Ecco chi era Fabrizia Di Lorenzo

Il tweet di Fabrizia Di Lorenzo

Il tweet di Fabrizia Di Lorenzo

La sua voglia d’Europa e d’integrazione trucidata a Berlino

E’ morta il giorno prima di tornare a casa per trascorrere le vacanze natalizie con la famiglia e con gli amici. Era in quel mercatino per fare dei regali da portare a Sulmona. Fabrizia Di Lorenzo dal paese arroccato nel fondovalle tra la Majella e il Morrone era andata via più di dieci anni fa, ma ci tornava due volte l’anno. Tutti la definiscono ora “una figlia dell’Erasmus” ed in verità quella sua esperienza formativa alla “Freie Universitat Berlin” l’aveva così rapita che appena finiti i suoi studi era lì che si era accasata. (http://www.fu-berlin.de/index.html )

La città più europea d’Europa” come Fabrizia stessa amava definirla, l’aveva accolta a braccia aperte e le aveva dato un lavoro presso una società di trasporti. Non proprio quello per cui aveva studiato Fabrizia, ma intanto la dignità dello stipendio tutti i mesi, poi il resto sarebbe venuto.

Gli studi di Fabrizia erano stati un percorso netto perfetto: prima il Liceo linguistico Vico di Sulmona ed ecco subito dopo la laurea all’Università La Sapienza di Roma in Mediazione linguistico-culturale, poi spicca il volo e consegue la magistrale all’Alma Mater di Bologna in Relazioni internazionali e diplomatiche e un master alla Cattolica di Milano in tedesco per la comunicazione economica.

Tutto il suo percorso di studi umanistico e passionale riguarda quel tema: l’integrazione e la mediazione tra i popoli. Quel delinquente che si è arrogato il diritto di spegnerle la vita colpendola addirittura nella dignità del corpo (riconoscibile solo con il test del DNA) ha ucciso con quel camion proprio quel lumicino di speranza di un mondo a misura di solidarietà e accoglienza. Ha ucciso una donna che aveva gli strumenti umani e culturali per “accogliere”. Ha travolto la speranza di Fabrizia e di tutti noi.

A rileggere le frasi di Fabrizia su Twitter tutto appare disarmante: aveva da poco seguito un convegno importantissimo proprio sull’accoglienza europea, studiava e commentava gli sforzi della Germania verso i profughi, ne difendeva con l’occhio vigile di chi sapeva… di chi “aveva studiato” quel fenomeno. Difendeva, Fabrizia, i diritti anche di quell’infame che è salito su un mostro meccanico, ha accoltellato un padre di famiglia che si spaccava la schiena dall’Italia alla Polonia per portare il pane ed è salito su un marciapiede travolgendo proprio lei, Fabrizia.

A noi rimane il dolore per aver perduto una donna speciale, insieme a quella domanda che Fabrizia aveva twittato (e che riportiamo qui in copia) qualche mese fa, una domanda che rimane senza risposta così come l’aveva scritta lei: “L’Islam è compatibile con la democrazia?”.

Addio Fabrizia, lasciaci qui almeno la tua speranza.

Mauro Valentini




“Ich bin ein Berliner!” Berlino non merita quel sangue

Berlino non merita quel sangue

Berlino è la città europea che ho visitato più volte. Da quando è caduto quel muro che ne deturpava i viali e l’anima, tante sono stati i miei passaggi. E la mia estasi.

Una città veramente poliedrica, colorata nella gioventù sfacciata d’aspetto e rigorosa nel rispetto, che vedi percorrere allegra quel viale alberato, quell’ “Unter den Linden” che li porta da quel grigio Est eppur così magico al verde che si staglia oltre la Porta di Brandeburgo, quello del “Tiergarten” con al centro la statua della vittoria di Wendersiana memoria.

“Ich bin ein Berliner” gridò da lì, da quella Porta, il 26 giugno 1963 un certo JFK, e così riecheggia il grido oggi, dentro tutti quelli che amano la libertà e questa libera Berlino.

Riecheggia da ieri sera, quando un Tir a fari spenti, nero come la morte si è abbattuto in un mercatino famosissimo, in uno dei tanti luoghi simbolo della città, dove ho vissuto per una settimana pochi anni fa, una settimana che mi appare ora lunga anni tanto mi è entrata nel cuore, tanto riesco adesso, ora, mentre commosso guardo quelle immagini a ricordarne gli angoli remoti, gli odori e i suoni allegri echeggiare.

Un quartiere che è un angolo ruvido eppure così accecante di bellezza, tra lo “Zoologischer garten” , il “Ku’damm” viale alberato pieno di energia visiva e poi, quella che, soltanto in un paese attento alla memoria potresti trovare, una nazione che ha scontato anzi il suo debito di memoria proprio con i simboli continui che lo testimoniano: la “Kaiser Kirche” meglio conosciuta come Chiesa del ricordo. Rimasta così com’era nel 1945, travolta dal bombardamento finale su Berlino. Accanto ad essa, la nuova chiesa, un ottagono luccicante e trasparente di luce blu. E sotto di esse, un pullulare di giovani e turisti che seppur con un freddo cane come quello di ieri, 19 dicembre, curiosava nelle bancarelle alla ricerca dell’oggetto giusto che accendesse l’atmosfera natalizia in casa, in famiglia.

Ha fatto una strage, sembra sia stato un pakistano, sembra un atto terroristico, sembra… sembra… la prudenza della stampa e della polizia in questi casi fa tenerezza, appare come quel medico coscienzioso e pavido che deve uscire dalla sala operatoria e dirci a noi che metaforicamente siamo aldilà del vetro che si, il paziente è morto. La nostra spensierata libertà di vivere la nostra amata Europa con scellerata serenità è morta.

Adesso sarà un rimbalzo di promesse, di verifiche, scopriremo che chi è stato li non aveva diritto a starci, lì davanti la chiesa del ricordo, scopriremo che questo modo di fare il mondo, dall’altra parte del mondo è odiato. Ripudiato. Dilaniato a colpi di pistola, di Kalashnikov e di Tir sparati contro le persone.

A me ora, rimane una sensazione più intima, la rabbia arriverà sono certo, ma ora mi rimane il sorriso di mio figlio mentre usciamo dalla birreria “Hans am Zoo” divertito e stordito dalla sua prima “Berliner Weisse”, l’odore delle salsicce addosso, le risate e le cianciate in dieci lingue diverse delle scolaresche di tutta Europa che si affacciano ridendo al quartiere a luci rosse poco distante. E quel blu della memoria, della chiesa della memoria, che adesso vedo commosso attraverso la TV circondata da ambulanze, macchie di sangue e di disperazione.

“Ich bin ein Berliner”

Mauro Valentini




Berlino e la sua magia in mostra a Pomezia

«Qui sono straniera e tuttavia è tutto così familiare. In ogni caso non ci si può perdere, s’arriva sempre al muro» ( Il cielo sopra Berlino – Wim Wenders 1987 )

C’è una sorta di magia visiva in chi visita Berlino, non solo in chi vi arriva per la prima volta. La capitale della Germania unita sorprende sempre. E per sempre.

Non è tanto la luce, quanto le forme architettoniche che attraggono we rubano l’occhio.

un particolare della mostra allestita nella libreria Odradek

un particolare della mostra allestita nella libreria Odradek

Sandro Moscogiuri, giovane artista e fotografo (diplomatosi a Pomezia nel 2001 all’Istituto d’Arte di via Cavour) è andato proprio a cercare, scovare diremo meglio questo aspetto intimo di una città che è unica al mondo.

La sua ricerca, i suoi lavori sono esposti nella libreria Odradek, in via Roma, fino al 3 gennaio 2015, in una mostra allestita in modo originale (e per alcuni aspetti interattiva, con una sorpresa “creativa” per i visitatori da non perdere) dal titolo “Mittleresgrau – Grigio medio”.

Il grigio medio in fotografia è quel tono sul quale si tarano le macchine in modo che i colori vengano più naturali possibili, senza alterazioni cromatiche” e Moscogiuri si è immerso con la sua reflex con questo approccio, per raccontare l’unicità della città del muro. Panorami bellissimi e  giochi geometrici che rapiscono lo sguardo ci accompagnano in un percorso che appare al visitatore un viaggio virtuale in bianco e nero.

Un viaggio in una città dove ( come dice lo stesso autore “non c’è una vera e propria cultura locale, ma solo delle abitudini lontane dalle nostre, questo ti permette di esser libero, di essere te stesso. Non sarai giudicato dai vestiti che porti o dalla musica che ascolti, la libertà di espressione è al primo posto, ma è anche vero che non ti permetterà di spiccare, non sarai più originale di altri perché tutti sono diversi allo stesso modo. Nessuno ti vedrà come uno straniero, perché tutti lo sono”.

albertoberlino

Un esempio di trasporto grafico virtuale in Berlin ad opera di Moscogiuri

Appuntamento dunque tutti i giorni di apertura della libreria, fino al 3 gennaio.

Il 3 gennaio, per il “finissage” con orario 10-13 e 16-19:30 evento speciale dal titolo “Ritratti in mostra”, in cui Sandro Moscogiuri fotograferà gli ospiti per poi con un gioco di prestigio grafico trasportarli a Berlino. Una sorpresa a cui non si può mancare.

Sandro Moscogiuri – Berlin – Mittleresgrau. Pomezia, via Roma 39 – fino al 3 gennaio 2015.

Mauro Valentini