capito?

  

Ne Il rosmarino non capisce l’inverno ci sono 18 storie di donne le cui vite sono intrecciate, i cui destini si sono sfiorati, e che si ritrovano tutte per l’ultimo saluto ad una di loro; racconti/capitoli che compongono un romanzo.

Matteo Bussola, con delicatezza e senza pietismo, ci descrive queste eroine che di super non hanno nulla, sono persone quali potrebbero benissimo essere la nostra dirimpettaia, una sorella, una casalinga che porta il cane a spasso nel parco dove andiamo a correre.

Queste donne non volano, non sono capaci di attraversare muri o lanciare dardi infiammati con gli occhi, ma hanno comunque il coraggio di andare avanti anche se fragili, di amare anche se odiate, di resistere alle intemperie della vita come il rosmarino resiste alle sferzate di gelo dell’inverno.

Il bello di questo breve ma intenso romanzo, o di questi 18 racconti, è che in ognuno di essi ritroviamo un pezzetto di noi stesse, e con queste donne ridiamo e piangiamo quasi come se le conoscessimo personalmente.

Leggere questo libro è quasi come andare la prima volta in una giostra, durante il giro ripetiamo a noi stessi che non ci andremo più, ma alla fine qualcosa dentro ci dirà: “ancora, ancora…”

Il rosmarino non capisce l’inverno ci incita a vivere, come se fosse l’ultimo, ogni istante della vita perché…

 

La vita di chi resta, alla fine, non è che questo.

Un insieme di “non”.

 

 

SINOSSI

Una donna sola che in tarda età scopre l’amore. Una figlia che lotta per riuscire a perdonare sua madre. Una ragazza che invece non vuole figli, perché non sopporterebbe il loro dolore. Una vedova che scrive al marito. Una sedicenne che si innamora della sua amica del cuore. Un’anziana che confida alla badante un terribile segreto.




Atti di sottomissione di Megan Nolan

Grande successo internazionale per la scrittrice irlandese pubblicato in Italia dalla NNEditore

 

Atti di sottomissione è il romanzo di esordio della scrittrice irlandese Megan Nolan pubblicato dalla NNEditore nel settembre 2021 inserito nella neo collana Le fuggitive, con la traduzione di Tiziana Lo Porto.

Atti di sottomissione è un viaggio di legami, dipendenze, consapevolezza  e liberazione della protagonista femminile dal momento in cui, nel corso di un vernissage, si innamorata di un avvenente critico d’arte, Ciaran.

«… non era solo incredibilmente bello, il suo corpo irradiava anche un’immensa tranquillità. […] Lui non cercava nulla di ciò che aveva intorno. […] E anche se non sembrava particolarmente felice, appariva senza dubbio integro, come se contenesse tutto il suo mondo dentro di sé.»

Prima di incontrare Ciarana, lei vive in modo affamato il presente, perdendosi nell’eccesso di alcol, di cibo, di droghe e di sesso e diventa quasi automatico idealizzare la nuova relazione come la panacea di tutti i problemi confondendo l’aridità dei sentimenti di lui per una mera forma caratteriale, accettando di isolarsi dagli amici,  rinunciando ad uscire da sola, preferendo le condizioni imposte dal nuovo compagno piuttosto che guardarsi dentro e accettarsi.

 

 

Così la relazione che pare iniziare sotto i migliori auspici si rivela sempre più ostica, tossica e degradante fino ad arrivare a momenti di violenza.

La grandezza di Megan Nolan è da ricercare nella sua tecnica stilistica che permette al lettore di indossare realmente i panni della protagonista e di sentire con fermezza l’insoddisfazione, l’insicurezza, l’esigenza di sentirsi amata e accettata dagli altri per la sua paura della solitudine.

«Pensavo che una vita così – pulita, gentile e di nobili sentimenti – mi avrebbe garantito ciò che volevo veramente, ovvero conquistare più gente possibile, le loro attenzioni, il loro desiderio, la loro curiosità.»

Un viaggio doloroso ma allo stesso tempo salvifico perché è come la nascita di una donna, di una nuova donna che elimina a colpi di piccone le sue paure, convivendoci e prendendo in mano le redini della propria vita, smettendo di pensare che «l’amore di un uomo mi avrebbe riempito così tanto che non avrei più avuto bisogno di bere, mangiare, tagliarmi o fare di nuovo qualsiasi altra cosa al mio corpo. Pensavo che se ne sarebbe fatto carico al posto mio.»

Megan Nolan è una voce dirompente nel panorama letterario europeo e questo suo esordio raccoglie le insidie, le paure e il mal di vivere delle nuove generazioni dei Millennial riportando tutte le voci dell’essere giovani.




La figlia femmina di Anna Giurickovic Dato

La figlia femmina è il sorprendente esordio letterario della scrittrice catanese Anna Giurickovic Dato pubblicato dalla Fazi Editore nel 2017 e tradotto in cinque paesi tra cui Francia, Germania e Spagna ottenendo un successo di critica e di pubblico.

È la storia di Maria, la figlia e dei suoi genitori, Silvia e Giorgio con un segreto inconfessabile che scivola tra le loro vite segnandole in modo indelebile.

Paragonato ad una versione moderna di Lolita di Nabokov, la trama assume un sfumatura più sottile vista la scelta di dare la voce a Silvia, la madre. È lei che racconta, o forse è meglio dire che sussurra, la storia quasi fosse accaduta da un’altra parte, quasi non facesse parte di lei, quasi non la toccasse.

 

 

La trama del romanzo ha due piani temporali, una parte si svolge in Marocco a Rabat dove Giorgio è un diplomatico e la seconda parte a Roma dopo che un ulteriore evento drammatico sconvolge la vita della famiglia.

L’autrice, fin dalle prime pagine, rivela al lettore il rapporto incestuoso tra la piccola Maria e Giorgio ma è con l’evolversi della trama che riesce, con maestria e delicatezza, a evidenziare i drammi psicologici di tutti e tre i personaggi dando loro, di volta in volta, sia il ruolo della vittima che del carnefice.

«Dio almeno mi crede»
«Tutti ti crediamo»
«Tu non mi crederesti mai»
«A cosa non dovrei credere, Maria?»
«Che io sono il diavolo»
«Tu sei un angioletto, sei una bimba»
«Non è vero. Io il diavolo ce l’ho qua. […] Ma non lo so chi ce l’ha messo, ci sono nata così»

La figlia femmina è un libro duro, spietato, un vero pugno nello stomaco e l’abilità di Anna Giurickovic Dato è nell’essere riuscita a caratterizzare e scandagliare ciascun personaggio tenendo il lettore avvinghiato alla trama.

Giorgio è il cattivo? Forse, eppure parla con amore alla moglie «Sei la parte più importante della mia vita. Se qualche volta sono freddo o sono sgarbato è perché sento che mi sei indispensabile e questo mi fa paura. Provo a tenerti lontana, ma più ti allontano più mi sei vicina e il tuo grande amore per me è un laccio che non si slega»

Silvia è la cattiva? Forse è nella solitudine che si materializza il suo errore sebbene nella successiva consapevolezza si intravede uno spiraglio di salvezza «Vorrei poter dare la colpa a qualcuno, essere giovane e bella, aver tutto da imparare e non aver sbagliato ancora nulla»

La figlia femmina non lascia indifferenti per la capacità di trattare argomenti difficili che spesso si nascondono come tabù, per il ritmo narrativo non privo di grandi colpi di scena, per i dialoghi equilibrati e le ambientazioni perfette.

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Per chi volesse leggere anche altro di Anna Giurickovic Dato, nel 2020, sempre per la Fazi Editore, è stato pubblicato Il grande me.




E DAL CIELO CADDERO TRE MELE di Narine Abgarjan

E DAL CIELO CADDERO TRE MELE

Di Narine Abgarjan

Ed. Francesco Brioschi

 

 

Ancora una volta leggo un libro perché rapita dalla copertina: un albero di mele dal quale emerge potente il profilo di una donna. Nel cielo plumbeo volano uccelli neri, e piccola, quasi insignificante, in basso a destra dondola in modo impercettibile, un’altalena.

E dal cielo caddero tre mele cattura la vista con un’ immagine forte e con un incipit travestito da quello che spesso è il finale per eccellenza dei romanzi: la morte.

 

Venerdì subito dopo mezzogiorno,

con il sole che aveva passato lo zenith e scivolava composto verso l’estremità a ponente della vallata,

Sevojants Anatolija si coricò per prepararsi a morire.

 

Questa è la storia della vita di una donna in un villaggio armeno arroccato sulla montagna; un romanzo narrato come fosse un’antica canzone le cui strofe ci cantano usi e costumi di un popolo lontano, di calamità naturali, di guerra.

Narine Abgarjan con delicatezza, musicalità e un pizzico di magia, utilizza come voce narrante quella di una donna, Anatolija, spettatrice,  oltre che protagonista in prima persona, di gioie e sofferenze di una comunità composta da poche decine di anime.

La piccola società che ci viene descritta è, a prima vista, una società patriarcale in cui le donne devono rimanere al proprio posto dietro l’uomo.

Da una lettura più attenta però si evince come effettivamente siano le donne, in silenzio e con molta discrezione, a manovrare sapientemente i fili del telaio della vita.

Un romanzo, questo di Narine Abgarjan che inizia con un presagio di estinzione, e termina con un messaggio di speranza per cui la vita, a dispetto di tutto ciò che la funesta, ha la meglio sulla morte.

E dal cielo caddero tre mele è ambientato in un villaggio armeno che sembra destinato a dissolversi e invece, con tutta la forza e la caparbietà di gente tenace, si mantiene ben saldo, aggrappato alla montagna con le sue mani di pietra.

La divisione in tre macrocapitoli ci costringe a fare una pausa di riflessione tra l’uno e l’altro, permettendoci di rimanere nella storia, di non perderne neanche un filo, di tenere un ritmo basso che ci faccia godere di frasi poetiche.

 

Sevojants Anatolija si era coricata per prepararsi a morire senza immaginarsi la felicità che l’attendeva, […]

..la notte maga avrebbe difeso la sua gioia facendole rotolare fra le mani le mele che,

come vuole la leggenda di Maran, avrebbe fatto per lei cadere dal cielo:

una per chi ha visto, una per chi ha saputo raccontare e una per chi ha ascoltato e creduto nel bene del mondo.

 

SINOSSI

A Maran la vita è sospesa tra realtà e fiaba, in un tempo che prende forma, per poi trasfigurare, evaporare. Qui, in questo paesino di pietra e antiche credenze sul cucuzzolo di una montagna armena, guerra e calamità naturali travolgono, pare per sempre, la fragile quiete della sua manciata di case.




STRANE CREATURE di Tracy Chevalier

STRANE CREATURE

di Tracy Chevalier

ed. Neri Pozza

 

 

A cosa si riferisca espressamente il titolo di questo romanzo, arrivati alla fine, ancora non ci è dato saperlo. Strane creature sono quei resti ritrovati nei dintorni di Lyme, oppure le protagoniste stesse, le due cacciatrici di fossili Mary Anning ed Elizabeth Philpot?

Tracy Chevalier, con un tratto delicato, lo stile curato e la scrittura amorevole, che ricorda vagamente la celeberrima Jane Austen, ci lascia dubbiosi.

Certamente agli inizi del 1800 due donne come le protagoniste della nostra storia, risultavano figure stravaganti, da cui tenersi lontano e destinate alla solitudine.

In un’epoca in cui alla donna ben poco era permesso al di fuori delle mura domestiche e lontano dallo sguardo protettivo dei loro familiari, Mary ed Elizabeth erano veramente delle Strane creature, al pari dei loro tanto amati fossili che racchiudevano tracce di esseri non più esistenti.

Tracy Chevalier trae spunto da fatti realmente accaduti e personaggi esistiti e ci regala pagine intense e poetiche, rendendo omaggio a tutte quelle donne che hanno avuto il coraggio di seguire le loro passioni, di sottrarsi al destino assegnato e di liberarsi da obblighi e costrizioni.

 

Sento l’eco di quel fragore ogni volta che trovo un fossile, una piccola scossa che dice:

”Sì Mary,Anning, tu sei diversa dalle altre rocce della spiaggia”.

È questo che vado cercando ogni giorno: il fremito della saetta, la mia differenza.

 

Forte anche il contrasto tra la fede religiosa sull’infallibilità di Dio e la creazione del mondo da un lato, e la scoperta dei fossili che preannunciava la teoria evoluzionistica di Darwin, dall’altro.

Strane creature è un romanzo storico narrato in prima persona alternando i capitoli a seconda che la voce appartenga ad una donna della borghesia medio alta oppure ad una popolana.

Interessante la diversa complessità delle frasi che sottolinea la differente estrazione sociale e l’aver o meno una cultura alle spalle.

Non esiste però divario tra Mary ed Elizabeth, la passione che le accomuna appiana le differenze e le unisce a dispetto delle convenzioni dell’epoca: un romanzo quindi sull’amicizia, quella vera, disinteressata, che non conosce discriminazioni e va avanti nonostante tutto e tutti.

 

Io e Mary Anning siamo a caccia di fossili sulla spiaggia, lei cerca le sue creature, io i miei pesci.

Gli occhi fissi su sabbia e scogli, percorriamo il bagnasciuga, ciascuna con il suo passo.

Mary si ferma e squarcia una pietra per carpirne i segreti.

Io frugo tra l’argilla sperando in qualcosa di nuovo e prodigioso.

Parliamo poco perché non ne abbiamo bisogno e ci perdiamo ognuna nel suo mondo, felici, l’una a due passi dall’altra, insieme nel silenzio.

 

 

SINOSSI

Nel 1811 a Lyme, piccolo villaggio sulla costa meridionale inglese, arrivano le tre sorelle Philpot e la quiete che regnava diventa un lontano ricordo.

Vengono da Londra, sono bizzarre creature, eleganti e vestite alla mda.

Margareth sorprende tutti con i suoi turbanti verdolini, Louise con la sua passione per la botanica ed Elizabeth che se ne va in giro libera ed istruita noncurante degli uomini e delle chiacchiere.

Quest’ultima stringe presto amicizia con Mary Anning, la figlia dell’ebanista, una ragazzina vivace che passa il suo tempo sulla spiaggia dove dice di aver scoperto strane creature dalle ossa gigantesche.




Quando tutto è detto di Anne Griffin

Il primo romanzo della scrittrice irlandese edito da Atlantide Edizioni

 

Quando tutto è detto, è il primo romanzo della scrittrice irlandese Anne Griffin edito dalla casa editrice Atlantide Edizioni nel 2020 con la traduzione di Bianca Rita Cataldi.

«Sono qui per ricordare: tutto ciò che sono stato e tutto ciò che non sarò mai più.»

La storia è semplice ma è lo stile della Griffin nel raccontarla a trasformare il romanzo in un testo delicato, magistrale e a tratti poetico tanto che il romanzo ha ottenuto un grandissimo successo in Irlanda ed è in corso di traduzione in 16 lingue straniere.

Maurice Hannigan è un uomo anziano di ottantaquattro anni che inizia a raccontare la propria vita seduto al bancone del bar del Rainsford House Hotel brindando a cinque diverse persone che sono state fondamentali per la sua vita: Tony, Molly, Noreen, Kevin, Sadie

Cinque brindisi, cinque personaggi, cinque bevute diverse tra whisky e birra, per raccontare al proprio unico figlio, Kevin, e a sé stesso i punti salienti, le verità nascoste, le difficoltà ma anche le soddisfazioni ottenute nel corso della sua vita e che fanno di lui l’uomo posato, garbato e possidente sebbene sia nato povero, anzi poverissimo, contadino e analfabeta.

La penna stilistica di Griffin è abilissima nel caratterizzare perfettamente il personaggio di Maurice permeando la trama con la classica cultura irlandese, ricca di figure trascendenti, che superano il confine tra la vita e la morte e regalandoci pagine ricamate tra magia e realtà e trasformando Maurice in un personaggio indimenticabile.

Incantevole il personaggio del fratello più grande, Tony, morto giovanissimo, ma sempre al fianco del protagonista con il suo costante ruolo di figura di riferimento “un uomo che mi ha formato, guidato, che ha badato a me e, soprattutto, che mi ha insegnato a non arrendermi mai.“

Intenso e solido il legame che ha con la moglie, Sadie, un amore verso il quale non ha dimostrato davvero tutto ciò che provava ma che ne riconosce l’intensità quando resta da solo, perché “nessuno conosce davvero la perdita finché non si tratta di qualcuno che ami di quell’amore profondo che ti tiene insieme le ossa e che scava a fondo fin sotto le unghie, difficile da scalfire come anni e anni di terra compatta”.

Superbo il modo in cui si relazione con il figlio Kevin, per amore del quale, impara a leggere attraverso gli articoli che il giovane pubblica dal momento che diventa un giornalista importante oltreoceano e al quale riesce a dichiarare “mi dispiace essere stato il padre che sono stato. So, davvero lo so, che avrei potuto essere migliore. Che avrei potuto ascoltare di più, e accettare te e tutto ciò che sei diventato con più benevolenza.”

A legare tutta la trama di questo bellissimo romanzo c’è il segreto celato dietro una moneta d’oro con l’effige di Edoardo VIII del 1936, un mistero che attraverserà e scombussolerà i destini di due famiglie e farà tenere il fiato sospeso ai lettori.

Quando tutto è detto è arrivato a me attraverso le parole e la commozione dell’editor della casa editrice Atlantide al Salone del Libro di Torino a maggio scorso. Mentre lui me ne parlava aveva uno strano luccichio negli occhi, una voce tremolante e una mimica facciale che lasciava trasparire una profonda e intima gioia contagiosa. Non mi stava proponendo semplicemente un romanzo da leggere, sembrava piuttosto mi pregasse di ascoltare una storia che mi avrebbe riempita e appagata. Ed è stato così per me.

Ed è quella la luce che mi auguro possiate provare lasciandovi coinvolgere nella vita di Maurice in Quando tutto è detto.




LORO di Roberto Cotroneo

LORO

di Roberto Cotroneo

Ed. Neri Pozza

 

 

I fantasmi non sono soltanto esseri che hanno vissuto nel passato,

possono anche aver vissuto nella nostra fantasia, o nella fantasia di qualcuno.

E sono quelli più pericolosi, perché sono i fantasmi della mente.

 

Sono fermamente convinta che ognuno di noi, popolo di appassionati lettori, ogni tanto debba leggere un libro che parli di…fantasmi!

LORO è una di quelle storie che fanno stare con il fiato sospeso, dal ritmo che sale, ha un momento quasi di stallo, e poi continua a salire fino all’esplosione finale.

Non è una lettura impegnativa, ma la storia è originale e le due piccole protagoniste, due gemelle, risultano subito dei personaggi molto intriganti.

Leggendo questo scorrevole romanzo, non così facile e per niente scontato, ho nutrito dei dubbi su chi fosse effettivamente la voce narrante.

Inizia come una storia tratta da un diario, ma la narrazione in prima persona non ci chiarisce del tutto le idee e sul finale ancora un cambio, si passa alla terza fino all’ultima frase. L’elemento poi che distrae il lettore è la presenza costante delle due bambine, Lucrezia e Lavina, gemelle monozigoti, ovvero identiche.

Ottimi i sopracitati escamotage per impedire che il lettore molli la presa, l’intento dell’autore è infatti proprio quello di causarci pressione: dobbiamo arrivare in fondo, vogliamo capire.

 

E fu lì che ebbi la seconda apparizione, la più lieta.

Fu lì che mi vennero incontro le bambine. […]

Lavinia e Lucrezia erano in tutto e per tutto identiche: vestite uguali, bionde uguali, con la stessa pettinatura, lo stesso braccialetto al polso, gli stessi occhi azzurri presi dal padre.

Vidi il loro sorriso e decisi che quel luogo poteva essere chiamato il luogo del sorriso.

 

Roberto Cotroneo riesce a trasportare il lettore nell’oscurità di quelle che sono le paure di ognuno di noi, lo trascina nel tunnel dove il razionale cede il posto all’irrazionale.

Quasi verso la fine della storia, oltrepassata da un po’ la metà, nel momento in cui il lettore si sente sempre più coinvolto nel susseguirsi incalzante degli avvenimenti, proprio allora, abbiamo un colpo, per me, da maestro: si nominano dei pezzi musicali.

Durante l’esecuzione l’autore scrive che tutti i presenti non possono fare a meno di sobbalzare, incuriosita ho cercato il pezzo su google…non aggiungo altro, perché se leggerete LORO sicuramente troverete e ascolterete quella musica; e non potrete far altro che provare paura.

Concludo queste mie riflessioni con una frase citata nel libro, di Nietzsche:

 

“Quando scruterai in un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te”

 

SINOSSI

 

Può il memoriale di una giovane donna sconvolgere a tal punto da turbare persino coloro che abitualmente si avventurano nei recessi più oscuri della mente?

Margherita B. narra dei fatti accaduti nel 2018, quando prende servizio stando alle sue parole, come istitutrice presso una famiglia aristocratica, gli Ordelaffi, in una magnifica villa progettata da un celebre architetto alle porte di Roma: la casa di vetro.

Il compito che le viene affidato è prendersi cura delle gemelline Lucrezia e Lavinia.

Nella casa di vetro, tutto sembra meraviglioso quell’estate.




L’ESTATE DELL’ INCANTO di Francesco Carofiglio

L’ESTATE DELL’INCANTO

di Francesco Carofiglio

Ed. Pickwick

 

 

 

È successo d’estate, molti anni fa.

Tra le nebbie che affollano adesso i miei pensieri di vecchia, una luce rischiara una piccola porzione di mondo.

[…]

Avevo dieci anni, e il mondo stava per affondare nell’abisso.

Ma per me era solo estate e campagna.

La più bella estate della mia vita.

 

 

Queste che precedono, sono le brevi frasi che compongono l’esaustivo e intrigante incipit di un bel romanzo. In pochi istanti, tanti sono quelli necessari a leggerle, il lettore si trova immediatamente catapultato in uno spazio relativamente ristretto dove il tempo pare essersi fermato, e dove il baratro che si sta avvicinando all’insaputa della protagonista, sembra non debba arrivare mai.

Questa storia delicata, intensa e a tratti commovente, ci viene raccontata dalle due voci di Miranda, quella di una bambina di dieci anni, e l’altra, di una donna anziana ottant’anni dopo.

Incredibile come l’autore, Francesco Carofiglio, evidentemente un uomo, riesca a calarsi nei panni, nella testa e nelle azioni di una donna; così tanto che la storia sembra opera di una scrittrice.

L’avvicendarsi e l’intrecciarsi delle due voci della protagonista, creano una dilatazione temporale notevole degli eventi, delle loro cause, delle loro conseguenze.

Uno stile, quello di F. Carofiglio, fluido, dotato di un’accelerazione che costringe lo scrittore a non voler più mollare il libro fino alla fine.

La trama può sembrare ovvia: una bambina che trascorre un’estate felice a casa del nonno in campagna, poco distante da Firenze.

Ciò che però, rende unica questa lettura, è il trasparire tra le righe l’imminenza di avvenimenti tragici che di lì a poco porteranno il mondo in un abisso quasi senza fine.

Abbiamo quindi  ne L’estate incantata, una specie di bolla, con un dentro fatto di sole, avventure, caldo, fantasia e della spensieratezza inconsapevole dell’infanzia.

C’è poi un fuori dato dalla tragicità del conflitto imminente prima, e dalla caducità del susseguirsi fragile dei giorni di una donna molto anziana che recupera immagini di felicità per aggrapparsi ai suoi ultimi batti d’ali.

Miranda bambina, con la mamma, con Lapo, con la lince Luana; e Miranda novantenne, con i suoi ricordi, le sue malinconie, con Nives e Carolina amiche da sempre.

Un duetto avvincente che termina con un finale degno dell’incipit, che lascia il lettore soddisfatto e gratificato da una lettura veramente molto piacevole.

 

 

La nostra vita è una cascata inarcata nel vuoto, lo ha scritto una poetessa di cui non ricordo il nome (1).

Mi chiamo Miranda, e dalla riva dell’isola guardo la tempesta.

Forse questo voleva dire mio padre, forse mio padre lo ha sempre saputo.

Sento le voci intorno, adesso, e una leggerezza inattesa.

Guardo le altre ragazze. Stanno ridendo.

Allora scarto un cioccolatino e lo metto in bocca.

 

 

(1) Antonia Pozzi

 

 

 

 

SINOSSI

 

Estate 1939. Il mondo è sull’orlo dell’abisso, ma Miranda non lo sa quando con la madre raggiunge la tenuta del nonno Villa Ada.

Il bosco misterioso che circonda la proprietà è il palcoscenico perfetto per le avventure estive di Miranda con Lapo, il nipote del fattore.

Ma il bosco è anche il luogo abitato dalle creature parlanti che l’anima di bambina vede o crede di vedere.

Miranda, ormai novantenne, ci racconta la luce magica che rischiara quella porzione di mondo e l’incantesimo di una giovinezza improvvisa.




L’altra figlia di Annie Ernaux

Romanzo breve della grande scrittrice francese contemporanea

 

L’altra figlia è un romanzo breve scritto da Annie Ernaux nel 2011 e pubblicato in Italia da L’Orma editore nel 2016 con la traduzione di Lorenzo Flabbi.

Come in tutta la produzione della Ernaux anche l’evento centrale de L’altra figlia ha origini da un episodio di vita vissuta e il testo è imperniato in una lettera scritta ad una sorella mai conosciuta se non casualmente all’età di dieci anni quando ascolta una conversazione di sua madre.

Così, per puro caso, la figura della sorella morta due anni prima della sua nascita, diventa l’interlocutrice di un dialogo serrato, sofferente e con profondi sensi di colpa. Ernaux dialoga con Ginette con la quale condivide gli stessi genitori sebbene in piani temporali diversi visto che la sorella li ha conosciuti ancora giovani e appena sposati e, soprattutto, liberi dal dolore della morte, mentre lei li ha vissuti dopo, con tutta la pesantezza della vita vissuta con un dolore nel cuore.

La grandezza della scrittura di Ernaux si conferma nella sua capacità di sintetizzare momenti di vita personale trasformandoli in una narrazione universale dove la nota autobiografica si innalza e diviene il mezzo attraverso il quale comunicare emozioni intime e senza tempo.

L’altra figlia è una lettera cruda, a volte spietata dove la scrittrice riesce a dichiarare che «sono venuta al mondo perché tu sei morta e ti ho sostituita» nel momento in cui realizza che i suoi genitori non avrebbero mai potuto permettersi di mantenere due figli. Non potremmo fare per due ciò che facciamo per una, implicando inevitabilmente che la sua nascita è avvenuta solo ed esclusivamente grazie alla morte della sorella e che la sua vita come quella della sorella Ginette vivranno sempre lontane e separate, senza incontrarsi mai.

«Questa lettera – è evidente – non è destinata a te, e tu non la leggerai. Saranno altri a riceverla, dei lettori, che mentre scrivo sono invisibili quanto lo sei tu. Eppure un residuo di pensiero magico dentro di me vorrebbe che, in maniera inconcepibile, analogica, questa lettera ti raggiungesse come la notizia della tua esistenza mi ha raggiunta una domenica d’estate, […], tramite un racconto di cui a mia volta non ero la destinataria

 

L’altra figlia è un romanzo breve che si legge in poche ore ma che scalfisce e impone riflessioni nel lettore per lungo tempo.