Wednesday, July 3, 2024

E DAL CIELO CADDERO TRE MELE di Narine Abgarjan

By Silvia De Felice on 8 Luglio 2022
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E DAL CIELO CADDERO TRE MELE di Narine Abgarjan

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E DAL CIELO CADDERO TRE MELE

Di Narine Abgarjan

Ed. Francesco Brioschi

 

 

Ancora una volta leggo un libro perché rapita dalla copertina: un albero di mele dal quale emerge potente il profilo di una donna. Nel cielo plumbeo volano uccelli neri, e piccola, quasi insignificante, in basso a destra dondola in modo impercettibile, un’altalena.

E dal cielo caddero tre mele cattura la vista con un’ immagine forte e con un incipit travestito da quello che spesso è il finale per eccellenza dei romanzi: la morte.

 

Venerdì subito dopo mezzogiorno,

con il sole che aveva passato lo zenith e scivolava composto verso l’estremità a ponente della vallata,

Sevojants Anatolija si coricò per prepararsi a morire.

 

Questa è la storia della vita di una donna in un villaggio armeno arroccato sulla montagna; un romanzo narrato come fosse un’antica canzone le cui strofe ci cantano usi e costumi di un popolo lontano, di calamità naturali, di guerra.

Narine Abgarjan con delicatezza, musicalità e un pizzico di magia, utilizza come voce narrante quella di una donna, Anatolija, spettatrice,  oltre che protagonista in prima persona, di gioie e sofferenze di una comunità composta da poche decine di anime.

La piccola società che ci viene descritta è, a prima vista, una società patriarcale in cui le donne devono rimanere al proprio posto dietro l’uomo.

Da una lettura più attenta però si evince come effettivamente siano le donne, in silenzio e con molta discrezione, a manovrare sapientemente i fili del telaio della vita.

Un romanzo, questo di Narine Abgarjan che inizia con un presagio di estinzione, e termina con un messaggio di speranza per cui la vita, a dispetto di tutto ciò che la funesta, ha la meglio sulla morte.

E dal cielo caddero tre mele è ambientato in un villaggio armeno che sembra destinato a dissolversi e invece, con tutta la forza e la caparbietà di gente tenace, si mantiene ben saldo, aggrappato alla montagna con le sue mani di pietra.

La divisione in tre macrocapitoli ci costringe a fare una pausa di riflessione tra l’uno e l’altro, permettendoci di rimanere nella storia, di non perderne neanche un filo, di tenere un ritmo basso che ci faccia godere di frasi poetiche.

 

Sevojants Anatolija si era coricata per prepararsi a morire senza immaginarsi la felicità che l’attendeva, […]

..la notte maga avrebbe difeso la sua gioia facendole rotolare fra le mani le mele che,

come vuole la leggenda di Maran, avrebbe fatto per lei cadere dal cielo:

una per chi ha visto, una per chi ha saputo raccontare e una per chi ha ascoltato e creduto nel bene del mondo.

 

SINOSSI

A Maran la vita è sospesa tra realtà e fiaba, in un tempo che prende forma, per poi trasfigurare, evaporare. Qui, in questo paesino di pietra e antiche credenze sul cucuzzolo di una montagna armena, guerra e calamità naturali travolgono, pare per sempre, la fragile quiete della sua manciata di case.

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