Gauguin e la Polinesia

La vita

 

Paul Gauguin nacque a Parigi nel 1848. Dopo aver trascorso la sua prima infanzia a Lima, in Perù, si traferisce nuovamente in Francia con la madre, ad Orléans.

Ma la sua permanenza in Francia durerà poco: a diciassette anni si mette in viaggio per mare, girovagando per il mondo.

Terminato questo lungo periodo girovago decide di dedicarsi completamente alla pittura.
Uno dei momenti più importanti della vita di Gauguin è infatti l’incontro con Vincent Van Gogh: i due condivideranno anche un appartamento ad Arles, la famosa casa gialla.

Celeberrima, inoltre, è la vicenda dell’orecchio di Van Gogh, la cui causa sembra esser stato proprio un litigio tra i due!

 

Tuttavia, improvvisamente, Gauguin decide di vendere e liberarsi di tutti i suoi averi per trasferirsi a Tahiti, in Polinesia, alla ricerca di quel “paradiso perduto” tanto agognato.
Il primo soggiorno dura solamente due anni, ma nel 1895 Paul vi si trasferisce per non fare più ritorno.
Infatti lì morì, nel 1903.

 

La Polinesia

 

Possiamo dire che tutta la pittura precedente al periodo polinesiano è attesa e agonia.
E’ solamente

in questi quadri che si sprigiona tutta la vivacità e la vitalità di Gauguin; è in Polinesia che egli ritrova il suo io libero e selvaggio.

I colori accesi, vivaci e brillanti richiamano un’atmosfera magica, così lontana nello spazio e nel tempo da agitare nell’animo dello spettatore i desideri più reconditi e infantili.

Tutti quanti, almeno una volta, guardando un quadro di Gauguin abbiamo pensato “vorrei trovarmi lì”.
E questa è parte della sua magia: creare l’illusione di essere lì, di sentire il caldo ed il vento, i profumi dei frutti e il sole che scotta sulla pelle.

 

 

Ma Gauguin non è  interessato solamente alle atmosfere esotiche e alle donne polinesiane. Egli, piano piano, inizia a scavare in profondità, alimentando sempre di più il desiderio di conoscere ogni tradizione e ogni simbolo di una società così lontana dalla sua.

E anche se apparentemente Gauguin si dedica alla rappresentazione di scene di vita quotidiana, come donne in riva al fiume, sdraiate addormentate o intente ad acconciarsi i capelli, è possibile riconoscere un significato più profondo.

In un certo senso, le donne sono simbolo ed emblema della Madre terra, rappresentate quasi come divinità, pure ed irraggiungibili.

È assente qui ogni tipo di contesto sociale. Queste donne sono libere, selvagge e sempre silenziose.

 

La spiritualità

 

 

Affianco alle numerose tele di carattere quotidiano, ne esistono altre in cui Gauguin inserisce l’elemento cristiano cattolico nella contesto selvaggio e naturale: la ricerca spirituale non si limita perciò solamente nello scoprire le tradizioni e la religiosità indigena, bensì nel riconoscere una sacralità universale: egli arriva ad identificare la Madonna con il bambino in una donna tahitiana con il suo piccolo.

Insomma, Gauguin intende eguagliare tutte le religioni sotto una sola virtù: l’amore.

 

 

 

 

Ma l’opera più complessa, organica e misteriose fra tutte quelle prodotte nel periodo polinesiano è senza dubbio Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?

L’opera va letta da destra a sinistra: numerosi gruppi di figure si succedono uno dopo l’altro, ognuno indipendente ma interconnesso con l’altro. Sono tutti allegorie e metafore dell’esistenza umana e degli stadi della vita.