Un’anima, cioè, che sa guardare il mondo con occhi nuovi.
Ed è un’anima molto sapiente.
Anche se non ce ne accorgiamo, essa ci abita e sa quando emergere, aprendo il nostro sguardo e lasciandoci poi immersi nello stupore.
Destare l’extraterrestre che è in noi si può ed è un’esperienza ludica che di questi tempi fa molto bene: ve la consiglio.
Non è poi così difficile: un modo è lasciarsi guidare dal proprio spirito camminatore, che sa sempre come raggiungere, nelle sue vicinanze, un luogo sospeso tra spazio e tempo.
Un luogo eletto, magari conosciuto da sempre, ma da vivere come un’esperienza totalmente nuova.
E noi, sospesi sul cielo di Roma in un’atmosfera straniante, intraprendiamo la nostra esperienza da extraterrestri.
Siamo sopra Trastevere, presso l’alto colle del Gianicolo, di fronte alla Mostra terminale dell’Acquedotto Traiano-Paolo, chiamata dai Romani “er Fontanone”.
Certo, questo non è proprio un luogo “dimenticato”.
È invece famosissimo: un panorama mozzafiato giace ai piedi di questa spettacolare fontana, voluta dal papa Paolo V Borghese.
Entriamo in un vero e proprio vortice di sospensione spazio-temporale…
Come veri visitatori alieni, giriamo lentamente su noi stessi, in preda a un’emozione sconvolgente.
A 360 gradi ci avvolge un’implacabile, superba bellezza, indifferente a ogni umana miseria.
Ci raggiunge, come un’eco lontana, la suggestiva melodia sacra che, nelle prime scene del film “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino, sfocia in un tragico epilogo, con il turista giapponese colto da infarto mentre scatta una foto al sublime, indescrivibile scenario di Roma.
Il Fontanone è per sua natura una grandiosa scena teatrale: il simbolo perfetto della Roma papale e barocca.
Il messaggio di un potere ecclesiastico grandioso e temibile arriva chiaro anche all’extraterrestre che è in noi, trasmettendo vibrazioni, suoni, profumi, luci che hanno un sapore eterno.
Draghi e aquile, gli emblemi del papa Paolo V Borghese, si rincorrono ripetutamente sul monumento.
Nel 1612 il papa volle ripristinare l’antico acquedotto di Traiano, che dal 109 d.C. portava l’acqua a Roma per l’approvvigionamento idrico dell’area di Trastevere, partendo dal Lago di Bracciano.
Purtroppo, i condotti antichi erano stati “tagliati” e resi inutilizzabili più volte durante le invasioni dei barbari a Roma, a cominciare dall’assedio del 537 da parte di Vitige, capo dei Goti.
L’antica, crudele regola era infatti questa: se vuoi conquistare una città, la devi assetare.
L’acquedotto, dunque, venne ripristinato dopo 10 secoli e prese il nome di Acqua Paola, dal papa Paolo V.
La realizzazione della grande mostra terminale dell’acquedotto Traiano-Paolo fu affidata agli architetti Giovanni Fontana e Flaminio Ponzio e allo scultore Ippolito Buzio.
L’opera presenta cinque arcate monumentali, incorniciate ai lati da colonne e in alto da una grande iscrizione dedicatoria.
Come per tantissimi monumenti della Roma dei papi, per realizzare il Fontanone furono utilizzati materiali di reimpiego presi da solenni opere della Roma antica ormai decaduta.
I marmi vengono dal Foro Romano e dal Foro di Nerva.
Le colonne in granito giungono dall’antica Basilica di San Pietro.
Intanto, alle nostre narici aliene giunge un leggero profumo di pane che, incredibilmente, arriva qui in alto, salendo da qualche forno trasteverino.
E’ tempo di tornare terrestri, di lasciarsi alle spalle questa meravigliosa quinta teatrale per scendere verso Trastevere, alla ricerca di un buon pezzo di pizza…
Archeologa, storica dell’arte, ricercatrice, progettista di formazione, docente, creatrice di contenuti e video, guida turistica autorizzata.