Wednesday, July 3, 2024

Stop al televoto

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Da qualche parte, in un posto misterioso di questo pianeta, qualcuno ha deciso che i cittadini delle nazioni non dovranno occuparsi delle questioni politiche. Ogni cittadino al massimo potrà esprimere la preferenza fra due o tre opzioni, anche se ciascuna di esse non l’avrebbe mai scelta nemmeno sotto tortura. E persino la globalizzazione mediatica, che poteva essere l’occasione per ampliare i confini della consapevolezza politica, ha trasformato invece ogni società in una enorme competizione sulle posizioni, mai sui contenuti. E così può accadere che in un bar di periferia, tra una porchetta e un bicchiere di vino qualcuno si accalori per difendere Marine Le Pen senza essere mai stato in Francia e magari pensando che la Corsica sia territorio italiano, e può accadere pure che un sedicente progressista, che conserva i valori democratici nel portafogli, si accalori per sostenere Macron, che ha il merito politico di avere ridotto in polvere il tabù dei limiti di età tra i partner. La politica, in fondo, è soltanto una questione di posizioni. In questo kamasutra collettivo, ciascuno si sente chiamato a collocarsi da una parte o dall’altra. Giusto da poco ci siamo liberati del dilemma sulla preferenza a Hilary Clinton o a Donald Trump vissuta con la stessa profondità intellettuale della scelta tra quelli che sono per la doccia o per il bagno. Insomma, l’impegno politico ormai si consuma tutto in una scelta tra un personaggio e l’altro. Poco importa se entrambi i personaggi sono impresentabili e senza proposte. Anche il concetto di partecipazione, che esprime la maturità di un popolo, risulta fortemente incrinato. Una cosa è partecipare al processo che concorre alla definizione delle politiche, che assicura la presenza sui temi del territorio, che individua, dal basso, le persone a cui affidare il mandato; altra cosa è subire passivamente e con distacco ogni decisione politica, appassionarsi al dilemma delle sottigliezze che distinguono Nino D’Angelo e  Gigi D’Alessio (che qualcuno afferma siano la stessa persona)o persino prendere posizione sulle scie chimiche senza mai avere avuto il tempo di alzare gli occhi al cielo… per poi sentire il dovere politico di partecipare alla scelta obbligata tra due candidati, che sono entrambe espressione degli stessi poteri. La partecipazione politica non può ridursi alla narcolessia assoluta sulle questioni quotidiane per poi accendersi solo su temi lontani, proprio perché non richiedono alcun coinvolgimento diretto.

E così ogni giorno si consuma il rito della quotidiana contrapposizione. In questo momento si porta il conflitto tra quelli che sono per le ONG e quelli che sono contro le ONG. E confesso di avere incontrato qualcuno che, sottovoce mi confidava di non essere contrario alle OGM, pensando di parlare della stessa cosa. Insomma, la politica, come allo stadio, è tutta una questione di tifoserie che competono. Allo stadio interessa vincere a tutti i costi, senza alcun riguardo per i valori dello sport; in politica interessa vincere a tutti i costi senza alcun riguardo ai valori della democrazia. Provate a porre una questione che conoscete soltanto voi o che sia persino frutto della vostra fantasia e troverete certamente una schiera di buontemponi che difenderanno una posizione e altri che si batteranno per la posizione opposta.

Serviranno argomentazioni profonde, faranno riferimenti a personaggi della storia, si batteranno evocando vecchie questioni interpersonali, si dichiareranno pronti a sostenere fino alla morte la posizione assunta. Se voi gli chiedete di cosa stanno parlando è probabile che non lo ricordino nemmeno. È tutto un gioco: le elezioni sono un gioco, bisogna soltanto votare; le primarie sono un gioco, bisogna scegliere un candidato; anche Sanremo è un gioco, si tratta di votare. E la tecnologia ci aiuta perché ci permette di sentirci attivi e partecipanti anche se stiamo seduti nella poltrona di casa, con le pantofole, con i calzoncini macchiati di caffè, e i popcorn dispersi sulle gambe mentre al massimo dell’impegno politico con atteggiamento giudicante ordiniamo al nostro pollice di premere sul pulsante del telecomando per comunicare la nostra “scelta definitiva”. In fondo, dobbiamo alla tecnologia la fortuna di sentirci attivi e protagonisti senza nemmeno spostarci dal salotto di casa pronti ad esprimere il nostro giudizio su ogni scelta, di qualunque natura, dalle ricette di Cracco agli armamenti in Iraq. Quello che conta è che la nostra scelta consapevole arrivi al destinatario prima della frase fatidica: Stop al televoto.

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