LA MOSSA DEL MATTO

LA MOSSA DEL MATTO

di Alessandro Barbaglia

Ed. Mondadori

 

 

“Ma da chi ha imparato a giocare quel ragazzino?”

“Ha imparato a farlo da Dio!” si comincia a sussurrare.

Perché dopo ogni partita, anche dopo le sconfitte, nessuno riesce a credere che quel bambino timido e impacciato dalle orecchie a sventola, abbia solo undici anni.

E infatti ne ha oltre tremila.

E infatti è Achille.

 

 

il sottotitolo di questa incredibile storia, L’Iliade di Bobby Fisher, è preannuncio dell’originalità di ciò che andremo a leggere.

Alessandro Barbaglia con La mossa del matto ci pone davanti un parallelismo che può sembrare, all’inizio, molto poco probabile, per non dire assurdo.

Eppure questo giovane e geniale scrittore non si limita ad un mero resoconto dei fatti, ancorchè straordinari, avvenuti nel 1972 e dintorni, lui ci pone davanti agli occhi due eroi il cui destino è identico, segnato e ingrato.

Bobby Fischer e Achille cadono entrambi nella trappola dei loro avversari, i quali li sconfiggeranno colpendoli a morte nell’unico loro punto debole.

Se pensate di leggere una fredda e tecnica cronaca di quel che successe, ebbene vi sbagliate; quello che andrete a leggere è una storia che sembra inventata di sana pianta da quanto ha dell’incredibile: uno scontro fra Titani ai giorni nostri, Achille che ritorna per combattere ma che, ancora una volta sarà sconfitto.

Alessandro Barbaglia scrive pagine di emozione pura, affianca due uomini dal fisico possente come roccia, ma dall’animo fragile come cristallo: Bobby e Achille che, al di sopra di ogni nostro sospetto, hanno paura.

Sotto l’ombra inquietante della Guerra Fredda, la storia sembra limitarsi ad un arco temporale di soltanto due mesi.

Ha invece contorni epici che fanno da sottofondo alla sfida del secolo, quella tra il campione del mondo di scacchi il sovietico Boris Spasskij, e lo sfidante americano privo di licenza elementare, Bobby Fischer.

Ulisse contro Achille, con il finale che tutti noi conosciamo bene, ma che ci ostiniamo a non voler capire fino al termine del torneo.

E questa è la bravura di Barbaglia, rendere unica ed emozionante la storia conosciuta da tutto il mondo, raccontata da lui stesso in modo circolare con ritorno finale al luogo da dove tutto ha avuto inizio: la casa sul lago.

 

 

Adesso tutto diventa difficile.

È difficile anche solo provare a dire quanto tempo passi.

Forse un attimo, forse un minuto, forse ore.

È difficile dire per quanto tempo Bobby Fischer resti con il gomito puntato sul tavolo a fissare la scacchiera, con l’indice della mano destra sulle labbra.

È difficile dire quante cose accadono in quel nulla che accade.

Ma è in quell’istante che Bobby Fischer muore.

Giovane. Eroe. Tradito dal suo avversario.

 

 

SINOSSI

 

La mossa del matto è la storia di una vita, quella di Bobby Fischer, che da quando ha solo sette anni capisce di avere un solo obiettivo, un solo e unico destino: giocare una finale mondiale di scacchi. L’11 luglio 1972, Bobby a ventinove anni, in Islanda, sta per iniziare la sfida del secolo con il campione del mondo Boris Spasskij.

 

 




Il Ponte delle spie

Locandina del film

Locandina del film

Un uomo dipinge placido, guardando la vita che scorre sotto la finestra del suo appartamento di Brooklyn. Sembra un personaggio di nessun interesse, eppure quello è Rudolf Abel, è una spia sovietica in seno agli Stati Uniti nel periodo più buio della storia del mondo post guerra mondiale: il 1959. L’arresto sarà eclatante e dato in pasto ad un’opinione pubblica terrorizzata e già addestrata ad una possibile guerra atomica. Inizia così “Il ponte delle spie”, ventinovesima pellicola nata dal genio di Steven Spielberg. Il “Re Mida” del cinema di fine secolo ritorna in quella che sembra la prosecuzione amara del suo “Salvate il soldato Ryan” datato 1998. Alla fine di quel film, alla fine della II° Guerra Mondiale, il sacrificio di Ryan e di tutti quei soldati morti per liberare l’Europa dal nazismo sembrava aver portato il ristabilimento della pace assoluta tra i popoli, eppure, solo dopo 15 anni tutto sembra sull’orlo del precipizio, con in più la minaccia nucleare.

Rudolf Abel, la spia, viene dunque incarcerato, non collabora, non parla. Come tutte le spie. E mentre tutti ne chiedono a gran voce la pena di morte, la Corte Federale concede la difesa d’ufficio all’avvocato Donovan, idealista, molto preparato e figlio dell’America libera e democratica, che ha il volto, proprio per rimarcare quel sottile filo rosso recuperato da Ryan, di Tom Hanks.

E qui il nostro racconto si ferma, perché è impossibile dire molto di più della trama senza toccare le corde vive di una vicenda che va molto aldilà della “Spy Story”, intrisa com’è di spunti politici più ampi e di storie intime. Il nostro Eroe avvocato si troverà al centro di una trattativa che si svolgerà a Berlino, al culmine di quella crisi che porterà da Est i soldati russi e della DDR ad alzare il muro. Un muro culturale oltre che di mattoni, un muro che ci ricorda che la guerra c’è da sempre e che, forse, l’eredità del “secolo breve” è stata soltanto una lunga scia di guerra di posizione ideologica e di terrore.

Nel cast oltre allo strepitoso Tom Hanks, al massimo della sua carriera così ricca ci sono Amy Ryan, brava e commovente, che con un cognome così non poteva che esser la moglie di Hanks/Donovan, poi Dakin Matthews, personaggio molto televisivo e popolare e l’ottimo Alan Alda. Anche se il duetto tutto ricco di sguardi d’intesa che Hanks instaura con Mark Rylance (la spia Abel), è di quelli che vanno annoverati tra i migliori della storia del cinema e non solo per merito di Hanks. La ricostruzione della fredda Berlino del 1961 da sola varrebbe già il biglietto al botteghino dei cinema, con una musica e una fotografia da kolossal, ma Spielberg non gira solo un grande film, lui come sempre va oltre l’ostacolo, parlando al cuore libero di ognuno di noi, per gridare ancora una volta, l’ennesima nella sua filmografia, che si può e si deve dire basta ai conflitti. Che si può vivere in pace.

Mauro Valentini