Un albero cresce a Brooklyn è un bel romanzo epico che narra la storia della famiglia Nolan negli anni dal 1912 al 1918 vista dagli occhi di Francie, la primogenita, una bambina di undici anni capace di trovare il bello in ogni cosa.
Betty Smith, pseudonimo di Elisabeth Lilian Werner, mette molto di sé stessa in queste pagine: figlia di immigrati tedeschi nasce e vive a Brooklyn più o meno negli anni da lei narrati.
Nonostante l’imponenza, Un albero cresce a Brooklyn è un libro che scorre, ha un inizio forse un po’ lento ma con il procedere della lettura aumenta e la storia scivola via veloce senza per questo risultare banale o scontata.
Si può dire che il lettore cresca con Francie perché è proprio con lei che ci immedesimiamo, con la sua curiosità forte, con la sua caparbietà e il suo coraggio.
Ma Francie era anche qualcos’altro.
Era i libri che leggeva in biblioteca, il fiore nel vaso scuro, l’albero che germogliava irresistibilmente nel cortile, le discussioni violente che aveva con il fratello, che pur amava teneramente.
Era il dolore segreto e disperato di Katie, ed era anche la vergogna di suo padre che tornava a casa ubriaco.
Betty Smith con il suo romanzo ci offre un affresco le cui immagini di una Brooklyn formicaio sono ben delineate: strade brulicanti di vita, locali fumosi, vicoli putridi, famiglie operose.
L’atmosfera che pervade il lettore fin dalle prime pagine può forse indurre alla tristezza, se leggendo però riusciamo ad entrare nell’animo della protagonista, ecco che la tristezza si attenua e si trasforma in ottimismo.
Nonostante sia vissuta nei primi del ‘900, Francie potrebbe essere un’adolescente dei nostri giorni, con la sua smania di crescere, le sue paure e i suoi piccoli e grandi segreti.
Ciò che rende unica la nostra piccola donna è la fame di cultura, proviene da una famiglia semi analfabeta ma è perfettamente consapevole dell’importanza della lettura e della conoscenza: vuole imparare e niente e nessuno la fermerà in questo suo proposito.
Se c’è qualcosa forse di debole ne Un albero cresce a Brooklyn è il finale: terminiamo le 570 pagine ma rimaniamo un po’ perplessi, un finale non finale che però permette al lettore di continuare a fantasticare su ciò che la vita riserverà ancora alla piccola grande Francie.
Pregò: “Mio Dio, concedimi di essere qualcosa in ogni istante di ogni ora della mia vita.
Fammi essere felice o triste; fa che io abbia caldo o freddo; che abbia poco o troppo da mangiare; che sia vestita elegantemente o con degli stracci; degna di stima o peccatrice.
Ma concedimi di essere sempre qualcosa in ogni istante.
E concedimi pure di sognare quando dormo, in modo che non vi sia un solo momento della mia vita che vada perduto”.
SINOSSI
È l’estate del 1912 a Brooklyn. I raggi del sole illuminano il cortile dove abita Francie Nolan e le chiome dell’albero, come grandi ombrelli verdi, riparano la sua abitazione. Alcuni lo chiamano l’Albero del Paradiso perché è l’unica pianta che germogli sul cemento e che cresca nei quartieri popolari.
Francie lo guarda contenta perché oggi è sabato ed è un bel giorno a Brooklyn; è ancora una bambina e vive in una famiglia povera che stenta ad arrivare alla fine del mese.
La piccola Nolan è destinata a diventare una donna sensibile e vera, forte come l’albero che, stretto fra il cemento di Brooklyn, alza rami sempre più alti al cielo.
Appassionata di libri e cucina, frequento un corso di scrittura creativa. I miei scritti sono stati pubblicati in un’antologia, “Voci nuove” edita da Rapsodia.