Wednesday, July 3, 2024

il colore del caos

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Credo che non dovremmo stancarci mai di evidenziare quando la situazione ci appare “critica” o persino “grave”. E non deve indurci al silenzio nemmeno il fatto che queste criticità siano ricorrenti e appaiano senza fine. Anzi!

Sorprende il fatto che tutti, nessuno escluso, nemmeno quelli che godono di una situazione di favore, lamentano la criticità del momento, rilevano l’assenza di valori, avvertono il bisogno di cambiamento e aspettano che qualcosa cambi. Di solito, per convincimento diffuso, tutti i problemi risiedono negli altri, l’affermazione dei valori è utilizzata soltanto per giudicare gli altri (non noi), il cambiamento consiste nel fatto che gli altri debbano cambiare idea, ecc. E siccome questa strana aspettativa non si realizza, le posizioni si radicalizzano fino ad assumere i connotati di uno scontro che, per essere tale, non cerca punti di incontro o di compromesso, si alimenta di tattiche, tutte giustificate allo scopo di vincere e ha come obiettivo la “sconfitta” dell’avversario. Laddove, per sconfitta, non si intende un termine sportivo di origine deCoubertiano, nel senso della vittoria sul campo e del rispetto alla fine della partita, ma nel senso della guerra, dove la contesa finisce con la sottomissione degli avversari o con la loro soppressione fisica.

In questa strana partita, in gioco, non c’è l’interesse del Paese, né l’affermazione di valori sociali, ma la prevalenza di una parte sull’altra, mediante l’utilizzo di qualsiasi mezzo.

Sembra di assistere (con tutto il rispetto per la nobile tradizione) a una partita di calcio fiorentino nella quale, all’interno di un campo di sabbia si scontrano due squadre con ben 27 “calcianti” che hanno il compito, “con qualunque mezzo”, di portare il pallone fino al fondo del campo avversario e depositarlo nella rete segnando così la “caccia” (goal).

Chi (da profano come me) si trova ad assistere a una partita di queste rimane sorpreso per l’immagine caotica che ne ricava: In tutte le aree del campo si ingaggiano dei corpo a corpo, anche in assenza del pallone e nonostante la fatica fisica delle due squadre, si segna poco, perchè i giocatori passano tutto il loro tempo a impedire il gioco agli e a litigare.

La situazione rappresentata sembra evocare il nostro momento attuale, con l’aggiunta che il caos non è determinato soltanto da una squadra che, con ogni mezzo, impedisce all’altra di giocare, ma anche da risse all’interno della stessa squadra. Non è quindi, un “caos organizzato”, finalizzato al conseguimento di una meta comune, ma uno scontro continuo, senza limiti, senza confini e soprattutto, senza prospettive. E in pratica, senza vincitori, ma solo seguaci appassionati delle sconfitte altrui, anche se dovessero tradursi in peggioramento della situazione collettiva.

La ragione è sempre la solita ed è stata già più volte evidenziata: i valori uniscono, gli interessi dividono. Sui valori, se sono perseguiti in buon fede e non semplicemente enunciati per fare bella figura, ci si può intendere, trovare una strada comune e persino azioni da condividere. Sugli interessi la questione diventa più complessa, poiché si tratta della sovrapposizione di “interessi privati” (o di parte) nell’ambito del perseguimento di “interessi pubblici”.

I valori possono essere perseguiti a viso scoperto e senza sotterfugi. Gli interessi, invece, se sono in contrasto con i “valori civili” della correttezza e del buon andamento, possono essere perseguiti esclusivamente in modo sotterraneo. A meno che….

A meno che non si facciano passare, in modo abile, gli “interessi di parte” all’interno delle battaglie sui valori. Per cui, nel “pacchetto” di chi si sente di “sinistra” si può trovare la convivenza dei valori della legalità con il sostegno alle banche truffate dai propri manager, così come il sostegno alla solidarietà e l’indulgenza verso chi lucra sugli immigrati o chi sottrae all’UNICEF le somme destinate alla beneficienza, ecc. Nella destra si ritrovano insieme i difensori della patria con i sostenitori del secessionismo, i sostenitori delle nazionalizzazioni con i difensori dei profitti di un certo imprenditore delle comunicazioni, ecc.,

Insomma, un vero caos. Non c’è nemmeno il gusto di accapigliarsi su questioni nobili o su valori. Si tratta solo di scegliere quale colore di caos si preferisce, in modo da potersi schierare.

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