Borgo Sud di Donatella Di Pietrantonio il sequel de L’Arminuta

Borgo Sud di Donatella Di Pietrantonio edito da Einaudi è uscito ai primi di novembre e già raccoglie attorno a sé critiche entusiastiche e giudizi positivi.
E come poteva essere diversamente? Abbiamo già parlato di Donatella Di Pietrantonio in un articolo evidenziando l’amore per la sua terra natìa, l’Abruzzo, per la maternità e la predilezione di struggenti protagoniste femminili.

Sulla sua pagina Facebook l’autrice, simpaticamente, scrive

“Leggete piano. Ci ho messo due anni a scrivere Borgo Sud e voi lo divorate in una notte”

Ebbene sì, Borgo Sud è un libro che si divora. Catturati dalla sua scrittura se ne rimani folgorati e affascinati fino alla fine. Quella sua prosa pacata, dolce, incisiva. Quel suo narrare di dolori grandi e lacerazioni con quello stile così misurato e poetico da non poter far altro che assimilarle e giungere alla conclusione che è proprio questa la vita.<

 

Borgo Sud ci riporta le protagoniste de L’Arminuta ma da adulte. L’arrivo di Adriana a casa della voce narrante e del marito porta non solo scompiglio ma evidenzia anche le crepe di un matrimonio all’apparenza perfetto e quando, anni dopo, una telefonata la costringe a correre di nuovo a Pescara, la protagonista dovrà necessariamente fare i conti con il suo passato.

A differenza degli altri libri scritti, in quest’ultimo lavoro, l’autrice si addentra per la prima volta nel delineare anche un personaggio maschile, Piero, il marito della voce narrante.

Guardavo Piero e la solitudine delle sue orme. Non riuscivo a rintracciare un inizio in quello che ci stava succedendo. Avevo cancellato tutti i segni, ignorato una serie di dolci dinieghi, garbate insofferenze. Le sere nel letto avevo creduto a ogni stanchezza, di faccia alla sua schiena.

Donatella Di Pietrantonio supera brillantemente l’esame confermandosi come una delle voci più autorevoli della letteratura contemporanea italiana.




Maternità e Abruzzo: leitmotiv di Donatella Di Pietrantonio

La scrittura nuova, schietta e coinvolgente di Di Pietrantonio.

Donatella Di Pietrantonio vive a Penne, in Abruzzo dove svolge la sua professione primaria di odontoiatra pediatrico ma è conosciuta nel mondo dell’editoria per il grande successo di critica ricevuto con i tre libri pubblicati, l’ultimo dei quali L’Arminuta, edito da Einaudi le è valso il premio Campiello 2017. Gli altri suoi due romanzi sono Mia madre è un fiume del 2011 edito da Elliotedizioni e Bella Mia edito nel 2013 sempre di Einaudi.

Ho scoperto questa scrittrice per caso l’estate scorsa. Navigavo su Instagram quando rimasi colpita dal volto enigmatico di una donna fotografa in bianco e nero che volgeva uno sguardo profondo e intenso verso un punto lontano; la curiosità di sapere cosa stesse pensando e osservando mi ha aperto le porte del mondo raccontato da Donatella Di Pietrantonio.

Un mondo dove la terra nativa, l’amato Abruzzo, è onnipresente come reale protagonista, con le sue tradizioni, i suoi dialetti, le credenze popolari e la sua energia vitale e testarda ma è anche un mondo dove il significato della maternità diviene il filo conduttore capace di prendere per mano il lettore sin dalle prime pagine.

Una scrittura delicata, poetica e a tratti cruda e crudele che ci racconta le diverse angolazioni del significato di maternità. Se in Bella Mia la protagonista Caterina, dopo la tragica perdita della sorella gemella nel terremoto dell’Aquila, si vede costretta suo malgrado a fare da madre al nipote rimasto semi orfano, in L’Arminuta, (in dialetto La ritornata) troviamo la maternità vista dagli occhi di una bambina di tredici anni che da un giorno all’altro scopre di non essere la figlia delle persone con cui è crescita e si trova restituita alla sua vera famiglia. Situazione che la farà sentire orfana di due madri viventi.

Questo aspetto della maternità si apre sin dal suo primo romanzo Mia madre è un fiume, dove l’io narrante è la figlia che tiene per mano la madre affetta da una malattia che le toglie la memoria e in quel suo prendersi cura di lei emerge un rapporto di odio e amore celato da tempo.

Madre. Figlia. Sorella. Diverse angolazioni per far emergere il difficile rapporto tra madre e figlio attraverso una capacità di scrittura che, spesso, diventa poetica, riuscendo a svelare il pensiero più intimista del protagonista tanto da indurre il lettore a fermarsi per riflettere, considerare, soppesare.

La bravura di Di Pietrantonio è proprio quella di avvicinare ai conflitti generazionali con tale maestria da commuovere e arricchire nello stesso tempo e, anche quando le storie portano con sé perdite e lutti, emerge sempre una grande energia vitale che affonda le radici nel passato per proiettarle nel futuro.

 

«Mi sono seduta per terra, con il mento sulle ginocchia. Gli occhi mi bruciavano nello sforzo di contenere le lacrime. Lei è rimasta in piedi, con il cesto pieno appeso a un braccio.

Doveva essere mezzogiorno, sudava in silenzio. Non è riuscita a muovere l’unico passo che ci separava dalla consolazione.» tratto da L’Arminuta.