Ogni città ha il suo buco. Da quello della serratura del Giardino degli Aranci di Roma ci si vede San Pietro, come se ci si affacciasse dentro ad una antica cartolina. In quello neo-nato di Pomezia, ci si può invece scorgere una scacchiera. Ma non è un belvedere, né un gioco. È invece un macabro avvertimento.
I primi di gennaio, sotto un cielo terso e avvolto da una leggera e pungente tramontana, qualcuno ha fatto esplodere alcuni colpi di arma da fuoco contro la sede dell’associazione “Quattro Torri”, che da decenni ospita alcune associazioni del territorio: ha ospitato il Forum Pomezia Acqua Pubblica, l’associazione Attac Pomezia, il Partito della Rifondazione Comunista, il gruppo dello Sportello Donne, la Rete Antirazzista e ha anche favorito ultimamente la raccolta di abiti e di altri generi di prima necessità per i migranti arrivati alle porte della nostra città.
A qualcuno qualcosa di questo (o di qualcos’altro) non è stato bene e ha sparato e – per fortuna – non è morto ammazzato nessuno. Ha soltanto lasciato come ricordo un buco panoramico sulla serranda, che oltrepassa il vetro spesso e raggiunge la scacchiera appesa al muro a diversi metri di distanza.
Si è subito sollevata un’onda di solidarietà, che va ben oltre idee ed ideologie e che ci tiene a ricordare che le intimidazioni non possono e non devono fermare iniziative politiche e sociali. Che la violenza fa schifo. Schifo, ribrezzo, rabbia: fa vomitare. Vuole ribadire quanto la libertà sia di tutti e per tutti, senza retorica e senza paura.
Basta farsi un giro nei Social Network, in questo già faticoso inizio anno, per rendersi conto di quanto la brutalità delle armi ci faccia sentire parte di e distante da. Ne è senza dubbio un esempio doloroso Parigi, come poteva esserne un altro Pomezia.
La violenza no. Le armi no. La morte no. Le intimidazioni no. E i buchi pieni di dolore nemmeno. Lasciamo la libertà ad ognuno di dire, fare, baciare, lettere e… Testamento anche no.