Wednesday, July 3, 2024

le trivelle e il paradosso del “cavalletto”

By Santo Fabiano on 14 Aprile 2016
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le trivelle e il paradosso del “cavalletto”

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Le trivelle, questa volta, hanno portato in superficie molto di piú del petrolio. E persino di meno pulito. Ciò che é emerso, ma non riesce mai a essere sufficiente per bastarci, é l’assenza di dignità personale (oltre che di senso dello Stato) e la totale sottomissione a giochi dove, alla fin della fiera, tutti sono vinti e sottomessi. Non ci sono vincitori. Proiettati nel sistema del mercato totale, travolti dal profitto a tutti i costi e senza limiti, si vive il copione di viaggiatori frenetici e senza meta che corrono e accumulano, senza il privilegio di potere gustare quello che possiedono e con il terrore di doversi fermare.
Ci siamo sorpresi di apprendere che il boss dei boss Riina, terrore dell’antimafia, vivesse in una baracca, senza le comodità che fanno del quotidiano una condizione umana. Nelle stesse condizioni viveva il terrorista nascosto in Belgio, incubo delle polizie internazionali. E adesso apprendiamo di una ministra, ritenuta ricca e potente, anche se non proprio bella, dentro una vita personale grama, sottomessa alle prepotenze di un uomo, in cambio di scampoli di relazione che, qualsiasi persona sensata non avrebbe mai scambiato per amore.
E’ come avere la sensazione di essere guidati o condizionati da persone infelici e senza scrupoli, proprio perché, in assenza di valori (cioè, ciò che vale e ti fa sentire appagato), tutto diventa precario e alimentato dalla corsa e dalla brama di avere, per il solo gusto di possedere. Come se si trattasse di una moto potente: sa correre veloce e rimane in equilibrio solo se è in movimento. Altrimenti, se si vuole fermare, ha bisogno di un “cavalletto” che è l’attrezzo più banale, che nessuno osserva, ma senza il quale, anche la moto più ammirata si accascia al suolo come qualunque altro oggetto, perdendo la nobiltà della sue qualità.
Serve un “cavalletto” a ciascuno di noi per evitare che “si vada al massimo, ma senza una direzione”. Un popolo ha bisogno di riconoscersi un uno Stato che esprima la sua “identità collettiva”, ma non può provare questo sentimento verso un sistema guidato da ingordi affaristi senza valore, i cui interlocutori “intermedi” siano famelici politici e sindacalisti e al cui servizio si inchinano burocrati senza scrupoli che fanno fortuna “normalizzando” mazzette e altre bassezze.
Serve un cavalletto per fermare questa macchina veloce puntata verso il nulla, dove il tema non è mai “la meta” del benessere collettivo o della crescita sociale, ma l’appagamento del prepotente e dei suoi accoliti. Dove la politica considera la partecipazione come un “fastidio” arrivando a “consigliare di non votare”, togliendo ogni portata di valore alla conquista più importante della storia della democrazia. E c’è persino chi, accecato dal servilismo della posizione, non si scandalizza e replica l’invito scellerato.
Non si tratta di entrare nel merito delle trivelle (pur ammettendo la singolarità di concessioni senza limiti di tempo), ma di provare un sussulto di dignità di fronte a chi ci consiglia di rinunciare all’unica possibilità di partecipare, quella di andare a votare, non importa se per il sì o per il no. L’invito a non votare è l’anticamera della sottomissione e chi la condivide …. ha già fatto questo passo.
Serve un semplice cavalletto per fermare questa corsa scellerata e guardarsi intorno

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