Concorso di street art a Pomezia di Sportello Donne Pomezia

 maggiorenni, del territorio e non solo. In palio 3 premi da 500 euro ciascuno.

Tema del concorso è la forza delle donne, come è intesa da Alessandra Chiricosta, femminista e marzialista, docente di filosofia interculturale e studi di genere, nel suo libro “Un altro genere di forza”, pubblicato nel 2019 da IacobelliEditore: https://www.iacobellieditore.it/catalogo/un-altro-genere-di-forza/.

Obiettivo del concorso è creare spazi e momenti di confronto sul territorio al fine di sensibilizzare la cittadinanza, in particolare ragazze e ragazzi, contro le discriminazioni e gli stereotipi di genere, al fine di promuovere e diffondere una conoscenza consapevole delle differenze, da valorizzare e non neutralizzare. L’intento è utilizzare un linguaggio speciale, quello della street art, come espressione artistica molto vicina alle generazioni più giovani ma anche manifestazione sociale che nasce e si sviluppa sul territorio, attraversando gli spazi cittadini con un segno indelebile, per oggi e per domani.

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concorso.sportellodonnepomezia@gmail.com allegando:

 del Bando di partecipazione;

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dei materiali necessari (i costi del materiale e dell’eventuale realizzazione non saranno a carico dell’artista).

Tutte le info su: https://sportellodonnepomezia.org/2021/03/07/un-altro-genere-di-forza-concorso-di-street-art-a-pomezia/

Si ringrazia IacobelliEditore per l’autorizzazione all’utilizzo del titolo del libro “Un altro genere di forza”. Un ringraziamento particolare all’autrice Alessandra Chiricosta e all’illustratrice dell’immagine di copertina Rita Petruccioli

SPORTELLO DONNE POMEZIA – covid19
RICEVIMENTO SU APPUNTAMENTO
 
Mercoledì e Venerdì 18.00-20.00
Pronto Soccorso Clinica Sant’Anna
Cellulare attivo in orario sportello: 327.9569407
 
Giovedì 15.30 -17.30
Cellulare attivo in orario sportello: 3792395871
Comunicato Stampa




Ingresso gratuito al Museo Civico Archeologico Lavinium in occasione dell’8 marzo

Visita guidata Le Donne di Lavinium

 

In occasione della Giornata internazionale dei diritti della Donna dell’8 Marzo 2021, il Museo Civico Archeologico Lavinium apre gratuitamente le sue porte alle Donne per tutto il giorno e vi invita a partecipare alla visita guidata tematica “Le Donne di Lavinium”.
Appuntamento al Museo alle ore 16.00.

PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA
0691984744
museoarcheologicolavinium@gmail.com

Verranno rispettate tutte le norme anti-covid 19, per cui si richiede l’ingresso al Museo muniti di mascherina.

Le Donne di Lavinium evento Museo Civico Archeologico di Pomezia

Comunicato Stampa




“UN MESE, UN PIATTO, UNA STORIA…”

MARZO

TORTA MIMOSA

 

Non c’era un motivo migliore come l’8 marzo che poteva spingermi oggi a pubblicare la ricetta di una buonissima torta: la torta mimosa. Un tripudio di morbidezza e dolcezza in onore di una bella pianta che è il simbolo della Festa della Donna. Il giallo predomina in questo dolce: il Pan di Spagna sofficissimo con una punta di limone, e una vellutata crema pasticciera ammorbidita dall’aggiunta di una punta di panna fresca. In altre ricette ho già citato quale sia la fonte da dove prendo ispirazione, il mio Talismano, ma la torta di oggi è composta di due preparazione classiche che potrete reperire in qualunque libro di cucina.

 

INGREDIENTI:

 

2 Pan di Spagna rotondi

1 litro di crema pasticcera

250 ml di panna fresca montata

limoncello

 

PROCEDIMENTO:

 

Montate la panna fresca e aggiungetela delicatamente alla crema pasticcera.

Prendete uno dei due Pan di Spagna, eliminate con un coltello affilato la parte esterna più scura, tagliatelo a fette spesse circa 2 cm, poi ricavatene dei dadini tutti uguali che metterete da parte.

Passate poi al secondo, sempre con un coltello eliminate la calotta superiore e tagliatelo in duo o tre dischi a seconda di quanto alto vi sia venuto. Appoggiate il primo disco su un piatto da portata e bagnatelo con del limoncello allungato con dell’acqua.

Spalmate il disco con abbondante crema senza preoccuparvi se sborda un pò. Proseguite così anche con i dischi rimanenti.

Con una spatola ricoprite il dolce farcito con tutta la crema, spalmandolo bene sopra e lateralmente.

Prendete infine i quadretti che avete tenuto da parte e aiutandovi come le mani, ricoprite interamente la vostra torta.

Spolverate leggermente con dello zucchero a velo e servite.

La Torta Mimosa può essere conservata in frigorifero ben coperta per un massimo di due giorni.

 




CUORE DI DONNA ETRUSCA

In occasione della Festa della Donna dell’8 marzo scopriamo la donna nella civiltà etrusca.

 

La società etrusca colpiva gli osservatori contemporanei, in particolare quelli greci.

Li colpiva lo stile di vita delle classi aristocratiche, la ricchezza e il lusso, i meravigliosi gioielli che impreziosivano acconciature e vesti.

Ma ancor più li stupiva il comportamento eccezionalmente libero delle donne etrusche.

Infatti, nella generalità delle testimonianze riguardanti le antiche civiltà, la donna appare come subalterna all’uomo, dedita alla generazione dei figli, alla casa, alla filatura, a un comportamento morigerato, a una vita silenziosa e quasi invisibile.

Invece le donne etrusche partecipavano attivamente alla vita sociale, spesso sapevano leggere e scrivere, potevano essere titolari di attività economiche, mantenevano il patronimico (nome del padre) anche da sposate.

 

Sarcofago degli Sposi da Cerveteri. Elaborazione grafica di Cesare Restaino

Sarcofago degli Sposi da Cerveteri, presso Museo Etrusco di Villa Giulia

 

La più nota iconografia etrusca, dalle tombe dipinte, alle sculture, alle decorazioni vascolari, testimonia vivacemente questa realtà, raccontata da storici e scrittori greci e romani per manifestare ai posteri il loro grande scandalo a fronte di tanta libertà femminile.

Un simile contesto si riferisce in particolare al ceto benestante etrusco.

Pensiamo per esempio agli affreschi tombali di Tarquinia: mostrano per lo più scene di vita nobile e spensierata in cui donne raffinate ed eleganti partecipano insieme agli uomini a sontuosi banchetti.

E i corredi funebri femminili del ceto aristocratico ci restituiscono oggetti eccezionalmente ricchi e preziosi.

Le iscrizioni funebri ci parlano di donne dotate di nome proprio (Larthia, Thesathei, Velelia…), fatto davvero straordinario se si pensa che a Roma le donne, fino alla tarda età repubblicana, venivano denominate esclusivamente con il nome della gens, ovvero della famiglia alla quale appartenevano (Iulia, Claudia, Cornelia…Nella famiglia, poiché il nome femminile era sempre lo stesso, era necessario distinguere le donne aggiungendo  Maior, Minor, Prima, Secunda…).

Le testimonianze relative alla straordinaria posizione della donna etrusca si riferiscono in particolare al mondo italico del VI e del V secolo a.C., in connessione con la vigorosa ondata di benessere economico che interessò l’area dell’Etruria propriamente detta (Toscana, alto Lazio e Umbria).

Con il IV secolo a.C. la condizione sociale della donna etrusca perse gradualmente la sua autonomia e regredì assimilando i modelli di vita greci e romani, con i quali i contatti erano diventati sempre più intensi.

Danzatrice dalla Tomba dei Giocolieri

Danzatrice dalla Tomba dei Giocolieri

 

Le nobili donne etrusche dedicavano molto tempo alla cura della loro bellezza, come lasciano immaginare alcune iscrizioni e le testimonianze iconografiche.

Usavano specchi, strumenti di vario tipo e bellissimi unguentari; amavano vestire elegantemente, evidenziando le loro belle forme e indossando elaboratissimi e ricchi gioielli.

Molto varie e articolate sono le pettinature testimoniate nei ritratti nel VI secolo a.C.: lunghe trecce pendevano sul seno e sulle spalle delle donne, mentre in seguito troviamo l’uso di raccogliere i capelli in una reticella o in ciocche spesse e tirati all’indietro.

Consorti di uomini importanti, nobili, ricchi, colti, queste erano donne evolute, che uscivano spesso di casa, non rinunciavano a stare al fianco dei loro mariti, amavano i piaceri della vita, i banchetti raffinati, musica e danza.

Si dedicavano anche alla tessitura e la filatura, come testimoniano pesi di telaio, fuseruole e rocchetti, facendosi piacevolmente aiutare dalle ancelle.

Alcuni morsi di cavallo ritrovati nei corredi femminili lasciano immaginare anche un’autonomia di movimento della donna etrusca, che forse viaggiava senza essere necessariamente accompagnata.

Ritorniamo alle fonti storiche che ci parlano del mondo etrusco: sono fonti greche e romane che osservano e riportano tutto alla luce della loro morale.

Nella società greca e in quella romana, le uniche donne ammesse ai banchetti erano le meretrici e tali vengono considerate le donne etrusche da storici scandalizzati, come il greco Teopompo, vissuto nella metà del IV secolo a.C..

Velca, dalla Tomba dell’Orto a Tarquinia

 

Ecco poche frasi estratte dal racconto di quest’ultimo:

“… Esse (le donne etrusche) curano molto il loro corpo facendo esercizi sportivi da sole o con gli uomini. Non ritengono vergognoso comparire in pubblico nude, stanno a tavola non vicino al marito ma vicino al primo venuto dei presenti e brindano alla salute di chi vogliono, sono forti bevitrici e molto belle da vedere.”

In molti corredi tombali femminili sono stati ritrovati i calici, le brocche e gli altri utensili caratteristici del simposio, il banchetto in cui si beveva insieme: questa era un’usanza tipicamente greca, riservata esclusivamente agli uomini, mentre gli etruschi rappresentano tranquillamente anche le donne nella loro piena partecipazione alla festa accanto agli uomini.

E’ davvero affascinante immaginare un mondo così diverso, così autonomo nel contesto delle civiltà italiche, dotato anche di una lingua molto diversa da quelle dei popoli limitrofi.

Un quadro che continua ad alimentare un certo mistero che avvolge questo popolo, una nebbia che, attraverso ampi studi e ricerche, va diradandosi sempre più, svelandoci una tenera e inattesa familiarità con questi nostri antenati.  Per questo possiamo addirittura sentirci “Etruschi nel cuore”(*).

 

(*) Titolo del libro che scritto da Maria Cristina Zitelli e Cesare Restaino, pubblicato su Amazon.

 

 

Dott. Maria Cristina Zitelli
Fotografie: elaborazione grafiche di Cesare Restaino




Non Una Di Meno lancia lo sciopero femminista e transfemminista dell’8 marzo

Essenziali sono le nostre vite, essenziale è il nostro sciopero!

L’8 marzo sarà sciopero femminista e transfemminista: sciopero generale della produzione e della riproduzione, del consumo, dai ruoli sociali imposti dai generi. La sfida di uno sciopero generale transnazionale nell’emergenza è ardua quanto urgente.

Diversi sindacati di base hanno già accolto l’appello di Non Una Di Meno e hanno proclamato lo sciopero generale di 24 ore. Sul blog di Non Una Di meno sarà reperibile un Vademecum dove reperire informazioni su come fare per scioperare. L’8 marzo interromperemo ogni tipo di lavoro, senza distinzioni di categoria e di contratto, lo scioperò coinvolgerà anche le figure non riconosciute del lavoro, chi con la pandemia ha perso ogni forma di reddito e le persone migranti che con il lavoro rischiano di perdere anche i documenti di soggiorno. Attraverserà lo spazio pubblico e i luoghi di lavoro ma anche la rete con pratiche di sciopero della connessione, connetterà chi cura e chi è curato per un sistema sanitario pubblico, diffuso e territoriale, le studenti e le insegnanti per portare la scuola fuori dall’emergenza, anche culturale, dando vita a “zone fuxia” nell’Italia segnata dai colori dell’emergenza.

Il 26 febbraio in molte città (Bologna, Reggio Emilia, Pisa, Torino, Livorno, Roma, Pavia…) partirà il countdown con azioni e conferenze stampa per presentare le iniziative della giornata dell’8 marzo dislocate nel paese.

La crisi sanitaria, sociale e economica ha colpito e colpirà ancora una volta il lavoro femminile, migrante, non tutelato, precario, gratuito. La gestione dell’emergenza ha fatto leva sull’assenza completa della tutela della salute in particolare nei settori essenziali; sull’intensificarsi di forme di lavoro a distanza non normato e sul sovrapporsi del lavoro produttivo e di cura nello spazio domestico, più che mai luogo di violenza per le donne e le soggettività lgbtqia+. I centri anti-violenza si sono trovati a gestire un’emergenza nell’emergenza, i numeri dei femminicidi delle ultime settimane lo testimoniano e impongono misure urgenti e strutturali.

I dati Istat mostrano come il crollo dell’occupazione riguardi soprattutto le donne (a dicembre 2020, 99mila posti di lavoro persi su 101mila sono di donne). L’8 marzo ci troveremo alla vigilia dello sblocco dei licenziamenti e nel pieno della definizione del Recovery Plan. I 209 miliardi per la “ricostruzione” arriveranno in Italia, ma sul loro impiego lo scontro è aperto. La gestione dei fondi europei ha determinato la caduta del governo Conte bis e l’insediamento del governo Draghi. Le politiche di inclusione di genere sono uno dei punti chiave del programma di rilancio e resilienza. Ma al di là di ogni falsa retorica sull’inclusione lavorativa e sulle politiche di conciliazione vita- lavoro, sono e saranno le donne, le migranti e le soggettività lgbtqia+ a pagare il prezzo più alto.

Alla prospettiva di un piano di ricostruzione patriarcale e confindustriale, vogliamo opporre un piano femminista di trasformazione sociale: un salario minimo europeo e reddito di autodeterminazione, socializzazione della cura, welfare universale e non familistico, un permesso di soggiorno europeo non condizionato al lavoro e alla famiglia, diritto alla salute e all’autodeterminazione, priorità della salute ecosistemica rispetto ai profitti.

Essenziali sono le nostre vite, essenziale è il nostro sciopero!

 

COMUNICATO STAMPA