Lei che non tocca mai terra è il secondo libro del giovane scrittore salentino pubblicato da NNEditore a settembre 2021, candidato per la LXXVI edizione del Premio Strega grazie alla presentazione di Daniele Mencarelli che in finale alle sue motivazioni dichiara «Il sud di Donaera è il sud di ogni mondo su questa terra, gotico e bestemmiante, dove tutti, a partire da Dio, si negano all’uomo che brama di essere salvato, da sé stesso e da tutti i falsi profeti. Donaera è un narratore lirico come pochi altri in circolazione e questo suo viaggio risplende di luce propria.»
Andrea Donaera ha scritto un romanzo corale dove le voci dei diversi personaggi si intersecano come in una ragnatela e sbattono, rimbalzano, si rialzano e ricadono senza soluzione di continuità.
All’apparenza sembra che la protagonista centrale del romanzo sia Miriam, l’adolescente dormiente in stato comatoso su di un letto dalle lenzuola candide attorno alla quale si alternano il padre, la madre, il fidanzato e l’amica del cuore che sono le coscienze di Lucio, Mara, Andrea e Gabry. Ma, in effetti, il vero attore di Lei che non tocca mai terra non sono loro, bensì il coma stesso, quello stato di impotenza, quel muro di incomunicabilità, quel deserto di non-futuro che attanaglia ogni personaggio, che incombe sulla città di Gallipoli, che struscia tra le fronde degli uliveti salentini, che oscura l’orizzonte del mare.
Generazioni che si alternano, si rinnovano, si incastrano a forza bloccati in pregiudizi atavici, in silenzi ventennali, in depressioni abissali, dove una donna/moglie/mamma resta seduta immobile sul lato del divano in cui per l’ultima volta si è seduto il marito, dove il senso di colpa per non aver notato le pene corporali auto inflitte dalla sorella conducono un’intera famiglia a non guardarsi più negli occhi, dove si preferisce credere al potere di esorcizzare il Male attraverso le preghiere di un santone dalla lunga barba bianca.
“Mia madre è malata di vuoto. Quando mio padre ha sparato è successo che il proiettile ha fatto molti buchi: uno è nell’anima di mia madre – un altro nella mia testa.”
Alcune scene sono descritte con una ritmica tribale, simile ad una taranta, dove il ripetersi degli aggettivi, l’alternarsi dei verbi, sembrano girare in tondo sempre più velocemente fino ad esplodere. Scene dove non è difficile percepire in sottofondo anche lo strusciare dei piedi sul pavimento del palcoscenico di uno spettacolo teatrale. Ebbene sì, questo ultimo lavoro di Andrea Donaera potrebbe benissimo essere trasportato su di un palcoscenico così da far vibrare ogni spettatore, non solo dalle parole, ma anche dei gesti teatrali degli attori. L’intero romanzo mi è intriso di un ritmico tarantismo, coinvolgente e primordiale.
Lei che non tocca mai terra è un grido di dolore abbarbicato a diversi livelli nella società in cui viviamo; un urlo desideroso di rompere quel muro, di scoperchiare quel silenzio, di dare finalmente un indirizzo ad un futuro che scorre, caspita se scorre, se solo si avesse la forza di estirpare la paura dagli esseri umani affinché tornino a guardarsi negli occhi per parlarsi tra loro.
Andrea o Andrea, bravo davvero!
Social Media Manager e Scrittrice