Università, carcere e città: una sinergia è possibile?

 

Si è tenuto nei giorni scorsi un incontro ricco di spunti, che ha fotografato una realtà non facile, mettendo in evidenza i punti critici culturali, prima ancora che strutturali

Università, carcere e città: una sinergia è possibile? È stato il tema dell’incontro che si è tenuto nei giorni scorsi nella Casa Circondariale di Latina. Un incontro ricco di spunti, che ha fotografato una realtà non facile, mettendo in evidenza i punti critici culturali, prima ancora che strutturali.

 

Dopo i saluti istituzionali di Pia Paola Palmeri, Direttrice della Casa Circondariale di Latina, di Pasquale Bronzo, Delegato della Rettrice per il Polo universitario penitenziario, Sapienza Università di Roma e di Giuseppe Coriddi Consigliere comunale, Presidente della Commissione Istruzione delegato dalla Sindaca di Latina Matilde Celentano, hanno preso il via i lavori coordinati dalla professoressa Fabrizia Covino dell’Università La Sapienza.

 

Le riflessioni sono partite dal carcere, quale esecuzione della pena, che non ha funzionato come deterrente.

 

Ma, come ha sottolineato la professoressa Valeria Torre dell’Università di Foggia, «La detenzione è qualcosa che non colpisce solo la persona accusata o colpevole di reato. Colpisce tutta la sfera di affetti del detenuto o della detenuta, diventa una pena collettiva. Il carcere, inoltre, acuisce le differenze quando è solo reclusione». Ancora per l’Università di Foggia è intervenuto da remoto Guido Colaiacovo, ponendo l’accento su Carcere e città: reinserimento e inclusione.

 

Del carcere come spazio infantilizzante vale a dire “Rispetto degli ordini in cambio di accudimento” ha parlato Alessandro Albano, dell’Ufficio del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, richiamando la necessità che invece diventi un momento di allenamento alla complessità della vita. Albano ha anche tracciato un breve tratto storico delle carceri nelle città moderne a partire dal 19esimo secolo, quando vengono messe ai margini come i lazzaretti e i cimiteri. Ai margini ma con la possibilità di esercitare un controllo totale sui soggetti ristretti attraverso un approccio definito panottico.

 

Diretta nella sua analisi il Magistrato di sorveglianza Chiara Gallo: «Uno Stato può chiedere un cambiamento quando restituisce uno standard di vita dignitoso. Calato nella realtà, in assenza di un’idea, di una visione più ampia il carcere resta lì, ignorato dalla politica. L’incontro tra la città e il carcere è un antidoto potentissimo».

 

Nel suo intervento il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, Stefano Anastasìa ha dichiarato che: «Il recupero e il reinserimento delle persone detenute nella società non è soltanto una responsabilità esclusiva del ministero della Giustizia, bensì è una responsabilità repubblicana, ovvero una responsabilità di tutte le istituzioni e della società civile, come è testimoniato quotidianamente dalle scuole, dalle università, dai servizi sanitari, dal volontariato».

 

Per il Provveditore dell’amministrazione penitenziaria di Lazio, Abruzzo e Molise, Giacinto Siciliano «A furia di parlare male del carcere stiamo legittimando l’isolamento. Ognuno di noi deve essere protagonista, altrimenti è sempre colpa dell’altro. Finché ci sarà un pregiudizio non ci sarà un cambiamento. Una comunità funziona quando tutti sono protagonisti».

 

La Dirigente scolastica del Cpia 9 Latina, Viviana Bombonati ha portato una testimonianza positiva: «All’interno del carcere il Cpia eroga corsi di italiano agli stranieri e corsi per il conseguimento del diploma di terza media. Ora c’è un nuovo progetto con il Liceo Artistico di Latina, tramite il quale possiamo portare al diploma di scuola secondaria superiore. A questo punto si può pensare anche in termini di Università».

 

Presenti all’evento anche gli studenti della Sapienza che, grazie alla collaborazione con il Carcere di Latina hanno avuto la possibilità di incontrare i detenuti e le detenute, lavorando sul progetto 3CI Lab – Costituzione – Carcere – Città di Latina. Gli studenti nei loro contributi hanno raccontato le impressioni e le emozioni derivanti dall’esperienza e dai positivi effetti, come cittadini e futuri professionisti, dell’aver affrontato la tematica penitenziaria nel corso degli studi.

 

Tra gli interventi delle detenute e dei detenuti si evidenzia nelle donne la necessità di un maggior numero di telefonate, rispetto a quelle previste per il circuito Alta Sicurezza al quale appartengono, per riuscire in qualche modo a compensare le problematiche che emergono nel ruolo materno frustrato dalla detenzione; gli uomini, invece in gran parte in attesa di giudizio, dichiarano l’esigenza di una maggiore velocità del processo penale.

 

A chiusura dell’evento sono state donate le shopper realizzate, e personalizzate con il logo di 3CI Lab dalle detenute partecipanti al Laboratorio di Arte Solidale che da anni è presente nel carcere di Latina grazie all’opera volontaria dell’artista Giuliana Bocconcello unitamente all’Associazione Cocci e Coriandoli.

 

Infine, i ringraziamenti per uno sforzo organizzativo non scontato, all’area educativa dell’Istituto penitenziario, rappresentata dal responsabile Rodolfo Craia, e al personale di Polizia Penitenziaria.




Marta Russo. Il Mistero della Sapienza

Il 26 novembre la presentazione del nuovo libro

dello scrittore e giornalista Mauro Valentini

La redazione di Pomezianews ha incontrato e intervistato lo scrittore e giornalista Mauro Valentini, in vista della presentazione del suo ultimo libro, “Marta Russo. Il Mistero della Sapienza”, in programma – in anteprima nazionale – il prossimo 26 novembre alle ore 17, presso la sala consiliare “Sandro Pertini” del comune di Ardea.

Mauro Valentini, perché un libro su Marta Russo?

“Perché forse dopo quasi vent’anni da quell’assurda morte, si può tornare a ragionare con calma e con la giusta serenità su uno dei fatti più incredibili della nostra Repubblica ed anche e soprattutto su quel processo che ne seguì, forse il più grande processo mediatico di tutti i tempi”

9 maggio 1997: si ricorda come apprese di questo fatto tragico?

“Ero al lavoro, mi muovevo proprio attorno all’area della Sapienza, ricordo lo sgomento degli studenti che uscivano, lo smarrimento anche delle forze del’ordine che cercavano alla cieca tra i cestini, i cassonetti e sotto le auto un’arma, come un ago nel pagliaio”                                                             valentini

Lei parla di una contro-inchiesta: quali sono i punti del processo, secondo la sua opinione, non chiari?

“Tanti sono i punti oscuri, alcune cose non tornano nella ricostruzione ufficiale. Per prima cosa la particella sul davanzale della famosa aula 6, scambiata in un primo momento per polvere da sparo dal primo perito nominato dal PM, che indirizzò le indagini verso quella stanza. Successive perizie esclusero fosse residuo da sparo, ma tanto bastò per deviare per sempre l’indagine. E poi quello che più colpì l’opinione pubblica furono le modalità con cui i testimoni chiave di questa vicenda verbalizzarono le loro dichiarazioni: tali modalità furono fortemente censurate da tutti, anche dal Presidente della Camera Violante che disse in una celebre intervista che “la verità non si cerca passando sulle vite degli altri”. Una presa di posizione forte, ma che fu più che giustificata dalla visione della famosa videocassetta consegnata alla stampa, in cui molti videro delle pressioni fortissime contro la testimone chiave, Gabriella Alletto”

Secondo lei chi sono veramente i personaggi chiave, Scattone, condannato per omicidio colposo aggravato, Ferraro, condannato per favoreggiamento personale e Liparota, assolto dall’accusa di favoreggiamento?

“Chi sono? Posso rispondere chi erano, perché da allora e per sempre anche a tanti anni di distanza sono additati come mostri. Mostri che l’ultima sentenza definitiva, lo vorrei ricordare a chi ha perso la memoria storica di quel processo, ha condannato Scattone per un errore e Ferraro per averlo aiutato e protetto, mentre Liparota appunto nessuno lo ricorda non è neanche nominato nel dispositivo delle condanne. Chi erano Scattone e Ferraro? Erano due talenti accademici, due ragazzi giovani ma con un futuro da insegnanti e da ricercatori, due ragazzi che vivevano una vita normale. Liparota era un dipendente della Sapienza, un ragazzo schivo, chiuso, travolto
nell’anima da un’accusa che poi non fu neanche confermata dalla Cassazione”

Cosa vorrebbe dire ai genitori di Marta Russo?

“Alla famiglia di Marta ho parlato tanto nelle pagine del libro. Ogni pensiero di quella vicenda è dedicato alla memoria di Marta, al suo sfortunato destino e al segno che loro, come famiglia hanno lasciato nella storia dei trapianti in Italia e all’estero. La loro fondazione si è prodigata moltissimo per la causa della donazione degli organi, dando un senso e un seguito al “regalo” di vita che fecero consentendo l’espianto con Marta. Pensi che si parlò all’epoca di un vero e proprio “effetto Marta Russo” con un incremento delle iscrizioni alle varie associazioni di più del 20% . Forse le parole più tenere e che ho tenuto per me le avrei rivolte però a Marta, a quella ragazza che amava Eros Ramazzotti e che sognava di diventare Magistrato. A lei il libro è dedicato insieme al mio anno e mezzo di ricerche”