Il cane di Falcone di Dario Levantino

Un’amicizia speciale tra un cane randagio e il magistrato palermitano

 

Il cane di Falcone di Dario Levantino è il quarto romanzo dello scrittore palermitano edito dalla Fazi Editore, con la prefazione di Maria Falcone, uscito in tutte le librerie nell’aprile del 2022 e già in ristampa.

Il romanzo è la storia di un’amicizia speciale tra un cane randagio e il magistrato palermitano e la trama prende spunto da un reale fatto di cronaca: la morte del cane randagio Uccio.
Non si sa da dove venisse ma, un giorno il cane arrivò e decise che la sua nuova dimora sarebbe stato il tappeto erboso ai piedi della statua di bronzo di Falcone e Borsellino eretta in loro onore, nel cortile del Palazzo di Giustizia di Palermo.

Questa notizia colpì la mente di Dario Levantino soprattutto perché, con il suo quotidiano contatto con gli studenti nel liceo di Monza dove insegna lettere, era nata in lui l’esigenza di spiegare la mafia in modo semplice e più facile. Nasce, quindi, come un testo per ragazzi ma, in realtà, Il cane di Falcone è un libro che oltrepassa l’età per arrivare al cuore del lettore.

 

 

Una caratteristica singolare e determinante del romanzo è quella della voce narrante visto che è proprio il cane Uccio a raccontare in prima persona la sua vita e il suo incontro con Giovanni Falcone e questo insolito punto di vista permette di scandagliare e mettere in risalto i tormenti, la solitudine e la bontà dei protagonisti.

Il cane di Falcone si completa con una struttura narrativa specchiata dove l’amico a quattro zampe e il magistrato si ritrovano a vivere le stesse solitudini e a soffrire per gli stessi stati d’animo.

Uccio risponde al magistrato ogni volta che Falcone gli pone delle domande, ma è inutile perché l‘uomo non è in grado di capire, di ascoltare, esattamente come diversi figure a livello politico e giudiziario non sono stati in grado di comprendere e capire le parole di Falone.

Uccio si vede costretto a rinunciare alla sua storia d’amore e soffre in silenzio la sua mancanza di paternità e probabilmente è stato un cruccio silenzioso anche per il magistrato che non ha mai avuto figli (e forse non ha voluto) per non mettere a rischio la loro vita.

Uccio ha il dono di intuire l’imminenza di attentati nella città proprio come Falcone con il suo naturale intuito di comprendere la mentalità mafiosa e riuscire a conquistare la loro fiducia durante gli interrogatori.

Il cane di Falcone è un piccolo gioiello, scritto con fantasia (i cani, si sa non parlano e tantomeno possono scrivere un libro) e che si arricchisce di un filo narrativo avvincente e coinvolgente perché animato da un profondo amore che Dario Levantino ha per la città di Palermo, per la figura del magistrato Giovanni Falcone e dal profondo desiderio di parlare di una grande piaga che dilaga senza sosta nella società e che ha sempre più bisogno di qualcuno che ne parli per non finire del dimenticatoio.

«Guardavo Palermo da una prospettiva diversa e prendevo coscienza di tutti i limiti dei miei filtri. Dal basso era una città poetica e mostruosa, dall’alto prodigiosa e idilliaca; dal basso era sofisticata e inospitale, dall’alto confortevole e schietta; dal basso era vorticosa e sinuosa; dall’alto lineare e mite.»