Il maestro delle luci e delle ombre: Caravaggio

Chi è che, in vita sua, non ha mai sentito parlare di Caravaggio?

Michelangelo Merisi da Caravaggio (detto, appunto, il Caravaggio) è sicuramente uno degli artisti più famosi di tutti i tempi.
Uomo dalla vita tormentata e oscura, Caravaggio nasce a Milano nel 1571 ed entra all’età di 13 anni nella bottega di Simone Peterzano, dove compie il suo apprendistato da pittore.

Di quel periodo, tuttavia, non si sa nulla.

 

Periodo romano

Nel 1594 si trasferisce a Roma. Molti pensano che abbia abbandonato Milano così presto poiché colpevole di omicidio, ma le storie attorno alla sua vita sono numerosissime ed è difficile distinguere la realtà dalla leggenda.

Le opere del periodo romano sono caratterizzate da toni più chiari, giallastri, come ad esempio la “Buona Ventura” e “Bacchino malato”.
E’ possibile vedere molte sue opere qui a Roma, gratuitamente, come nella Cappella Cerasi a Santa Maria del Popolo nella chiesa di San Luigi dei Francesi.

La Buona Ventura è un’opera dipinta probabilmente nel periodo in cui Caravaggio frequentava la bottega del Cavalier d’Arpino a Roma.
Il quadro rappresenta una zingara che, mentre legge la mano ad un giovane, gli ruba l’anello dal dito.


E’ una scena di vita quotidiana: una graziosa zingarella, con il pretesto di leggere la mano a un ingenuo giovane di buona famiglia, catturando la sua attenzione col suo sguardo malizioso, gli sfila abilmente un anello dal dito. Qualcosa che si può vedere ogni giorno al centro di Roma!

La tradizione vuole che Caravaggio avesse scelto per modella una vera zingara che vide passare davanti al suo studio e come ci dice il Bellori, la condusse in studio per ritrarla così, al momento.
L’indagine radiografica del 1985 ha messo in luce un dettaglio che oggi, nonostante i restauri, non è più ben visibile, ovvero le dita della zingara che sfilano l’anello all’ingenuo giovane ben vestito.

 

I numerosi viaggi

Nel 1606, però, durante una rissa, Caravaggio uccise Rinuccio Tommasoni.
Condannato alla pena di morte, Caravaggio cercò di fuggire, spostandosi prima a Napoli, poi a Malta e in Sicilia, per tornare infine di nuovo a Napoli, in una costante ricerca di protezione.

Le opere di questo periodo – della maturità – sono permeate dalla paura della morte, come la “Decollazione di San Giovanni Battista” ma soprattutto il bellissimo “Davide con la testa di Golia”.

 

Nel volto di Golia è rappresentato tutto il tormento e la paura che Caravaggio visse in quel periodo: è, infatti, il suo autoritratto.
Le due figure emergono dalle ombre, in questa tecnica che sarà poi caratteristica di Caravaggio.
Sono figure corrose dalla luce, che lottano per venire a galla dall’oblio che le circonda.

Come le statue di Michelangelo che venivano fuori dal marmo, così anche le figure di Caravaggio.

Nel disperato tentativo di tornare a Roma e chiedere aiuto al papa, Caravaggio intraprese un viaggio, il suo ultimo.
Morì infatti nel 1610 a soli 38 anni, senza sapere che il papa aveva inviato una settimana prima un messaggero con il condono papale per assolverlo dai suoi crimini.




Pop art

Anche se comunemente riteniamo che la pop art sia nata nel contesto delle immagini pubblicitarie dell’America degli anni ’60, bisogna ricredersi.

L’Independent group

Infatti, il termine “pop art” nasce nel decennio precedente a Londra, proprio presso l’Institute of Contemporary Art (ICA).

Subito dopo la conferenza “Bunk” – dove parteciparono Eduardo Paolozzi, Laurence Alloway e Richard Hamilton – un gruppo di persone decisero di fondare l’Independent Group.

All’interno di questo gruppo convogliano tre anime: la prima, quella formata da artisti e fotografi, come Paolozzi e Hamilton;
la seconda formata da critici d’arte e teorici, come Alloway;

la terza composta da architetti e designer come Stirling.

L’idea era quella di creare una nuova forma d’arte che mutuasse i suoi temi dall’arte popolare, l’arte di massa, senza entrare però in contraddizione con essa.
Bisognava creare una nuova spazialità!

Questa necessità di trattare i temi della cultura di massa arrivò anche in America sorsero i più grandi artisti dell’arte pop, come Andy Warhol.

Ma andiamo per ordine.

Rosenquist

Tra i primi a trattare dei temi pubblicitari e dei simboli per eccellenza dell’america ci fu Rosenquist.
Ancora legato alla pittura, Rosenquist creava in piccolo formato i suoi quadri nei quali sovrapponeva le celebri immagini della tv – una Ford, J.F.Kennedy, dei Mac&Cheese – e poi li riportava su grande scala.

Rosenquist prelevava i suoi soggetti direttamente dal mondo della pubblicità americana, ma come vedremo, non è l’unico referente per gli artisti pop degli anni ’60.

Liechtenstein

Infatti, Liechtenstein preleva i suoi soggetti dal mondo del fumetto!
L’artista è molto famoso per riproporre eroine dei fumetti in tutte le salse: ridenti, spaventate e anche in lacrime. Tra i vari fumetti da lui trattati c’è anche Braccio di Ferro!

Tuttavia, la particolarità di Liechtenstein è questa: egli interrompe la fascia narrativa tipica del fumetto, isolando un singolo riquadro che non racconta nulla.

 

Warhol

 

Ma adesso arriviamo a colui che è considerato il più grande artista dell’arte pop: Andy Warhol.

Warhol è un personaggio complicato in cui affluiscono numerosi interessi e passioni.
Anche lui, come Liechtenstein si approccia al fumetto – come in Dick Tracy – e anche lui, come Rosenquist si rifà ai grandi divi della tv americana come le celebri Marilyn Monroe e Liz Taylor.

Ma quando lo fa c’è sempre un’indagine, dietro, non è mai pura illustrazione.

Infatti, i primi dipinti di Marilyn Monroe vennero creati all’indomani della tragica morte della diva, nonostante ella fosse diventata un’icona in vita. Warhol si inizia ad interessare alla sua figura solo in seguito alla sua morte; così succederà anche per Liz Taylor che egli dipinge dopo aver appreso la notizia di una grave malattia che ha colpito l’attrice.

Quindi, parte della produzione di Warhol ruota attorno a questo tema della morte, questa presenza ingombrante che aleggia in ogni sua opera, fino a diventare una vera e propria ossessione.

Per “oggettivare” la sua arte Warhol inizia ad utilizzare la stampa piuttosto che la pittura.
Inizia così a riprodurre pagine di giornale che raccontano di disastri, come ad esempio “129 morti su un jet”, oppure “Ambulance disaster” oppure anche “Suicide”. E così via, in un loop inquietante di morte e terrore.

 

Fino al 1968, anno in cui una signora fece irruzione nel suo studio e gli sparò.
Warhol combatté tra la vita e la morte, ma infine si salvò.

Ed in una sorta di esorcizzazione della paura della morte, questo tema tanto ingombrante e tanto pesante sparì dalla sua produzione artistica.




Kurt Schwitters: l’artista dei collage

Kurt Schwitters è stato un artista tedesco che ha vissuto nella prima metà del XX secolo.

È stato un membro del movimento dadaista in Germania e la sua opera è stata influenzata da molti stili artistici diversi, tra cui l’espressionismo astratto, il cubismo e il futurismo.
La sua vita e le sue opere sono state caratterizzate da una continua sperimentazione e ricerca di nuove forme artistiche.

 

 

La vita

Kurt Schwitters nasce nel 1887 a Hanover, in Germania, dove ha iniziato la sua carriera artistica durante la Prima guerra mondiale.

Si unirà al movimento dadaista tedesco negli anni ’20.
Il Dadaismo è stato un movimento culturale – nato in Svizzera, precisamente nel Cabaret Voltaire, durante la Prima guerra mondiale -e ha avuto l’obiettivo di criticare la società e la cultura borghese attraverso l’arte.

L’arte dadaista nasce dall’influenza cubo-futurista che in quegli anni si andava diffondendo in tutta Europa e che si basava su una visione frammentaria della città.

La metropoli moderna, nella sua bellezza e contraddizione, non poteva essere concepita come unitaria ed omogenea (come lo era Roma, città eterna, di stabilità e fissità) ma era percepita in modo discontinuo.

A partire dal cubismo, questo carattere della città fu tradotto in “importazioni” della città urbana: nei quadri di Braque e Picasso iniziano a comparire scritte urbane, etichette di bottiglie e marche di oggetti commerciali (come il brodo KUB).

Durante la Seconda guerra mondiale, Schwitters fu costretto a fuggire dalla Germania e visse gli ultimi anni della sua vita in Inghilterra, dove morì nel 1948.

Le opere

 

Schwitters è stato un innovatore nel campo del collage, usando materiali di scarto come carta, cartone, giornali e mozziconi di sigaretta per creare le sue opere. Questi oggetti, prelevati direttamente dalla strada, trasmettono quella concezione di cui parlavamo prima: rispecchiano l’esperienza frammentaria della città.

La sua opera più importante, la Merzbau, era un’installazione ambientale in continua evoluzione che ha costruito nella sua casa a Hanover.Questa opera ha dato forma alla sua filosofia artistica, che si concentrava sull’uso di materiali di scarto e sulla continua evoluzione delle sue opere.

In conclusione, Kurt Schwitters è stato un artista e poeta di grande importanza che ha avuto un impatto significativo sulla cultura del collage e sulla filosofia dadaista.

La sua vita e le sue opere hanno dimostrato la sua dedizione alla sperimentazione e alla ricerca di nuove forme artistiche e la sua influenza è stata sentita per molti anni dopo la sua morte.




La Salomè

La figura di Salomè

Forse molti di voi hanno sentito parlare della figura di Salomè.
Ebbene, Salomè è un famosissimo personaggio biblico, la bellissima figlia di Erodiade, principessa giudaica tanto affascinante quanto terrificante ed anche una delle prime danzatrici (parleremo più avanti della sua danza dei sette veli).

La figura di Salomè ha da sempre ispirato numerose opere d’arte, dal Cinquecento fino nel Novecento – basti pensare alla formella “Banchetto di Erode” di Donatello o al celeberrimo “Salomè o Giuditta” di Gustav Klimt – ma anche di opere teatrali.

Oggi andremo a vedere, infatti, la Salomè di Richard Strauss, composta nel 1905.

Strauss basa il suo dramma sull’omonimo in francese di Oscar Wilde, tradotto in tedesco da Lachmann e riadattato dunque da Strauss per la sua opera.

Già a partire dal 1900, anno della pubblicazione dell’Interpretazione dei sogni di Freud, si era sviluppato un grande interesse per la psicologia dei personaggi, famosi e non, che erano talvolta passati alla storia come “negativi”.

È il caso di Salomè.

 

La Salomè di Strauss

 

La storia di Salomè, nell’opera di Strauss, comincia con l’arrivo di Jochanaan (Giovanni Battista) nella prigione del palazzo di Erode, tetrarca di Gerusalemme.

Nella sala accanto alla cisterna dov’è prigioniero il profeta è in corso un banchetto dal quale Salomè scappa, incuriosita dalla litania continua che sente provenire dalla stanza accanto.

A guardia del prigioniero vi è Narraboth, capitano dei soldati, il quale inizialmente cerca di desistere dalla pressante richiesta di Salomè di liberare Jochanaan per farglielo conoscere.
Narraboth, tuttavia, innamorato di Salomè e ammaliato dal suo fascino, si lascia convincere.

Jochanaan viene liberato e comincia a condannare i peccati di Erode e di sua moglie, Erodiade, madre di Salomè.
La ragazza, invece, guarda affascinata il profeta dai lunghi capelli e dalle belle labbra ed immediatamente se ne innamora.

Cerca di sedurlo, di avvicinarsi, ma Jochanaan è irremovibile: la respinge.

Intanto, in disparte, Narraboth assiste a questo atto di seduzione da parte della sua amata, e non potendo più sopportare tale visione, si uccide in silenzio.

Salomè neanche se ne accorge, tant’è presa dal desiderio di baciare Jochanaan, che tuttavia la allontana ferocemente. Egli la maledice e ritorna nella cisterna, sprezzante.

Erode, Erodiade ed il loro seguito, nel frattempo, cercano Salomè.
Una volta trovata Erode offre alla giovane vino, frutta ed un posto al suo fianco, sotto lo sguardo furente della madre, ma lei rifiuta.

Solo quando le offre in cambio qualunque cosa lei desideri, Salomè accetta di danzare.

La principessa esegue questa danza perturbante, movimentata, selvaggia: i suoi veli cadono uno ad uno mentre lei volteggia estatica di fronte ad Erode.

 

Il Finale

 

Alla fine della danza Erode le chiede quale sia la ricompensa da lei voluta e Salomè, orgogliosa, risponde: la testa di Jochanaan su un piatto d’argento.

Inorridito, Erode cerca di farle cambiare idea, ma invano, ed infine le offre la testa del Battista.
Salomè, al colmo della gioia, canta, afferra la testa del profeta e bacia, finalmente, la sua bocca.

Erode, dopo tanto orrore, ordina ai soldati di uccidere la figliastra.

Si conclude così una delle storie più perturbanti, che sin dall’antichità ha il potere di destare stupore, curiosità ma anche orrore e repulsione.




ANDREA DEL MONTE VINCE L’ANTENNA D’ORO PER LA TIVVU’

 

Il giovane cantautore di Latina è stato premiato nei giorni scorsi a Roma, nella Sala Protomoteca del Campidoglio  

Dopo il “Microfono d’Oro”, il Premio “Autore dell’Anno” e il Premio Speciale “Antica Pyrgos”, Andrea Del Monte vince anche il Premio “Antenna d’Oro per la Tivvù”. E lo  conquista ancora una volta grazie al libro-disco “Puzzle Pasolini”, pubblicato in occasione del centenario della nascita del poeta friulano. Ma soprattutto per le sue ospitate in televisione. Ha ricevuto tale ennesimo premio nei giorni scorsi  a Roma, nella Sala Protomoteca del Campidoglio.

IL PREMIO

Un premio, questo, riservato in particolare ai personaggi delle trasmissioni  televisive, locali e non, più popolari e più seguite, ma anche a coloro che, per un motivo o l’altro, sono apparsi sul  piccolo schermo. È nato  sulla scia del grande successo mediatico del “Microfono d’Oro”, considerato l’oscar della radio. Durante la kermesse sono state inoltre assegnate alcuni riconoscimenti speciali.   Sono stati premiati, tra gli altri, il regista e autore Jocelyn, il regista e sceneggiatore Pier Francesco Pingitore, la giornalista del Tg5 Simona Branchetti, le inviate del Tg2 Laura e Silvia Squizzato, l’attore Gigi Miseferi, la conduttrice televisiva Matilde Brandi, il regista Andrea Doria, la giornalista e conduttrice Monica Setta, i giornalisti Massimiliano Ossini, Stefano Buttafuoco e Angelo Mangiante, e infine Antonella Salvucci, Daria Luppino, Emanuela Tittocchia e Roberta Morise.

“È stato – ha sottolineato l’organizzatore Fabrizio Pacifici –  il primo grande evento del 2023. Tra l’altro, abbiamo dato spazio anche ai nuovi volti televisivi, come Ylenia Totino, Barbara Fabbroni e Andrea Del Monte”.

Promotore del Premio è stato il consigliere comunale Fabrizio Santori, segretario d’Aula dell’Assemblea Capitolina, che ha affermato:

“Le emittenti nazionali e locali offrono al pubblico un prodotto curato da giornalisti e da numerosi professionisti che provengono da tutta Italia. Confezionano trasmissioni gradite a un pubblico sempre più vasto, dai giovani agli anziani. I premi sono stati dedicati a iniziative e lavori eccellenti, i più apprezzati dai telespettatori nel campo nell’attualità e della cronaca, ma anche in quelli dell’arte, sport, musica,  sociale e intrattenimento”.

ANDREA DEL MONTE

Andrea Del Monte è chitarrista, cantautore e compositore di Latina. Nel 2007, con il singolo“Il giro del mondo”, brano ispirato dal film“Il Grande Dittatore”di Charlie Chaplin, vince il Premio della critica al Festival“Il Cantagiro”. Al suo primo omonimo EP collabora John Jackson,storico chitarrista di Bob Dylan e l’etnomusicologo Ambrogio Sparagna. Con questo disco, raggiunge la Top 20 di iTunes.   Nel 2016, musica e canta la  poesia “Supplica a mia madre” di Pier Paolo Pasolini. Nel 2015, sempre al poeta friulano, dedica  il libro-disco “Caro Poeta, caro amico” e  nel 2019 pubblica  il disco-libro “Brigantesse – Storie d’amore e di fucile”, il cui l’album si apre con la lettura di una brano da parte di Sabrina Ferilli. L’anno scorso  infine  ha aggiornato il  libro-disco dedicato a Pier Paolo Pasolini arricchendolo con tre racconti e attribuendogli il nuovo titolo: “Puzzle Pasolini”.




CONCORSO PROVINCIALE “L’OLIVA ITRANA”, APERTE LE ISCRIZIONE ALLA VII  EDIZIONE 

IL CONCORSO

Giunto alla settima  edizione, il Premio provinciale  “L’Oliva itrana” si terrà, come sempre, nell’ambito del Concorso provinciale “L’Olio delle Colline – Paesaggi dell’extravergine e Buona pratica agricola dei Lepini Ausoni e Aurunci”, in programma il 25 febbraio a Sonnino.  È organizzato dal Capol (Centro assaggiatori produzioni olivicole Latina).

LE CATEGORIE

Due le categorie del premio: “Oliva di Gaeta Dop” e “Oliva itrana bianca”. È rivolto a olivicoltori, trasformatori e confezionatori, singoli o associati,  iscritti alla Camera di Commercio di Latina – settore agricolo. Da precisare che  poter partecipare alla categoria “Oliva di Gaeta Dop”, il produttore deve essere iscritto all’Organismo di controllo nella categoria trasformatori/condizionatori. Tutti gli altri requisiti necessari per concorrere sono specificati nel relativo regolamento.

COME PARTECIPARE

La partecipazione è gratuita e a tutti i concorrenti sarà rilasciata, oltre all’attestato di partecipazione, la certificazione relativa all’analisi organolettica. Le domande possono essere inviate tramite e-mail a capol.latina@gmail.com. Insieme alla scheda di adesione, gli interessati  dovranno far pervenire due campioni di olive dentro un contenitore di almeno 500 gr.,  entro le ore 13:00 del 2 febbraio 2023. Ogni olivicoltore potrà gareggiare con un solo campione di olive per categoria. Le partite di olive dalle quali provengono gli stessi campioni potranno essere successivamente verificate dai tecnici incaricati dall’Associazione Capol.

I PREMI

La selezione delle olive sarà effettuata da  esperti del settore coordinati da Giulio Scatolini del COI (Consiglio Olivicolo Internazionale). Per entrambe le categorie, saranno premiate le prime due aziende. È prevista inoltre l’asssegnazione di menzioni di merito.  I risultati del concorso saranno resi noti nel corso del convegno che ogni anno chiude il Concorso provinciale  “L’Olio delle Colline”. I  campioni di olive, unitamente alla domanda di partecipazione, potranno essere consegnati direttamente al:  Comune di Rocca Massima – Assessorato all’Agricoltura (Via del Municipio, 47);  al Capol (c/o Consorzio per lo Sviluppo Industriale Roma-Latina – Via Carrara 12/a); al Comune di Itri – Staff del sindaco o  Assessorato all’Agricoltura (Piazza Umberto I, 1). Per informazioni, telefonare al 329.1099593.




Il Gigante Sepolto di Ishiguro

L’Autore, Kazuo Ishiguro

Kazuo Ishiguro è uno scrittore inglese di origine giapponese, noto per la sua scrittura evocativa e per la sua capacità di esplorare temi come la memoria, la nostalgia e l’identità attraverso una prospettiva unica e originale.

Tra le sue opere più famose ci sono “Il giardino alla fine del mondo”, “Il gigante sepolto”, “Klara e il Sole”.

Kazuo Ishiguro è un premio Nobel per la letteratura. Nel 2017, l’Accademia Svedese ha assegnato il premio a Ishiguro “per aver evocato l’elusività del passato e l’incertezza del futuro in romanzi di una profondità emozionale unica”.

La premiazione di Ishiguro è stata accolta con entusiasmo dalla critica e dal pubblico, che hanno celebrato il suo contributo alla letteratura mondiale e la sua abilità nell’esplorare temi universali attraverso una prospettiva unica e originale.

Il Gigante sepolto

Il Gigante sepolto  è un romanzo scritto da Kazuo Ishiguro, pubblicato nel 2020 dalla casa editrice Einaudi.

Il libro racconta l’avventura di due vecchi coniugi, Axl e Beatrice, i quali partono alla ricerca del figlio perduto, in un mondo in cui i loro ricordi e sono sfocati e la memoria, non solo la loro, ma quella di tutta la popolazione, sembra essere inghiottita nell’oblio.

In una surreale ambientazione nelle campagne inglesi del IX secolo, in un’ideale mondo in cui magia, fantasia e storia si uniscono, la coppia anziana incontra numerosi personaggi, sassoni o britanni, che li aiuteranno a ricordare il proprio passato e a capire il futuro che li attende.

Il romanzo esplora il tema della memoria e della nostalgia attraverso la narrazione di Axl e Beatrice, che ricordano il loro passato e si interrogano sul loro futuro.

Ishiguro utilizza un linguaggio semplice e preciso per creare un’atmosfera di sogno e di mistero, e per esplorare temi come l’amore, la fede e la speranza.

Il Gigante Sepolto è stato molto acclamato dalla critica e ha vinto il premio Booker nel 2017. è stato descritto come un’opera “affascinante e commovente” che esplora temi universali attraverso una prospettiva unica e originale.

Mi sento di consigliare questo libro a tutti i fan dell’atmosfera fantasy ma anche dei romanzi storici: i due generi si uniscono in questo romanzo creando qualcosa di unico, a volte tetro, ma profondo e delicato.




Giotto, artista medioevale.


Giotto di Bondone è stato un pittore e architetto italiano vissuto tra il 1267 e il 1337.
È considerato uno dei più grandi artisti dell’epoca medievale e uno dei precursori del Rinascimento.

La sua arte ha influenzato molti artisti successivi e ha stabilito nuovi standard per la rappresentazione della figura umana e della natura.

Tra le sue opere più famose ci sono le affreschi nella Basilica di San Francesco ad Assisi e la Cappella degli Scrovegni a Padova.

Inoltre è conosciuto per le decorazioni della Basilica di Santa Croce a Firenze e per le sue opere a Bologna e Napoli.

Giotto è stato uno dei primi artisti a rompere con la tradizione bizantina dominante nell’arte italiana del XIII secolo, creando opere più realistiche e naturalistiche.

Ha introdotto un nuovo modo di rappresentare la figura umana, dando maggiore importanza all’espressione e al movimento, e ha creato scene più plausibili, in cui i personaggi sembravano essere parte di un ambiente reale.

Inoltre, Giotto ha lavorato come architetto e scultore, progettando e costruendo diverse chiese e palazzi, tra cui la Basilica di Santa Croce a Firenze ed il cosiddetto Campanile di Giotto.

La sua influenza sull’arte italiana e sull’arte europea in generale è stata enorme, e molti artisti successivi hanno cercato di imitare o emulare il suo stile.

 

La Cappella degli Scrovegni a Padova

 

Le sue opere più famose sono gli affreschi nella Cappella degli Scrovegni a Padova, in cui ha dipinto una serie di scene della vita di Cristo e della Vergine.

Questi affreschi sono considerati tra i capolavori della pittura medievale e sono stati descritti come “il primo grande passo verso la pittura moderna” per la loro naturalezza e realismo.

La Cappella degli Scrovegni è una cappella privata situata nella città di Padova, in Italia. Fu costruita all’inizio del XIV secolo per Enrico Scrovegni, un ricco banchiere e commerciante, e fu decorata con un ciclo di affreschi realizzati da Giotto tra il 1303 e il 1305.

Il ciclo di affreschi della Cappella degli Scrovegni è considerato uno dei capolavori di Giotto e uno dei massimi esempi di pittura del periodo medievale.

Il ciclo è composto da 38 scene che raccontano la vita di Cristo, la vita della Vergine e la vita dei santi, insieme a una serie di raffigurazioni allegoriche e simboliche.

E’ stato dipinto utilizzando la tecnica ad affresco, in cui i pigmenti sciolti in acqua vengono applicati su una base di intonaco fresco, che permette di utilizzare colori puri e intensi e di creare una sensazione di profondità e tridimensionalità.

Giotto utilizzò una prospettiva nuova, molto più naturale e realistica rispetto a quella tradizionale, e una grande attenzione ai dettagli, alle espressioni e ai movimenti dei personaggi.

La Cappella degli Scrovegni è aperta al pubblico e attualmente è protetta da un sistema di climatizzazione e di illuminazione artificiale per preservare gli affreschi. E’ stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 2002.

San Francesco ad Assisi

Gli affreschi di San Francesco ad Assisi sono una serie di dipinti murali realizzati da Giotto tra il 1297 e il 1300 nella Basilica Superiore di San Francesco d’Assisi.

Questi affreschi rappresentano scene della vita di San Francesco d’Assisi e sono considerati tra le opere più importanti del Medioevo.

 

Le scene dipinte da Giotto nella Basilica Superiore di San Francesco d’Assisi sono divise in quattro serie: la Vita di San Francesco, la Vita di Cristo, la Vita della Vergine e la Vita dei Santi.

La serie della Vita di San Francesco comprende 22 scene che descrivono la vita del santo, dal suo battesimo fino alla sua morte.

Giotto ha rappresentato San Francesco come un uomo, con espressioni emotive e movimenti naturali, creando una forte relazione tra il personaggio e lo spettatore.

Gli affreschi di Giotto ad Assisi sono stati una fonte di ispirazione per molti artisti successivi, tra cui il famoso pittore e scultore italiano Donatello.
Anche questi affreschi sono stati dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 2000.




L’Antigone di Sofocle

Sofocle, drammaturgo greco del V secolo a.C. di cui abbiamo già parlato in precedenza, trattando approfonditamente il suo capolavoro Edipo Re, è autore di altre numerose opere di grande successo.

Oggi parleremo insieme dell’Antigone, la quale fa parte insieme all’Edipo re e l’Edipo a Colono del Ciclo tebano, incentrato sulle vicende di Edipo e della sua dinastia.

A differenza dell’Edipo Re la cui data di composizione è sconosciuta, dell’Antigone si conosce la data della prima rappresentazione: il 442 a.C., ad Atene, durante le Grandi Dionisie.

Antigone è figlia di Edipo e Giocasta, sorella di Eteocle, Polinice ed Ismene.
Quest’opera si pone in diretta continuità con l’Edipo Re; inizia perciò con la sua fine.

Edipo, cacciato da Tebe dopo aver scoperto di esser stato l’assassino di suo padre e di aver sposato la sua stessa madre, si cieca gli occhi e si esilia dalla città di cui è stato re.

I suoi quattro figli, dunque, avrebbero dovuto succedere il padre alla reggenza della città.

Tuttavia, Eteocle, il primo a ricoprire la carica di re, abusa del suo potere bandendo dalla città il fratello Polinice.
Quest’ultimo decide, perciò, di fare guerra al fratello.

Questo tema – la guerra tra Polinice e Eteocle – è il fulcro di un’altra famosissima tragedia, I Sette contro Tebe di Eschilo.

La guerra, però, non finisce bene per nessuno dei due fratelli: Eteocle e Polinice si uccidono a vicenda.
Qui interviene lo zio Creonte, il quale decide che solo Eteocle può esser seppellito, poiché Polinice è divenuto un traditore della patria muovendo guerra al fratello.

Ed è in questo momento che entra in scena Antigone: personaggio dalla forte morale, emancipata dal contesto sociale, rigida e salda nei suoi ideali.
Antigone è emblema della giustizia personale rispetto alle leggi arcaiche; è l’eroina per eccellenza, portatrice di un sentimento morale molto moderno.

Infatti, Antigone confida alla sorella Ismene di voler seppellire il fratello Polinice e si assume tutta la responsabilità della sua decisione.
Ismene, al contrario, così rispettosa della legge, si rifiuta e cerca di dissuadere Antigone.

Scopriamo però, nella scena successiva, che Creonte scopre la sepoltura del corpo di Polinice e manda qualcuno a sorvegliare la sua tomba per scoprire chi è stato ad opporsi alla legge.

Antigone viene scoperta e portata al cospetto di Creonte. Quest’ultimo, adirato, la condanna a morte. Ma Antigone è ferma sul suo punto: il rito funebre va concesso a tutti gli uomini per volere delle divinità e nessuno può opporsi al loro volere.

L’atto finale è la tragicità pura: per non macchiarsi della colpa di uccidere un familiare, Creonte decide di condannare Antigone ad essere rinchiusa in una grotta dove resterà finché non troverà la morte.

Ma, senza saperlo, Creonte si è già macchiato di un crimine contro gli dèi: il rifiuto del funerale di Polinice.
L’indovino Tiresia gli ricorda questo, e così Creonte decide di andare alla grotta per salvare Antigone.

Tuttavia, giunto alla grotta, scopre cos’è accaduto.
Suo figlio, Emone, innamorato di Antigone, è andato alla grotta per salvarla, ma trovandola impiccata è impazzito di follia, giungendo a uccidersi a sua volta alla vista del padre, fautore di tutto ciò, trafiggendosi con una spada.

Dopo aver saputo di tutti questi avvenimenti, anche Euridice, moglie di Creonte e madre di Emone, decide di darsi la morte.

L’opera si conclude con Creonte, il quale resosi conto dei peccati e dei crimini commessi, invoca gli dei di dargli la morte.




Il David di Donatello

Prima del celeberrimo David di Michelangelo, esisteva un David altrettanto importante ma passato alla storia come un’ombra del primo.

Il David di Donatello è una scultura bronzea del 1440 ca. (in un arco temporale che va dal 1427 al 1460), simbolo ed emblema del Quattrocento italiano.

Il David è la prima scultura a tutto tondo di un nudo dai tempi delle sculture classiche romane.

 

 

Storia espositiva

Donatello realizza quest’opera per il cortile di Palazzo Medici a Firenze su commissione di Cosimo de’ Medici, ed infatti è testimoniata al centro del cortile già dal 1469, durante le nozze di Lorenzo de’ Medici con Clarice Orsini.

Il David però doveva apparire un po’ differente da come è oggi: infatti le fonti (tra cui Vasari) attestano una base marmorea, perduta, di Desiderio da Settignano.

Durante la cacciata dei Medici, l’opera fu rubata dalla folla e portata a palazzo Vecchio come simbolo della libertà repubblicana, ma con il ritorno di Cosimo I il David fu collocata in una nicchia esterna nella facciata del palazzo.

Successivamente il David viaggia ancora un po’ per Firenze: prima, venne spostato su un camino di una sala di Palazzo Pitti; poi, nel 1777 fu trasportato agli Uffizi, dove fu collocato da Luigi Lanzi nella sala delle sculture moderne.

Infine, il suo viaggio di conclude con l’approdo al Museo nazionale del Bargello, dove si trova tutt’oggi.

 

Descrizione

Ma cosa rappresenta questa famosissima statua?

La storia di Davide e Golia è una delle più famose della Bibbia: il pastorello Davide, armato di una fionda, uccide il gigante Golia, soldato dei Filistei in guerra contro il popolo di Israele.

La statua rappresenta il momento il cui l’eroe, Davide, con tutti gli attributi che lo descrivono (la testa di Golia ai piedi e la spada) trionfa sul nemico sconfitto.

C’è però un elemento anomalo: Davide porta sulla testa un copricapo insolito, un cappello a punta con una ghirlanda di alloro, mentre i piedi sono foderati da lunghi calzari. Questi elementi, ad un primo impatto, lo fanno sembrare un Mercurio alato.

A differenza delle statue classiche romane – pur rispettato la statuaria di Prassitele – il corpo risulta molto più armonioso e naturalistico. In più, non esiste un solo punto di vista adatto all’osservazione: questa è una scultura progettata a tutto tondo, bisogna dunque ruotarci attorno per avere una visione d’insieme e cogliere ogni dettaglio.

 

Il restauro

Un recente restauro del 2007 ha messo in luce delle tracce di doratura superstiti in alcuni punti della statua.
Così, al termine del restauro si è deciso di eseguire una copia che ne mostra il possibile aspetto originario e di esporla temporaneamente accanto all’originale.




NELLE LIBRERIE IL NUOVO LIBRO DI ROBERTO CAMPAGNA: “AMEN” 

Ai credenti, ai miscredenti e agli indifferenti… insomma a tutti Roberto Campagna ha dedicato l’ultimo suo libro: “Amen – Miracoli, misteri e sacre vendette”.

 

Pubblicato da Ensemble,  è una raccolta di otto racconti sul mondo religioso. Così come in altri suoi libri, lo scrittore pontino ricorre alla metanarrazione.

In pratica, racconta fatti realmente accaduti mischiandoli con altri inventati da lui stesso. Ciò per rendere gli stessi fatti accaduti più credibili e quelli inventati più veritieri. Ma, rispetto per l’appunto ad altri suoi precedenti libri, questa tecnica qui è più marcata perché  il  racconto, a differenza del romanzo che  ha perlopiù una narrazione orizzontale, è auto conclusivo.

Quindi, per dare più forza alle sue storie, Campagna ha cercato di privilegiare i fatti realmente successi, anche se in alcuni casi la stessa  narrazione è di tipo orizzontale, permettendogli così di  liberare di più la fantasia.

“Negli otto racconti di Roberto Campagna – scrive Maurizio Valtieri  nella prefazione – c’è tutta la sostanza antropologica della sopravvivenza e convivenza tra esseri umani. Ogni volta si apre una porta, che diventa varco temporale per accedere ad anni diversi e, in alcuni casi, a secoli diversi, e ci si immerge nei quadri di un vivere quotidiano, descritto magistralmente. Il leitmotiv che unisce gli otto racconti, come ci fa intuire il titolo e il sottotitolo, è rappresentato proprio dal sacro, cristiano e pagano”.

Non tutti i fatti narrati comunque  sono realmente accaduti, alcuni sono leggende. Ma le leggende, a forza di raccontarle, diventano reali. Un racconto riguarda il Natale: “Il diavolo della Vigilia”. È un raccanto esilirante e nelle stesso tempo drammatico.   Tutti sono ambientati in altrettanti borghi del centro sud Italia. I loro nomi sono di fantasia per un motivo molto semplice: perché ogni borgo italiano conta fatti simili a quelli da cui è partito l’autore per inventarne la  narrazione. Anche i nomi dei personaggi sono di fantasia.

“Personaggi che, pur partecipando al proprio ruolo sociale – sottolinea Valtieri –  sono degli anarchici inconsapevoli, ribelli in qualche modo verso Dio, lo Stato e la società. Sono degli aquiloni spinti verso l’alto, eppure saldamente ancorati a terra attraverso un filo robusto, che sono le radici profonde nel territorio e il legame, spesso sentimento di amore-odio, con i compaesani”.

La scrittura di Campagna è pragmatica, scandita da soggetti e complementi oggetto volutamente ripetuti da incisi che non ammettono distrazione alcuna e inchiodano lo sguardo dei lettori su mondi apparentemente  miseri, ma fondamentalmente meravigliosi.




“Notte Oscura”: la nuova mostra alla Fondazione Memmo

La Fondazione Memmo (via Fontanella Borghese 56b) ospita l’ottava edizione di Conversation Piece, il ciclo di mostre a cura di Marcello Smarrelli dedicato agli artisti stranieri e italiani che intrattengono un rapporto speciale con la città di Roma.

La mostra, intitolata “Notte Oscura”, verrà inaugurata il 12 dicembre, e partire dal 13 dicembre 2022 fino al 26 marzo 2023 sarà visitabile ogni giorno (martedì chiuso) dalle 11.00 alle 18.00. Ingresso libero.

Gli artisti in mostra quest’anno sono Pauline Curnier Jardin, Victor Man e Miltos Manetas.