la corruzione elegante e gentile che non si vede

Il Papa lo ha scelto come tema nei suoi interventi, compreso quello di Natale. Pignatone, magistrato che ha avviato le indagini sulla mafia nella Capitale, ne ha spiegato l’evoluzione e le nuove manifestazioni. Cantone, presidente dell’autorità anticorruzione, lo rappresenta costantemente come un allarme sociale. E persino Napolitano, che molti non riconoscono come paladino di giustizia, nel suo ultimo discorso lo individua come un problema nazionale da cui liberarsi. Si tratta del fenomeno della corruzione.

Gli unici che non lo vedono e che liquidano come “allarmismo” ogni preoccupazione al riguardo sono proprio i corrotti e i corruttori, per i quali non c’è niente di così grave. E se proprio accade qualcosa, è solo un segnale dei tempi. Non c’è da allarmarsi.

Proprio in ragione di questa diversa percezione della realtà, possiamo affermare che si delinea un nuovo bipolarismo: da una parte chi avverte il rischio di una corruzione dilagante che dilania il tessuto sociale e ne compromette, sia il funzionamento, sia i riferimenti di valore; dall’altra chi vuole rappresentare la corruzione e la mafia come Babbo Natale o la Befana, argomenti di cui si può parlare, ma solo nei convegni e senza alcun riferimento nel quotidiano. Come se la corruzione e la mafia fossero trame di film o argomenti lontani..

Che il fenomeno correttivo fosse vicino a noi e nelle amministrazioni delle nostre città lo pensavamo già in molti e per questo siamo stati additati come allarmisti, gufi o altro. Ma dobbiamo proprio a Pignatone l’assimilazione dei “nuovi comportamenti” della politica alla mafia, rilevando che oggi il fenomeno “presenta caratteristiche proprie, solo in parte assimilabili a quelle delle mafie tradizionali e agli altri modelli di organizzazione di stampo mafioso fin qui richiamati”. Eppure “essa è da ricondursi al paradigma criminale dell’art.416bis del codice penale, in quanto si avvale del metodo mafioso, ovverosia della forza di intimidazione derivante dal vincolo di appartenenza, per il conseguimento dei propri scopi”. Non solo. Secondo il gip, “essa presenta, in misura più o meno marcata, taluni indici di mafiosità, ma non sono essi ad esprimere il proprium dell’organizzazione criminale, poiché la forza d’intimidazione del vincolo associativo, autonoma ed esteriorizzata, e le conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà che ne derivano, sono generate dal combinarsi di fattori criminali, istituzionali, storici e culturali che delineano un profilo affatto originale e originario“.

Si tratta di un sistema che non si presenta nel modo tradizionale, a che ha raffinato metodi e protagonisti. Non mostra i muscoli della prepotenza, semplicemente occupa posti di potere; non minaccia esplicitamente, semplicemente emargina chi non è consenziente; non combatte con la lupara, semplicemente calunnia e addita come responsabili di “allarmismi” o “diffamazioni” chi non si allinea o denuncia.

Ma i più importanti protagonisti (inconsapevoli) sono i cittadini che, di fronte a un fenomeno così sofisticato e sommerso, fanno fatica ad accorgersi e a credere che sia possibile o che persino esista, proprio nelle città in cui vivono,. Non sembra possibile che uno stimato professionista, dai modi eleganti, una volta diventato amministratore, possa essere il mandante di truffe e raggiri. O che persone che appaiono antifasciste, antimafiose e antirazziste, possano invece, scendere a patti con imprese e operatori economici in cambio di favori. O che tecnici comunali, approfittando del clima di confusione, possano condizionare gli appalti fino a concederli solo a chi assicura una tangente.

Ma non basta la denuncia. Se Papa Francesco ha deciso che il tema merita di essere rievocato in ogni circostanza, non è per denunciare il fenomeno, ma per richiedere a ciascuno di noi di svegliarci in una nuova consapevolezza. La società in cui viviamo ci riguarda e non possiamo affidarla passivamente all’amministrazione di chi se ne impossessa per perseguire interessi propri. La città in cui viviamo ci riguarda.

E’ per questa ragione che l’Autorità anticorruzione ha individuato la trasparenza come leva maggiore per il contenimento della corruzione. Ma la trasparenza, per funzionare, richiede che i cittadini comincino a utilizzarla, a interessarsi della vita cittadina e a incuriosirsi delle scelte amministrative.

Perché le città appartengono ai cittadini, non agli amministratori.

Blog di Santo Fabiano




Indovina chi… è corrotto?

 corruzioneE’ sorprendente come la gente, molta, ma non tutta per fortuna, si sia assuefatta alla corruzione che dilaga e che arriva fino al quotidiano di ognuno. Un tempo ci scandalizzavamo di fronte a notizie riportate della stampa, in cui si raccontava di personaggi politici, o imprenditori colti nell’atto di scambiarsi favori e assicurarsi vantaggi ingiustificati a spese della collettività. Erano storie lontane da noi, dalla vita di ogni giorno. E più si apprendevano i dettagli, gli intrighi e complotti, più si misurava l’infinita distanza tra fatti così gravi, commessi da uomini senza morale e la realtà quotidiana, che invece si alimenta, necessariamente, di relazioni fondate sulla fiducia reciproca.

Non so che cosa sia successo. Forse abbiamo peccato di distrazione, o forse abbiamo sottovalutato l’importanza di difendere il nostro quotidiano più immediato dagli attacchi che compromettono il legame fiduciario che lega ogni uomo all’altro.

In ogni caso, ci siamo distratti o addormentati e adesso ci svegliamo in un sistema che risulta estraneo a ciascuno, pur essendone la somma matematica e lontano da tutti, pur essendo composto di ciascuno.

Si avverte una strana sensazione: come se qualcuno ci avesse derubato durante il sonno. E quello che ha portato via non é soltanto il denaro e ogni cosa di valore. Ci sentiamo privati anche dell’intelligenza sociale, cioè di quella capacità di fare sistema per difendere ciò che ci appartiene.

Siamo corretti, risentiti, intenzionati a cambiare, ma non riusciamo a fare sistema e se sommiamo le nostre forze, ” la somma non fa il totale”. Tutti vogliamo un società più giusta, ma non riusciamo a ritrovarci nella stessa direzione politica e sociale, al di fuori di quella della rassegnazione.

É come se la società fosse posseduta da un sistema di furbi che, oltre a riservarsi i posti migliori del potere, giocano a condizionare le coscienze di ciascuno fino a farci credere che tutto non sia come lo vediamo. Il solo compito che ci viene assegnato è solo quello di scegliere e sostenere una parte o l’altra. Niente di più.

Ma come si fa a riconoscere un corrotto? Non è più come una volta, in cui i delinquenti avevano facce cupe e vivevano ai margini della società. Una volta la società sentiva come un proprio compito ineludibile quello di presidiare i valori della convivenza civile e i suoi rappresentanti si sentivano di dover competere sul terreno dei valori e della capacità di promuovere una migliore qualità della vita per tutti, con particolare riguardo a chi versava in condizione di bisogno o di debolezza.

La tendenza si è invertita. Chi ha raggiunto i vertici dei palazzi del potere, di norma, è sceso a patti e compromessi e ha dimostrato capacità di abdicazione della coscienza, quella che genera dilemmi morali e mette in crisi di fronte a scelte che generano ingiustizia. Chi ha scelto la correttezza, invece, si trova ai margini, in compagnia dei propri valori e poco di più, quando non è persino ritenuto un fastidio o una minaccia per la tenuta istituzionale.

Viviamo in un nuovo bipolarismo: da una parte chi è corretto e spera ancora nel vivere civile e nel rispetto della legalità; dall’altra chi si sente furbo e vive di espedienti, scorciatoie e incarichi istituzionali, conseguiti con il raggiro o con l’inganno dell’appartenenza elettorale, che tutto assolve.

La società assiste al proprio declino, espresso da una frattura sociale tra chi decide per sé e chi viene privato di risorse e opportunità e spogliato di ogni dimensione sociale. Ma tutto ciò non è opera di ladri mascherati o di bande con la lupara, ma di signori eleganti che nascondono abilmente i loro propositi di corruzione. Che magari sono professionisti o alti funzionari. Che si presentano bene e utilizzano un linguaggio pacato. E che fanno della retorica e del perbenismo le migliori armi per difendere le loro posizioni.

Non serve il richiamo all’etica o alla lealtà. Sono termini abusati che proliferano nei discorsi dei corrotti che si prodigano nel richiamarli con sempre maggiore enfasi, come se ci credessero davvero.

Il corrotto non frequenta necessariamente le bische o il malaffare. Si serve di questi, ma ne esprime il lato presentabile. Lui fa il gioco pulito e quello “sporco” lo fa fare agli altri. Si veste bene, partecipa ai salotti, si presenta alle elezioni, si allea, amministra e ha bisogno del potere come se fosse una droga. Non c’è nulla che possa tenerlo lontano dal palazzo comunale o dai luoghi in cui si amministra. E si sente furbo perché si allea con tutti, senza alcuna distinzione, sentendosi così un abile politico. Perché è la buona coscienza che insinua il tarlo della distinzione di valore tra gli alleati. E lui non ce l’ha. Sembra interessato ai problemi di tutti. Sembra volere risolvere ogni cosa. Ma in verità lo interessa solo ciò che può assicurargli potere e profitto. C’è chi, per darsi un tono ostenta auto di lusso, per dimostrare quale destino fortunato compete a chi corrompe. Ma c’è anche chi, invece, per rafforzare l’inganno gira da sempre con la stessa vecchia auto, confermandosi come esperto del raggiro e della manipolazione, magari vivendo altre vite e accumulando tesori in luoghi lontani, pensando di essere eterno.

La migliore descrizione del “corrotto” ci viene fornita proprio da Papa Francesco “Quanto è difficile che il vigore profetico sciolga un cuore corrotto!” È talmente arroccato nella soddisfazione della sua autosufficienza da non lasciarsi mettere in discussione. «Accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio» (Lc 12,21). Si sente a suo agio e felice come quell’uomo che pianificava la costruzione di nuovi granai (Lc 12,16-21), e se le cose si mettono male conosce tutte le scuse per cavarsela, come ha fatto l’amministratore corrotto (Lc 16,1-8) che ha anticipato la filosofia degli abitanti di Buenos Aires del «fesso chi non ruba». Il corrotto ha costruito un’autostima che si fonda esattamente su questo tipo di atteggiamenti fraudolenti: passa la vita in mezzo alle scorciatoie dell’opportunismo, a prezzo della sua stessa dignità e di quella degli altri. Il corrotto ha la faccia da non sono stato io, «faccia da santarellino» come diceva mia nonna. Si meriterebbe un dottorato honoris causa in cosmetica sociale. E il peggio è che finisce per crederci. E quanto è difficile che lì dentro possa entrare la profezia! Per questo, anche se diciamo «peccatore, sì», gridiamo con forza «ma corrotto, no!».

É ancora il Papa ad affermare lucidamente che “Una delle caratteristiche del corrotto di fronte alla profezia è un certo tipo di complesso di «inquestionabilità». Si offende dinanzi a qualunque critica, discredita la persona o l’istituzione che la emette, fa in modo che qualsiasi autorità morale in grado di criticarlo sia eliminata, ricorre a sofismi ed equilibrismi nominalistico-ideologici per giustificarsi, sminuisce gli altri e attacca con l’insulto quelli che la pensano diversamente (cfr. Gv 9,34). Il corrotto è solito perseguitarsi inconsciamente, ed è tale l’irritazione che gli genera questa autopersecuzione che la proietta sul prossimo e, da autoperseguitato, si trasforma in persecutore.”




Comune di Pomezia, il codice di comportamento dei dipendenti

Il Comune di Pomezia, secondo quanto è previsto dalla legge 190 del 2012 sulla prevenzione della corruzione, si è dotato del codice di comportamento dei dipendenti, in conformità alle prescrizioni del decreto del presidente della Repubblica n. 62 del 2013. Il codice può apparire come l’affermazione di principi di carattere generale, quali la diligenza, la correttezza e l’imparzialità, ma invece, rappresenta la fissazione degli obblighi di comportamento richiesti a tutti i dipendenti dell’ente, la cui violazione comporta illecito disciplinare.

Le prescrizioni riguardano ambiti che rivestono particolare importanza per la tutela dell’immagine dell’amministrazione e hanno lo scopo di promuovere comportamenti coerenti con le esigenze di rispettabilità e decoro che ogni dipendente deve assicurare.

In particolare, ciascun dipendente è soggetto ai seguenti obblighi:

a) l’obbligo di servire il pubblico interesse e di agire esclusivamente con tale finalità;
b) l’obbligo di coniugare l’efficienza dell’azione amministrativa con la economicità della stessa ed il contenimento dei costi, utilizzando la diligenza del buon padre di famiglia;
c) l’obbligo di garantire la parità di trattamento dei destinatari dell’azione amministrativa e dunque l’imparzialità e l’immagine dell’imparzialità;
d) l’obbligo di garantire la massima collaborazione con altre Pubbliche Amministrazioni;
e) l’obbligo di garantire la correttezza, l’imparzialità e la lealtà nel comportamento verso i colleghi, i collaboratori e i destinatari dell’azione amministrativa.

Nei rapporti con il pubblico, inoltre sono previsti ulteriori obblighi quali:

a) l’obbligo di identificazione;
b) l’obbligo di cortesia e precisione;
c) l’obbligo di fornire spiegazioni;
d) l’obbligo di rispetto degli standard di qualità.

Il Codice prevede il divieto di ricevere regali e consente una deroga solo in occasione delle ricorrenze, ma all’interno di un “modico valore” che non deve superare 99 Euro.

Ma soprattutto, è di particolare rilievo l’introduzione dell’astensione in caso di conflitto di interesse, sia attuale, sia potenziale.

Nel primo caso il dipendente ha l’obbligo di comunicare al proprio Dirigente l’esistenza di rapporti economici (retributivi o che comunque comportino benefici economici di altra natura) intrattenuti nei tre anni precedenti l’assegnazione all’Ufficio, con soggetti privati che abbiano interessi in attività o in decisioni dell’ufficio medesimo, limitatamente alle pratiche affidate al dipendente. Nel secondo caso il dipendente ha l’obbligo di astenersi dal prendere decisioni o da svolgere attività in presenza di interessi personali o di familiari.

Il codice di comportamento, così come il sistema di prevenzione della corruzione e la trasparenza amministrativa sono strumenti che hanno lo scopo di rendere “aperta” l’amministrazione, ma risultano funzionali solo a condizione che vi sia un corrispondente interesse da parte dei cittadini a osservare le modalità di azione della macchina amministrativa e rilevarne le eventuali deviazioni.