“Notte Oscura”: la nuova mostra alla Fondazione Memmo

La Fondazione Memmo (via Fontanella Borghese 56b) ospita l’ottava edizione di Conversation Piece, il ciclo di mostre a cura di Marcello Smarrelli dedicato agli artisti stranieri e italiani che intrattengono un rapporto speciale con la città di Roma.

La mostra, intitolata “Notte Oscura”, verrà inaugurata il 12 dicembre, e partire dal 13 dicembre 2022 fino al 26 marzo 2023 sarà visitabile ogni giorno (martedì chiuso) dalle 11.00 alle 18.00. Ingresso libero.

Gli artisti in mostra quest’anno sono Pauline Curnier Jardin, Victor Man e Miltos Manetas.

 

 




Amalia Pica in mostra alla Fondazione Memmo

La Fondazione Memmo

All’interno di un bellissimo cortile a pochi passi da Piazza di Spagna si trova lo spazio espositivo della Fondazione Memmo.

Roberto Memmo diede vita nel 1990 a questa Fondazione, con lo scopo di creare un rapporto diretto tra il pubblico e le opere d’antichità.
Quando, nel 2012, la direzione passò alle nipoti Anna d’Amelio Carbone e Fabiana Marenghi Vaselli Bond, la Fondazione iniziò ad occuparsi esclusivamente di arte contemporanea.

Dal 12 aprile 2022 la Fondazione Memmo ospita la mostra personale di Amalia Pica, artista argentina, curata da Francesco Stocchi.


Amalia Pica a Roma

Amalia Pica nasce a Neuquén nel 1978 e si forma all’Instituto Universitario Nacional del Arte e all’Escuela Nacional de Bellas Artes P.P. (I.U.N.A.), a Buenos Aires. Si trasferisce poi in Europa per studiare alla Rijksakademie van Beeldende Kunsten di Amsterdam.

C’è un elemento, tuttavia, che regola la sua più recedente produzione artistica: il linguaggio.

Amalia è infatti affascinata dal mondo della comunicazione e del linguaggio ed infatti basa la sua mostra su una figura retorica, la catacresi. Le opere inedite esposte alla Fondazione Memmo sono infatti un’ideale prosecuzione della serie Catachresis.

Tutta la mostra si basa dunque su questo “gioco linguistico” nel quale ad ogni oggetto viene associata una parte del corpo umano, come nel caso del “head of the hammer” (la testa del martello), oppure “leg of the table” (la gamba del tavolo) e anche “teeth of the comb” (i denti del pettine) e così via.

Amalia Pica instaura quindi un collegamento con lo spettatore, il quale una volta entrato in possesso della chiave del sistema, piano piano scopre e svela l’identità degli oggetti che ha di fronte – oggetti trovati o comprati nei mercatini romani dalla stessa Amalia – in una sequenza di figure a metà tra l’oggetto e l’umano. Una condizione indefinita.

Ed è da qui che nasce il titolo della mostra: “Quasi”. Quasi proprio perché sono figure in bilico, che aspirano ad una condizione di umanità che però non acquisiranno. Quasi figure.

Sulle ampie vetrate esterne, inoltre, sono presenti i ventuno “modi di dire”, scritti in inglese, che ritroviamo all’interno della mostra.
La mostra termina in 16 ottobre, tra meno di due settimane!