Tre giorni a Berlino di Christine de Mazières

Il Muro di Berlino attraverso gli occhi dei berlinesi dell’Est

Tre giorni a Berlino è l’esordio letterario di Christine de Maziéres pubblicato in Francia nel 2019 in occasione dell’anniversario dei 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino e pubblicato in Italia nel settembre del 2021 grazie alla casa editrice Edizioni Clichy.

Nei Tre giorni a Berlino si vivono, attraverso le voci di diversi protagonisti, le emozioni, lo stupore e le speranze della notte del 9 novembre 1989 quando, nel corso della conferenza stampa, il funzionario Schabowski, del Partito Socialista Unificato della Germania nella Repubblica Democratica Tedesca, annuncia, per errore, la possibilità per tutti di attraversare liberamente il confine, dando il via alla pacifica caduta del Muro di Berlino.

Il primo narratore è Cassiel, l’angelo protagonista del film “Il cielo sopra Berlino” di Wim Wenders, che apre il romanzo con un incipit incisivo:

«Arrivano a piccoli gruppi, silenziosi, come se andassero a spasso, mani in tasca, facendo finta di niente. Affluiscono da tutte le direzioni verso il posto di confine di Bornholmer Strasse, curiosi ma un po’ timorosi»

Timorosi perché nessuno si aspettava un “tana libera tutti”, nessun cittadino da quella parte del muro era davvero pronto ad un evento del genere. La situazione era cambiata con l’arrivo di Gorbačëv al Cremlino e l’avvio delle riforme della perestrojka; si respirava un’aria di cambiamento ma nessun berlinese dell’Est poteva immaginare che quel momento tanto desiderato potesse capitare così, all’improvviso e addirittura con un messaggio lanciato dalla televisione.

Tre giorni a Berlino è un romanzo corale. Abbiamo Anna, una giovane francese innamorata di Berlino e della lingua tedesca; c’è Micha, figlio di un membro del Comitato centrale al quale hanno da sempre rifiutato qualsiasi domanda di espatrio; c’è Tobias, scomparso nel mare nel tentativo di attraversarlo a nuoto per fuggire e poi c’è Lorenz, Hanno, Niklas e c’è lo stesso Schabowski e tanti altri.

Le loro voci delicate sembrano prendere per mano il lettore per condurli dall’altra parte, nei loro sogni, in quella speranza di trovare oltre quel muro che li protegge dal mondo capitalista, uno stile di vita che possa ridare un senso e un significato alla vita stessa.

Sono uomini nati da quella parte del muro «Al sogno di un socialismo dal volto umano ci avevamo creduto, i miei amici e io» fino a quando, crescendo, hanno iniziato a ricevere informazioni, a vedere le scene della primavera di Praga, a iniziare a dubitare, a percepire in modo diverso quel mondo imperialista dal quale doveva difendersi.

«Visto che la ribellione aperta era un suicidio, molti si sono immersi in quella che abbiamo finito per chiamare l’emigrazione interiore; ciascuno si ritirava nella sua bolla, nella sua nicchia. Si leggeva, si faceva musica, ci si disinteressava della collettività»

Quello che amo di più nei libri è proprio quel condurmi in periodi storici, luoghi e emozioni che, in una sola vita, nessuno di noi potrebbe mai sperimentare. Entrare nelle pagine di Tre giorni a Berlino è vivere le stesse palpitazioni, quel medesimo senso di fratellanza e di gioia sconfinata che si è respirato a Berlino la notte di quel 9 novembre di più di trent’anni fa, quando per la prima volta Berlino divenne un’unica grande città, e cittadini sconosciuti si sono stretti l’uno all’altro finalmente liberi di muoversi senza controlli.

Ma, nello stesso tempo, Tre giorni a Berlino, è sentire tutte le paure che i berlinesi dell’est hanno vissuto per decenni, è percepire tra le righe cosa significhi non essere liberi, non potersi muovere e agire ed essere sempre sotto controllo, senza via d’uscita e senza possibilità di fuga.

 

Tre giorni a Berlino merita di essere letto perché il passato non va mai dimenticato.