Parigi, la città lumière

Marta è una ragazza di Torvaianica che ama i gatti, i tatuaggi e cucinare. Tra i viaggi che ha fatto sin da piccola con la famiglia ricorda con molto piacere le vacanze in Italia: al mare nel Salento, tra il divertimento dei lunghi bagni al mare, le amicizie in campeggio e le bellezze di questo splendido territorio pugliese, e quelle in montagna d’estate, tra passeggiate, avvistamenti di animali in libertà e paesaggi con le vette innevate.  Anche quelli all’estero li ricorda con piacere, a partire dal primo soggiorno in Inghilterra come studentessa delle superiori. Oggi condivide gentilmente con noi il suo viaggio a Parigi fatto quando era adolescente, assieme alla mamma, evidenziando accanto alla città più turistica anche quella un po’ più ‘nascosta’, ma ugualmente bella.

Perché proprio la capitale francese?

Il viaggio a Parigi l’ho fatto con mia madre qualche anno fa in occasione del suo compleanno; siamo andate da una sua amica che vive lì. Ho accettato di buon grado di passare un lungo week end nella capitale francese in quanto era uno di quei periodi ’no’ ed avevo proprio voglia di staccare qualche giorno dalla routine. Il viaggio lo ha organizzato mia madre, anche se tra le due dovrei essere io la più tecnologica, ma lei è davvero un asso nel programmare le vacanze, lunghe o corte che siano. Non è stata proprio la mia primo volta a Parigi: infatti quando avevo 11 mesi i miei mi hanno portato con mio fratello al parco  divertimenti di Disneyland, di cui ovviamente non ricordo nulla, ma dalle foto risulta essere stato un soggiorno estivo piuttosto piovoso! Ho viaggiato con il solo bagaglio a mano. Seppur facesse freddino, era marzo, ho cercato di portare l’’essenziale’, cercando di far entrare più cose possibili e mantenere il trolley nel peso consentito dalla compagnia aerea.

Con che occhi hai guardato la città?

È stato un soggiorno ricco di emozioni e osservazioni che ho riportato a casa attraverso i miei ‘appunti di viaggio’ che di solito scrivo e ‘clicco’ quando vado in giro: infatti mi piace annotare piccole frasi o magari scrivere ciò che mi ha particolarmente colpito durante la giornata e le associo a fotografie fatte con il cellulare o con la macchinetta fotografica. Per il soggiorno in questione avevo portato una vecchia macchina fotografica digitale ancora con le batterie al litio ed ho fatto molte foto, alcune delle quali le allego a questa intervista. In quel periodo studiavo francese a scuola e potevo parlarlo benissimo, ma non ho sfruttato l’occasione per mettermi alla prova, complice la mia timidezza. Per fare shopping, chiedere informazioni, mangiare o per prendere un caffè mi sono affidata a mia madre…parlava sempre lei!

Cosa ti ha colpito di questa capitale dalle mille luci?

Parigi è una città ricca di sfaccettature. Ci sono le attrattive più turistiche tra cui la cattedrale di Notre Dame, la Torre Eiffel, il museo del Louvre, la Basilica del Sacro Cuore, l’Arco di Trionfo, Avenue des Champs-Élysée, il Museo d’Orsay, la Galerie Lafayette e le vie dello shopping. C’è anche la ‘famosa’ metropolitana, molto usata e amata dai parigini che però ha tante scale, e poche stazioni provviste di ascensori, che diventano dei veri e propri ostacoli, anche solo per spostarsi con i borsoni o con il trolley.

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Ho visto anche tanti angoli cittadini non turistici che me l’hanno fatta apprezzare di più, soprattutto sotto la guida della nostra amica che ci ha fatto vedere scorci nascosti e  molto belli. Un’altra particolarità sono stati gli artisti di strada lungo la darsena, pittoreschi e molto talentuosi, che riuscivano a farti rivivere per alcuni istanti la Parigi dei primi del Novecento. Mi sono molto piaciute anche le innumerevoli vie piene zeppe di graffiti, simboli o vignette satiriche.

Ma il luogo più significativo della città è stata la visita al cimitero monumentale cittadino di Père-Lachaise dove sono sepolti artisti e cittadini famosi di ogni epoca e  appartenenza sociale,  e dove i parigini vanno a passeggiare e a trascorrere momenti di relax. Tra i vari personaggi si possono omaggiare Molière, Marcel Proust, Oscar Wilde e Jim Morison. C’è anche August Comte, il padre della sociologia che mia madre e la sua amica, da brave sociologhe, hanno onorato durante la nostra visita. Una ‘scoperta’ gastronomica, se così posso dire, sono state le crepe molto buone che ho mangiato a Montmatre, presso una creperie che si trova a Place du Tertre, la famosa piazza degli ‘artisti’.

Nel vivo della coloratissima Belleville

Ho soggiornato nel quartiere di Belleville e Ménilmontant, XX arrondissement nella zona nord est della città, ai piedi della collina di Belleville. È una zona molto viva, cosmopolita e colorata dove convivono ebrei, musulmani, cattolici e buddisti e dove abbiamo fatto belle passeggiate. Il quartiere è famoso anche per la street art, come in Rue Desnoyer, con le varie associazioni culturali che l’hanno reso come un museo a cielo aperto. Dal belvedere del parco di Belleville si può ammirare uno dei più bei panorami di Parigi. Tra i personaggi famosi nati e vissuti lì c’è la cantante Edith Piaf. Ci siamo spostate molto a piedi, ma per arrivare in centro usavamo il ‘mitico’ autobus 96, che passa poco lontano da dove abitavamo e attraversa molti quartieri parigini.

Cosa hai riportato a casa?

Oltre alla bella esperienza di aver conosciuto aspetti, colori e profumi della città poco noti, come al solito ho comprato souvenir e le calamite per gli amici  o da tenere per me. Al rientro a casa non vedevo l’ora di distribuirli come faccio di solito quando torno dai viaggi. Ho raccontato il viaggio, mostrato le foto che avevo fatto chiacchierando con chi, parenti o amici, già erano stati a Parigi e con i quali ho condiviso la mia indimenticabile esperienza di viaggiatrice.




Con Angela nell’antica Roma di Augusto

Fino all’8 novembre 2020, nella Capitale, è possibile assistere al progetto “Viaggi nell’antica Roma”, spettacolo multimediale che fa rivivere al visitatore la storia del Foro di Augusto  a cura di  Piero Angela e Paco Lanciano, con la collaborazione di Gaetano Capasso e la direzione scientifica della Sovrintendenza capitolina. Accompagnati dalla voce di Piero Angela e seduti sull’apposita tribuna all’aperto,  gli spettatori potranno assistere a una rappresentazione  rigorosamente scientifica e storica del luogo come si presentava nell’antica Roma, a partire dall’enorme statua di Augusto (alta 12 metri) che dominava l’area accanto al tempio, ai marmi ancora visibili nel Foro. Il racconto si sofferma su Augusto attraverso una multiproiezione di luci, immagini, filmati e animazioni che presentano Roma nell’età imperiale, quella della grande ascesa che portò ad un vasto impero comprendente  gran parte dell’Europa, del Medio Oriente e tutto il Nord Africa. Ancora oggi si possono ammirare le tracce rimaste di quel passato ricco di arte, tecnologia e cultura come le terme, gli anfiteatri e le strade.

Lo spettacolo prevede tre repliche di 40 minuti ogni sera, nel rispetto delle misure sanitarie anti Covid-19. Ẻ fruibile in otto lingue: italiano, inglese, francese, russo, spagnolo, tedesco, cinese e giapponese. Il progetto fa parte del nuovo palinsesto di Roma Capitale Romarama ed è promosso da Roma Capitale, Assessorato alla crescita culturale – Sovrintendenza capitolina ai beni culturali  e prodotto da Zètema Progetto cultura.

Info: call center 060608 e sul sito www.viaggioneifori.it

(foto dal sito)

 




Insieme riporta i libri a Roma

 

Dall’1 al 4 ottobre 2020 si svolgerà “Insieme – Lettori, autori, editori” manifestazione che riunisce i tre importanti appuntamenti romani di  Letterature, Libri Come e Più libri più liberi, nel rispetto delle nuove norme di sicurezza sanitaria.

Saranno  circa 170 gli stand degli editori ed oltre 100 gli  incontri con autori italiani e stranieri, reading e performance musicali e artistiche. Partecipazione attesa del premio Nobel Wole Soyinka, ed altri autori come Moni Ovadia, Erri de Luca, Zerocalcare, Andrea Pennacchi e  Giuseppe Civati. La manifestazione si snoderà in alcune location di Roma: Parco Archeologico del Colosseo, tra Basilica di Massenzio, lo Stadio Palatino e il Tempio di Venere, e l’Auditorium Parco della Musica,  con incontri con scrittori e artisti in presenza e in streaming, di cui alcuni già sold out vista l’importanza dell’iniziativa. Tra i molti appuntamenti della giornata inaugurale:

  • Cavea dell’Auditorum,Angelo Piero Cappello,Paolo Giordano e Alberto G. Ugazio parteciperanno a “La cura dei libri”, un incontro a cura del Centro per il libro e la lettura Erri De Luca e Zerocalcare dialogheranno “In direzione contraria”, con Marco Damilano, con possibilità dello streming;
  • Basilica di Massenzio, con un percorso esperienziale site-specific con una  installazione video di Michal Rovner e  un reading di Claudia Durastanti.
  • Stadio Palatino, lo spettacolo teatrale “Ode Laica per Chibok e Leah” (dall’opera del premio Nobel per la letteratura Wole Soyinka), con Moni Ovadia e Esther Elisha,  con un coro delle allieve della scuola di recitazione del Teatro Azione e del Centro Internazionale La Cometa, anche in streaming.

Tutti gli appuntamenti sono ad ingresso gratuito e accessibili su prenotazione obbligatoria, fino a esaurimento dei posti.

L’evento, promosso daCentro per il libro e la lettura del Mibact, dalla Regione Lazio e da Roma Capitale, è organizzato dall’Associazione italiana editori, Istituzione Biblioteche di Roma, Fondazione Musica per Roma e Zètema Progetto Cultura, in collaborazione con il Parco Archeologico del Colosseo e con il sostegno della Società Italiana degli Autori ed Editori (Siae) e Bnl Gruppo BNP Paribas; la Rai è Main Media Partner. 

Info e prenotazioni su www.insiemefestival.it (Foto di Pexels da Pixabay)




A casa di Albertone

 

Dopo l’apertura programmata a marzo, poi rinviata per la pandemia, lo scorso 16 settembre ha aperto la mostra “Alberto Sordi 1920-2020. Il centenario” che sarà visitabile fino al 31 gennaio 2021 presso due sedi: la villa di Sordi al Celio, e il Teatro dei Dioscuri in zona Quirinale.

L’esposizione, curata da Alessandro Nicosia, Vincenzo Mollica e Gloria Satta, si articola nei vari ambienti della casa che mostrano la lunga carriera e la vita del grande attore attraverso oggetti, abiti, fotografie, video, curiosità e materiale vario. Il percorso è tematico: l’artista, la sua infanzia, la famiglia il legame con la sua città. Un’area è riservata al “Sordi segreto”, al suo rapporto con le donne, alla beneficienza. I personaggi dei suoi film hanno rappresentato lo specchio della società italiana, sottolineandone bassezze, speranze e delusioni umane, sempre proposti con il suo genio, il suo acume, la sua intelligenza ed eccellente bravura. Alberto Sordi era nato a Trastevere, terzo di 4 fratelli. É stato attore, regista, cantante e doppiatore. I film interpretati sono circa 200 con 20 pellicole che lo hanno visto regista. Tra i numerosi premi che ha ricevuto: 9 David di Donatello, 6 Nastri d’argento,1 Orso d’oro e 1 Orso d’argento a Berlino, 1 Golden Globe e il Leone d’oro alla carriera alla Mostra del Cinema di Venezia. L’ingresso alla mostra è scaglionato, seguendo le misure di sicurezza anti Covid-19 e la visita va prenotata.Info: Tel. 06 85353031; mail: info@centenarioalbertosordi.it https://www.fondazionemuseoalbertosordi.org/index.php/eventi
(indirizzi:  Casa di Alberto Sordi: Via Druso 45, altezza Piazzale Numa Pompilio, zona Terme di Caracalla; Teatro dei Dioscuri: Via Piacenza 1) (Foto di Free-Photos da Pixabay)




La Breccia che fece Roma capitale

Da poco sono stati celebrati i 150 anni della presa di Roma o Breccia di Porta Pia, ricorrenza spesso dimenticata dalla maggioranza degli italiani, e non considerata una data importante per il nostro Paese al pari del 2 giugno e del 25 aprile.  Per l’occasione la Galleria Apolloni di Via Margutta a Roma (http://www.galleriawapolloni.it) ha allestito la mostra “Lo zuavo e i bersaglieri” fino  al 20 ottobre 2020. ”L’interesse per Porta Pia nasce dal quadretto dell’olandese Carel Max Quaedvlieg, datato il giorno stesso della Breccia, un quadro epico in pochi centimetri, di un pittore che a Roma aveva dipinto, anche se splendidamente, solo butteri e bufali” commenta il gallerista Marco Fabio Apolloni (Da Il giornale dell’arte n. 410, settembre 2020 F.R. Morelli) che nella sua galleria approfondisce la scoperta e la valorizzazione della storia nazionale. In esposizione anche il monumento funebre in marmo scolpito in scala umana da Victor Edmond Leharivel Durocher, raffigurante il capitano Augustin Latimier Du Clésieux tra gli zuavi pontifici, e la tela di Michele Cammarano, testimone oculare della vicenda, che blocca i bersaglieri mentre salgono il monte dei detriti caduti dalle Mura Aureliane bombardate, quadro molto famoso e riportato su tutti i libri di storia che oggi si trova al Museo di Capodimonte. Un invito a conoscere meglio questo evento storico arriva anche dai molti libri pubblicati sul tema. Le “Biblioteche di Roma” ne suggeriscono diversi, tra cui ‘La guerra di Roma: storia di  inganni, scandali e battaglie dal 1862 al 1870’ ( Stefano Tomassini, Il Saggiatore, 2018), ‘L’ultimo giorno del Papa Re: 20 settembre 1870: la breccia di porta Pia’   (Antonio di Pierro, Mondadori Arnoldo, 2007).

Per ricordare l’avvenimento storico: il 20 settembre 1870 l’esercito piemontese entrò in città con in testa i bersaglieri, che occuparono la città travolgendo gli Zuavi Pontifici, soldati in maggioranza francesi e belgi, di Papa Pio IX. L’evento decretò l’annessione di Roma al Regno d’Italia, che divenne capitale prima della monarchia e poi, dal 1946, della repubblicana. Guidati dal generale Raffaele Cadorna, 50 mila piemontesi entrarono in città contro i 13 mila dell’esercito pontificio. Furono molti i civili presenti sul campo durante l’azione di guerra. Erano patrioti, politici cacciati dallo Stato pontificio che volevano rientrare, venditori ambulanti, pittori che volevano immortalare la battaglia e giornalisti, tra cui Carlo Arrivabene corrispondente del “Daily Telegraph” ed Edmondo De Amicis di “Vita militare”. Il passaggio dei primi bersaglieri nelle strade della città venne accolto dalla cittadinanza con ovazioni e applausi. La Breccia di Porta Pia è considerata l’ultima vera battaglia del Risorgimento che portò alla fine dello Stato Pontificio, dopo un millennio di storia, con i territori che passarono sotto il Regno d’Italia.  Il 20 settembre è stata festività nazionale fino al 1929, quando venne abolita in seguito alla firma dei Patti Lateranensi, l’accordo tra l’Italia fascista e la Chiesa cattolica con la nascita dello Stato Città del Vaticano, che riportarono i cattolici nella vita politica italiana, dopo un’autoesclusione durata oltre i cinquant’anni. Il Corpo dei Bersaglieri nasce nel giugno 1836 con il primo intervento sul campo nel 1848, durante la Prima Guerra d’Indipendenza. Oggi fa parte dell’Arma di Fanteria dell’Esercito, caratterizzato dalla corsa dei bersaglieri al suono della fanfara, presente sul territorio con molte iniziative a sostegno dei cittadini. (Foto di Cristian Ferronato da Pixabay)




Giappone, un viaggio per amico

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Aurora, 39 anni, è una grande viaggiatrice, in solitaria o in compagnia di sorella o amici stretti. Donna attiva ed amante della vita, ha molte passioni tra cui quelle legate alle arti come teatro, scrittura e fotografia e due pelosette, la gatta Alice e Agnese la cagnolina. Non fa solo un lavoro anche se, come dice lei, quello che le permette di pagare le bollette non la rappresenta e quello che più le piace è fare la coordinatrice per l’organizzazione di viaggi ‘Vagabondo’. Il viaggio che ha scelto ci porta nel lontano Oriente, in Giappone, nato in modo particolare e legato ad un suo grande amico, di quelli veri che si incontrano nell’età dell’adolescenza, quando si parla di libertà, di piani per il futuro e di quando si sarà grandi a 35 anni. Per il diciottesimo compleanno si promisero di non invecchiare mai, di non andare in resort o in villaggi turistici e di farsi un viaggio insieme, il ‘loro’.

Come nasce la scelta di questa destinazione così lontana?

Passavano gli anni e con il mio amico rinnovavamo la promessa, la vita correva e noi continuavamo a pensare al nostro progetto, un po’ per abitudine e un po’ per non demoralizzarci del tempo che passava. Purtroppo, prima dei fatidici 35, lui partì per il viaggio più lontano, lo persi. Non persi, però, l’idea della nostra promessa. Avevo finalmente 35 anni, era il giorno dell’anniversario della sua dipartenza. Stavo ascoltando la nostra canzone “Una donna per amico”, piangevo e, non so come, alla fine ho prenotato il nostro viaggio per il Sol Levante. Ho preso il biglietto aereo, ho chiacchierato con un paio di amici che erano già andati lì, ho comprato la guida Lonely Planet (aperta solo poi sull’aereo), e dopo un mesetto da quel click ero a Tokyo.

Com’è il Giappone?

É un ‘mondo nel mondo’, ogni angolo parla dei cartoni animati nipponici che hanno accompagnato chi è cresciuto negli anni ’80. I giapponesi sono accoglienti. L’importante è essere rispettosi delle loro regole, come per esempio non soffiarsi il naso in pubblico o non farsi vedere i tatuaggi che hai sul corpo. L’ho travato molto spirituale, anche se appena giunta in aeroporto a Tokyo sono stata intervistata da alcune tv per il mio essere donna occidentale con occhi grandi e particolari come piacciono a loro, con capelli che all’epoca erano rasati da un lato e di colore lilla e viola. Lì ho provato tanta libertà, mi sono spesso emozionata, anche con qualche lacrima. La città, secondo me, va visitata per bene, anche con un giorno dedicato ad andare in giro ‘a naso all’aria’ per scoprire e ammirare ogni angolo cittadino. Inoltre, di domenica, ci sono i mercatini delle pulci, dove si può comprare cibo e oggettistica varia. Da non perdere le città di Kyoto e Hiroshima, con le profonde contraddizioni giapponesi, tradizione e innovazione scientifica. Incantevole, e da visitare senza dubbio, l’isola che si trova di fronte a quest’ultima, Miyajima, dove ho visto un’alba mozzafiato e dove si può ammirare il portale d’ingresso, il famoso Torii, da cui i visitatori sono tenuti a passare, collocato in mare di fronte al tempio shintoista di Itsukushima che si trova sull’isola, costruito su palafitte e inserito nell’elenco dei Patrimoni Unesco.

Cosa cerchi in un viaggio?

Nel viaggio cerco qualcosa che mi stupisca, cerco l’anima e il posto dove vorrò invecchiare. Le emozioni non sono mai scontate, mi rendo conto di piangere molto, mi sfogo di tutte le frustrazioni della vita reale, sono realmente chi voglio essere ed abbandono ogni costruzione obbligata. Il viaggio in Giappone, ad esempio, è stato il più forte a livello introspettivo, non ero da sola, avevo sempre il mio amico con me. Mi sono accorta che mi capitava di parlarci anche a voce alta, gli chiedevo cose, i perché sulla vita e cosa volesse mangiare per pranzo. Devo dire che è un Paese talmente tanto libero che puoi essere solo tra la gente e mai sentirti strano di esserlo, anche se parli da solo.

Quando vai in giro sei una ‘chiacchierona’ o stai più sulle tue?

Parlo anche con i sassi. Se la lingua non me lo permette riesco comunque a parlare in altri modi, viaggiando per ostelli è più facile trovare viaggiatori solitari come me, con cui ci si scambia storie, viaggi ed idee per il futuro. Anche se sono in compagnia è la stessa cosa, parliamo e scopriamo. Quando ‘porto’ i viaggi come coordinatrice, ci si scopre un po’ di più nei gruppi. Ho conosciuto delle persone che sono diventate poi miei grandi amici. Ad esempio in Giappone ho incontrato un ragazzo e sono anni che ci scriviamo e capita di incontrarci da qualche parte nel mondo, anche solo per un caffè a Parigi. Sono molto social, a tante persone piace seguire i miei viaggi e mi spingono a raccontare con foto e dirette.  L’emozione predominante è assolutamente la “fame”, intesa come curiosità per posti, usi e costumi e sì, anche cibo. Immagino la vita delle persone e ne voglio far parte. La mia emozione è la voglia di vivere.

Tieni un diario di viaggio?

Sì, scrivo riflessioni, sensazioni e pensieri che chiamo considerazioni: dalla bellezza di un paesaggio, o un tramonto che mi ha emozionato alla curiosità di ascoltare i bambini piccoli che parlano, dagli spostamenti che faccio alle notti in cui ho dormito male, o un’avventura particolare.

 

Cosa ti porti a casa dai tuoi viaggi

Faccio tante foto e acquisti particolari, spesso ai mercatini dei posti che visito. Ad esempio a Tokyo ho acquistato dei kimoni ad un mercato tipo via Sannio a Roma, pagati cifre irrisorie, ma fatti di seta. Porto spezie o cibo. Porto a pochi amici ed ai miei familiari quello che mi ha fatto sentire bene nel viaggio. Immancabile un gufo per la mia mamma, ne avrà più di mille oramai.

Al rientro cosa fai come prima cosa?

Al rientro faccio la lavatrice e la doccia. Mi preparo o mi preparano un piatto di pasta. Racconto sì, ma non tanto il viaggio che ho fatto, ma chi ho incontrato le emozioni e le situazioni strane nelle quali incappo. E poi pubblico le miei considerazioni con le foto, in romanesco e con toni ironici o sarcastiche.

Cosa puoi suggerire a ragazze e donne che vogliono iniziare a viaggiare da sole?

Di iniziare ad andare da sole a cena fuori, al cinema o a fare una passeggiata nella propria città e vedere se si prova imbarazzo. Tra le nazioni che ho visitato, per me Cuba e il Giappone sono tra le più sicure, assieme a Budapest (Ungheria). Bisogna comunque sempre stare con gli occhi aperti, direi di ‘non accettare le caramelle dagli sconosciuti’.

Un invito che faccio a tutti, è quello di portare in giro per il mondo un ‘turismo intelligente’, vale a dire capire e rispettare persone, animali e modi di vivere del territorio che visitiamo, perché siamo ospiti a casa di altri.

 




Benvenuti in Iran

Federica è una farmacista siciliana che vive e lavora a Pomezia, dopo aver girato per motivi di studio e professionali varie città d’Italia. Ama il suo micio rosso Piumino, ma anche viaggiare, cucinare e fare immersioni subacquee che l’hanno portata ad esplorare non solo i fondali marini italiani, ma anche quelli di Egitto, Maldive e Sudan, assieme ai gruppi di sub che frequenta da molti anni e con i quali condivide i viaggi ‘ad hoc’. Tra i tanti viaggi, oggi ci racconta l’Iran, visitata con un gruppo organizzato di viaggiatori.

Perché l’Iran?

Se è vero che un viaggio inizia quando entra per la prima volta nel nostro immaginario, il viaggio in Iran è iniziato due anni prima, nel novembre del 2017, durante un altro viaggio straordinario, quello in Vietnam. Un desiderio coltivato per due anni, in quanto nel novembre 2018 l’ho dovuto rimandare in seguito ad un infortunio di una mia amica che voleva anche lei assolutamente visitarla. Quell’anno optai per la Turchia, altro paese meraviglioso soprattutto nelle sue regioni della Cappadocia e Anatolia. Ho iniziato a raccogliere commenti di gente che aveva visitato l’Iran, notizie e documenti che mi fecero crescere la voglia di partire, tra le perplessità e le paure di amici e parenti che mi dicevano: “Proprio lì devi andare? È un paese pericoloso! Hanno la bomba atomica! Ma sai come trattano le donne? E se poi ti rapiscono?”. E così a novembre 2019, io, assieme ad un amico e altri 13 sconosciuti, partimmo come gruppo organizzato dall’aeroporto di Fiumicino (Roma). Scoprimmo poi, durante il viaggio, che tutti eravamo stati scoraggiati da amici e parenti dall’intraprendere questa avventura persiana. Una volta atterrati, ricordo che in aeroporto il gruppo apparve ‘mutato’, almeno per ciò che riguardava noi donne: criniere dai vari colori, caschetti e riccioli erano scomparsi sotto foulard di tutti i colori. Avvolti sul capo, dapprima in maniera maldestra e poi col passare dei giorni in modo sempre più composto, questi foulard ci caratterizzarono, facendoci scordare del tutto le nostre usuali capigliature. Oltre a capo e collo coperto per tutte le donne, turiste comprese, lì bisogna indossare lunghi camicioni per coprire le forme. Nelle moschee l’abbigliamento deve essere ancora più casto: infatti indossavamo gli chador, lunghi drappi colorati con diverse fantasie e rigorosamente sintetici, distribuiti all’entrata alle donne che ne erano sprovviste. Familiarizzare con il velo non è stato per tutte facile, ed ha rappresentato un leit-motiv di tutto il nostro tour. Qualcuna ha lottato dal primo all’ultimo giorno con mollette e fermacapelli, sperimentato veli di ogni misura e foggia, con l’assistenza di gentili signore iraniane mosse a compassione! A volte capita che la soddisfazione per un viaggio tanto immaginato e desiderato risulti inferiore alle nostre aspettative; nel nostro caso è successo il contrario, la realtà ha superato l’immaginazione. Questa destinazione non avrebbe potuto avere esiti migliori, sia per i luoghi visitati, sia per l’aspetto organizzativo, curato in maniera ineccepibile dal mio amico, coordinatore da anni per Avventure nel mondo (Anm).

Di che nazione si tratta?

Si tratta di un paese che mi ha letteralmente sorpreso per la qualità delle strutture e dei servizi: una rete stradale in ottime condizioni anche nei paesi più sperduti, alberghi di livello spesso superiore al nostro abituale, le città molto pulite, tanti giardini tenuti perfettamente, corrente elettrica diffusa fino nei villaggi più remoti di montagna, e tanto altro ancora. Insomma l’Iran non è affatto quel luogo arretrato e pericoloso che ci avevano descritto su giornali e televisione in Occidente. L’economia è sicuramente in sofferenza, condizionata dalla pesante cappa del regime religioso e in parte anche dalle sanzioni dei paesi occidentali. È un paese ricco di risorse naturali, come petrolio, gas, minerali e con molte potenzialità creative umane che attendono solo di manifestarsi. Secondo me l’Iran potrà avere un grande sviluppo e un ruolo importante nel mondo se cambiasse la politica dei prossimi governi.

Altra cosa che da occidentali non ci si aspetta è che si tratta di un paese molto pulito. Nelle case degli iraniani si entra scalzi e si mangia sul tappeto. Quando abbiamo chiesto ai nostri amici locali come fosse possibile non trovare scomodo il bagno alla turca, ci hanno risposto: “Come fate voi a non trovare antigienica una tavoletta sulla quale si poggiano anche altre persone?”. Attualmente, comunque, hanno quasi tutti entrambe le soluzioni: gli hotel hanno praticamente solo il nostro water occidentale. Solo in termini di varietà di paesaggi, la superficie del territorio è cinque volte e mezzo quella italiana e riassume in sé un continente intero. L’Iran è un mondo a sé anche in termini culturali, una civiltà con 5.000 anni di storia. Sono presenti nel territorio tantissimi siti   inseriti nel ‘Patrimonio dell’umanità UNESCO’, tra cui i luoghi iconici come le rovine di Persepolis, l’antica capitale dell’impero persiano, la necropoli di Naqsh-e Rostam e la città antica di Pasargadae con il mausoleo di Ciro il Grande, fondatore del primo Impero. Ovviamente sono belle anche le città: dalle stupende moschee, con all’interno i classici tappeti di “maioliche”, soprattutto a Isfahan, ai palazzi degli scià di Teheran a quelli non meno pomposi dei ricchi commercianti, di cui alcuni a Tabriz e Kashan, e naturalmente anche Yazd, un incredibile labirinto di stradine tra case in argilla e moltissime badghir, le Torri del vento. Non vanno dimenticati i bazar, tra zafferano, erbe aromatiche e tappeti persiani. L’Iran è talmente vasto e ricco di cose da vedere che scegliere solo la capitale Teheran è un po’ limitante, benché molto indicativo: essendo molto caotica spesso non viene neanche menzionata all’interno dei classici tour. Noi ci siamo rimasti due giorni e abbiamo visitato la Torre Azadi, uno dei simboli della capitale, il Palazzo Golestan, utilizzato per cerimonie ufficiali, come l’incoronazione dello scià Mohamad Reza, ed il caotico e caratteristico Gran Bazar, perfetto per fare acquisti e portare a casa un souvenir. L’elenco delle cose da vedere a Teheran è ancora lungo: palazzi, giardini e musei che custodiscono reperti di inestimabile valore dello scià di Persia. Altro simbolo iconico dell’Iran sono le moschee ed altri luoghi di culto. Gli architetti che hanno disegnato le moschee iraniane, si sono sbizzarriti in soluzioni che mi hanno lasciato stupefatta. Ologrammi tridimensionali ottenuti con minuscoli fori nelle cupole, mosaici composti con milioni di piastrelle colorate e frammenti di vetri o specchi locali, dalla particolare acustica che amplificano le voci.

Poi ci sono gli indimenticabili villaggi di montagna. I monti Zagros, nell’Iran occidentale, sono i luoghi migliori per visitare piccoli villaggi di montagna con le case costruite in “adobe”, una miscela di paglia e argilla. Questi remoti villaggi tradizionali, dove si conservano usanze e dialetti spariti dal resto dell’Iran, sono frequentati da pastori nomadi e sono circondati da uno spettacolare paesaggio. Un villaggio di montagna facilmente accessibile e con le tradizionali case rosse di adobe, è Abyaneh e può essere visitato percorrendo una breve deviazione quando si è di strada tra Isfahan e Kashan, mentre altri villaggi più remoti richiedono un diverso tipo di organizzazione. Sicuramente le rovine di Persepoli con l’adiacente Necropoli e Pasargadae, sono il luogo ideale per conoscere qualcosa in più sull’Impero achemenide e sui re persiani, una storia ben documentata da antiche incisioni su pietra in gran parte decifrate, da stupendi bassorilievi risalenti a 2.500 anni fa e da preziosi reperti archeologici di inestimabile valore.

Gli iraniani e la loro accoglienza

Appena arrivati in Iran, e precisamente a Shiraz, cominciammo a orientarci con una passeggiata in un parco. La fotografia che porto nella mente e nel cuore è la seguente: molte persone sedute sui prati, l’una accanto all’altra attorno ad una tovaglia da picnic,  famiglie numerose a rappresentare tre o quattro generazioni insieme. Ricordo uomini che versavano il tè e sistemavano il carbone e il tabacco dei loro narghilè, con il vento che trasportava in giro l’aroma del cibo. E con un “Welcome! Please, join us”. Unitevi a noi!  E qualche metro più avanti, un altro invito, e un altro, e un altro ancora. ”Welcome to Iran!”. E fu subito un sorriso. Se esistesse un’espressione per riassumere l’esperienza in questo meraviglioso paese, sarebbe “Benvenuti!”. Ve lo dirà qualsiasi passante per strada, bambini, anziani e commercianti nei bazar mentre vi offrono un dattero o una noce, oppure dei pistacchi di cui l’Iran è uno dei principali produttori al mondo. Molti di loro saranno curiosi di sapere da dove venite, dove siete diretti e se vi trovate bene nel loro paese.  Ovviamente scatteranno volentieri anche un paio di selfie con voi. Siate preparati a sentire la richiesta: “Ditelo ai vostri amici che tutti sono i benvenuti da noi. Non siamo terroristi”. Gli iraniani purtroppo sono al corrente della loro cattiva reputazione e nonostante ciò la loro cordialità è sconvolgente, quasi umiliante, e smentisce i falsi stereotipi di un’ostilità collettiva.  La visione che l’Occidente ha dell’Iran è limitata e molto incompleta. Cioè non vuol dire ignorare fatti rilevanti: certo la Repubblica islamica è una teocrazia, governata da un regime dittatoriale, e le condizioni di rispetto dei diritti umani sono pessime. C’è dispotismo e censura, ma difficilmente un turista ne sarà testimone. Contrariamente alla sua reputazione e alla sua situazione politica, l’Iran è una destinazione assolutamente sicura. Si potrebbe aprire un intero capitolo a riguardo, ma ciò che non si deve mai dimenticare, in nessun luogo del mondo, è che governo e popolo sono due entità distinte e che il secondo non può essere colpevole per le scelte, le imposizioni e le leggi del primo. In realtà anche per gli abitanti le libertà nella vita di tutti i giorni sono maggiori di quello che si pensi. La hijab, il velo, che per molte donne emancipate costituisce l’odiato simbolo della propria mancanza di libertà, viene trasformata in un accessorio alla moda. Tra l’altro l’Iran è il paese con il più alto tasso di operazioni di chirurgia estetica al naso. La rinoplastica indica uno status sociale,  per le donne: visto che il naso è una delle rare cose che possono mostrare, lo vogliono bello e se lo fanno ‘sistemare’. Anche se non si sono operate, alcune di loro, per ‘vezzo’, portano con fierezza  delle bende bianche intorno al naso, ad indicare i postumi di una rinoplastica a cui si sono sottoposte, anche se spesso ciò non è vero.

Qual è la stagione migliore per visitarla e quali requisiti bisogna avere per entrare?

Il clima presenta temperature estreme piuttosto importanti in estate e in inverno, quindi il periodo migliore corrisponde alle mezze stagioni, ovvero tra aprile e maggio e tra fine settembre e inizio di novembre. Per l’ingresso occorre il passaporto con validità residua di almeno 6 mesi, e il visto di ingresso da ottenersi presso un’ambasciata o un consolato, sebbene sia possibile ottenerlo anche all’arrivo nei maggiori aeroporti, questa modalità viene sconsigliata. Gran parte dei tour organizzati e dei viaggi individuali prenotati tramite agenzia prevedono come mezzi di trasporto auto o pulmini guidati da un conducente locale e questo è probabilmente il miglior modo per spostarsi in Iran, soprattutto per chi ha poco tempo a disposizione. Anche perché, per noleggiare l’auto, bisogna considerare il traffico delle città e lo stile di guida degli iraniani, che possono essere davvero stressanti e pericolosi.

 Cosa hai riportato da questo viaggio?

Sicuramente le cose più belle portate dall’Iran, oltre a pistacchi, tappeti e le ceramiche raffiguranti i caratteristici melograni, sono i ‘miei’ ricordi. Si tratta di ricordi dolci e intensi di centinaia di persone che ci hanno fermati per strada o contattati tramite Instagram (Facebook è bloccato), che non hanno esitato un attimo prima di invitarci a cena o, chi poteva, a dormire nelle loro case.

Questa è l’Iran con la sua meravigliosa gente!

 




Aperte le finestre di lancio per Marte

Lo scorso mese di luglio sono decollate tre sonde verso Marte per cercare tracce di vita: il nuovo rover degli Stati Uniti, un altro della Cina e la prima sonda spaziale degli Emirati Arabi che indagherà l’atmosfera. La finestra di lancio favorevole si apre ogni due anni quando la distanza tra i due pianeti raggiunge circa 34 milioni di chilometri: per questo motivo la missione europea-russa, prevista per luglio e bloccata dal Covid-19, è stata rimandata al 2022. “Si tratta del momento a più alto traffico di veicoli con destinazione Pianeta Rosso“ afferma Susanne Schwenzer, astrobiologa della Open University (Uk). “Ma dipende fortemente dalla meccanica celeste, perché le orbite di Marte e Terra si allineano ogni 26 mesi, rendendo più agevole il viaggio, e si tratta di una finestra di lancio che resta aperta per poche settimane, per questo l’invio di ben tre sonde rappresenta un’impresa a dir poco ambiziosa” (Fonte Rainews).

La missione statunitense Mars 2020 è partita verso Marte lo scorso 30 luglio partendo da Cape Canaveral (Usa) portando in orbita il rover Perseverance e il drone uity, per la perlustrazione dell’ambiente e la raccolta di informazioni sulle tracce di vita passata e presente, dopo che il 19 luglio è partita  Hope, la sonda degli Emirati Arabi Uniti, e il 23 la cinese  Tianwen-1. Il lancio della sonda Hope è la prima missione spaziale legata al giubileo d’oro dell’Unione degli Emirati Arabi nata 50 anni fa. Rimarrà in orbita dai due ai quattro anni e sarà il nostro satellite meteorologico marziano per dare risposte a quesiti sulla sua interazione con lo spazio profondo ed il vento solare. E’ stata costruita da 75 ingegneri degli Emirati trasferiti all’università del Colorado negli Stati Uniti con la collaborazione delle università di Arizona e Berkeley. Il 23 luglio è partita la sonda cinese Tianwen-1, primo veicolo della Cina ad entrare nell’orbita di Marte, che farà sbarcare un rover con l’obiettivo di celebrare il DFH-1 partito nel 1970 (la Nasa era già sbarcata con gli uomini sulla Luna) che prevede un veicolo spaziale costituito da satellite, lander e rover.  Il lancio è avvenuto dalla base di Wenchang, sull’isola di Hainan(Cina) e ha segnato anche il debutto del razzo Lunga Marcia 5 e come obiettivo ha quello di cercare acqua sotterranea e tracce di vita.




Teatro comunale, presentato il progetto

Ieri, dopo oltre dieci anni, il Comune di Pomezia ha presentato il progetto del nuovo teatro comunale (ex consorzio agrario) di Via Virgilio.

L’obiettivo è di consegnare la struttura alla città, facendo coesistere la parte preesistente con le opere innovative dell’architettura contemporanea. L’iniziativa è stata possibile grazie al finanziamento di 3.383.229,12 euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc) 2014-2020 nell’ambito del piano “Turismo e cultura” del Ministero dei beni e delle attività culturali, con il quale l’Amministrazione comunale può mettere mano al completamento del teatro. Il progetto è stato presentato dall’architetto Marco Petreschi, assieme a due plastici, di cui uno esposto al MAXXI di Roma, con l’idea di ‘ridare vita’ a un edificio abbandonato.

Tra i presenti, oltre al sindaco Adriano Zuccalà ed altri esponenti dell’amministrazione comunale, lo scrittore Antonio Pennacchi e Luca Ribichini, vicepreside della Facoltà di architettura di Roma ‘La Sapienza’. “Da oggi possiamo guardare fiduciosi verso quello che non è più un traguardo irraggiungibile” afferma Adriano Zuccalà, sindaco di Pomezia. “Il nuovo teatro di Pomezia, pensato circa 16 anni fa e poi abbandonato, potrà finalmente vedere la luce grazie ai fondi che la nostra Amministrazione è riuscita a portare in città. Abbiamo a disposizione le risorse finanziarie per intervenire nella porzione di edificio dedicata agli spettacoli e dotare Pomezia del suo primo teatro”.

La prima parte del progetto prevede la realizzazione del foyer, della sala e del palcoscenico; al completamento di tutte le parti architettoniche l’edifico diverrà un centro di cultura cittadina.  “A Pomezia la cultura si prende lo spazio che merita. Negli ultimi anni la Città ha visto nascere nuovi spazi culturali, come il Museo Città di Pomezia, e ha valorizzato le risorse storiche e archeologiche che ospita. Si è fatta strada nelle piazze, come nel caso delle rassegne Eneadi, Pomezia in Musical e UgoPari30 dedicata a Tognazzi, e ora si appresta a veder nascere un vero e proprio teatro, il primo nella sua storia” conclude la vice sindaco Simona Morcellini.

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Camper, che passione!

Questo racconto ci porta nel nord della Francia. A condurci è Silvia, impiegata presso una compagnia telefonica, 2 figli, una universitaria di 23 anni e un ragazzo diplomato quest’anno, che vive in una zona verde della nostra città. Oltre ai viaggi, le sue passioni sono la cucina, i libri e la scrittura creativa. Ha viaggiato molto fin da piccola: con i genitori amanti dei viaggi, poi con amici, marito e figli. La destinazione che ha deciso di raccontarci è un tour in camper che l’ha portata in Bretagna e Normandia, assieme ad altri amici camperisti.

Come nasce la passione per i viaggi in camper?

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Dopo aver visitato molti luoghi in Italia e all’estero, dal 2002 al 2017 ho viaggiato in camper con marito e figli, assieme ad altre due famiglie di camperisti conosciuti tramite le amicizie di scuola dei nostri figli. Fin dal primo viaggio ci siamo trovati molto bene, e in sintonia. L’alchimia che ci ha portato a ‘sceglierci’ ogni anno ha ingredienti molto potenti e purtroppo rari, come libertà, rispetto, reciprocità e stesso ‘mood’ di intendere il viaggio, soprattutto con i figli al seguito.

Come avete programmato date e destinazioni?

Sceglievamo per lo più il mese di agosto per motivi di lavoro e per le destinazioni buttavamo giù luoghi e itinerari, e poi ne parlavamo insieme fino a trovare una destinazione interessante per tutti. Abbiamo fatto viaggi di pochi chilometri, fino a distanze più lontane come in questo caso. Tutti guidavamo il camper, così da alternarci nei percorsi più lunghi e impegnativi. Nella guida ho riscontrato solo il problema del peso del mezzo, che un po’ scombussola, ma che si supera prestando maggiore attenzione rispetto alla guida di una utilitaria. Per mangiare, siamo sempre stati tutti ben sintonizzati, ogni nucleo familiare organizzava i suoi pasti, che poi divenivano simpatiche ‘mangiate allargate’, con molte cene condivise quando si preparava per esempio il pesce o si faceva il barbecue.

Durante i viaggi preferivamo acquistare i prodotti locali anche se, con l’esperienza, abbiamo imparato a portare da casa qualcosa come acqua, olio e pasta.

Destinazione Normandia

Nel 2015 ci siamo avventurati alla volta di Bretagna e Normandia. Stimolati da letture, film e voglia di ostriche, il 2 agosto siamo partiti per Mont Saint Michel. Solo una sosta intermedia prevista: dovevamo arrivare in tempo per godere degli ultimi giorni di alta marea. Non ci siamo fatti spaventare dai km che avremmo dovuto percorrere, con il camper tutto è possibile: se ti stanchi metti un punto, ti fermi e il giorno dopo, o l’altro ancora, riparti. La prima notte l’abbiamo trascorsa sul Monviso, eravamo partiti la mattina da Roma con 40 gradi, arrivati la sera al Passo i gradi erano 18 (scarsi). Il giorno dopo eravamo a Auxerre e il pomeriggio successivo finalmente a vedere l’alta e la bassa marea a Mont Saint Michel. È stato veramente un bel viaggio, ricco di emozioni, attività e interessi turistico-culturali che hanno coinvolto profondamente anche le ragazze e i ragazzi. E soprattutto, da un punto di vista culinario, un viaggio all’insegna delle ostriche che per me, che ne sono molto golosa, ha fatto registrare super mangiate di questo buonissimo mollusco, in tutte le salse e a tutte le ore.  In alcune zone, come potete vedere dalle foto allegate all’intervista, ci sono spiaggette con poche case e una manciata di banchetti per la vendita di ostriche, con tante carcasse di questi prelibati molluschi sulla sabbia, tra cui quella di Cancale!. Il nostro tour ha toccato posti stupendi tra cui, oltre a Mont San Michel e Auxerre, Omaha Beach (vedi foto), la spiaggia dello sbarco degli Alleati durante la seconda guerra mondiale (giugno 1944), e tantissimi altri spicchi di territorio davvero belli.

Un momento particolare di questo viaggio?

Emozionante è stata la visita al cimitero americano, che ha coinvolto emotivamente anche tutti e sei i nostri figli, colpiti dalla quantità di croci bianche di soldati giovanissimi che hanno perso la vita durante lo sbarco, e dalle trincee in mezzo a voragini causate dalle bombe. Essendo anche un avvenimento che studiano sui libri di storia, al rientro in Italia hanno visto il film “Salvate il soldato Ryan”.

Un’esperienza fatta anche di una natura rigogliosa, mare e sensazioni olfattive, come quando ti aggiri all’interno di una cittadella fortificata, Saint Malò, e all’improvviso vieni investita da un profumo intenso di spezie, così che decidi di tralasciare le prelibatezze locali per assaporare cibo indiano in un piccolo ristorante scovato in un vicolo.

Tieni un diario per i tuoi spostamenti?

In tutti questi anni ho sempre pensato ad un diario di viaggio, è rimasto purtroppo solo un pensiero e me ne sono pentita. I figli sono cresciuti, il camper non c’è più, ma sono rimaste le foto.

Cosa ti porti a casa?

In genere dei magneti-souvenir. Nel camper c’è però tanto spazio per riportare oggetti acquistati al mercatino, cibi locali e tante altre cose.

Cosa ti senti di suggerire a chi vuole iniziare a girare in camper?

Direi che inizialmente il camper non va comprato, ma noleggiato per capire se è il tipo di vacanza che piace o no, e poi mettere in conto che ci vuole una buona dose di spirito di adattamento, per affrontare nel giusto modo tutte le situazioni che si presentano.

Con il camper, poi, non c’è bisogno di prenotare, un posticino si trova ovunque. E se si viaggia con figli piccoli ti permette di avere sempre a disposizione tutto ciò di cui si può aver bisogno, e se per caso dovesse mancar qualcosa, c’è sempre un camperista generoso dietro l’angolo.




Islanda, terra dalle mille emozioni

Inauguriamo la rubrica “Racconti di viaggi”. Chi vorrà, potrà condividere l’esperienza di un viaggio, un percorso o un itinerario con i lettori del nostro giornale contattandoci all’indirizzo mail raccontidiviaggi@pomezianews.it.

Iniziamo le nostre storie di viaggio con una tra le destinazioni più belle e intriganti, l’Islanda, raccontata da Sara, una giovane grafica e fotografa romana, mamma di un bambino di 6 anni, che vive sul litorale di Pomezia. Sara ha visitato quest’isola ricca di contrasti e bellezze naturali mozzafiato due anni fa, con un tour organizzato. L’ha conosciuta ed esplorata attraverso lo strumento che fa parte della sua vita, la macchina fotografica. Gentilmente accetta di condivide questa esperienza con i lettori di Pomezianews e noi la ringraziamo.

 Com’è nata l’idea di un viaggio in una parte del mondo così particolare?

Stavo uscendo da un periodo difficile della mia vita, dovevo resettarmi. Dopo molte riflessioni, scelsi di ripartire da me, investendo sulla mia più grande passione, la fotografia e da qui l’idea di un viaggio fotografico. Per la prima volta mio figlio avrebbe trascorso le vacanze da solo con il padre. Sapevo che quelli sarebbero stati giorni piuttosto lunghi per me e fare un viaggio poteva essere un’ottima soluzione per distrarmi e concentrarmi sul mio equilibrio.

Come hai trasformato questo desiderio di viaggio in un’azione operativa?

Navigando tra le tante iniziative del web ho trovato una proposta molto allettante: fare il giro dell’Islanda, con un tour già organizzato, in gruppo, che prevedeva un itinerario a 360° lungo tutta l’isola. Ho visto paesaggi unici, dai terreni brulli alle cascate, dalle spiagge nere ai paesaggi dove la natura è incontaminata. Ebbi una strana sensazione, non avrei mai immaginato un giorno di potermi trovare in quel luogo da sogno così remoto, eppure sapevo che sarebbe stato possibile, dipendeva solo da me stessa. Provai inizialmente a proporre il viaggio ad amici e conoscenti per evitare di sentirmi completamente sola in quella terra lontana, ma nessuno fu disponibile a venire con me. Non viaggiavo da circa 10 anni e mai l’avevo fatto da sola, o con sconosciuti. Inoltre mi manca completamente il senso dell’orientamento, riesco a perdermi anche nel mio quartiere! Non avevo più dimestichezza con i viaggi e l’idea di trovarmi sola, per esempio in un aeroporto, mi terrorizzava.

 Ti sei allora affidata al tuo cuore. Che ti ha detto?

Una cara amica mi disse che era la mia occasione, non potevo lasciarmi frenare dalle mie paure. Aveva ragione. Ricordo ancora l’emozione provata nel momento in cui comprai il biglietto. Posso dire ora che si rivelò una tra le più importanti e azzeccate scelte della mia vita. L’Islanda mi ha regalato una gioia che non provavo da decenni e le distanze macinate durante il tour sono state le stesse che ho percorso dentro di me, nel mio viaggio ‘parallelo’. Il viaggio interiore mi ha liberato da paure, vecchi schemi e strutture mentali fino al raggiungimento della vera me stessa. Posti incantevoli e nuovi fantastici amici hanno fatto da contorno alla mia più grande rinascita. Il gruppo era formato da circa dieci persone, con le quali ho condiviso tante emozioni, esperienze e momenti divertenti. Ricordo con particolare piacere una sera in cui tutti stavamo in un pub a mangiare e parlare, ascoltando musica. Un uomo ballava in mezzo alla sala del locale. Come per incanto, ad un certo punto vengo ‘rapita’ dalla musica e inizio anch’io a ballare in pista, libera e contenta di vivere questo momento ludico. Piano, piano si sono uniti tutti gli altri, e abbiamo passato una bella serata spensierata, e in libertà.

Cosa raccontano le tue foto dell’Islanda?

Ne ho fatte ovviamente tante, in ogni luogo e alcune in posti meravigliosi, cercando di cogliere le bellezze allo stato puro di quella flora e fauna così emozionanti. Inoltre, al rientro, le fotografie scattate mi hanno aperto nuove porte professionali. Infatti sono entrata in contatto con un’agenzia fotografica con la quale ho collaborato ed ho anche vinto un premio con una delle foto, che ho voluto allegare a questa intervista.

Di che viaggio si è trattato?

Nello stato di estasi in cui mi trovavo non ho trovato nessun aspetto negativo. Anche le numerose alzatacce alle 5 del mattino, per una dormigliona come me, non sono riuscite a scalfire l’entusiasmo di quei giorni. Il mio diario di bordo è stata la macchina fotografica.

Cosa ti sei portata a casa dall’Islanda?

L’unico gadget acquistato è stato un libro illustrato di Troll e Folletti per mio figlio. Comunque al mio rientro nulla è stato più come prima.

 

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Si riprende a volare

Siamo entrati nella Fase 3 dell’emergenza sanitaria Covid-19, e dal 15 giugno si è ripreso a volare rispettando nuove regole: distanza di sicurezza di almeno un metro in aeroporto, obbligo di indossare la mascherina, autocertificazione da consegnare al momento del check-in e misurazione della temperatura prima di salire sul velivolo (con divieto per chi avesse oltre i 37,5°). I bagagli a mano in cabina non potranno essere portati, tranne borse e piccoli zaini di cui però non si conoscono ancora le dimensioni consentite; per il distanziamento a bordo si opta per occupare tutti i posti a patto che ci sia un ricambio dell’aria ogni 3 minuti e che vengano utilizzati i filtri EPE a garanzia di una purificazione degli ambienti. Oltre a computer, tablet e prodotti per bambini in cabina non ci saranno più le riviste e gli snack e per andare alla toilette, si dovrà stare attenti ad evitare di incontrarsi con gli altri passeggeri.

Dal 15 giugno si è ripreso a volare verso gli aeroporti tedeschi di Francoforte, Monaco e Dusseldorf, quelli svizzeri, e verso Belgio, Regno Unito, Francia, Lussemburgo, Bulgaria, Grecia, Paesi Bassi, Bielorussia e Croazia, oltre ai collegamenti con le principali città italiane. Chi arriva in Italia non dovrà stare in quarantena, mentre per chi va all’estero le varie nazioni hanno fatto scelte diverse:il Regno Unito ha la quarantena obbligatoria di 14 giorni, così come Australia, Canada, Cina, Irlanda e Spagna. Chi è cittadino europeo  non può andare in Polonia se non entrando da Ungheria, Germania, Svizzera a Repubblica Ceca.  Chi vuole visitare l’Islanda sarà sottoposto a test Covid-19 gratuito e se positivo dovrà stare in autoisolamento per 14 giorni; il Giappone prevede la quarantena per tutti i viaggiatori dall’UE e test in aeroporto.

La compagnia low-cost Ryanair dal 1 luglio riattiverà il 40% dei collegamenti e si possono comprare i biglietti  tra gli altri  per  Portogallo, partendo da Milano, Bologna, Cagliari e un collegamento anche da Roma. EasyJet ha già molte destinazioni tutte vendute. Le due compagnie, assieme a Blue Air, Norwegian, Volotea e Vueling si sono riunite nell’associazione Voliamo per l’Italia per offrire buone tariffe ai viaggiatori. Per maggiori informazioni consultare i siti http://www.governo.it/  e www.viaggiaresicuri.it.