Il 12 dicembre si è conclusa a Lima (Perù) la Conferenza Onu sui cambiamenti climatici per la riduzione di emissioni di gas serra che ha visto la partecipazione di tutti gli Stati del mondo, dopo la pubblicazione, nello scorso novembre a Copenhagen, del documento di sintesi del nuovo rapporto Ipcc (Intergovernmental panel on climate change) del Gruppo di esperti sul clima dell’Onu, che chiama in causa la responsabilità dell’ uomo sulla reversibilità e pericolosità delle emissioni mondiali di gas serra, da ridursi dal 40 al 70% entro il 2050, e sparire dal 2100.
Con il trattato d Kyoto (1997) i paesi industrializzati, tra i responsabili delle grandi emissioni di gas serra, dovevano dare il ‘buon esempio’. Ora che il riscaldamento globale è avanzato, ciò non basta più e non c’è più tempo, come sostiene il segretario generale delle Nazioni Unite BanKi-moon: “Se si continua come adesso, l’opportunità di contenere l’aumento delle temperature al di sotto di due gradi centigradi svanirà entro il prossimo decennio. La buona notizia è che se agiamo adesso, avremo i mezzi per costruire un mondo migliore e più sostenibile”.
Ma qualcosa, nelle ultime settimane, sta cambiando: a partire dai Paesi europei che hanno formalizzato un impegno sugli obiettivi climatici per il 2030, per la diminuzione delle emissioni del 40% e un incremento della produzione di energia alternativa, e un accordo sulla riduzione di gas serra che è stato stipulato tra il Presidente degli Stati Uniti Obama e il Presidente della Cina Xi Jinping a Pechino.
Con questo storico accordo gli Stati Uniti si impegnano a ridurre una quantità di gas serra tra il 26 e il 28% rispetto al livello del 2005, mentre la Cina si impegna a farlo entro il 2030 e a produrre il 20% dell’energia da fonti alternative. Da tempo, all’Onu si discuteva su come mettere in pratica il principio di responsabilità comune, ma differenziata, secondo il quale tutti devono essere responsabili per le emissioni di gas serra, ma in maniera diversa: chi inquina di più, deve mettere in pratica azioni più incisive di riduzione.
Se negli Usa, Obama ha già registrato l’opposizione repubblicana e farà fatica a far passare questo accordo alle Camere, la Cina sembra aver fatto una grande concessione rispetto alla posizione precedente, con i vertici cinesi che si sono sensibilizzati al tema ambientale. Ma gli accordi non bastano a limitare il riscaldamento globale. Per raggiungere questo obiettivo e, in vista della conferenza di Parigi del dicembre 2015, che ha l’obbligo di trovare un’ intesa che sostituisca dal 2020 il protocollo di Kyoto, è necessario che soprattutto i Paesi a forte sviluppo come India, Brasile e Corea, inizino anche loro a diminuire le emissioni.
Sociologa e formatrice, romana, ma da tanti anni a Pomezia, mi occupo di
comunicazione, viaggi e scienze sociali soprattutto su tematiche inerenti l’infanzia, l’adolescenza e le questioni di genere.