Sei una bestia, Viskovitz di Alessandro Boffa

Dopo 20 anni Quodlibet riporta in libreria un libro unico e esilarante

 

Sei una bestia, Viskovitz è una raccolta di venti racconti, primo libro del biologo Alessandro Boffa, uscito la prima volta oltre vent’anni fa per la Garzanti e riportato in libreria quest’anno dalla casa editrice Quodlibet.

Il libro è già stato tradotto in circa 30 lingue e venduto in tutto il mondo perché è affascinante, ironico, demenziale e surreale seguire le vicende del narratore, Viskovitz, che in ogni racconto assume le sembianze di un animale diverso.

La vita animalesca di un ghiro con sogni erotici, una lumaca, uno scorpione, uno squalo, un microbo con un complesso d’inferiorità o un leone innamorato di una gazzella: tutti sono Viskovitz, sempre alla estenuante ricerca e alla conquista della bella Ljuba, innamorato di lei e ossessionato del sesso, in situazioni assurde e con battute demenziali.

 

«Com’era papà?», chiesi a mia madre.

«Croccante, un po’ salato, ricco di fibre».

«Prima di mangiartelo, voglio dire».

«Era un tipino insicuro, ansioso, nevrotico, un po’ come tutti voi maschietti, Visko»

Mi sentivo più che mai vicino a quel genitore che non avevo mai conosciuto, che si era disciolto nello stomaco di mamma mentre venivo concepito. Da cui non avevo ricevuto calore, ma calorie. Grazie papà, pensai. So cosa significhi, per una mantide, sacrificarsi per la famiglia.

 

 

Alessandro Boffa è un biologo e nelle pagine la sua conoscenza tecnica si sente e, sebbene il significato di alcuni termini scientifici non si conoscano, la lettura risulta comunque scorrevole senza costringere il lettore a fermarsi e le situazioni così surreali ma naturali di questi animali, ci fanno tifare e ammirare il personaggio di Viskovitz.

Il filo conduttore è la grande ironia di questa spasmodica ricerca di un contatto fisico con la bella Ljuba, con un impellente bisogno di accoppiarsi anche quando questo evento significa, per il maschio della specie, la morte.

Se siete alla ricerca di un libro da leggere sotto l’ombrellone, da condividere con gli amici e con il quale sorridere, allora Sei una bestia, Viskovitz, fa al caso vostro perché è in grado di mettere il lettore di fronte ai vizi e alle virtù della condizione umana con dirompente ironia e chiedersi chi sia davvero la bestia.




Due di Irène Némirovsky

Uno sguardo sulla forza dell’amore coniugale nella Francia del 1920

 

Iréne Némirovsky è stata una scrittrice francese di origine ebraica nata a Kiev nel 1903 e morta nel 1942 ad Auschwitz.
Sebbene abbia pubblicato diversi testi e novelle nel periodo prima del suo arresto, la sua fama è arrivata postuma nel 2004 quando una delle sue due figlie inviò a un editore il manoscritto contenuto in una vecchia valigia che, per quasi 60 anni, era rimasta chiusa. Quel manoscritto conteneva Suite francese, tradotto in ben 38 lingue e letto da milioni di persone.

Due, il romanzo di cui trattiamo ora, fu pubblicato la prima volta nel 1939 e ripubblicato da Adelphi nel 2010 e, attraverso la storia dei due protagonisti, Antoine e Marianne, la Némirorsky riesce a trattare temi delicati quali il matrimonio, l’adulterio, l’aborto e la maternità.

Su un piano temporale che si dipana tra il 1920 e i primi anni del 1930 Due  ci riporta ad un periodo dove per una donna era fondamentale sposarsi per sistemarsi e dove il matrimonio rappresentava per l’uomo dare seguito alla discendenza e conquistare un posto rispettabile nella società.

Il matrimonio, con tutte le sue responsabilità, visto come punto finale e inevitabile della giovinezza che verra sempre ricordata nel romanzo, come qualcosa di ormai andato e irraggiungibile.

Da considerare poi che ci troviamo in Francia, pochi anni dopo la terribile Prima Guerra Mondiale e tutti i protagonisti, in fondo, si considerano a tutti gli effetti dei sopravvissuti, dei graziati dal destino per essere ancora vivi.

Ma cosa accade, davvero, all’interno della coppia quando ci si sposa?
Ecco che aspettative, desideri, trepidazioni si alternano con una scrittura delicata ma senza perdere mai la capacità di scavare nell’animo umano.

«Lui pensava che per tutti e due il tempo della passione non era ancora finito, che non avevano l’età in cui si mette il cuore in pace, che entrambi avrebbero cercato, inseguito per anni quello stato quasi di pazzia dell’amore, mentre, l’uno per l’altro, non provavano più né tormenti e né estati. Quello sì, era finito»

Un legame coniugale vissuto come inevitabile, per il quale non serve lottare visto che è indissolubile e che nulla potrà mai davvero arricchire ora che il tempo è passato. Un matrimonio che lega senza alcuna possibilità di ripensamento i due coniugi fino ad arrivare a pensarsi come un’unica cosa. Magari con freddezza, con cinismo, con cattiveria addirittura ma sempre e per sempre come uniti.

Eppure, per quanto nel corso della trama si succedano adulteri, allontanamenti, aborti e tradimenti, alla fine le pagine più belle e intese diventano quelle in cui i due coniugi si ritrovano vicini nonostante tutto, quelle in cui cresce la consapevolezza della presenza dell’uno per l’altro, quelle in cui il mondo fuori dal talamo risulta perfido e cattivo e il loro incontrarsi, anche solo per addormentarsi vicini, unico rifugio solido e certo della vita.

«La donna che ho amato di più non è questa, ma, in punto di morte, rimpiangerò ciò che mi unisce a lei più di quanto non abbia rimpianto la passione.»

Un romanzo che merita davvero di essere letto. Probabile che tra le sue righe ci sia davvero il segreto più recondito del matrimonio, quello per cui, nonostante tutto, le nostre nonne e le nostre bisnonne sono arrivate a trascorrere insieme tutta la loro vita con un dolce sorriso sul viso.

 

SINOSSI

«Chi meglio della signora Némirovsky, e con un’arma più affilata, ha saputo scrutare l’anima passionale della gioventù del 1920, quel suo frenetico impulso a vivere, quel desiderio ardente e sensuale di bruciarsi nel piacere?» scrisse, all’uscita di questo libro, il critico Pierre Loewel. Le giovani coppie che vediamo amoreggiare in una notte primaverile (la Grande Guerra è finita da pochi mesi, e loro sono i fortunati, quelli che alla carneficina delle trincee sono riusciti a sopravvivere) hanno, apparentemente, un solo desiderio: godere, in una immediatezza senza domani, ignorando «il lato sordido della vita», soffocando quella «parte d’ombra» che ciascuno si porta dentro. Eppure, quasi sulla soglia del romanzo, uno dei protagonisti si pone una domanda che ne costituirà il filo conduttore: «Come avveniva, nell’unione coniugale, il passaggio dall’amore all’amicizia? Quando si cessava di tormentarsi l’un l’altro per volersi finalmente bene?». Con mano ferma, e con uno sguardo ironicamente compassionevole, Irène Némirovsky accompagna i suoi personaggi, attraverso le intermittenze e le devastazioni della passione, fino alla quieta sicurezza dell’amore coniugale. A volte, certo, alcuni di loro rimpiangeranno «l’ebbrezza triste e folle dell’amore», e a quasi tutti accadrà di inoltrarsi, almeno per un po’, nelle vie perigliose dell’adulterio; ma il tempo riserverà loro una sorprendente rivelazione: che quell’«essere due» che del matrimonio costituisce l’essenza e «il flusso discontinuo, lento e possente dell’amore coniugale» conferiscono alla coppia una sorta di invincibilità.




In questa vita, o in altre cento di Walter Bianco

Esordio letterario dello scrittore pometino

 

Quando lessi sui social media l’imminente pubblicazione del primo libro di Walter Bianco, In questa vita, o in altre cento, pubblicato da Altromondo editore, andai subito in libreria a ordinarne una copia aspettando con curiosità il suo arrivo.

Leggere un esordio è sempre un rischio: potrebbe rivelarsi una delusione oppure sorprenderci. Bene, nel caso del romanzo di Walter Bianco ha prevalso in assoluto la sorpresa, una piacevole sorpresa!

La quarta di copertina recita come «Ritrovarsi alla soglia dei cinquant’anni e scoprire che la propria esistenza, fatta di agi, di amicizie e relazioni consolidate, si è impantanata in una palude in cui i sentimenti sono spenti, le ambizioni dimenticate, i sogni abbandonati. Poi, d’improvviso, accorgersi che è ancora possibile prendere un’altra strada e dare un’opportunità ai propri destini inespressi di diventare realtà. È ciò che accade a Valerio quando nella sua vita irrompono la bellezza, la freschezza e la sensualità di Sebastian.»

In questa vita, o in altre cento è una storia d’amore, di quelle storie che entrano nella vita per non andare più via anche quando le strade, inevitabilmente, prendono percorsi diversi, anche quando le circostanze e il buon senso ci indicano scelte diverse perché l’amore raccontato da Walter Bianco non è un amore che si può dimenticare facilmente perché ha la grazia, la tenerezza e la passione di lasciare un segno.

La vicenda si svolge in una calda estate a Villa Bruna, sul promontorio dell’Argentario e le descrizioni dei luoghi, dei colori, dei profumi riportano in modo netto e deciso a quelle zone. Chi ha avuto modo di frequentarle potrà facilmente riconoscerli ascoltando le onde del mare infrangersi sugli scogli e inebriandosi dei profumi della macchia mediterranea.

La storia d’amore tra Valerio e Sebastian ha la forza di un sentimento dirompente, unico, pulito e profondo che, come tale, porta con sé estasi e dolore ma ha anche la grande capacità di riconoscere i propri limiti, dovuti non al genere ma al volgere inesorabile del tempo, unico grande avversario.

 

«Grazie per i nostri momenti, non marciranno mai»

 

Bellissima citazione che Valerio inserisce nella email inviata a Sebastian e che Walter Bianco “ruba” con riverenza omaggiando David Bowie che la utilizzò nell’ultima email all’amico e collega Brian Eno poco prima di morire nel 2016.

Questa frase racchiude il senso profondo del grande sentimento che i due protagonisti hanno avuto la fortuna di vivere. Perché l’amore, quando arriva, non bussa e chiede permesso, ma spalanca e dilaga nell’anima così non resta altro da fare che esserne grati per essere stati scelti.

Complimenti davvero, Walter Bianco, ora non mi resta che mettere In questa vita, o in altre cento in borsa e sperare di incontrarti quanto prima per le strade di Pomezia così da arricchire la mia copia con una dedica!




La donna gelata di Annie Ernaux

Pubblicato in Francia nel 1981 è ora disponibile in Italia per L’Orma Editore

 

La donna gelata, romanzo della pluripremiata scrittrice francese Annie Ernaux, arriva in Italia quarant’anni dopo la sua pubblicazione ma i temi trattati e la freschezza della scrittura restano di feroce attualità.

Il romanzo, strutturato in forma autobiografia, scavalca l’intimità della protagonista narrando la situazione femminile in un contesto sociale e famigliare che non ha confini e, purtroppo, neanche tempo.

Nata e cresciuta in una famiglia dove i ruoli sono interscambiabili e dove l’unica cosa che conti davvero è la realizzazione professionale e la conquista della propria indipendenza economica, la piccola Annie cresce scontrandosi con tabù e limitazioni esterne che pesano come carico mentale millenario che vuole la donna realizzata solo nel matrimonio, nella nascita dei figli e nella cura e mantenimento della famiglia.

La protagonista vive in una famiglia dove i ruoli non hanno nulla di tradizionale, dove la madre tiene i libri contabili della drogheria e il padre cucina, legge le favole la sera e l’accompagna a scuola; la piccola cresce lontana dai retaggi che vogliono le bambine a giocare con le bambole e i maschi a fare gli eroi.

“Diventare qualcuno, per i miei, non aveva sesso… Mia madre è la forza e la tempesta, che mi dice di non aver mai paura di niente e di nessuno. Come avrei potuto, vivendo accanto a lei, non essere persuasa della magnificenza della condizione femminile, o persino della superiorità delle donne sugli uomini?”.

Lo stile di scrittura di Ernaux ha la forza di trasformare un pensiero personale in un pensiero collettivo, conducendo per mano ogni lettrice obbligata a soffermarsi spesso per riflettere tra sé e sé, che sì, anche lei ha pensato, vissuto e respirato quel pesante carico mentale da tutto l’ambiente interno e esterno in cui viviamo.

Dalla protagonista poco più che adolescente che si veste e si rende presentabile non per il semplice piacere di ammirarsi, per amor proprio, ma per catturare l’attenzione del maschio, quello che potrà sceglierla e, quindi, offrirle l’unico futuro possibile, quello di moglie, madre e regina del focolaio.

Alla donna ormai sposata e madre che si ritaglia a fatica spazi per riuscire a studiare per il concorso per l’abilitazione all’insegnamento, tra un salto dal macellaio tentando di fare le domande giuste da brava massaia, all’escogitare la cena sfiziosa per il marito che rientra dopo una faticosa giornata di lavoro al quale porgere il figlio, pulito, tranquillo e sistemato, da alzare in alto tra le braccia come un trofeo, per poi riconsegnarlo alla madre e dedicarsi al suo meritato relax.

La donna gelata è un libro che rivela la realtà dell’universo femminile, senza mezzi termini e senza tanti giri di parole.
Avrei voluto, con tutta sincerità, arrivare alla fine della lettura e dichiarare come il romanzo fosse antiquato e vecchio; purtroppo, per quanti passi avanti si siano fatti, sono ancora troppi i retaggi che la società si trascina dietro e il cammino, affinché una donna sia libera di realizzarsi nei propri sogni e obiettivi,  è ancora lungo e impervio.

 

 

 

SINOSSI

Una giovane coppia si sposa, condivide una casa, fa due figli. Anche se animata da ideali egualitari e progressisti, la famiglia presto si sbilancia e tutto il peso delle incombenze di ogni giorno ricade esclusivamente sulla moglie. Un’ingiustizia quotidiana, “normale”, che vivono moltissime donne. Con sguardo implacabile “La donna gelata” traccia un percorso di liberazione capace di trasformare l’inconfessabile orrore per la propria vita in coraggiosa e spietata presa di coscienza. Alternando l’impeto di una requisitoria alla precisione di un’indagine, Ernaux ci consegna un’analisi dell’istituzione matrimoniale che non ha uguali nella letteratura contemporanea.




Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’Autore 2021

Dove cercare un libro a Pomezia

 

Ogni anno, il 23 aprile, in tutto il mondo si svolgono celebrazioni per  la Giornata Mondiale del Libro e del diritto d’Autore: scopo primario è la promozione e diffusione della creatività, diversità e il libero accesso alla conoscenza per tutta la popolazione del mondo. In breve, è il semplice piacere dei libri e della lettura.

La Giornata Mondiale del Libro è stata Istituita la prima volta nel 1923 dai librai in Catalogna, Spagna e diventata Giornata Mondiale dall’Unesco nel 1995.

Il 23 aprile è una data simbolica perché è il giorno in cui, nel lontano 1616, morirono alcuni autori di spicco: William Shakespeare, Miguel de Cervantes e Inca Garcilaso de la Vega. Il 23 aprile segna anche la nascita o la morte di eminenti scrittori come Maurice Druon, Halldór Kiljan Laxness, Vladimir Nabokov, Josep Pla o Manuel Mejía Vallejo.

C’è una curiosità che pare nasca addirittura dal medioevo dove, in occasione della festa di San Giorgio, patrono di Barcellona, era usanza regalare alla propria donna una rosa; al seguito di questa antica tradizione i librai della Catalogna usano regalare una rosa per ogni libro venduto il 23 aprile.

In Italia abbiamo il Centro per il libro e la lettura, istituito con DPR nel 2007, che ha come obiettivo proprio l’attuazione di politiche atte a diffondere il libro e la lettura in Italia e che, a partire dalla data del 23 aprile organizza ogni anno Il Maggio dei Libri.

Quest’anno il tema dell’undicesima edizione de Il Maggio dei Libri è Amor… dedicata a Dante in occasione della celebrazione per il 700° anniversario da sua morte.

Il sito raccogliere tutte le iniziative che coinvolgono enti locali, scuole, biblioteche, librerie festival, editori, associazioni culturali e altri soggetti pubblici e privati.

 

 

Dove trovare un libro a Pomezia.

Il primo luogo dove cercare un libro è la Biblioteca. Pomezia ha una bella Biblioteca Comunale Ugo Tognazzi, appena abbellita con un imponente opera di urban art.

 

Biblioteca Comunale Ugo Tognazzi

 

 

A Pomezia ci sono tre librerie.
La prima è la libreria indipendente Odradek, in via Roma che rappresenta un decennale punto di riferimento storico per i lettori pometini.

Poi abbiamo la libreria Giunti, presso il Centro Commerciale 16 Pini  e infine, in via Boezio, c’è la neo nata Booklet specializzata in libri per ragazzi ma disponibile a ordinare qualsiasi altro libro.

Oltre a questi canali tradizionali, c’è da aggiungere la possibilità di trovare libri di seconda mano o libri salvati al macero in una sezione dedicata presso il Mercatino Pomezia di Largo Urbino e ben tre banchetti situati in via Varrone durante il mercato settimanale del sabato mattina a Pomezia.

A questi luoghi c’è da aggiungere l’iniziativa dell’Associazione le Mamme di Pomezia con il Bookcrossing attraverso l’allestimento di una vecchia cabina telefonica presso il CC 16 Pini e alcuni locali del territorio che hanno aderito all’iniziativa che potete trovare sulla pagina Facebook.

Cabina Telefonica Bookcrossing al CC16 Pini di Pomezia

 

Festeggiamo la Giornata Mondiale del Libro  ricordando una bellissima citazione di Umberto Eco:

Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro.




I Cariolanti di Sacha Naspini

Sacha Naspini, scrittore contemporaneo grossetano, pubblicato anche all’estero

 

I Cariolanti, edito da edizioni e/o e pubblicato nel 2009, è la storia di un uomo che si rifiuta di partecipare alla Prima Guerra e, temendo di essere arrestato per diserzione, preferisce imbucarsi con la moglie e il figlio Bastiano nel bosco per quattro lunghi anni.

Imbucarsi è proprio il verbo corretto visto che per l’intero conflitto i tre personaggi vivranno reclusi in un buco nascosto tra il fogliame e gli alberi. Un buco entro il quale convivono con la solitudine, con il freddo, con la paura e, soprattutto, con la fame.

Ed è proprio la fame la grande protagonista di questo romanzo di poco più di 170 pagine che racconta la formazione e la vita di Bastiano.

 

Te mica lo sai che cosa vuole dire nascere di traverso

 

E no, nessuno può capire cosa voglia dire nascere di traverso e la storia narrata è atroce, dura, crudele e brutale come solo la fame è in grado di essere e di deformare il pensiero più intimo di un essere umano.

Bastiano assisterà e si macchierà di atti così forti che verrebbe automatico tratteggiarne il personaggio come negativo eppure, leggendo I Cariolanti, il lettore non potrà fare a meno di affezionarsi al bambino e poi all’uomo e, senza arrivare a giustificare le sue azioni, giungerà alla fine del libro con la netta sensazione di prendere le sue parti e di comprendere il suo pensiero più intimo.

La vita di Bastiano è in un buco che non si riempie neanche quando esce dal ventre della terra. Quel suo buco avrà bisogno di essere costantemente colmato e quel dolore e quel bisogno di amore, resteranno per sempre stampati dentro di lui.

I Cariolanti è una storia forte, molto forte, che colpisce dritta allo stomaco senza andare più via. Ci si ripete che è solo un romanzo, frutto di immaginazione, che nulla di ciò che è letto può essere reale, eppure il dubbio resterà.

Per quanto sia crudele, crudo e devastante, leggere i Cariolanti è accogliere Bastiano dentro di sé, sotto la propria pelle, senza riuscire mai a giustificare le sue azioni e senza tentare mai di fargli cambiare idea.

Quanto può trasformarsi la vita di un uomo quando nella sua età di formazione e di crescita non ha avuto altro che privazioni e fame?

 

La fame arriva sempre un pelo prima.




La casa degli sguardi di Daniele Mencarelli

Primo romanzo vincitore del Premio Strega Giovani 2020

Quando uno scrittore nasce come poeta e si cimenta nell’arte del narrare non riesce mai a staccarsi completamente dalla sua anima sensibile e poetica e le pagine de La casa degli sguardi ne sono una straordinaria testimonianza.

Il romanzo è la storia dell’autore stesso, vittima di una grave forma di alcolismo, di depressione e di solitudine che accetta, per amore della famiglia ormai spaesata e impotente di fronte al declino del figlio, di andare a lavorare presso una Cooperativa all’ospedale Bambino di Gesù di Roma.
Quel lavoro sarà il mondo e il modo attraverso il quale riuscirà a rinascere.

Ne La casa degli sguardi, Daniele si confronterà con il dolore dei bambini malati, con la morte e con il dolore devastante dei genitori.

Situazioni reali che lo porteranno a chiedersi a cosa serva davvero vivere e costruire qualcosa se poi, all’improvviso, arrivano dolori e sofferenze inimmaginabili che distruggono e annientano l’uomo e verso i quali si è ancora totalmente impotenti.

«Il Bambino Gesù è un luogo di tortura, di maledizione, una trincea aperta da un bisturi, invisibile ai sani. È un posto per gente come me. Un posto che vince su ogni altro dolore scelto o imposto»

Eppure, sarà proprio il Bambino Gesù con tutti i suoi sguardi, la ritmicità di un lavoro che occupa le mani e lascia libera la mente di riflettere, le risate e la complicità di nuovi compagni di lavoro e i gesti amorevoli di chi lavora e opera all’interno della struttura, a offrire a Daniele la forza interiore necessaria per intravedere un nuovo futuro e per ricostruire un percorso alla propria vita, anche attraverso la sua grande capacità di scrivere. Un percorso difficile che l’autore riesce a descrivere in maniera eccellente.

 

«È questo tempo di passaggio tra quello che sono stato negli ultimi anni e quello che sarò, è la costruzione del nuovo me, ecco cosa mi terrorizza veramente.
Un individuo con interessi, relazioni, una vita riempita di normalità.

Tutte cose che non so più nemmeno pronunciare.
Attorno non ho nulla, nessuno.

Ho scavato una trincea e l’ho riempita di vino bianco.»

 

La casa degli sguardi scava nell’intimo di uomo che si confronta con grande lucidità con quella forza che lo spinge all’autodistruzione ma è anche la storia di un uomo che riesce a trovare la forza nello sguardo di un TocToc sul vetro di un ospedale, che si domanda, si confronta e non si perdona nulla.

Straordinaria la figura della madre. Una donna sempre più stanca e appesantita da tutti i vani tentativi di aiutare il figlio, che si addormenta sui gradini per vegliare il sonno del figlio, che lo accoglie con quel pranzo pronto. Una donna sempre presente, quasi un’ombra costante, una presenza invisibile. Una figura tenace che non si allontana mai, neanche quando le sue risposte appaiono dure mentre invece sono solo spinte per la salvezza del figlio.

 

«Mamma, io da oggi smetto, basta» […] Torna il silenzio, lei riprende quel che stava facendo, forse pulire per terra.

«Io t’ho fatto nasce, ma rinasce spetta solo a te»

 

 

Autore

Daniele Mencarelli è nato a Roma nel 1974 e vive da parecchi anni a Ariccia.
Ha iniziato a pubblicare libri di poesie nel 2001.
La casa degli sguardi è stato pubblicato nel 2018 e ha ottenuto diversi premi e riconoscimenti.

Nel 2020 ha pubblicato il secondo romanzo Tutto chiede bellezza arrivando finalista al Premio Strega e vincendo Premio Strega Giovani 2020.




Furore di John Steinback

Capolavoro della letteratura americana del novecento

 

Furore di John Steinback uscì nel 1939 negli Stati Uniti con il titolo The Grapes of Wrath e divenne in brevissimo tempo un best seller da oltre 4milioni di copie.

Insieme al successo, però, nacque una grande discussione tra chi affermava che Steinbeck avesse messo in luce un versione sbagliata delle grandi industrie proprietarie terriere e conserviere e delle manovre della banche e chi, al contrario, appoggiava in toto la versione del grande scrittore americano.

In Italia il libro approdò nel 1940 grazie a Elio Vittorini che lo segnalò a Bompiani e subì la rigida censura fascista ma venne comunque pubblicato perché, secondo il pensiero del regime, il romanzo smontava il sogno americano come terra promessa.

Furore di John Steinbeck – Bompiani

 

Trama

Furore narra la storia della famiglia Joad costretta ad abbandonare la terra che coltivano nell’Oklahoma a causa delle dust bowls, tempeste di sabbia e dagli esiti della crisi del ’29, i quali, per raggiungere il miraggio di una terra ricca e fertile come veniva raccontata la California, caricano su un vecchio autocarro tutti i loro averi e si incamminano lungo la Route 66, la famosa strada che congiunge i due oceani degli States.

La famiglia Joad non è sola in questa impresa. Migliaia di altre famiglie hanno fatto la stessa scelta e sono in viaggio verso la terra promessa, peccato che sia tutto un miraggio per attrarre in California manodopera in abbondanza e sfruttare i lavoratori i quali, invece di potersi rifare una vita, saranno costretti a subire angherie e soprusi di ogni genere. La loro dignità sarà azzerata e le loro speranze spazzate via in quel terribile dispregiativo con il quale verranno bollati come gli Okies.

Riflessioni

Furore sviscera una delle pagine più drammatiche dei primi anni del novecento americano e la grandezza di Steinbeck è proprio nell’aver reso universale il dolore e la ferita di un popolo.

Leggendo Furore nella nuova edizione integrale di Sergio Claudio Perroni per Bompiani, è facile paragonare la spinta verso l’Ovest negli anni ‘30 del Novecento con il flusso migratorio che sta affrontando l’Europa e l’Italia in particolare.

Leggendo lo stile magistrale e minuziosi con cui Steinbeck descrive la fame, la miseria, la speranza e la determinazione di andare avanti, si può immaginare lo stato d’animo che alberga nel cuore di chi è costretto a lasciare tutto, anche quando quel tutto è quasi niente, pur di sperare un futuro migliore per sé stessi e per i propri figli.

 

La vita randagia li cambiò; le grandi arterie, i bivacchi lungo la strada, la paura della fame e la fame stessa li cambiarono. I figli affamati li cambiarono, l’interminabile vagare li cambiò. Erano emigranti. E l’ostilità li cambiò li saldò, li unì; l’ostilità che induceva i centri abitati a raggrupparsi e a equipaggiarsi come per respingere un invasore, manipoli armati di manici di piccone, garzoni e bottegai armati di fucili, per difendere il mondo contro gente del loro stesso sangue.

Nell’Ovest si diffuse il panico […] e si convinsero a vicenda che loro erano buoni e che gli invasori cattivi, come fa ogni uomo prima di andare a combattere un altro.

A oltre settant’anni dalla sua stesura, Furore, riesce ancora a parlare ai lettori che non possono fare a meno di riconoscersi nei temi centrali di cui le pagine sono intrise: il dolore, la morte, la giustizia, la colpa, il riscatto e la ricerca del paradiso.

Furore non è un romanzo ma un capolavoro della letteratura del novecento che merita una lettura pacata e parsimoniosa per dare modo alle pagine, così intrise di verità, umanità e di storia che, purtroppo, si ripete immutata nel tempo, di sedimentarsi per bene nel profondo dell’animo di ciascuno di noi.

Tutti hanno diritto a sperare e lottare per un futuro migliore.

 

Non ci sarebbe mai stato nessun crollo finché la paura fosse riuscita a trasformarsi in furore.




Una volta è abbastanza di Giulia Ciarapica

La storia di due sorelle e di un territorio: Casette d’Ete nelle Marche

Ci sono libri che oltre ad avere una trama intrigante e personaggi affascinanti, hanno la capacità di trasformare il territorio in un protagonista  elevandolo ad un ruolo importante e non solo come proscenio alle vicende narrate.

È ciò che mi è capitato leggendo il primo romanzo di Giulia Ciarapica, Una volta è abbastanza, pubblicato dalla casa editrice Rizzoli nel 2019, che fa parte di una trilogia, una vera e propria saga famigliare italiana.

Il romanzo si sviluppa entrando in punta di piedi nei ricordi del nonno, Valentino Verdini, che racconta alla nipote Oriana come abbia conosciuto la moglie Giuliana Betelli e sua sorella Annetta.

Una volte è abbastanza è la storia di due sorelle e del destino che si sono costruite nell’arco degli anni che vanno dal dopoguerra fino all’avvento della televisione. Anni di sacrificio in una paese marchigiano dove si inizia a lavorare all’alba e si finisce quando il sole tramonta dietro le colline, in scantinati bui e laboratori affollati dove tutti sono intenti a battere chiodi, incollare suole e a passare il mastice per costruire le scarpe.

Un romanzo che trasuda orgoglio e fierezza per le proprie radici, per i propri compaesani, per la loro determinazione e inesauribile forza che li spinge a costruirsi un futuro migliore nonostante le difficoltà e il periodo storico che vivono. Sono marchigiani, esattamente come lo è l’autrice, e si percepisce benissimo come quell’intorno che sovrasta la storia del libro non sia un semplice corollario per accomodare meglio i personaggi bensì rappresenti un profondo atto d’amore di Giulia Ciarapica verso la propria terra natia, Casette d’Ete nelle Marche.

Ma torniamo alle due sorelle.

Giuliana e Annetta sono una l’opposto dell’altra e, senza togliervi la sorpresa di appassionarvi a loro anticipandovi le loro gesta, eccomi che torna  la capacità di Giulia Ciarapica di mettere in chiaro come il rispetto tra due persone sia la base solida di ogni relazione. Si può vivere lontane o restare vicine; parlarsi sempre o restare in silenzio per lungo tempo, ma quando si ha realmente bisogno l’una dell’altra, è fondamentale esserci, nonostante tutto.

Ed è questo profondo rapporto di sangue tra le sorelle, il radicale attaccamento alla famiglia che si rivela autentico e fresco nelle parole che Giuliana urla a Annetta, parole che chiunque vorrebbe sentirsi dire almeno una volta nella vita:

 

«Che se ora mi sbatterai fuori di casa, perché sei testarda, menefreghista e presuntuosa, io tornerò domani, dopodomani e domani l’altro. Tornerò fino a quando non mi farai neanche più entrare. Anche quando non potrà più metterci piedi, io aspetterò là fuori. […] io sarò lì accanto a te, pronta a rinfacciarti ogni gesto, ogni parola storta, pronta a dirti che non ci si comporta come fai tu, che non puoi governare la vita degli altri, che non sei il dittatore di nessuno, tranne che di te stessa.[…] Sei una delle donne più egoiste che io abbia mai conosciuto, riesci a passare sopra ai sentimenti della gente come un carro armato; non sono mai stata in grado di arginarti, sei ingombrante e spietata. […] Ma sei mia sorella, e se la mia famiglia. Io ti voglio bene perché mi appartieni, nel bene, e anche nel male. Che ti piaccia oppure no, non mi interessa. È così, e basta.»

 

Una volte è abbastanza merita davvero di essere letto per la sua freschezza e per lo stile con cui ci presenta un mondo materialmente lontano eppure così presente nei ricordi famigliari di tantissimi italiani perché sono i nostri nonni ad aver ricostruito l’Italia distrutta dalla seconda guerra mondiale, non dimentichiamolo mai!

 

Piccole chicche.

  • Nelle prime pagine di Una volte è abbastanza troverete l’albero genealogico così da non perdere alcun intreccio familiare;
  • Ogni capitolo è arricchito da un epigrafe di grandi autori e dalla data cronologica per meglio determinare l’azione;
  • Pare che sia imminente l’uscita del secondo volume della saga.
  • Ah, dimenticavo, se siete sempre alla ricerca di nuovi libri, non mancate di seguire su Instagram il profilo di Giulia Ciarapica: è un vulcano di iniziative con diverse dirette settimanali e, secondo me, è un po’ Giuliana e un po’ Annette.Foto libro Una volta è abbastanza di Giulia Ciarapica. Foto di Stefania Piumarta



Nuovi libri alla Biblioteca comunale di Pomezia

Pomezia, arrivano nuovi libri alla Biblioteca comunale

Il patrimonio librario della Biblioteca comunale “Ugo Tognazzi” si arricchisce di nuovi testi. Un risultato importante, reso possibile grazie al contributo di 5.000 euro del Mibact per l’acquisto di volumi presso le librerie del territorio.
“Siamo orgogliosi di comunicare – sottolinea la vice Sindaco Simona Morcellini – che l’offerta libraria è stata incrementata attraverso l’acquisizione di testi nuovi e di interesse per l’intera comunità dei lettori. Questa iniziativa si inserisce in un più ampio progetto di rilancio della Biblioteca che stiamo portando avanti. La Biblioteca Ugo Tognazzi rappresenta un motore culturale e in questo momento così delicato auspichiamo possa, con le sue opere, offrire ai nostri cittadini un prezioso compagno di viaggio”.
“Un’iniziativa importante – rileva il Sindaco Adriano Zuccalà – che ci consente di sostenere concretamente le librerie cittadine e del territorio limitrofo in un periodo di grande difficoltà per il settore. La nostra Biblioteca, punto di riferimento culturale per la comunità pometina, si impreziosisce così con nuovi volumi per soddisfare i gusti dei suoi utenti”.
Si ricorda che la Biblioteca comunale di Pomezia (largo Catone) ha riaperto al pubblico mediante un sistema di prenotazione online per un massimo di 6 “postazioni studio” organizzate su turni, nel totale rispetto delle norme anti Covid-19.
La Biblioteca rispetterà il seguente orario di apertura:
• Lunedì, martedì, mercoledì, giovedì, venerdì dalle ore 08:30 alle ore 13:00
• Martedì e giovedì dalle ore 08:30 alle ore 13:00 e dalle ore 13:30 alle ore 17:30
Per potersi prenotare è sufficiente accedere al seguente link:
http://istanze.comune.pomezia.rm.it/web/prenotazioni/benvenuto registrandosi al portale o tramite le credenziali SPID
È inoltre attivo il servizio avanzato di biblioteca digitale gratuito del Comune di Pomezia:
Riceviamo e pubblichiamo Comunicato Stampa Città di Pomezia



Un’amicizia di Silvia Avallone

Quando gli opposti si attraggono

Un’amicizia di Silvia Avallone è uscito a novembre per la casa editrice Rizzoli e penso che sia uno di quei libri capace di restare e, anzi, di migliorare nel tempo.

Come detta in modo esplicito la copertina, Un’amicizia narra la storia nata tra due adolescenti, Elisa e Beatrice, così agli antipodi l’una dall’altra che a prima vista tutto si potrebbe immaginare tranne che tra di loro si possa instaurare una profonda relazione di amicizia.

Elisa è la classica adolescente tutta presa dalla lettura, che indossa il primo indumento che le capita e che tiene tutto dentro, nascosto nel profondo del suo cuore. Sognatrice, ribelle e silenziosa all’apparenza quanto determinata e testarda nella realtà. Con genitori separati, si trova a vivere con il padre, che non ha mai conosciuto davvero, e si sente abbandonata dalla madre.

Beatrice, al contrario, nasce in una famiglia borghese, è bella, anzi bellissima, e assolutamente perfetta agli occhi di tutti: capello sempre in tiro come appena uscita dal parrucchiere, abiti all’ultima moda, famiglia in vista, ricca e ben voluta da tutti. All’apparenza spavalda quando invece nasconde una carattere fragile e bisognoso di attenzioni.

Elisa e Beatrice sono due opposti e, nel loro vivere, sembrano rappresentare proprio la realtà della società in cui stiamo vivendo: dare valore all’apparire e mostrarsi sempre o negarsi all’obiettivo della macchina fotografica e del selfie ad ogni costo?

Beatrice, sicura e ossessionata della propria bellezza, cerca quasi di immobilizzare la propria immagine per l’eternità, trasformandosi in una ricchissima fashion blogger, interessata solo ed esclusivamente a mostrare tutto ciò che fa e che ha.

Elisa, al contrario, è assolutamente convinta del valore della cultura e delle parole, è intraprende un percorso universitario raggiungendo il suo scopo di diventare una scrittrice, anche superando diversi ostacoli lungo il proprio cammino che non voglio spoilerare per non rovinarvi le sorprese.

Perché si legge?
Perché non rimane altro.

Il romanzo è raccontato con la voce di Elisa che torna indietro nel passato colmando un vuoto di tredici anni, cioè dal giorno in cui la loro amicizia si interrompe.
La scrittura di Silvia Avallone è coinvolgente tenendo il lettore avvinghiato alle pagine e punta sul valore assoluto dell’amicizia, di quello vero, quello che ti fa perdonare un’affronto, quello che ti permette di comprendere, quello che ti fa avere una parte di cuore sempre in pena per chi ami, nonostante tutto.

Raccontando l’amicizia tra Elisa e Beatrice, Avallone mette l’accento su quanto siamo tutti influenzati dal giudizio degli altri, di come sia rilevante l’essere accettati e degli sforzi, a volte troppo gravosi, che si affrontano cercando di soddisfare ciò che la società e la famiglia richiede da noi.

Ma è davvero così importante raccontarsi o non è meglio vivere semplicemente la propria vita per quello che siamo?

Questa credo sia la domanda chiave di Un’amicizia sebbene siano diverse le riflessioni che scaturiscono dalla lettura del romanzo. All’apparenza può sembrare addirittura scontata come trama ma in effetti, tra i sui dialoghi e nei suoi capitoli, si nascondono svariate sfumature che, quasi quasi, richiederebbero un’ulteriore lettura per poterle apprezzare tutte.

Ho adorato i diversi richiami che Avallone fa al romanzo di Elsa Morante, Menzogna e sortilegio, così come ho apprezzato l’inserimento nel finale del romanzo dei Libri citati.
Li chiamo libri a matrioska quando un testo inserito in un romanzo diventa il prossimo da leggere.

 

Ultima chicca, ma non per importanza, è l’originale modo in cui l’autrice conduce il lettore alla scoperta della piccola città di provincia in cui si svolge la storia.
Definita semplicemente T, nel corso del libro, il lettore troverà diversi indizi e dettagli tali da iniziare a farsi un’idea di quale località balneare si tratti, ma è solo verso la fine del libro che se ne avrà certezza sebbene la Avallone non ne faccia menzione e tantomeno lo farò io.




Raccolta di racconti e poesie: Voci Nuove

Lavoro finale del corso di scrittura creativa di Daniele Falcioni

Quando la mia amica Silvia mi ha portato il suo regalo di Natale si capiva fosse un libro, ma non capivo quel sorriso sicuro che le illuminava il viso «Questo non c’è nella tua libreria, contaci!» e solo dopo averlo scartato ho gioito e compreso: il libro in regalo è l’ultimo volume Voci Nuove edito da Rapsodia Edizioni uscito a dicembre.
Non poteva farmi regalo più bello, perché nel libro ci sono anche i racconti e le poesie a firma Silvia De Felice.

Voci Nuove volume 7 è una raccolta di racconti e poesie frutto di un anno di duro lavoro di otto autrici che seguono da alcuni anni il corso di scrittura creativa di Daniele Falcioni ad Aprilia.
Un lavoro certosino, fatto di idee, tagli, revisioni, fogli accartocciati, cancellature e frasi trasportate da pagina in pagina che si è svolto da remoto, visti i provvedimenti di distanziamento dovuti al Covid-19 e anche perché il loro docente è insegnante di Lingua Italiana all’Università di Edimburgo.

Incisiva e toccante la prefazione al libro del docente Falcioni il quale, prendendo a prestito le parole di Gottfriend Benn, afferma come durante quest’anno lui, insieme alle sue autrici

 

Abbiamo vissuto qualcosa di diverso, pensato qualcosa di diverso da ciò che ci aspettavamo, e ciò che rimane è qualcosa di diverso da ciò che avevamo in mente

 

Ho avuto il piacere di leggere i racconti di Silvia De Felice quando ancora erano in fase di revisione ma la forza della sua capacità narrativa è così insita nelle parole utilizzate che, leggendoli ora inseriti in un libro, mi hanno fatto dimenticare completamente chi fosse l’autrice spingendomi ad arrivare fino in fondo ad ogni racconto catturata dal ritmo incalzante.
Ha prevalso il testo rispetto al legame e credo che questo sia quanto di più bello possa sentirsi dire chi scrive per il puro piacere di creare storie, perché non conta chi sia a narrarle ma la capacità che hanno le parole di far viaggiare il lettore.

Ho amato il profondo senso di amicizia tra Elisabeth, Arthur e John in “Adagio” e sono rimasta piacevolmente catturata dall’energia di “Avventura di un’estate” mentre non oso dare un giudizio sulle poesie inserite nel volume in quanto considero l’arte della poesia come qualcosa di estremamente personale, capace di innalzare l’animo o di passare senza alcun smottamento interiore in relazione allo stato emotivo del lettore.

Ci tengo a inserire i nomi di tutte e otto le autrici del volume in ordine alfabetico: Laura Avati, Martina Belvisi, Meri Borriello, Ninni Caraglia, Cristina Cortelletti, Silvia De Felice, Valentina Pucillo e Silvia Zaccari.

Voci Nuove è volume che merita di essere letto per la grande capacità narrativa delle autrici, ciascuno con un proprio stile e, proprio per questo, capaci di soddisfare e di raggiungere il cuore di diversi tipi di lettori.

Voci Nuove è disponibile nelle librerie di Pomezia e Aprilia e mi auguro che presto possa esserci l’occasione di una bella presentazione in presenza.