Wednesday, July 3, 2024

Puntare sulla fiducia, non sul sospetto

By Santo Fabiano on 16 Giugno 2019
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Puntare sulla fiducia, non sul sospetto

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Può apparire strano, ma proprio a seguito delle vicende che hanno riguardato alcuni giudici, peraltro nelle più alte magistrature e persino nell’organo di “governo autonomo e superiore”, dobbiamo resistere alla pericolosa tentazione di scivolare verso la sfiducia generalizzata e il sospetto nei confronti degli organi dello Stato.

In occasione di un convegno ho scandalizzato il presidente dell’ANAC, per avere affermato che “il sospetto può fare più danni della corruzione”. E ne sono fermamente convinto. Innanzitutto per una considerazione evidente: la corruzione si può contenere e in qualche caso debellare; il sospetto, invece, una volta maturato, permane e intossica ogni contesto perchè agisce proprio su ciò su cui si fonda ogni relazione umana, cioè, la “fiducia”.

Credo che il nostro sistema sociale attraversi il momento più basso della sua storia relazionale proprio a causa del pettegolezzo alimentato dal clima di sospetto che pervade ogni ambito, sia privato che pubblico. Rischiamo di non essere più un popolo accomunato da storia, valori e progetti, ma “conviventi” geografici, ciascuno dei quali persegue interessi personali, convinto che gli altri facciano altrettanto.

A mio avviso, se c’è una colpa da attribuire al modello di prevenzione della corruzione attuale è proprio quello di avere puntato, non sulla “buona fede”, come propone l’ONU nella convenzione (l’articolo è riportato nell’immagine), ma sul sospetto verso le pubbliche amministrazioni, generando una paralisi che ha pervaso tutti i campi dell’azione amministrativa e umana. E il sospetto, persino nobilitato come strumento di prevenzione, genera sfiducia, promuove atteggiamenti difensivi (paratio tergarum) e legittima l’allontanamento dai valori fondamentali, riducendo ogni azione amministrativa a occasione di pettegolezzo nella ricerca di “ragioni diverse”, “interferenze”, conflitti di interessi, ecc.

Ma ciò che è paradossale è che tale accanimento si è manifestato nelle attività amministrative di poco conto, causando la paralisi, anche in quelle minute, ma ha tralasciato ambiti più importanti, sia dal punto di vista valoriale che economico, quali l’amministrazione della giustizia e l’aggiudicazione centralizzata degli appalti, per rimanere tra quelli di più stretta attualità.

Il sospetto non è la soluzione. È invece la strada con cui si amplifica il problema della corruzione e si compromette il rapporto tra cittadini e istituzioni.

Ciò che serve, può apparire paradossale, è proprio la ricostruzione del clima di fiducia. Ma non in senso bigotto e cieco, come abbandono a qualsiasi cosa, ma come pretesa valoriale da difendere con i denti, fino al punto da isolare chiunque ne possa compromettere la permanenza.

Una società si fonda sulla fiducia tra i cittadini e tra questi e le istituzioni. Fa male chiunque legittimi la pratica del “sospetto generalizzato”, così come fa male chi pretende di imporre il silenzio “perbenista” sulle vicende gravi, quando accadono.

Serve la promozione di atteggiamenti di “fiducia consapevole e attiva” che partano dall’esigenza primaria della difesa dei valori e che sappiano individuare e censurare tutti quei comportamenti deviati che siano in contrasto con i principi democratici, fino a isolare gli autori delle deviazioni, proprio per ripristinare la fiducia e l’appartenenza di cui ogni cittadino ha bisogno.

Ed è sbagliato (o persino strumentale) pretendere di aspettare che la giustizia faccia il suo corso o che la vicenda debba essere risolta dagli stessi apparati, come se fosse una questione di famiglia.

Ciò che è successo riguarda tutti e ciascuno di noi. Non possiamo permettere che passi sotto silenzio, alimentando la sensazione che la difesa dei valori sia roba di altri tempi. Dobbiamo scandalizzarci e persino arrabbiarci, ma indirizzare la nostra rabbia verso gli autori delle nefandezze e non verso il sistema istituzionale. E ancor di più verso quei partiti (se ve ne sono) che ritengano “queste cose” uno strumento politico fino al punto da ritenere più opportuno non prendere alcuna decisione al riguardo.

Il modo migliore di difendere le istituzioni, infatti, è quello di isolare chi invece di servirle, se ne serve. Ma per fare questo bisogna uscire dalla “assuefazione” che invita a ritenere normale o politicamente giustificato, qualsiasi gesto, anche il più deplorevole e pretendere che le istituzioni e quelli che le rappresentano siano “affidabili”, cioè all’altezza della fiducia che loro attribuisce ogni cittadino, nella “pretesa” del perseguimento dell’interesse pubblico.

Santo Fabiano

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