Due di Irène Némirovsky

Uno sguardo sulla forza dell’amore coniugale nella Francia del 1920

 

Iréne Némirovsky è stata una scrittrice francese di origine ebraica nata a Kiev nel 1903 e morta nel 1942 ad Auschwitz.
Sebbene abbia pubblicato diversi testi e novelle nel periodo prima del suo arresto, la sua fama è arrivata postuma nel 2004 quando una delle sue due figlie inviò a un editore il manoscritto contenuto in una vecchia valigia che, per quasi 60 anni, era rimasta chiusa. Quel manoscritto conteneva Suite francese, tradotto in ben 38 lingue e letto da milioni di persone.

Due, il romanzo di cui trattiamo ora, fu pubblicato la prima volta nel 1939 e ripubblicato da Adelphi nel 2010 e, attraverso la storia dei due protagonisti, Antoine e Marianne, la Némirorsky riesce a trattare temi delicati quali il matrimonio, l’adulterio, l’aborto e la maternità.

Su un piano temporale che si dipana tra il 1920 e i primi anni del 1930 Due  ci riporta ad un periodo dove per una donna era fondamentale sposarsi per sistemarsi e dove il matrimonio rappresentava per l’uomo dare seguito alla discendenza e conquistare un posto rispettabile nella società.

Il matrimonio, con tutte le sue responsabilità, visto come punto finale e inevitabile della giovinezza che verra sempre ricordata nel romanzo, come qualcosa di ormai andato e irraggiungibile.

Da considerare poi che ci troviamo in Francia, pochi anni dopo la terribile Prima Guerra Mondiale e tutti i protagonisti, in fondo, si considerano a tutti gli effetti dei sopravvissuti, dei graziati dal destino per essere ancora vivi.

Ma cosa accade, davvero, all’interno della coppia quando ci si sposa?
Ecco che aspettative, desideri, trepidazioni si alternano con una scrittura delicata ma senza perdere mai la capacità di scavare nell’animo umano.

«Lui pensava che per tutti e due il tempo della passione non era ancora finito, che non avevano l’età in cui si mette il cuore in pace, che entrambi avrebbero cercato, inseguito per anni quello stato quasi di pazzia dell’amore, mentre, l’uno per l’altro, non provavano più né tormenti e né estati. Quello sì, era finito»

Un legame coniugale vissuto come inevitabile, per il quale non serve lottare visto che è indissolubile e che nulla potrà mai davvero arricchire ora che il tempo è passato. Un matrimonio che lega senza alcuna possibilità di ripensamento i due coniugi fino ad arrivare a pensarsi come un’unica cosa. Magari con freddezza, con cinismo, con cattiveria addirittura ma sempre e per sempre come uniti.

Eppure, per quanto nel corso della trama si succedano adulteri, allontanamenti, aborti e tradimenti, alla fine le pagine più belle e intese diventano quelle in cui i due coniugi si ritrovano vicini nonostante tutto, quelle in cui cresce la consapevolezza della presenza dell’uno per l’altro, quelle in cui il mondo fuori dal talamo risulta perfido e cattivo e il loro incontrarsi, anche solo per addormentarsi vicini, unico rifugio solido e certo della vita.

«La donna che ho amato di più non è questa, ma, in punto di morte, rimpiangerò ciò che mi unisce a lei più di quanto non abbia rimpianto la passione.»

Un romanzo che merita davvero di essere letto. Probabile che tra le sue righe ci sia davvero il segreto più recondito del matrimonio, quello per cui, nonostante tutto, le nostre nonne e le nostre bisnonne sono arrivate a trascorrere insieme tutta la loro vita con un dolce sorriso sul viso.

 

SINOSSI

«Chi meglio della signora Némirovsky, e con un’arma più affilata, ha saputo scrutare l’anima passionale della gioventù del 1920, quel suo frenetico impulso a vivere, quel desiderio ardente e sensuale di bruciarsi nel piacere?» scrisse, all’uscita di questo libro, il critico Pierre Loewel. Le giovani coppie che vediamo amoreggiare in una notte primaverile (la Grande Guerra è finita da pochi mesi, e loro sono i fortunati, quelli che alla carneficina delle trincee sono riusciti a sopravvivere) hanno, apparentemente, un solo desiderio: godere, in una immediatezza senza domani, ignorando «il lato sordido della vita», soffocando quella «parte d’ombra» che ciascuno si porta dentro. Eppure, quasi sulla soglia del romanzo, uno dei protagonisti si pone una domanda che ne costituirà il filo conduttore: «Come avveniva, nell’unione coniugale, il passaggio dall’amore all’amicizia? Quando si cessava di tormentarsi l’un l’altro per volersi finalmente bene?». Con mano ferma, e con uno sguardo ironicamente compassionevole, Irène Némirovsky accompagna i suoi personaggi, attraverso le intermittenze e le devastazioni della passione, fino alla quieta sicurezza dell’amore coniugale. A volte, certo, alcuni di loro rimpiangeranno «l’ebbrezza triste e folle dell’amore», e a quasi tutti accadrà di inoltrarsi, almeno per un po’, nelle vie perigliose dell’adulterio; ma il tempo riserverà loro una sorprendente rivelazione: che quell’«essere due» che del matrimonio costituisce l’essenza e «il flusso discontinuo, lento e possente dell’amore coniugale» conferiscono alla coppia una sorta di invincibilità.