Edouard Manet nasce a Parigi nel 1832 da una famiglia benestante e sin da subito vuole intraprendere la carriera artistica contro il volere paterno. Infatti, il padre stesso, nel 1839 decide di far imbarcare il giovane Edouard in una nave militare verso il Brasile.
Al suo ritorno, Manet riesce a convincere il padre di voler diventare un artista ed entra nell’atelier di Thomas Couture.
Manet è un’artista che ha viaggiato molto (visita l’Italia, la Germania, l’Olanda) ed entra così in contatto con i grandi maestri europei.
Nel 1856 entra nell’Accademia e stringe amicizia con numerosi pittori ed intellettuali francesi, creando così il circolo degli impressionisti (anche se non esporrà mai insieme a loro) insieme a Degas, Pissarro, Monet, Renoir e Cézanne.
Tutti nomi che non hanno bisogno di presentazioni, insomma.
Arriva poi il 1863, l’anno della svolta sia per il piccolo circolo degli impressionisti che per l’intera storia dell’arte: Manet espone Le déjeuner sur l’herbe, La colazione sull’erba al Salon, scatenando uno degli scandali artistici più famosi della storia dell’arte.
L’opera venne infatti etichettata da subito come “indecente”.
Ma perché? Non erano d’altronde abituati a vedere ritratte su tela bellissime donne nude e Veneri sdraiate sui loro letti?
Certamente, ma la donna ritratta non è una Venere né un personaggio mitologico. Fu questo a fare scalpore: Manet è il primo artista moderno che rappresentò prostitute, zingare e donne del popolo con la stessa bellezza ed eleganza di una Venere.
Dopo essere stata rifiutata al Salon, l’opera fu spostata al Salon des Refusés con un nuovo titolo “Il Bagno”, anche se Manet la soprannominava “Lo scambio di coppie”.
La tela vede protagonisti due uomini ed una donna che, all’aria aperta, fanno colazione, mentre alle loro spalle un’altra figura femminile che si bagna i piedi nel ruscello. La ragazza nuda, dalla pelle candida, è l’unica a rivolgere lo sguardo allo spettatore.
L’intera scena è ambientata in un contesto surreale, un bosco abbozzato e sfumato in netto contrasto con la definizione delle figure.
Il secondo capolavoro di Manet è un ulteriore affronto alla pittura moderna: stiamo parlando dell’Olympia del 1865.
Se ad un primo colpo d’occhio la figura sdraiata, bellissima, possa sembrare a tutti gli effetti una Venere sul modello della Venere di Urbino di Tiziano, uno sguardo più attento riconoscerà in lei una prostituta dai braccialetti scintillanti e dal cinturino di velluto nero al collo.
Accanto a lei una donna dalla pelle scura le porge dei fiori, mentre in fondo al letto, al posto del fedele cane che appare in ogni opera cinquecentesca, appare un gatto nero.
Con queste due opere Manet dà vita ad una nuova concezione dell’arte: soggetti nuovi, freschi, al passo con i tempi in cui il pittore vive e con una nuova tecnica basata sulla giustapposizione delle diverse zone di colore.
Nel 1879 l’artista è colpito da una malattia che lo accompagnerà sino alla morte, nel 1883.
Nata a Roma il 20 febbraio 1999.
Laurea magistrale in Storia dell’Arte alla Sapienza con 110 e lode e iscritta presso l’Ordine dei Giornalisti.