Wednesday, July 3, 2024

Quo Vado?

By Redazione on 12 Gennaio 2016
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Quo Vado?

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La nuova comica di Checco Zalone, un film che vuole far ridere senza esser fenomeno di costume

«Da grande voglio fare il posto fisso!». fin da piccolo, ha le idee chiare Checco e quando la maestra gli chiede di raccontare le sue ambizioni, lui non ha dubbi. E con la raccomandazione di un senatore potente, Checco centra il suo sogno, un posto in provincia, in un ente inutile, a cinque metri da casa. Tutto sembra andare per il verso giusto per lui, viziato da mamma e papà (pensionato statale della prima ora) e con una fidanzata avvenente innamorata più che di lui della sua tredicesima. Ma con la riforma delle province, qualcosa si incrina in questo ammantato ozio, ma lui non demorderà, accettando trasferimenti impossibili, anche al Polo Nord, pur di non firmare le dimissioni e la buonuscita imposta dal Ministero.

La sintesi dell’inizio del film che sta sbancando in tutt’Italia, è tutta qui. Semplice e geniale, figlia del più antico dei luoghi comuni italiani, che fa il verso alla madre di tutti i vizi di questo paese. Figlia soprattutto della classica, immortale commedia nostrana, spietata e assolutoria al tempo stesso con le meschinità del “bel paese”.

Salteremo a piè pari, lo diciamo subito, tutta la riflessione sociologica e di costume sul “fenomeno Zalone” che sta imperversando su giornali e televisioni; il compito del giornalista è raccontare il film e soprattutto guardarlo con occhi purificati dal retroscena mediatico e analitico che, invece, questa semplice comica sta subendo, come al solito dividendo gli italiani tra chi lo adora senza un minimo di senso critico e chi lo critica soltanto perché fenomeno di massa.

Critiche che piovono soprattutto per la grave colpa di esser “nazional-popolare”, come se poi un film che come obiettivo ha solo far ridere le famiglie, debba esser carico di significati più alti. E non richiesti.

Diciamo quindi per sgombrare il campo da dubbi, che il film è molto divertente. Si ride di gusto, senza l’ausilio di quella volgarità scorretta e vagamente sessista che faceva da curriculum televisivo e cinematografico al primo Zalone. L’attore pugliese riesce in “Quo Vado?” a sublimarsi, uscendo dal suo stereotipato linguaggio pecoreccio e gestendo con pregio una comicità di sintesi, crasi quasi perfetta tra la comica assoluta alla Mister Bean e quella dialettica, straordinariamente meridionale, attingendo per questo ad un repertorio storico che solo in Italia sa esser così ricco.

Inutili i paragoni con i mostri sacri; chi fa riferimento a Totò non fa il bene all’ex ragazzo di Bari, semmai qualche riferimento puramente stilistico nella costruzione della “sit-com” la si può trovare con Salemme e Pieraccioni, ma non sarebbe giusto visto che comunque, il prodotto, resta originale nel suo genere e per questo così di successo.

Eppure manca qualcosa, un pizzico di investimento in più in termini di qualità per far diventare un film divertente un grande film di genere. La sceneggiatura è scritta con un po’ di approssimazione, più preoccupata nella costruzione dello sketch fine a se stesso che di una storia vera e propria, che infatti incespica proprio nel finale, obiettivamente pretenzioso, non riuscendo a chiudere in uno scrigno logico la splendida idea iniziale. Ed è un peccato perché la comica era stata costruita, fino a pochi minuti dalla fine con sapienza. Manca poco quindi a Checco Zalone per arrivare alla perfezione, servirebbe forse un “aiutino da casa” per dirla con una delle battute più belle del film, una scrittura più di livello, ed il gioco sarà fatto. Perché, asciugato dalla volgarità il suo personaggio risulta incredibilmente più efficace di prima.

Buona la regia, Gennaro Nunziante ormai è in simbiosi con l’attore barese, cofirmando anche la sceneggiatura, le musiche e le canzoni, scritte dallo stesso Zalone (firmate con il suo vero nome Luca Medici) saranno, c’è da giurarlo, il tormentone dell’anno, l’esterna in Norvegia è supportata da un’ottima fotografia e gli attori che affiancano Checco sono troppo comprimari per esser giudicati. Anche Maurizio Micheli, che di classe ne ha da vendere è troppo racchiuso in un ruolo muto e poco mutevole, al servizio del sorriso sornione del protagonista, che c’è da giurarlo scriverà in futuro il suo nome tra i big della commedia all’italiana, checché ne dicano i puristi radicali del cinema di qualità.

Mauro Valentini

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