Damsel, il film perfetto per la festa della donna

È proprio il giorno della festa della donna, l’8 marzo, che esce su Netflix il nuovo film “Damsel”, diretto da Juan Carlos Fresnadillo e con protagonista Millie Bobby Brown.

Elodie accetta di sposare un bel principe per volere di suo padre, matrimonio che tuttavia si trasformerà poi in una vera e propria lotta per la sopravvivenza quando la giovane verrà offerta in sacrificio ad un feroce drago.

Ebbene sì, per il ruolo da protagonista il regista ha scelto Millie Bobby Brown, mostratasi decisamente all’altezza. L’attrice prodigio, di soli vent’anni, ci aveva già mostrato il suo enorme talento con l’interpretazione di Undici nella celebre serie Stranger Things, ma in Damsel si è sicuramente superata. La Brown porta infatti sullo schermo non una semplice damigella che attende di essere salvata, ma una donna forte, determinata e, più di tutto, coraggiosa; una donna che non si arrende di fronte alle difficoltà ma che al contrario lotta per salvare sé e le persone che ama. Ci fa inoltre immedesimare completamente in Elodie, facendoci vivere le sue emozioni come se le stessimo provando noi stessi e si pone come modello da seguire.

Fresnadillo ci regala dunque un avvincente film d’azione con spettacolari effetti speciali, tenendo lo spettatore incollato allo schermo in costante tensione.

Questo film affronta per giunta tematiche significative, quali l’emancipazione femminile, l’amore familiare e la solidarietà tra donne, che legate tra loro fanno da spunto di riflessione e conferiscono alla pellicola una notevole carica sentimentale.

Insomma, Damsel si dimostra senza dubbio all’altezza delle aspettative, se non addirittura superiore, motivo per cui ogni donna dovrebbe vederlo, per farsi forza nei momenti difficili e capire il proprio valore, in quanto ogni giorno è l’otto marzo, ogni giorno una donna conta.

Virginia Porcelli




Spaceman, merita davvero tutto questo successo?

Spaceman, il nuovo sci-fi romantico diretto da Johan Renck e uscito lo scorso primo marzo, è ora il secondo film più visto su Netflix, ma merita davvero tutto questo successo?

Presentato al Festival del Cinema di Berlino, ci racconta una storia che ha come protagonista l’astronauta Jakub Procházka, il quale, dopo sei mesi di missione nello spazio, affronta la crisi del suo matrimonio grazie a una misteriosa creatura a bordo della navicella.

Il ruolo principale, sebbene inaspettatamente, è ricoperto dall’amato attore americano Adam Sandler, che ci sorprende con un’interpretazione particolarmente drammatica nonostante la sua nota fama da comico. È quasi insolito, infatti, vederlo recitare senza scoppiare in un mare di risate ad ogni battuta, ma, a prova della sua bravura, notiamo quanto egli sappia adattarsi ad ogni tipo di ruolo, dal più al meno serio.

In aggiunta, anche se da un film di questo genere ci si aspetterebbe grandi effetti speciali, il regista sceglie invece di ambientarlo maggiormente in spazi emotivi, concentrandosi sulla mente e sulla sensibilità del protagonista. Jakub infatti, considerato “l’uomo più solo al mondo” si ritrova a porsi delle domande profonde sulla sua vita e in particolare sulla relazione con la moglie, aiutato da un ragno gigante che di certo metterebbe a dura prova chiunque soffra di aracnofobia, come la sottoscritta. Seguiamo quindi la solitudine del protagonista e proviamo empatia per questo, osservando le sue giornate all’insegna della noia e della stremante ripetitività. Benché però la realtà che il film descrive sia particolarmente attuale e immedesimabile e dunque l’idea sia brillante, non si può dire altrettanto sulla sua riuscita.

A parere di chi scrive, infatti, il film risulta assai noioso e difficile da seguire, ma soprattutto a tratti nauseante, ciò a causa delle varie scene con il ragno Hanuš che potrebbero urtare particolarmente lo spettatore o addirittura disgustarlo.

Per quanto quindi possa forse adescare i fan della fantascienza o, più verosimilmente, quelli di Adam Sandler, stento ancora a comprendere il tanto successo avuto negli ultimi giorni, essendo personalmente uno dei film che meno ho apprezzato quest’anno.

Virginia Porcelli




Dune 2, il nuovo kolossal che vince al botteghino

Dune: Parte due, celebre sequel della saga fantascientifica diretto da Denis Villeneuve e tratto dai  romanzi di Frank Herbert, è da appena una settimana nelle sale italiane e si trova già tra i titoli più visti dell’anno, arrivando a sfiorare finora i 3,7 milioni di euro nella nostra nazione e i 178 milioni in tutto il mondo. Non era certo una sfida semplice quella di tenere testa ad un film vincitore di sei oscar, tuttavia, in base all’opinione di molti spettatori, il sequel avrebbe addirittura superato la prima parte, con gli incassi maggiori a prova di ciò.

Nel ruolo di protagonista ritroviamo il giovane Timothée Chalamet, perfetto per interpretare Paul Atreides e dar voce alla sua ambizione come anche alla sua fragilità e attore ormai sempre più conosciuto dal pubblico dopo il suo recente successo nel film Wonka, uscito nelle sale due mesi fa. Oltre a Chalamet ritroviamo anche la talentuosa Zendaya, che in questo capitolo ha di sicuro un ruolo meno limitato rispetto al primo. I volti nuovi di quest’anno sono invece altri attori di fama internazionale quali Florence Pugh e Austin Butler, quest’ultimo specialmente elogiato dalla critica per la sua interpretazione pazzesca.

La parola che meglio descrive Dune: Parte due è sicuramente spettacolarità, essendo Villeneuve stato in grado di adattare allo schermo una storia di per sé estremamente complessa che richiede un’attenzione particolare da parte degli spettatori. Il film è infatti pensato in grande dal regista e dalla sua squadra tecnica, talmente maestoso da mozzare il fiato e da rivoluzionare il genere fantascientifico.

Ancora una volta inoltre, come già per il primo capitolo, è il compositore tedesco Hans Zimmer ad aver realizzato, da grande fan dei romanzi, la colonna sonora che facesse da sfondo alla storia d’amore tra Paul e Chani, che egli stesso ha affrontato come una continuazione di quella del primo film. Zimmer è infatti in grado, con ogni sua creazione, di creare un’atmosfera quasi onirica, in grado di lasciare il pubblico come ipnotizzato.

In merito a un terzo capitolo invece Villeneuve ha confermato il suo sviluppo, dichiarando solo che decreterà la conclusione del suo lavoro e che sarà “il miglior film di sempre”.

Non ci resta dunque che aspettare!

Virginia Porcelli




L’ombra del giorno, l’amore ai tempi del fascismo

L’ombra del giorno, da poco su Netflix, è il famoso film del 2022 diretto da Giuseppe Piccioni che racconta una storia d’amore ai tempi del regime fascista. Luciano, simpatizzante del fascismo, è infatti proprietario di un ristorante di Ascoli Piceno e si ritrova un giorno ad assumere Anna, bisognosa di un lavoro stabile, che sconvolgerà la quotidianità dell’uomo e riporterà alla luce i suoi sentimenti più puri.

A fare da protagonisti a queste tristi vicende sono Riccardo Scamarcio e Benedetta Porcaroli, entrambi nomi ben noti dell’ambito del cinema italiano. I due infatti, non solo hanno una storia all’interno del film, ma anche fuori, essendosi innamorati proprio sul set. La relazione tra i due inoltre, nonostante una differenza di età di diciannove anni, sembra procedere da anni a gonfie vele, rivelatasi talmente forte da far chiudere le precedenti storie di entrambi. Scamarcio in effetti, dopo il lungo rapporto con la Golino, ha lasciato la manager Angharad Wood, come anche la Porcaroli con Michele Alhaiquee, regista conosciuto sul set di Baby.

Tuttavia, sorvolando le vite private degli attori, Piccioni decide di ambientare la storia d’amore tra Luciano e Anna in un periodo particolare della storia italiana, ossia quello dell’emanazione delle leggi razziali e della dichiarazione di guerra, periodo di tensione in cui ormai sembrava esser certo un eventuale nuovo conflitto e periodo in cui gli ebrei vivevano nascosti nella paura di essere deportati nei campi di sterminio.

Il film descrive quest’atmosfera di pericolo, seppur ambientato quasi interamente all’interno del ristorante, attraverso il sentimento dei due protagonisti, due anime sole che si trovano a riscoprire emozioni che credevano ormai perse.

Nonostante possa risultare a tratti lento per qualcuno, L’ombra del giorno è dunque una visione piacevole che ci riporta indietro nel tempo facendoci vivere un momento di terrore accompagnato però da dimostrazioni di bontà, altruismo e coraggio, che ci mostrano come anche in situazioni cosi tragiche l’amore rimane l’unico appiglio a cui aggrapparsi e, in fondo, l’unica cosa che ci salva.

Virginia Porcelli




OSCAR 2024, novità e ciò che c’è da sapere prima del 10 marzo

Mancano ormai sempre meno giorni agli Oscar 2024, evento più atteso dell’anno per i veri cinefili ed ecco che, essendosi concluse le votazioni dei membri dell’Academy, arrivano i primi annunci al riguardo.

Sembra innanzitutto che Ryan Gosling si esibirà dal vivo in “I’m Just Ken”, canzone all’interno di Barbie che ha spopolato appena dopo la sua uscita. La notizia, confermata dal Daily Mail, sembra infatti essere vera, avendo sia l’attore sia la canzone una nomination agli Academy Awards. Altra grande rivelazione è sicuramente quella sui presentatori della serata, al fianco nuovamente di Jimmy Kemmel, per cui si è parlato di Zendaya, Michelle Pfeiffer, Nicolas Cage e Al Pacino, come anche di Brendan Fraser, migliore attore l’anno scorso per il film The Whale e di Michelle Yeoh, Ke Huy Quan e Jamie Lee Curtis, protagonisti di Everything Everywhere All at Once. Ad annunciare ciò sono stati il produttore esecutivo e showrunner Raj Kapoor e i produttori esecutivi Molly McNearney e Katy Mullan.

 

Come già sappiamo la diretta dal Dolby Theatre avrà luogo il 10 marzo alle ore 19.00 italiane, presentata dunque da Jimmy Kimmel, il quale aveva già condotto negli anni 2017, 2018 e 2023 e si è mostrato entusiasta all’idea di una quarta volta. La novità degli Oscar 2024 riguarda invece la sua trasmissione. La gestione della cerimonia, infatti, era sempre stata affidata a Sky, mentre quest’anno sarà nelle mani di Rai 1 e dunque accessibile in seguito tramite RaiPlay per chi la volesse recuperare o, perché no, guardare una seconda volta.

Virginia Porcelli




One day, l’importanza di cogliere l’attimo

Di sicuro già familiare a molti per via del titolo, One day è la nuova serie romantica firmata Netflix uscita lo scorso 8 febbraio e ancora tra i primi posti nella classifica dei contenuti più visti in Italia.

Basata sull’omonimo romanzo di David Nicholls del 2009, il libro era già stato adattato nel 2011 in una pellicola con protagonisti Anne Hathaway e Jim Sturgess, con tema principale quello della storia d’amore lunga e travagliata tra Emma e Dexter.

I due si incontrano per la prima volta nel 1988 a una festa di laurea e trascorrono una notte insieme, prima di prendere strade diverse e affrontare il futuro. Da quel momento si danno appuntamento una volta l’anno per aggiornarsi sulle proprie scelte di vita, ambizioni e desideri.

La regista, Nicole Taylor, sceglie come protagonisti per questi 14 episodi, ognuno svolto a un anno di distanza dall’altro, Leo Woodall e Ambika Mod, giovani che puntata dopo puntata ci fanno sempre più commuovere per la storia d’amore dei loro personaggi, lasciandoci pertanto sempre appesi con la speranza della sua realizzazione.

Le riprese principali della serie hanno luogo tra Londra ed Edimburgo, ragion per cui veniamo catapultati in un’atmosfera romantica ma estremamente triste, con paesaggi dai colori spenti che fanno da specchio alla malinconia della storia di Emma e Dexter.

One day non è dunque la classica storia d’amore di cui ormai conosciamo ogni aspetto, è la storia di un amore vero, che va oltre il tempo e resiste ad esso, nonostante tutti i cambiamenti che la vita comporta. Presenta inoltre una morale straordinaria, offrendo un consiglio prezioso che ognuno di noi dovrebbe prendere alla lettera, ossia quello di non perdere tempo, di sfruttare al massimo ogni momento e correre rischi, non lasciandoci frenare da orgoglio o paura ma, al contrario, guidare dal desiderio di felicità.

Virginia Porcelli




Un inganno di troppo, il thriller che il pubblico ama

Ormai sono sempre più le serie thriller lanciate da Netflix, che pare attirino particolarmente il pubblico trascinandolo in atmosfere cupe e misteriose.

Ecco, Un inganno di troppo, rilasciata il primo gennaio scorso, è senza dubbio una di queste, diretta da David Moore e tratta dal romanzo omonimo di Harlan Coben. La collaborazione tra lo scrittore e Netflix è infatti ormai ben nota, avendo la piattaforma già adattato e reso celebri diversi suoi lavori, tra cui, tuttavia, Un inganno di troppo si dimostra il più riuscito.

La protagonista, Maya Stern, torna in città dopo una missione militare, trovandosi a dover affrontare due omicidi: quello della sorella Claire e del marito Joe Burkett. Sarà quindi costretta a prendersi cura di sua figlia e allo stesso tempo a indagare sui due casi, turbata ancora dallo stress post guerra.

Nonostante l’attrice principale, Michelle Keegan, non sia molto conosciuta, riesce con la sua interpretazione a portare la grinta e la forza femminili sullo schermo. Vediamo infatti in scena una donna estremamente determinata, che corre dei pericoli e non si ferma davanti a nulla pur di raggiungere la verità e fare giustizia e che non ha paura a premere il grilletto se necessario.

La serie inoltre, è girata interamente in Inghilterra, nonostante il romanzo sia ambientato negli Stati Uniti. Le location utilizzate sono a dir poco mozzafiato, in particolare la grande tenuta della famiglia Burkett era già di gran lunga conosciuta e amata dal pubblico, essendo la celebre abitazione di Thomas Shelby e della sua famiglia in Peaky Blinders, una delle serie più di successo di Netflix.

Tuttavia, la popolarità della serie è certamente dovuta in primo luogo ai numerosi e scioccanti colpi di scena che si susseguono uno dopo l’altro dall’inizio alla fine, ma che raggiungono l’apice negli ultimi due episodi, per questo i più coinvolgenti. Lo spettatore si trova pervaso da interrogativi senza risposta e messo in discussione, ma soprattutto, si trova a rimanere sempre sorpreso tra situazioni ribaltate in continuazione a piacimento del regista.

Dunque, Un inganno di troppo è indubbiamente un titolo valido e si consiglia in particolare a chi, nella sua quotidianità, vuole assumere le vesti di detective e saziare la sua curiosità.

Virginia Porcelli

 

 

 

 




Tutti tranne te, un’esperienza all’insegna del romanticismo

Ormai non c’è alcun dubbio: il nuovo film romantico “Tutti tranne te” ha conquistato il pubblico, facendo il boom d’incassi nelle sale cinematografiche.

Come protagonisti vediamo Ben e Bea, che dopo un primo appuntamento perfetto si separano non nel migliore dei modi, ritrovandosi mesi dopo allo stesso matrimonio in Australia, dove fingeranno di essere una coppia.

Sydney Sweeney e Glen Powell formano sicuramente una coppia molto affiatata sullo schermo come anche fuori da esso, a tal punto da far sperare il pubblico in una possibile relazione tra i due nella vita reale. L’attore, tuttavia, ha smentito tutte le voci, affermando di avere avuto un’esperienza meravigliosa e un vero feeling con la sua collega, ma di non essere una coppia, nonostante, durante le riprese del film Powell abbia chiuso la sua storia d’amore con la modella Gigi Paris. La Sweeney, peraltro, è felicemente fidanzata ormai da anni con l’uomo d’affari Jonathan Davino, con cui pare che nel 2022 si dovesse sposare anche se poi il progetto sfumò.

Di certo però, uno dei dettagli più affascinanti di “Tutti tranne te” rimane l’ambientazione, essendo infatti il film quasi interamente girato nell’affascinante Sydney, tra l’Opera House, il Sydney Harbour e le meravigliose spiagge australiane.

 

Come non parlare poi della colonna sonora del film: Unwritten di Natasha Bedingfield, canzone rilasciata nel 2004 che quindici anni dopo è tornata in cima alle classifiche a causa del successo della nuova rom-com. Non si può fare a meno di uscire dalla sala canticchiandola e addirittura saltellando nei corridoi del cinema, ancora pervasi dalla felice atmosfera del finale.

Insomma, diciamo che Anyone But You, titolo originale del film, ha sicuramente avuto un riscontro del tutto positivo da parte dei giovani, di cui gran parte, amante o no dei film romantici, si è recata a vederlo. Può darsi che tra i motivi della sua sorprendente popolarità ci siano le alte aspettative suscitate dai social media, in particolare da TikTok, dove chiunque andasse a guardare il film con i propri migliori amici o con la propria metà condivideva il suo entusiasmo e la sua soddisfazione al riguardo, accrescendo quindi il desiderio e la curiosità del pubblico.

La pellicola per molti aspetti è la classica commedia romantica che provoca sorrisi e farfalle nello stomaco e proprio per questo presenta una trama non diversa da tutte le altre, tuttavia è caratterizzata anche da tratti originali che la rendono ancora più piacevole. Dopotutto infatti, pur essendo di parte da appassionata di questi generi di film, chi è che non ama ogni tanto deliziarsi con un po’ di romanticismo?

Virginia Porcelli




Io capitano, una commovente storia vera

Il nuovo film di Matteo Garrone “Io capitano”, candidato agli Oscar di quest’anno come miglior film straniero, è stato recentemente reso disponibile al pubblico dalla piattaforma Sky, ottenendo un notevole successo. Questo ci permette di vivere e allo stesso tempo patire per il lungo viaggio affrontato da Seydou e Moussa verso l’Europa, costretti ad affrontare l’infinità del deserto, la crudeltà delle prigioni libiche e i pericoli del mare.

La storia del film comincia però anni fa, quando un amico del regista, che gestisce un centro di accoglienza in Sicilia, gli aveva raccontato la vicenda di un ragazzo, Fofana Amara, che all’epoca aveva solo quindici anni. Rimasto colpito, Garrone sentì la necessità, dopo anni di paure e incertezze, di girarlo. La scrittura della sceneggiatura durò sei mesi ma ci vollero almeno due anni per ricostruire mediante documentazione la rotta del viaggio percorso.

Il giovane attore protagonista, Seydou Sarr, rende il film ancora più commovente, lasciandoci immedesimare nelle tristi vicende e soffrire con lui. Egli ha infatti ottenuto il Premio Marcello Mastroianni allo scorso Festival di Venezia, che viene conferito al miglior attore emergente.

Il regista inoltre, secondo quanto rivelato nelle interviste, è stato per Seydou come un padre. L’attore infatti vive in Italia ormai da più di un anno, più precisamente a Fregene, a casa della madre di Garrone e afferma di non essere ancora pronto per il suo nuovo viaggio ad Hollywood, a cui preferirebbe tranquillamente la quiete di Fregene e la pasta al ragù di Donatella.

Come ha dichiarato lo stesso regista spesso i film sull’immigrazione possono spesso cadere nella trappola della retorica o sembrare un tentativo di speculazione sulla sofferenza degli altri. Ciò che dovrebbe farci riflettere, tuttavia, è che in questo film ogni scena è autentica, ogni vicenda rappresentata è realmente accaduta ed è proprio questo che colpisce e fa commuovere particolarmente il pubblico. Ci permette infatti di aprire gli occhi su realtà che purtroppo sempre più spesso sottovalutiamo o di cui addirittura ignoriamo l’esistenza, ma che sono all’ordine del giorno. Questo è il motivo per cui “Io capitano” è un film che tutti dovrebbero vedere, per avere uno sguardo più ampio sul mondo e sulle sofferenze che lo caratterizzano.

Virginia Porcelli




Wonder: White Bird, il coraggio di essere gentili

L’ultimo mese è stato per il cinema decisamente fruttuoso, ricco di nuove uscite e tra queste, anche se poco conosciuto, merita un’attenzione particolare Wonder: White Bird.

Il film, diretto da Marc Forster e ambientato durante la seconda guerra mondiale, è uno spin-off del celebre Wonder con protagonista il personaggio di Julian Albans, a cui la nonna racconta un episodio doloroso del suo passato.

Quando iniziano i rastrellamenti in Alsazia, la giovane di quindici anni Sara viene salvata dalla famiglia di Julien, un ragazzo affetto da poliomelite con cui nel tempo nascerà un forte legame.

Helen Mirren, che recita la parte della nonna, è semplicemente strepitosa, riuscendo a far trasparire la sofferenza nel raccontare una storia così straziante e la forza nel cercare di conservarne il ricordo. Altrettanto commoventi le interpretazioni dei due protagonisti, sorprendentemente naturali nonostante la giovane età.

La pellicola ci mostra gli orrori del nazismo e della shoah, le crudeltà e le ingiustizie che milioni di ebrei subirono ogni giorno, in quanto privati di ogni tipo di libertà e costretti a separarsi dalle proprie famiglie e a morire per la propria religione. Presentandoci diversi esempi di umanità contrapposta alla malvagità, ci conferma come al mondo ci sia sempre un po’ di bene anche nel male, incitandoci ad aiutare sempre l’altro e, senza dubbio, a non ripetere in futuro gli stessi errori.

Altra tematica importante è inoltre quella del bullismo, tema di fondo e motivo del racconto. Il film infatti, ci presenta l’insensatezza di una cattiveria simile, che non fa altro che generare dolore nella persona presa di mira. Mai si dovrebbe giudicare o isolare qualcuno sulla base del suo aspetto o modo di fare, ma al contrario provare a parlarci, per poi sicuramente scoprire quanto i giudizi fossero infondati.

Oltre a ciò, in uno sfondo così cupo e drammatico che rende le lacrime inevitabili, a far luce è la storia d’amore tra i protagonisti, così innocente, pura ed estremamente tenera. Questa è il chiaro esempio che l’amore è in tutte le cose, in tutti i gesti e in ognuno di noi.

Dunque, è per tutte le tematiche toccate, particolarmente delicate ma fondamentali, che si consiglia la visione ad un pubblico giovane, che potrebbe imparare molto da tali lezioni su come comportarsi nel rapporto con l’altro, sull’importanza di essere sempre gentili e coraggiosi.

Virginia Porcelli

 




Wonka, un Natale più magico

Ebbene sì, solo pochi giorni fa, il 14 dicembre, è finalmente approdato in tutte le sale cinematografiche il tanto atteso “Wonka”, che solo questo weekend ha raggiunto la vetta del box office italiano raggiungendo i tre milioni di incassi.

Il film diretto da Paul King, regista di Paddington, si presenta come un prequel che ripercorre la storia del giovane Willy Wonka, personaggio inventato da Roald Dahl in “La fabbrica di cioccolato” e già interpretato da Gene Wilder e Johnny Depp.

L’attore protagonista, Timothée Chalamet, ha sorprendentemente ottenuto la parte senza alcun provino. Il regista infatti, dopo aver guardato su YouTube le esibizioni musicali del ragazzo al liceo, era rimasto colpito dalle sue doti di cantante e ballerino e quindi perfetto per la parte. Nonostante io sia di parte, essendo Chalamet il mio attore preferito, posso dire che questa scelta si è rivelata giusta, in quanto egli si cala attentamente nel ruolo, risultando divertente, e anche un po’ ingenuo, agli occhi dei bambini.

Altro personaggio alquanto bizzarro è quello dell’Umpa Lumpa intepretato da Hugh Grant, il quale ha affermato di aver odiato il suo ruolo, essendo costretto ad indossare una tuta speciale, a suo dire insopportabile, perché la tecnologia lo potesse rimpicciolire. Malgrado ciò, la canzone cantata dall’attore è uno dei dettagli più simpatici del film e non si può uscire dalla sala senza canticchiarla.

Wonka è girato interamente in Inghilterra, paese d’origine di King, prevalentemente a Bath, Londra, Oxford e presso gli studi della Warner Bros a Leavesden, dove furono ricostruiti anche gli interni di Hogwarts in Harry Potter.

Insomma, questo film, perfetto per le famiglie durante il periodo natalizio, immerge il pubblico in un’atmosfera magica, spensierata e allegra. Questo Wonka ci viene presentato in modo diverso rispetto ai precedenti, questo è un sognatore, convinto del potere del suo cioccolato e determinato a farsi strada, spinto dal ricordo della madre.

Benché il film possa risultare a tratti lento o noioso per chi non è amante dei musical, ci trasmette un messaggio importante, come “ogni cosa bella comincia con un sogno”, stimolo a credere sempre in noi stessi e a trasformare le nostre ambizioni in realtà.

Virginia Porcelli




C’è ancora domani, il film dedicato a noi donne

Il nuovo film della Cortellesi, uscito nelle sale a fine ottobre, sta ottenendo sempre più successo. Dopo aver vinto tre premi al Festival del cinema di Roma, infatti, negli ultimi giorni è rientrato nella top 10 dei film italiani con più incassi, sfiorando quota 27 milioni e diventando il miglior titolo della stagione 23/24.

Ambientato a Roma nei tempi del dopoguerra, ci racconta la toccante storia di Delia, donna di casa costretta ad occuparsi ogni giorno dei tre figli, del suocero e dell’irascibile marito, che ritiene giusto riempirla di schiaffi e umiliarla. “Ho voluto realizzare un film contemporaneo ambientato nel passato, perché penso che purtroppo molte cose siano rimaste le stesse. Naturalmente ci sono stati dei progressi, sono cambiati i diritti, sono cambiate le leggi, ma non del tutto, non nella mentalità”, spiega l’attrice e regista in un’intervista.

La Cortellesi è impeccabile su tutti i fronti. Che fosse una magnifica attrice era già ben noto a chiunque, ma il suo esordio come regista è stato di certo pieno di sorprese. Non solo interpreta il suo ruolo alla perfezione, accompagnata tra l’altro da un cast spettacolare, ma tratta anche temi come la violenza domestica e i diritti delle donne in modo estremamente delicato e commovente.

Infatti, tra la comicità di alcune scene che strappano un sorriso e la drammaticità di altre, che provocano nel pubblico tristezza e compassione, ci tiene fissi allo schermo con gli occhi lucidi.

Tutto ciò, inoltre, arriva in un momento in cui tutta Italia soffre ancora per l’omicidio di Giulia Cecchettin, l’ennesima vittima di una cieca gelosia e violenza che non dovrebbe essere propria dell’amore, ma che purtroppo lo è sempre più spesso.

Insomma, il film è un vero e proprio omaggio alle donne, alla solidarietà femminile, all’amicizia e, in particolare, al rapporto madre figlia. La Cortellesi, infatti, ha deciso di dedicarlo a sua figlia Laura, o meglio “Lauretta”, come possiamo leggere prima dei titoli di coda; dedica in cui possiamo scorgere l’amore materno, più forte di qualsiasi altro legame.

“C’è ancora domani” dà forza a ognuna di noi e ci ricorda l’importanza di reagire, di avere coraggio e soprattutto di chiedere aiuto quando ci viene fatto del male o quando veniamo private dei nostri diritti. Alla prima offesa, al primo schiaffo, dobbiamo tenere in mente che c’è sempre domani e che meritiamo molto di più di qualcuno che ci tarpa le ali. È per questo che ogni donna dovrebbe vederlo, per imparare ad amare sé stessa e per far sì che tutte quelle morti non siano state vane.

Virginia Porcelli