The Hateful Eight

Tarantino torna ad omaggiare il western per raccontare la cattiveria umana nella sua forma peggiore

Attesissimo, come tutti i film del geniale ed imprevedibile regista di Tennessee, è arrivato con il fragore che merita nelle sale l’ottavo film di Quentin Tarantino: “The Hateful Eight”. Inizio davvero scoppiettante almeno qui in Italia, grazie soprattutto alla vittoria del Golden Globe per la colonna sonora del nostro Ennio Morricone.

The Hateful eight

The Hateful eight

E nella maestosa meraviglia del 70 mm (a Roma in questo formato è proiettato addirittura nel Teatro 5 di Cinecittà) la storia si dipana con una trama via via sempre più feroce nella steppa del Wyoming, durante l’età dell’oro, dove una diligenza che trasporta un ferocissimo cacciatore di taglie e la sua prigioniera, la ricercatissima Daisy, è costretta a soccorrere prima un soldato nero, fresco di battaglia tra nordisti e sudisti, poi uno sceriffo fresco di insediamento, tutti diretti nella sinistra cittadina di Red Rock. La tormenta di neve obbliga O.B. il conducente di questa sgangherata diligenza e del suo carico umano pericoloso a fermarsi nella locanda di Minnie, che è un’oasi in quel deserto a meno 20 gradi. L’arrivo di questi 5 strani personaggi scombina e disarticola il già instabile equilibrio dentro la locanda, stranamente occupata soltanto da altri energumeni pieni di armi e di cattiveria, dove manca proprio la proprietaria e suo marito.

Da questo momento in poi, in un fittissimo gioco di dialoghi e di sospetti, prigionieri di una tormenta che ucciderebbe chiunque decida di uscire, si scatenerà la parte peggiore di ciascuno di loro, in un crescendo impossibile da narrare ma che tratterrà il fiato per tutti i lunghi 170 minuti di film.

Gli otto manigoldi del titolo (ma sono un po’ di più a guardar meglio) che Tarantino mette in scena, rappresentano in maniera truce e meschina tutto lo scibile del crimine umano, ma come sempre nei film del regista, i suoi personaggi hanno una carica dialettica e umoristica tale da renderli quasi simpatici, divertenti, violenti fino al paradosso da farli apparire (e questa è l’arte di Tarantino) maschere di se stessi.

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Samuel L. Jackson

Breve ma intense riprese esterne fanno da contorno ad una scena claustrofobica dove, tutti chiusi li dentro la locanda nell’attesa che la tempesta si plachi prima che sia troppo tardi, ci si allea e si combatte in una raffica di sequenze continuamente sorprendenti e dallo stile prettamente “Tarantiniano”. Tanti sono i rimandi ai suoi precedenti film, ad esempio per la narrazione a capitoli a “Kill Bill” oppure nella ferocia dei dialoghi e delle situazioni a “Bastardi senza gloria” e soprattutto a “Le Iene” di cui questo film sembra esser il fratello maggiore.

Ed in questo mondo a parte, l’unico appiglio alla storia vera a cui si aggrappano i protagonisti è dato da una lettera di Abramo Lincoln conservata dal più spietato tra gli spietati, il Maggiore Warren, che ha quello sguardo sardonico di Samuel L.Jackson, che guida un cast splendido, con Tim Roth e Michael Madsen che si stagliano un gradino appena sopra gli altri.

Un film non certo per spettatori impressionabili, il sangue, la violenza gratuita scorrerà a fiumi, ma non è questo che ci si aspetta dal più originale dei registi nati dopo la seconda metà del secolo passato?

Mauro Valentini




Il Carnevale di Pomezia: partecipa anche tu al Walkabout di Urban Experience

Il Carnevale di quest’anno può essere vissuto in modo nuovo ed alternativo, grazie all’iniziativa che ci propone Urban Experience, un progetto nato attorno alla riflessione partecipativa sui nuovi format di comunicazione e azione culturale – “una palestra di cittadinanza digitale”, come la definisce il presidente del progetto e suo “dinamizzatore” Carlo Infante. In continuità con il loro evento dello scorso anno “Il Carnevale degli animali”, quest’anno è possibile ascoltare i racconti dei ragazzi della Scuola Media Statale Orazio, che stanno da tempo lavorando ad una bellissima esplorazione urbana, che partirà oggi martedì 9 febbraio alle ore 14 dalla Scuola Primaria Margherita Hack.

Cos’è un’esplorazione urbana? È un “Walkabout”, inteso come “camminare in giro” per il territorio della propria città, narrandola fianco a fianco con altre voci itineranti. I ragazzi racconteranno la città di Pomezia, attraverso l’ausilio di smartphone e cuffie collegate ad una radioricevente, ed insieme a loro i bambini della Scuola Primaria a loro volta racconteranno ed ascolteranno la città in festa per il Carnevale, giocando alla radio con i ragazzi della Scuola Orazio, che con Stefano Panunzi e Massimiliano Cerioni faranno da colonna sonora a questo evento. Ognuno porterà dunque a contributo della narrazione il proprio sguardo partecipato, interagendo in queste conversazioni nomadi.

“Questo evento ha come scopo l’avvio di un processo di cittadinanza attiva, in relazione allo sviluppo culturale progressivo della città”, spiega l’insegnante Anna Marotta. “È una possibilità per bambini, ragazzi, associazioni e comitati di quartiere di giocare con la matrice arcaica culturale del territorio”. Si passeggerà insieme, conversando e immortalando la città in festa, secondo il principio che Carlo Infante definisce “performingMedia-storytelling”. Per questo Carnevale hanno pensato di inscenare uno tsunami di origami, tratti dalla favola cinematografica “Ponyo sulla scogliera”, costruendo un percorso “piedi per terra e testa nel cloud”, che incontrerà altre Associazioni e Comitati di Pomezia. Lo “sciame” confluirà poi nel corteo di Carnevale, previsto per le ore 16 a Piazza San Benedetto.

Siamo spesso abituati a vivere la nostra città, passandoci attraverso, sparendovi dentro, senza usare l’attenzione attiva nel guardarla e narrarla, osservarla e fotografarla, camminarvi sopra mentre ci si raccontano storie l’un l’altro, cogliendo dettagli prima sconosciuti, eppure sempre esistiti. Il principio che gli organizzatori propongono è quello del conversare fianco a fianco, anziché il consueto parlare uno di fronte all’altro, nel quale ci si rappresenta sfidando lo sguardo altrui: “si condivide un cammino e il parlare trova un suo andamento, sollecitando partecipazione e sottraendo rappresentazione”.

Quale miglior invito, dunque, per riscoprire la città in cui viviamo e provare ad osservarla e a “parteciparla” in modo del tutto innovativo, festeggiando il Carnevale?

Link dell’evento: https://www.facebook.com/events/818166861662915/818842241595377/

 




50 sfumature di noia

Ok lo so, sono in ritardo, ma con due bambine al cinema si vedono solo cartoni animati, e in TV il film è andato in prima serata (scelta ampiamente discutibile per una pellicola VM14 ma non è questo il tema di oggi). Non potendo vederlo con le bimbe in giro per casal’ho visto successivamente… in tre parti… eh si, perchè sono riuscita ad addormentarmi per ben 2 volte.
La prima quando lei annuncia di essere Vergine… ebbene si, la protagonista del film più trasgressivo degli ultimi anni è vergine…
La seconda quando lei si ritaglia un momento per se andando a trovare la madre a km di ditanza e lui si presenta a controllare cosa fa…
Ma veniamo ai dettagli, lei è una timida studentessa che si mantiene con un umile lavoretto, lui un mega imprenditore (ma non è dato sapere nel dettaglio di cosa realmente si occupi) con un mega ufficio, un mega attico, e un mega garage pieno di auto costose.
e’ colpo di fulmine, ma da subito Mr Grey mette in chiaro i suoi gusti presentando un contratto con regole ferree da rispettare per poter intraprendere una relazione sessuale con lui.
“IO NON FACCIO L’AMORE, IO SCOPO… FORTE!”
Ecco, dopo questa frase ho dovuto mettere in pausa, perchè le risate coprivano lo svolgimento del film, credo di aver riso per buoni 10 minuti.
Ma andiamo avanti, Mr Grey deve avere sempre tutto sotto controllo, quindi per parlare con lei le regala un pc nuovo, (il suo poverina era da riparare), una nuova auto, (la sua poverina era un pò datata) e la manda da una ginecologa di sua fiducia per tenere sotto controllo il suo stato di salute e il suo protocollo di contaccezione.
Lei è tentata ma se la tira un pò, o forse fa solo finta, comunque alla fine cede ed entra nella “stanza dei giochi” pur non avendo ancora firmato il contratto. Come funziona la stanza dei giochi? ci sono diversi attrezzi sadomaso, tra cui un letto con i ganci per appendersi e legarsi ma a decidere è solo lui, lei deve sedersi in ginocchio, nuda e con lo sguardo rivolto alla porta e le mani sulle gambe ed aspettare finchè lui non decide che è ora di potersi muovere, ah, e ovvimante non può parlare se non per dibre stop se si supera il limite.
Non entro in ulteriori dettagli ma in questa stanza non è che succeda nulla di così eclatante anche perchè Anastasia ha un orgasmo praticamente ogni 30 secondi, basta anche il solo respiro di Mr Grey.
Il film è un continuo tira e molla, lei ogni tanto se la tira, lui ritorna alla carica con la firma del contratto, poi si “gioca” un pò, poi lei cerca di instaurare un rapporto normale e lui si ritarae però non resiste e si gioca di nuovo… insomma la trama è quel che è!
Fino al punto di rottura… lei vuole la normalità lui ha bisogno di essere dominatore, e lei insiste:
“Perchè? perchè vuoi punirmi?
PERCHE’ DENTRO HO 50 SFUMATURE DI PERVERSIONE!”
altra pausa… altre risate…
Ma qui viene il bello, lui la porta nella stanza dei giochi e le mostra la punizione
la fa sdraiare su un tavolo (ovviamente nuda)
e la colpisce sul sedere con una cinghia per 6 volte.
A questo punto lei finalmente reagisce, solo dopo la sesta cinghiata però… esce dalla stanza dei giochi ma non se ne va, rimane nella sua stanza da letto a piangere tutta la notte
La mattina la svolta, breve inutile diaologo e lei se ne va, nonostante lui provi timidamente a trattenerla… e … TITOLI DI CODA!!!
ecco, a questo punto non sapevo veramente se ridere o piangere… ma che finale è?
Insomma dopo essere stata sottomessa in ogni modo, aver gettato al vento ogni barlume di dignità, aver distrutto l’immagine femminile lasciandosi andare a gridolini improbabili solo all’essere sfiorata ritrova un briciolo di orgoglio e se ne va, ma solo dopo aver preso 6 cinghiate!!! e … niente… finisce tutto così…
Insomma, non so, io non ho letto il libro e quindi forse non riesco ad apprezzare a pieno la storia, la situazione, la passione… altrimenti non spiego tutto questo successo, forse chi ha letto il libro ha potuto immaginare sfumature nascoste tra le righe che in pellicola magari non sono passate ma io non ho visto assolutamente nulla… niente… il vuoto cosmico, attori mediocri, trama da romanzo harmony, scene HOT con inquadrature al imite del porno ma di qualità decisamente inferiore, direi a tratti forse gorttesco.
Continuo a riflettere su come mai abbia avuto tanto successo tra le donne e non ci sia invece stata un insurrezione delle femministe, e come mai nessuno si sia lamentato della messa in onda in prima serata.




Il lato oscuro delle tradizioni

Come in tanti sapranno, oggi si terrà il “family-day”. Si tratta della manifestazione per la “difesa della famiglia tradizionale”, ossia quella formata da una figura materna e una paterna, o meglio ancora da una femminile e da un’altra maschile (come appunto vuole la tradizione).

E’ da qui che voglio prendere spunto per parlare del valore delle tradizioni stesse. Di esse ve ne sono diversi tipi e spesso vengono giustificate dalle più svariate motivazioni. Si manifestano in una grande molteplicità di riti ma alcuni di questi non sempre vengono messi alla luce. Anzi, spesso e volentieri le tradizioni vengono tenute nascoste.

Una di queste, ad esempio, è il bullismo. Il bullismo è la tradizione per cui un bambino/a viene emarginato, picchiato o insultato per un solo e semplice motivo: essere diverso. La tradizione vuole che la società sia sempre stata spaventata da chi è diverso, perché chi è diverso è anormale. Il bullismo è un’antichissima tradizione da questo punto di vista, che ha radici nell’essere umano e nella storia stessa. Una tradizione che ai giorni nostri si manifesta in luoghi come i corridoi scolastici, le strade o i social.. Ma non solo.

Le tradizioni sono le luci di Natale, il cioccolato a Pasqua, lo spumante a CapodannoMa tradizione è anche la corrida in Spagna, i piedi fasciati delle donne (anche chiamati “loti d’oro”) in Cina, l’infibulazione in alcuni Paesi africani. Le tradizioni nascondono spesso cattiveria, ingiustizia, violenza, in tutto il mondo e in ogni cultura.

Spesso ci impongono di essere in un modo, in quel determinato modo. Spesso servono solo per far sentire l’uomo a suo agio, forte e padrone. Spesso le tradizioni creano legami.. Spesso li spezzano. E spesso le tradizioni sono solo manifestazione di una cosa: la paura.

Il valore dell’unione, della famiglia, dell’uguaglianza, non si misura e non viene trasmesso attraverso tradizioni, ma attraverso l’amore.. E non la paura di manifestarlo.

Imagine there’s no countries 

It isn’t hard to do    

Nothing to kill or die for      

And no religion too

Imagine all the people 

Living life in peace”




Riciclando un’altra vita

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Riciclando in giro per mercatini

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Pochi giorni fa ho avuto l’occasione di visitare un mercatino dell’usato. Si tratta di un luogo capace di aprire nuovi mondi, che sanno di carta ingiallita e vite da rispolverare. Perché parlarvi di questo? Per una molteplicità di aspetti.. Ma partiamo prima da quelli “positivi”. Comprare oggetti in un mercatino dell’usato significa prima di tutto riuso. In sostanza, è un’altra forma di riciclaggio e il riciclaggio è sempre una cosa positiva.
<–RiciclandoFiera–>
<!-- <h2 Riciclando magia -->

In secondo luogo, posti del genere emanano una magia tutta loro: molte persone vi si recano alla ricerca di un qualche cimelio in particolare, come può essere un vinile, un vecchia macchina da scrivere o un gioco che rimanda all’infanzia passata. Tutto è da riscoprire agli occhi del ventunesimo secolo. Così anche una vecchia calcolatrice degli anni ’40 diventa un oggetto onirico, qualcosa che dovrebbe sapere di “vecchio” e invece sa di “nuovo”. Per questo -e per altro- il mercatino è un posto particolare, capace di farti diventare curioso di sapere e di conoscere.

Ma pensare che un mercatino dell’usato sia solo questo sarebbe troppo semplice. E anche troppo bello. Infatti, molte persone non sono alla ricerca di un vecchio proiettore o un quadro da collezione: in realtà, tante famiglie comprano vestiti, scarpe, cappelli e altro ad un prezzo stracciato, perché, come si dice sempre, c’è crisi. E mentre da un lato vi sono uomini disposti a comprare una vecchia cinepresa a fior di quattrini, dall’altro ce ne sono altri che cercano solo un maglioncino per l’inverno a un prezzo moderato. Questo ci permette di riflettere su quella grande dicotomia che si è creata in questo Tempo e che nel Tempo stesso continua a ripetersi. Diversi stili di vita si incrociano tra scaffali impolverati scomponendo la società stessa.

Ed è proprio questo che colpisce di questi posti, che sembrano così distanti ma anche così vicini. Che sanno di vita, ogni tipo di vita in ogni tipo di Tempo: passato, presente e futuro.

Ma, come in ogni mercato, si può sia vendere che comprare. Questo è il mio augurio: cercare di riciclare il più possibile vestiti, utensili, mobili, per dargli una nuova vita. Alla fine non costa nulla e a guadagnarne sarebbero sia venditori che compratori. In fondo, come ho detto, il riciclaggio è sempre una cosa positiva.




Dal carcere al teatro: Le Donne del Muro Alto

Un giorno mi chiesi chi fossero “Le Donne del Muro Alto”. Avevo visto scorrere alcune loro foto nei vari Social Network e quel loro nome mi aveva messo in agitazione, poiché i muri alti non sono mai presagio di cose buone.

“Le Donne del Muro Alto” vivono nella Casa di reclusione di Rebibbia, nell’area femminile della sezione di massima sicurezza. E fanno teatro. Sì, recitano, grazie ad un progetto bellissimo, che le vuole protagoniste di un’opera di trasformazione e di rinascita, attuabile attraverso il potere della bellezza del teatro. “Oltre il Muro” parte come una libera interpretazione dell’Eneide e finisce per narrare il carcere e le sue dinamiche. Rappresenta un diario di bordo della vita reclusa e porta fuori, in libertà, questa esperienza oltre le mura del carcere.

Il carcere è un’istituzione che dovrebbe infatti essere, prim’ancora che un luogo di pena e di esclusione sociale, una opportunità di rieducazione, un territorio nel quale un individuo possa ricominciare il suo viaggio verso il reinserimento nella società, un varco che traghetti alla scoperta di sé, dell’altro e della società stessa. Quale strumento migliore del teatro? Desidero riportare qui di seguito le parole che si trovano sul sito del progetto, affinché non si perda nulla dello spirito alto e divino di questa iniziativa: “L’attività teatrale attraverso la sua funzione terapeutica e pedagogica si pone come potenziale agente di cambiamento e  miglioramento. Inoltre lo spettacolo teatrale, come il libro, è un importante mezzo di unione tra il mondo carcerario e l’esterno, un ponte tra la realtà carceraria e la società esterna. Per tutti questi motivi, Le Donne del Muro Alto ha ottenuto anche il patrocinio gratuito del Garante dei Detenuti del Lazio”.

Lo spettacolo andrà in scena domenica 24 gennaio alle ore 18.00 presso il MICRO | Spazio Porta Mazzini in Viale Mazzini 1 a Roma, sotto la regia di Francesca Tricarico. Sono certa che darà la possibilità di osservare le cose da un nuovo angolo, cosicché anche le ombre prodotte a terra si girino altrove.

“Il grado di civiltà di una società si misura dalle sue prigioni”

Fedor Dostoevskij

Tutti i dettagli dell’evento: https://www.facebook.com/events/1638268079727201/

http://www.ledonnedelmuroalto.it/it/




Oscar 2016 – Le nomination

Difficile la scelta per i giurati Academy in una edizione mai come quest’anno ricca di grandi film

Il 28 febbraio è il giorno, l’ennesima benedetta ed emozionante cerimonia di consegna degli Oscar, il rito per eccellenza in cui la settima Arte si (auto)celebra.

Una sfilza di grandi film, mai come quest’anno danno la sensazione di un verdetto contrastato, che di sicuro non vedrà un’opera fare incetta di premi. Certo, le dodici candidature per “Revenant” di Alejandro González Iñárritu potrebbero far pensare ad un effetto “Titanic” (che ne vinse 11 nel 1997), ma stavolta i concorrenti sono tutti di altissimo livello e crediamo che la distribuzione delle statuette sarà più capillare, tanta è la scelta.

Si è parlato molto del Golden Globe a Ennio Morricone, un po’ anche per la sorpresa manifestata dallo stesso compositore che non ricordava neanche fosse in concorso; stavolta sicuramente lo avranno avvertito per tempo, perché la sua colonna sonora dello snobbatissimo “The hateful height” di Quentin Tarantino sarà tra le papabili di vittoria. Potrebbe esser il secondo Oscar per il Maestro, sarebbe davvero singolare vincere dopo quello alla carriera di qualche anno fa che, in effetti, è sempre consegnato a chiosa di una carriera che invece Morricone non vuole ancora chiudere.

Quindi verdetto controverso, previsione difficile se non impossibile, ma qualche favorito si può azzardare, con la coscienza del fatto che i favoriti sono sempre quelli che rimangono a guardare gli altri salire sul palco della Academy Awards per le foto e i discorsi di rito, succede sempre, succederà anche stavolta.

Per il miglior film sembra una corsa a due tra “Revenant” e “Il ponte delle spie”, anche se “La grande scommessa” di Adam Kay potrebbe, per il tema che tratta (la bolla immobiliare che ha generato la crisi più cruenta dell’economia mondiale del 2007) potrebbe sorprendere tutti e potrebbe aggiudicarsi con maggiori chance la miglior regia.

Tra gli attori, è bagarre tra il sempre candidato ma mai vincente Leonardo Di Caprio, Matt Damon con il suo naufrago spaziale e il sempre più amato Michael Fassbender per il Bio-Pic su Steve Jobs.

Tra le attrici invece si può arrischiare una previsione, perché sarà dura battere Cate Blanchett con la sua Carol, forse solo Jennifer Lawrence potrebbe sgomitare, le altre non hanno secondo noi speranza.

Tra i non protagonisti maschili, una lotta con qualche possibile sorpresa, con il redivivo Sylvester Stallone che appare in leggero vantaggio su Mark Rylance che pure ha rubato l’occhio ne “Il ponte delle spie”, mentre tra le donne, Kate Wislet direbbero tutti, ma attenzione alla possibile accoppiata per “Carol” e quindi rischieremo una previsione per la dolcissima Rooney Mara.

Altri possibili premi per le sceneggiature al bellissimo Carol e tra le originali per The Martian, mentre tra i cartoon qualcuno pensa di poter contrastare l’innovativo ed entusiasmante “Inside Out”?

Appuntamento dunque tra un mese o poco più, il 28 febbraio, condurrà Chris Rock, visione in diretta per 220 paesi, per l’Italia Sky Cinema e Cielo che lo trasmetterà in chiaro.

Sotto: la lista completa delle nomination.

Mauro Valentini

Miglior film
La grande scommessa di Adam McKay
Il ponte delle spie di Steven Spielberg
Brooklyn di John Crowley
Mad Max: Fury Road di George Miller
Sopravvissuto – The Martian di Ridley Scott
Revenant – Redivivo di Alejandro González Iñárritu
Room di Lenny Abrahamson
Il caso Spotlight di Tom McCarthy

Migliore regia
Alejandro González Iñárritu per Revenant – Redivivo
Adam McKay per La grande scommessa
Lenny Abrahamson per Room
George Miller per Mad Max: Fury Road
Tom McCarthy per Il caso Spotlight

Migliore attrice protagonista
Brie Larson per Room
Cate Blanchett per Carol
Charlotte Rampling per 45 anni
Jennifer Lawrence per Joy
Saorsie Ronan per Brooklyn

Miglior attore protagonista
Bryan Cranston in Trumbo
Matt Damon in Sopravvissuto – The Martian
Leonardo DiCaprio in Revenant – Redivivo
Michael Fassbender in Steve Jobs
Eddie Redmayne in The Danish girl

Migliore attrice non protagonista
Alicia Vikander per The Danish girl
Jennifer Jason Leigh per The Hateful Eight
Kate Winslet per Steve Jobs
Rachel McAdams per Il caso Spotlight
Rooney Mara per Carol

Migliore attore non protagonista
Christian Bale per La grande scommessa
Mark Ruffalo per Il caso Spotlight
Mark Rylance per Il ponte delle spie
Sylvester Stallone per Creed
Tom Hardy per Revenant – Redivivo

Migliore sceneggiatura originale
Matt Charman e Ethan Coen & Joel Coen per Il ponte delle spie
Alex Garland per Ex_Machina
Pete Docter, Meg LeFauve, Josh Cooley per Inside Out (storia originale di Pete Docter, Ronnie del Carmen)
Josh Singer e Tom McCarthy per Il caso spotlight
Jonathan Herman e Andrea Berloff per Straight Outta Compton (storia originale di S. Leigh Savidge & Alan Wenkus e Andrea Berloff)

Migliore sceneggiatura non originale
Nick Hornby per Brooklyn
Phyllis Nagy per Carol
Emma Donoghue per Room
Charles Randolph e Adam McKay per La grande scommessa
Drew Goddard per Sopravvissuto – The Martian

Migliore film d’animazione
Anomalisa di Charlie Kaufman
Boy and the World (O Menino e o Mundo) di Alê Abreu
Inside Out di Pete Docter e Ronnie del Carmen
Shaun, vita da pecora – Il film di Mark Burton e Richard Starzak
Quando c’era Marnie di Hiromasa Yonebayashi

Migliore film in lingua straniera
A war di Tobias Lindholm (Danimarca)
Embrace of the Serpent di Ciro Guerra (Colombia)
Mustang di Deniz Gamze Ergüven (Francia)
Il figlio di Saul di László Nemes (Ungheria)
Theeb di Naji Abu Nowar (Giordania)

Migliore fotografia
Ed Lachman per Carol
Robert Richardson per The Heightful Eight
John Seale per Mad Max: Fury Road
Emmanuel Lubezki per Revenant – Redivivo
Roger Deakins per Sicario

Migliore colonna sonora
Thomas Newman per Il ponte delle spie
Carter Burwell per Carol
Jóhann Jóhannsson per Sicario
John Williams per Star Wars – Il risveglio della Forza
Ennio Morricone per The Hateful Eight

Migliore canzone originale
Earned it in Cinquanta sfumature di grigio
Manta Ray in Racing Extinction
Simple Song #3 in Youth – La giovinezza
Til it Happens To you in The Hunting Ground
Writing’s on the wall in Spectre

Migliore montaggio
Margaret Sixel per Mad Max: Fury Road
Tom McArdle per Il caso Spotlight
Maryann Brandon e Mary Jo Markey per Star Wars 7 – Il risveglio della Forza
Hank Corwin per La grande scommessa
Stephen Mirrione per Revenant- Redivivo

Migliore scenografia
Adam Stockhausen (Production Design); Rena DeAngelo e Bernhard Henrich (Set Decoration) per Il ponte delle spie
Colin Gibson (Production Design); Lisa Thompson (Set Decoration) per Mad Max: Fury Road
Colin Gibson (Production Design); Lisa Thompson (Set Decoration) per The Danish girl
Arthur Max (Production Design); Celia Bobak (Set Decoration) per Sopravvissuto – The Martian
Jack Fisk (Production Design); Hamish Purdy (Set Decoration) per Revenant – Redivivo

Migliori costumi
Sandy Powell per Carol
Sandy Powell per Cinderella
Jenny Beavan per Mad Max: Fury Road
Paco Delgado per The Danish girl
Jacqueline West per Revenant – Redivivo

Miglior trucco e acconciatura
Mad Max: Fury Road (Lesley Vanderwalt, Elka Wardega e Damian Martin )
Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve (Love Larson e Eva von Bahr)
Revenant – Redivivo (Siân Grigg, Duncan Jarman e Robert Pandini)

Miglior montaggio sonoro
Mad Max: Fury Road (Mark Mangini e David White)
Sicario (Alan Robert Murray)
Star Wars 7 – Il risveglio della Forza (Matthew Wood e David Acord)
Sopravvissuto – The Martian (Oliver Tarney)
Revenant – Redivivo (Martin Hernandez e Lon Bender)

Miglior mixaggio sonoro
Il ponte delle spie (Martin Hernandez e Lon Bender)
Mad Max Fury Road (Chris Jenkins, Gregg Rudloff e Ben Osmo)
Star Wars – Il risveglio della Forza (Andy Nelson, Christopher Scarabosio e Stuart Wilson)
Sopravvissuto – The Martian (Paul Massey, Mark Taylor e Mac Ruth)
Revenant – Redivivo (Jon Taylor, Frank A. Montaño, Randy Thom e Chris Duesterdiek)

Migliori effetti speciali
Ex_Machina (Andrew Whitehurst, Paul Norris, Mark Ardington e Sara Bennett)
Mad Max Fury Road (Andrew Jackson, Tom Wood, Dan Oliver e Andy Williams)
Star Wars 7 – Il risveglio della Forza (Roger Guyett, Patrick Tubach, Neal Scanlan e Chris Corbould)
Sopravvissuto – The Martian (Richard Stammers, Anders Langlands, Chris Lawrence e Steven Warner)
Revenant – Redivivo (Rich McBride, Matthew Shumway, Jason Smith e Cameron Waldbauer)

Migliore documentario
Amy di Asif Kapadia
Cartel Land di Matthew Heineman
The Look of Silence di Joshua Oppenheimer
What Happened, Miss Simone? di Liz Garbus
Winter on Fire: Ukraine’s Fight for Freedom di Evgeny Afineevsky

Migliore cortometraggio
A Girl in the River: The Price of Forgiveness di Sharmeen Obaid-Chinoy
Body Team 12 di David Darg e Bryn Mooser
Chau, Beyond the Lines di Courtney Marsh
Claude Lanzmann: Spectres of the Shoah di Adam Benzine
Last Day of Freedom di Dee Hibbert-Jones

Miglior cortometraggio animato
Bear Story di Gabriel Osorio e Pato Escala
Prologue di Richard Williams e Imogen Sutton
Sanjay’s Super Team di Sanjay Patel e Nicole Grindle
We Can’t Live without Cosmos di Konstantin Bronzit
World of Tomorrow di Don Hertzfeldt

Miglior cortometraggio in live action
Ave Maria di Basil Khalil ed Eric Dupont
Day One di Henry Hughes
Everything Will Be Okay (Alles Wird Gut) di Patrick Vollrath
Shok di Jamie Donoughue
Stutterer di Benjamin Cleary e Serena Armitage

 




Carol

New York, anni ’50. Therese Belivet (Rooney Mara) è una ragazza ventenne che lavora come commessa in un grande magazzino, sognando una vita più gratificante. Un giorno incontra Carol (Cate Blanchett), una donna attraente bloccata in un matrimonio di convenienza e senza amore. Tra le due scatta subito una forte intesa, che incontro dopo incontro si trasforma in un’importante e irrefrenabile passione. La società del tempo, però, non è così tollerante, e Carol dovrà scegliere tra la propria felicità e la custodia della figlia.

Tratto dal romanzo The Price of Salt di Patricia Highsmith, “Carol” è il nuovo film di Todd Haynes che, dopo “Lontano dal Paradiso” , torna a parlare dei difficili anni ’50, soprattutto per le donne. In questo caso, però, si concentra su un amore impossibile per il tempo, per le differenze sociali ma difficile da ignorare. Haynes dedica tutta l’attenzione possibile alle due protagoniste, grazie ad una regia raffinata ed elegante che gioca con più di qualche scelta coraggiosa e degna di nota. Tra queste un costante dentro/fuori che simboleggia più di qualche significato, soprattutto se paragonato all’apparenza e al proprio io interiore. Il tutto, però, è perfezionato da una messa in scena sublime e da costumi rigorosi, che accentuano la totalità dell’opera. Cate Blanchett e Rooney Mara, poi, sono magnetiche nelle loro interpretazioni, così sensibili da rendere Carol e Therese vere e profonde. Perché il loro amore è qualcosa in cui credere e in cui aggrapparsi, soprattutto se vissuto in un periodo storico ancora fortemente segnato dalle classi sociali e dai pregiudizi. Ma nulla si può contro un amore così passionale e totalitario, in un finale che riesce ad innalzare ulteriormente l’asticella del film e della storia: libere delle proprie scelte, consapevoli del rischio ma convinte che la felicità e la realizzazione personale debba essere al proprio posto. Todd Haynes, quindi, ci regala un film meraviglioso che parla di difficoltà, speranza, famiglia e amore con una sensibilità e un’eleganza più unica che rara al giorno d’oggi.

 

Martina Farci




Quo Vado?

La nuova comica di Checco Zalone, un film che vuole far ridere senza esser fenomeno di costume

«Da grande voglio fare il posto fisso!». fin da piccolo, ha le idee chiare Checco e quando la maestra gli chiede di raccontare le sue ambizioni, lui non ha dubbi. E con la raccomandazione di un senatore potente, Checco centra il suo sogno, un posto in provincia, in un ente inutile, a cinque metri da casa. Tutto sembra andare per il verso giusto per lui, viziato da mamma e papà (pensionato statale della prima ora) e con una fidanzata avvenente innamorata più che di lui della sua tredicesima. Ma con la riforma delle province, qualcosa si incrina in questo ammantato ozio, ma lui non demorderà, accettando trasferimenti impossibili, anche al Polo Nord, pur di non firmare le dimissioni e la buonuscita imposta dal Ministero.

La sintesi dell’inizio del film che sta sbancando in tutt’Italia, è tutta qui. Semplice e geniale, figlia del più antico dei luoghi comuni italiani, che fa il verso alla madre di tutti i vizi di questo paese. Figlia soprattutto della classica, immortale commedia nostrana, spietata e assolutoria al tempo stesso con le meschinità del “bel paese”.

Salteremo a piè pari, lo diciamo subito, tutta la riflessione sociologica e di costume sul “fenomeno Zalone” che sta imperversando su giornali e televisioni; il compito del giornalista è raccontare il film e soprattutto guardarlo con occhi purificati dal retroscena mediatico e analitico che, invece, questa semplice comica sta subendo, come al solito dividendo gli italiani tra chi lo adora senza un minimo di senso critico e chi lo critica soltanto perché fenomeno di massa.

Critiche che piovono soprattutto per la grave colpa di esser “nazional-popolare”, come se poi un film che come obiettivo ha solo far ridere le famiglie, debba esser carico di significati più alti. E non richiesti.

Diciamo quindi per sgombrare il campo da dubbi, che il film è molto divertente. Si ride di gusto, senza l’ausilio di quella volgarità scorretta e vagamente sessista che faceva da curriculum televisivo e cinematografico al primo Zalone. L’attore pugliese riesce in “Quo Vado?” a sublimarsi, uscendo dal suo stereotipato linguaggio pecoreccio e gestendo con pregio una comicità di sintesi, crasi quasi perfetta tra la comica assoluta alla Mister Bean e quella dialettica, straordinariamente meridionale, attingendo per questo ad un repertorio storico che solo in Italia sa esser così ricco.

Inutili i paragoni con i mostri sacri; chi fa riferimento a Totò non fa il bene all’ex ragazzo di Bari, semmai qualche riferimento puramente stilistico nella costruzione della “sit-com” la si può trovare con Salemme e Pieraccioni, ma non sarebbe giusto visto che comunque, il prodotto, resta originale nel suo genere e per questo così di successo.

Eppure manca qualcosa, un pizzico di investimento in più in termini di qualità per far diventare un film divertente un grande film di genere. La sceneggiatura è scritta con un po’ di approssimazione, più preoccupata nella costruzione dello sketch fine a se stesso che di una storia vera e propria, che infatti incespica proprio nel finale, obiettivamente pretenzioso, non riuscendo a chiudere in uno scrigno logico la splendida idea iniziale. Ed è un peccato perché la comica era stata costruita, fino a pochi minuti dalla fine con sapienza. Manca poco quindi a Checco Zalone per arrivare alla perfezione, servirebbe forse un “aiutino da casa” per dirla con una delle battute più belle del film, una scrittura più di livello, ed il gioco sarà fatto. Perché, asciugato dalla volgarità il suo personaggio risulta incredibilmente più efficace di prima.

Buona la regia, Gennaro Nunziante ormai è in simbiosi con l’attore barese, cofirmando anche la sceneggiatura, le musiche e le canzoni, scritte dallo stesso Zalone (firmate con il suo vero nome Luca Medici) saranno, c’è da giurarlo, il tormentone dell’anno, l’esterna in Norvegia è supportata da un’ottima fotografia e gli attori che affiancano Checco sono troppo comprimari per esser giudicati. Anche Maurizio Micheli, che di classe ne ha da vendere è troppo racchiuso in un ruolo muto e poco mutevole, al servizio del sorriso sornione del protagonista, che c’è da giurarlo scriverà in futuro il suo nome tra i big della commedia all’italiana, checché ne dicano i puristi radicali del cinema di qualità.

Mauro Valentini




Irrational Man

Woody Allen tra filosofia e delitto in un film scritto e diretto con la solita sapienza del genio di Manhattan

Abe Lucas è un professore di Filosofia, arriva in un college di quelli da sogno, dalle parti di Providence, a Rhode Island. Si porta dietro una grande fama di donnaiolo e di scrittore maledetto, ha un approccio singolare e affascinante con i suoi giovani studenti, immediatamente diventa il centro di quella piccola comunità un po’ provinciale e anche ninfomane.

Inizia così “Irrational Man”, il film numero 45 del regista newyorchese, che varcata la soglia degli 80 anni ha ancora voglia di stupire, raccontando il solito, inestricabile mistero della mente e dell’amore.

Un mistero che genera qualche volta, spesso nei film di Allen anche la morte. Si perché     il giallo, dopo i primi momenti commedianti e divertenti si impadronirà presto della scena, un “delitto e castigo” che non è una novità nella filmografia del regista , se solo si guarda a ritroso a “Crimini e misfatti” e a “Sogni e delitti”. Abe è depresso, alcolista e impotente e per questo cerca una nuova vita, non solo attraverso una nuova cattedra di prestigio, ma appunto, ideando quello che nella sua mente dovrà esser il “Delitto perfetto”. Che poi, come ci ha spiegato tanti anni fa il maestro del brivido Sir Alfred Hitchcock perfetto non è mai.

Ed in effetti questo piccolo gioiello cinematografico fa il verso ma si potrebbe dire meglio, rimanda a grandi classici, dal già citato Hitch a “Will Hunting” o anche, seppur con variabili complicanze amorose a “L’attimo fuggente”. Ma qualcuno, i più attenti, troveranno anche un omaggio sorprendente e spiazzante a “Il vedovo” di Dino Risi, del resto non è un mistero l’amore che Woody nutre per la commedia all’italiana di quegli anni, specie in quella che ha tra gli attori uno dei suoi miti assoluti, il nostro Alberto Sordi.

Comunque su tutto, su ogni battuta del film si staglia imponente la Filosofia, soprattutto, par di voler dire l’autore, la sua inapplicabilità nella vita di tutti i giorni.

Kant appare come il protagonista occulto del film, la voce narrante di ogni azione e reazione, che si svolgono sempre tra le mani, le parole e lo sguardo sfuggente di Joaquin Phoenix, perfetto in ogni movimento, imbolsito eppur proprio per questo ancora più efficace nel suo trapanante lavoro di seduzione che opererà in ognuno degli altri protagonisti, tutti comprimari, ma tutti molto bravi proprio perché capaci di lasciar spazio al mattatore Phoenix, “The Master” per rimanere in punta di citazione. Bene molto bene anche Emma Stone, nella parte della romantica “Lolita” Jill, complice ma non troppo del (finto) misogino Abe.

Un film bello, con una meravigliosa sceneggiatura e con una fotografia, quella dell’ormai sempre presente Darius Khondji, all’altezza delle opere migliori di Woody Allen, che seppur ottuagenario ha ancora molto da raccontare.

Mauro Valentini




I principi delle banche etiche

Ultimamente nei notiziari sentiamo una parola ricorrere frequentemente: le banche. Queste sono di nuovo sotto la luce dei riflettori dell’ennesimo scandalo finanziario. Non ci si dilungherà troppo su questo, ma certamente è un buono spunto per poter aprire un discorso, quello delle attività bancarie. La banca, come sappiamo, svolge la funzione di intermediario finanziario, trasferendo denaro dai soggetti che ne dispongono a coloro che invece non ne hanno. Si tratta di vere e proprie imprese private a scopo di lucro che operano nella società fornendo all’economia i mezzi di pagamento e raccogliendo e impiegando il risparmio. Ovviamente la loro attività non si limita solo a questo: vi sono molti altri servizi accessori con cui operano, applicando commissioni, interessi e spese trattenute di diverso tipo.

Spesso ci si domanda come vengono impiegati i soldi gestiti da tali istituti , i quali non operano sempre nella completa trasparenza, finanziando aziende che forse sarebbe meglio non finanziare. Dopo questa breve introduzione possiamo parlare di una tipologia di banca particolare: la banca etica. Questo istituto bancario opera come gli altri, ma con criteri legati all’etica (come suggerisce il nome stesso). Offre gli stessi servizi delle altre banche, ma seguendo particolari principi. Opera nel microcredito, cercando di aiutare le persone disagiate che non possono permettersi un prestito con un’alta percentuale di interesse e intende garantire la trasparenza delle sue attività. Rinnega la possibilità di investire in settori che non possono essere considerati etici, come quelli in cui operano aziende che producono armi, aziende inquinanti, aziende che sfruttano i minori, aziende ad allevamento intensivo che non rispettano i criteri della certificazione biologica e molte altre. I settori in cui vengono impiegati gli investimenti sono, d’altronde, legati all’etica (come servizi sociosanitari, energie rinnovabili, gestioni di rifiuti e riciclaggio delle materie prime, aziende che producono prodotti biologici etc).

Nel rispetto del principio di trasparenza, i bilanci vengono pubblicati sul sito, in modo che ognuno abbia la possibilità di consultarli. Banca Etica ha anche dichiarato di non volere come clienti coloro che riportano nei confini nazionali denaro detenuto nei paradisi fiscali. L’obiettivo è quello di costruire “

Le feste sui social

Il 2015 giunge al termine, un po’ come il 2014 e l’anno prima ancora. Un po’ come finirà il 2016, con molta probabilità. Negli ultimi anni, le nostre vite vengono sempre più influenzate, positivamente e negativamente, dai social network. Diciamo che ormai possiamo parlare di una vera e propria dipendenza. Immaginare una vita senza smartphone o Facebook sembra impossibile. Ed è così. Il mondo cambia, la tecnologia avanza e noi siamo nell’occhio del ciclone di quella famosa “terza rivoluzione industriale” che ci trascina in questo vortice virtuale. Dai grandi ai piccoli, dai ragazzi alle ragazze, dai politici, i comici, le star, gli emarginati, chi più ne ha più ne metta: tutti cercano di adeguarsi a tali cambiamenti.

le informazioni circolano libere, dove possiamo esprimerci e dove possiamo evolverci, per l’appunto. Ma è anche vero che l’uomo necessita di sentirsi notato e apprezzato… E non ha importanza da dove questo provenga: quando il mondo è povero di anime ci si accontenta. Si spera che quest’anno ci si riesca a staccare un po’ da tale dimensione, facendo cose del tipo giocare a carte con i parenti, mangiare tanta cioccolata, guardare foto dei vecchi album impolverati dei nonni, invece di visualizzare quello di selfie proposto su Facebook. Bisogna semplicemente vivere un po’ di più.