La banca nell’antica Roma

Parlare di banca e di moneta oggi evoca un mondo finanziario complesso e spesso tortuoso, nel quale potresti facilmente perderti.

Eppure si tratta di concetti che ci appartengono e hanno accompagnato l’umanità da un certo punto dell’evoluzione sociale, senza abbandonarla più.

A Roma, sul Campidoglio esisteva, fin dal IV sec. a.C. il tempio di Giunone Moneta, l’Ammonitrice (dal verbo monére).

Circa un secolo dopo, nei pressi del tempio, venne edificata la prima Zecca (nella zona della basilica di Santa Maria in Aracoeli), proprio sotto la protezione di colei che ammonisce e desta l’attenzione di fronte ai pericoli.

Così il popolo iniziò a chiamare Moneta il tempio, la stessa Zecca e poi i pezzettini di metallo che vi si producevano.

Fin da allora il termine “moneta” cominciò a rivelare la sua vocazione ed è riuscito a mantenere vivo fino a noi quel profondo antico monito che si dovrebbe sempre affiancare al concetto di ricchezza, al fine di evitarne un uso distorto…

Va detto che la moneta antica era particolarmente vulnerabile, facile oggetto di abusi e frodi. Eppure essa rappresentò il mezzo di scambio internazionale più duttile ed efficiente.

Ogni barriera politica e geografica veniva superata dal potere d’acquisto delle monete anche fuori dai loro confini di emissione

In tale contesto si forma e si sviluppa la professione del cambiavalute, che si diffonde rapidamente dal mondo greco verso i centri più attivi commercialmente.

 

 

Una prima notizia della presenza di un cambiavalute (argentarius) nel Foro Romano risale alla seconda metà del IV sec. a.C.

Fin da allora si registra un’intensa attività commerciale e un cospicuo flusso di monete doveva passare di mano in mano. E’ un’epoca di crisi della vecchia società agricola e Roma si affaccia ai commerci mediterranei. Ecco che si ristruttura il Foro e molte taberne e botteghe si trasformano in uffici di cambiavalute, come testimonia Varrone.

Lo stesso Vitruvio, architetto e scrittore, illustra l’ideazione dei maeniana, ballatoi progettati da C. Maenius (318 a.C.),  sottolineando che i sottostanti portici erano utili per ospitare le attività gli argentarii.

Ed è facile immaginare il brulichio nel Foro, dove fervevano incontri d’affari, stipulazioni di contratti, rumorosi contenziosi…

Anche Tito Livio cita le tabernae argentariae in un Foro ormai divenuto autentico fulcro di affari economici internazionali. Intorno a tale potente fulcro si animava anche l’attività dei nummularii, esperti nel saggiare l’autenticità delle monete.

Gli argentarii giunsero a collocare le proprie mensae (tavoli, banchi) in tutti i luoghi dell’Impero: genti straniere garantivano un enorme afflusso e movimento di moneta e quindi lauti guadagni.

Una preziosa testimonianza della prosperità di questa categoria è l’Arco degli Argentarii, conservato in quanto incastrato tra le strutture esterne della chiesa di San Giorgio in Velabro, nei pressi della Bocca della Verità. Eretto in onore dell’Imperatore Settimio Severo, della consorte Giulia Domna e dei figli Caracalla e Geta, conserva una importante curiosità: il volto di Geta appare abraso, a testimonianza della damnatio memoriae cui lo sottopose, dopo averlo ucciso, il fratello Caracalla, la cui ambizione era essere imperatore unico e senza rivali.

 

 

Come sappiamo, la moneta antica aveva un valore intrinseco reale: argento, oro, bronzo avevano un’evidente differenza di valore commerciale che portò ad una loro specializzazione sociale. Alle grosse operazioni finanziarie si accedeva con oro e argento, mentre il bronzo, il rame e l’oricalco erano dedicati ai “vilia ac minuta commercia”.

 

L’archeologia ci fornisce un valido aiuto per capire i meccanismi di distribuzione, circolazione, attribuzione di valore delle varie monete, grazie al ritrovamento di vari “gruzzoli” di monete greche o dell’Italia antica restituiti dal sottosuolo. Si riscontra spesso, ad esempio, la presenza, in uno stesso gruzzolo, di esemplari provenienti da differenti centri. Era probabilmente una regola costante, per i più abbienti, maneggiare denaro “straniero”.

 

 

Monete in rame, bronzo o leghe sono nettamente distinte da monete di metallo nobile, spesso custodite o occultate come le argenterie e i gioielli.

Sappiamo che la moneta d’argento romana è il denario, il quale resterà per secoli alla base della monetazione successiva.

Testimonianza ultima del ruolo fondamentale rivestito da questo nominale è il nostro termine denaro, a dimostrazione del perpetuarsi della sua fama dal Medioevo ai giorni nostri.

Il denario traeva il suo nome dall’originario valore di 10 assi e mantenne tale nome, nonostante una rivalutazione, intervenuta in seguito, che lo equiparò al valore di 16 assi.

La sua emissione è da mettersi in relazione al forte impegno economico che Roma dovette sostenere per combattere contro i Cartaginesi.

Anche quando il denario non fu più emesso con regolarità, fu ancora usato come unità di conto.

L’ultima eredità del denario sopravvive nel nome arabo di una moneta, il dinar, coniato nel secondo decennio dell’VIII secolo, e spesso ancora utilizzato per indicare la propria moneta da diverse nazioni arabe.

L’aureo d’oro valeva 25 denari e non era frequentemente usato nelle transazioni comuni, a causa del suo alto valore: si pensa, ad esempio, che fosse usato per pagare gratifiche alle legioni alla salita al potere di un nuovo imperatore.

L’aureo era approssimativamente dello stesso formato del denario, ma più pesante a causa della più alta densità dell’oro.

Generalmente, si ritiene che il vero e proprio aureo sia stato emesso nel 49 a.C. da Giulio Cesare, raffigurante la testa di Venere o della pietà al diritto.

Prima di Giulio Cesare l’aureo, quindi, è stato battuto molto raramente, solitamente per grandi versamenti provenienti dai bottini catturati.

Costantino I introdusse il solido (solidus) nel 309: ecco l’origine del nostro termine soldi.

Il solido si diffuse soprattutto nell’Impero d’Oriente.

In quel periodo nell’Impero d’Occidente si assiste a una lenta decadenza e, incredibile a dirsi, dai fasti delle monete, del denaro, dei soldi si fece spazio l’antico metodo del baratto…

 

 

Dott.ssa Maria Cristina Zitelli




Il Museo Lavinium apre le porte

La Cultura non si ferma

 

Il Museo Civico Archeologico Lavinium, riapre le sue porte al pubblico con i seguenti orari:

Martedì: 9.00-13.00 e 15.00-18.00
Mercoledì: 9.00-13.00
Giovedì: 9.00-13.00 e 15.00-18.00
Venerdì: 9.00-13.00
Sabato, domenica e festivi: 10.00-13.00 e 16.00-19.00 solo su prenotazione obbligatoria entro il giorno precedente.

 

L’area archeologica è visitabile il martedì, il giovedì e il fine settimana con la nostra guida!

Visite guidate su prenotazione obbligatoria

Info. e prenotazioni:
06 91984744
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Natale di Roma: 21 aprile

XXI aprile 753 a.C., la fondazione di Roma

 

Eccolo, Romolo, un ragazzo forte, nel fiore degli anni: sembra di vederlo, i muscoli tesi nel governare l’aratro di bronzo, cui ha aggiogato un toro e una vacca bianchi.

Il vomere penetra la terra sul colle Palatino, nell’atto di tracciare il profondo solco di fondazione della nuova città che sta nascendo,

Sudato, il fondatore si è vestito con il cintus gabinus, una veste sacra, secondo la tradizione proveniente dall’antica Gabii, centro sito al XII miglio della via Prenestina.

Seguiamo la testimonianza di Tito Livio: individuata l’area della fondazione, sulla sommità del Palatino, Romolo parte da nord-ovest, procedendo in senso antiorario verso sud-est e tracciando un solco, ai lati del quale stabilisce l’area del pomerium, lo spazio sacro nel quale vengono fatte ricadere le zolle man mano estratte dall’aratro.

Le prime mura di Roma sono una sorta di cerchio magico che protegge la città e la rende inviolabile.

Per questo, in corrispondenza delle porte, Romolo solleva l’aratro, così da interrompere il cerchio, rendendo accessibile la città soltanto attraverso quei passaggi.

Una volta terminato il rito, ecco avvicinarsi Remo, il gemello che ha dovuto cedere, perché il fondatore deve essere uno solo.

Come ci ricorda la tradizione, egli osa sfidare il fratello violando la regola sacra e scavalcando il solco. Per questo Romolo lo uccide.

Il destino fatale di Roma nasce con un delitto e procederà nella storia fondando le premesse della sua immortalità, della quale anche noi oggi possiamo dirci testimoni.

 

 

Il giorno del Natale di Roma, tramandatoci dalla tradizione, è il 21 aprile dell’anno 753 a.C..

Molti studiosi pensarono per secoli che questa fosse una data simbolica e che la fondazione fosse solo una leggenda creata a tavolino quando Roma era già grande.

Ma se fosse stata una data simbolica, perché scegliere proprio il 21 aprile? Probabilmente sarebbe stato più logico scegliere, per esempio, un giorno del mese di marzo, in cui iniziava l’anno nel più antico calendario romano.

Oggi si propende invece per la storicità di quella data, ritenendo che sia stata scelta proprio per realizzare il famoso solco, con tutto il rito di fondazione, avvenuto in un solo giorno.

Una testimonianza a supporto di questa ipotesi è fornita dagli importanti scavi archeologici svolti dal prof. Carandini presso il Palatino, dove sono state ritrovate evidenti tracce della sacralità riconosciuta nei secoli al luogo del primo tracciato realizzato in età romulea (metà dell’VIII sec. a.C.).

Carandini ricorda che, in tempi antichissimi, proprio in quei giorni di aprile si celebrava sul colle Palatino la festa della dea Pales, legata ai riti di fecondazione e riproduzione, al fiorire della primavera, alle nuove nascite. Un tempo propizio per una nuova fondazione…

Ritorniamo dunque alla storia di Romolo e Remo e, saltando indietro di fotogramma, ritroviamo i gemelli a osservare il cielo e il volo degli uccelli, perché siano gli dei con i loro segnali a indicare chi dei due sarà il fondatore della nuova città.

La scelta cade su Romolo, che riceve segnali di gran lunga più favorevoli.

Il giorno 21 aprile, sul Palatino Romolo svolge dunque il rito di fondazione, in un’unica giornata, come momento primigenio di Roma.

 

Siamo a metà dell’VIII sec. a.C.: in questo periodo vengono fondate molte città in area mediterranea, secondo un rito che dà forma di città ad agglomerati di piccoli popoli già precedentemente stanziati nel territorio di riferimento.

Allo stesso modo, prima di Roma, è attestata per secoli una rilevante presenza di abitati sui colli, nonché una forte frequentazione del guado del Tevere costituito dall’Isola Tiberina.

Quindi Romolo fonda Roma sul Palatino creando un luogo di riferimento sacro e civile per le genti stanziate nel territorio, che riconosceranno entro quella piccola area la propria identità, i propri dei, l’autorità comune da cui farsi guidare. Un primo vero Stato.

 

E ancor oggi, da circa XX secoli, nei giorni intorno al 21 aprile, a mezzogiorno, si può assistere a Roma, dentro il Pantheon, a un effetto speciale ante litteram: il sole entra nel celebre oculus alla sommità della cupola, con un’inclinazione tale da creare un fascio di luce che cade perfettamente sul portale d’ingresso.

 

 

In antico, la magniloquente scenografia permetteva, a quell’ora esatta, una straordinaria visione: l’imperatore che varcava la soglia del tempio immerso nella luce.

Si perpetua così ancor oggi uno dei sogni luminosi dell’imperatore Adriano: glorificare Roma nel giorno della sua fondazione, facendo giocare l’architettura del Pantheon con il volgere eterno della luce solare.

 

Dott. Maria Cristina Zitelli

Elaborazione grafica immagini Cesare Restaino




Appuntamenti della settimana con il Museo Archeologico Lavinium

La cultura non si ferma

 

Settimana ricca di appuntamenti
La cultura al Museo Civico Archeologico Lavinium, non si ferma!

 

Per info. e prenotazioni:
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06 91984744




Appuntamenti della settimana con il Museo Archeologico Lavinium

Visite guidate on-line e laboratori per i più piccoli

 

 

 

 

 

Il Museo Archeologico Lavinium vi presenta i nuovi appuntamenti settimanali! Visite guidate on-line e post curiosità vi mostreranno i preziosi reperti del Museo e l’Area Archeologica, ma non mancherà anche un laboratorio manuale per i più piccoli! Costruiremo insieme una barchetta di cartone che ricorderà quella che l’eroico Enea utilizzò per approdare sulle coste laziali!
Non perdeteli!PRENOTAZIONI OBBLIGATORIE:
0691984744

[email protected]

 

 




firmata convenzione tra il Museo civico archeologico Lavinium di Pomezia e l’Università Europea di Valencia

Studio archeologico delle sepolture rinvenute nella villa romana di via Siviglia

 

Firmata la convenzione tra il Museo civico archeologico Lavinium di Pomezia e l’Università Europea di Valencia, con la supervisione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Roma Capitale e la Provincia di Rieti, per lo studio antropologico e archeologico delle sepolture rinvenute nella necropoli tardo antica della villa romana in via Siviglia. Le sepolture con i corredi e i resti ossei, conservati al Museo Lavinium, saranno oggetto di un’analisi approfondita da parte di un team di archeologi guidati dal Prof. Llorenç Alapont Martin, già in visita a Pomezia a settembre scorso.

In quell’occasione il professore dell’Università di Valencia e i suoi studenti hanno analizzato uno scheletro rinvenuto, lo hanno schedato e fotografato e fornito i primi risultati, che il Prof. Alapont Martin ha sintetizzato in una video-lezione disponibile al link: https://www.youtube.com/watch?v=So6Ogd1AKPw

“Non appena i tempi lo permetteranno – spiega Federica Colaiacomo, responsabile scientifica del Museo Lavinium – gli studenti saranno al lavoro presso il nostro Museo e i risultati di questa ricerca saranno presentati al pubblico. L’analisi antropologica non è che il primo passo verso un progetto più ampio, che prevede l’organizzazione e l’allestimento di una mostra incentrata proprio sull’archeologia funeraria a Lavinium: un argomento vasto e affascinante, che vedrà la collaborazione di altri Enti, Istituti di Ricerca e professionisti”.

 

 

Lo studio approderà anche nell’ambiente prettamente scientifico e internazionale, in occasione di un convegno sull’archeologia funeraria che si svolgerà a novembre ad Aix-en-Provence.

“Una collaborazione prestigiosa per la nostra Città e il nostro Museo – dichiara la vice Sindaco Simona Morcellini – Speriamo di poter ospitare presto il Prof. Alapont Martin, che già a settembre scorso ci aveva incantato con la sua appassionata lezione al Museo, e rivedere gli occhi degli studenti affascinati dalle bellezze rinvenute nel nostro territorio”.

“I reperti archeologici rinvenuto nel nostro territorio – aggiunge il Sindaco Adriano Zuccalà – sono una risorsa inestimabile, da conservare e valorizzare. Il grande lavoro che il Museo Lavinium sta portando avanti è proprio in questa direzione: dallo studio dei resti umani è possibile ricostruire l’identikit di una popolazione, dalle pratiche funerarie è possibile capirne gli usi e i costumi. Una ricerca incredibile che parte da Pomezia per andare in tutto il mondo”.

 

Riceviamo e Pubblichiamo Comunicato Stampa Città di Pomezia

 




Perché Febbraio si chiama così?

Febbre, maschere e mascherine

Nel calendario romano più antico, febbraio era l’ultimo mese dell’anno, che iniziava a marzo, momento di risveglio della natura e degli uomini al suono delle armi del dio Marte.

Febbraio era dunque dedicato alla purificazione e alla preparazione di un nuovo ciclo, di un nuovo inizio.

In verità, l’origine del suo nome non è poi tanto nascosta… Ebbene sì: come in un gioco, possiamo rinvenire facilmente tra le sue lettere la parola febbre!

Occorre premettere che nell’antica Roma ogni aspetto della vita, anche il più piccolo, era sotto la protezione di una specifica divinità: ci sono quindi decine e decine di culti per noi quasi sconosciuti ma molto praticati dal popolo. Ad esempio, la dea Numeria tutelava e contava i mesi della gravidanza,  la dea Edula aveva in custodia le carni commestibili e la loro conservazione, il dio Redicolo proteggeva il ritorno dai viaggi.

E veniamo così alla dea Febbre, in latino Februa o Febris, che origina probabilmente da Februus, un dio antichissimo etrusco-italico ed è legata alla purificazione dalle febbri, in particolare da quelle malariche.

 

Febbraio – Mosaico dal Museo Archeologico di Sousse

 

In virtù della potenza purificatrice che si attribuiva al fenomeno della febbre, si è concretizzato nel nome Februarius il legame con questa fase dell’anno, segnata da una serie di riti e di feste molto caratteristiche.

Una festa in particolare merita la nostra attenzione: il 15 febbraio si festeggiavano nell’antica Roma i Lupercalia, una solennità celebrata dai Luperci, giovani e giovanissimi romani consacrati, di solito abbigliati con pelli di lupo, in onore della Lupa che aveva allattato i gemelli Romolo e Remo.

Frammento di rilievo con Luperci dal Museo Nazionale Romano

Nel corso della festa essi si raccoglievano nel Lupercale, una grotta ai piedi del colle Palatino, dove sacrificavano un gran numero di capre, tagliavano le pelli in lunghe strisce, dette februa, e poi si slanciavano seminudi in una folle corsa agitando queste fruste e colpendo tutti coloro che incontravano.

Le donne desiderose di gravidanza si esponevano ai colpi, certe del potere del rito, che propiziava la fecondazione.

Nella fase finale dell’Impero romano, quando ormai il Cristianesimo dominava, vari vescovi tentarono di sopprimere l’antica consuetudine pagana, ma nulla si poteva contro la tenacia dei Senatori, i quali attribuivano le pestilenze e ogni altro danno al fatto che si trascurasse la festa dei Lupercalia. La solennità era talmente radicata nella vita dell’antica Roma che si perpetuò anche nei secoli tardi, fino all’anno 468.

Infine pare che il rito sia stato abolito dal papa Gelasio ma tuttora lo si può riconoscere probabilmente nella processione con le candele del giorno della Candelora, il 2 febbraio.

L’evocazione di tali riti ancestrali dal fascino unico ci conducono a considerare legami insospettati tra la febbre e l’infiammazione rossa e calda lasciata dai colpi di februa, le strisce di capra usate come fruste.

E’ poi molto suggestivo pensare alla nostra modernità e al fatto che proprio a febbraio soprattutto capita di venir colti dalle influenze di stagione e da quelle purificanti sudate al caldo del letto.

A proposito: quanta nostalgia per… la solita influenza!

Oggi, immersi come siamo nell’atmosfera pandemica, viviamo mille inibizioni che ci precludono gli abbracci e ci impongono le mascherine.

Mascherine e maschere di Carnevale…

Febbraio è anche il mese delle tipiche atmosfere carnevalesche, che oggi possiamo godere a metà.

Ed emerge, forte più che mai, un desiderio di purificazione, di guarigione sociale, di annientamento del virus, per tornare a danzare scatenati, liberi e senza maschera.

Dott.ssa Maria Cristina Zitelli




Museo Lavinium: Prima Domenica del mese ingresso gratuito

Riceviamo e pubblichiamo dal Museo Civico Archeologico Lavinium

Vi aspettiamo Sabato 4 e Domenica 5 per la visita guidata delle ore 18:00 all’area archeologica, con appuntamento al museo alle ore 17:45.

Inoltre vi ricordiamo che, come ogni prima domenica del mese, il biglietto d’ingresso sarà gratuito e consigliamo, a chi volesse visitare anche il percorso museale, di presentarsi al museo in anticipo ed in tempo utile per la visita al sito archeologico, visti gli ingressi contingentati nelle sale.

Prenotazioni consigliate al numero 06 91984744 o via e- mail [email protected]

 

Orari Museo:

Lunedì: chiuso
Martedì e Giovedì: 9-13/15-18
Mercoledì e Venerdì: 9-13
Sabato, Domenica e Festivi: 10-13/16-19