A quando risale la prima rappresentazione della natività di Gesù?
Le più antiche testimonianze le troviamo nelle Catacombe di Priscilla, sull’antica via Salaria, a Roma. Esse risalgono a un periodo tra il II e il III secolo dopo Cristo.
Eccole a voi: una è l’Adorazione dei Magi, l’altra è la Madonna col Bambino e il profeta Balaam che addita una stella, ricordandoci la sua profezia: “una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele” (Num. 24,15-17).
Quest’ultima è anche la più antica immagine di Maria che ci sia pervenuta!
Le catacombe di Priscilla sono tra le più antiche di Roma e si dipanano su vari livelli per circa 13 chilometri.
Ci troviamo a circa 20 metri sotto terra, tra i cunicoli e le interminabili gallerie realizzate a partire dal II secolo utilizzando ambienti preesistenti, come l’ipogeo con le tombe degli Acili Glabrioni.
La Gens degli Acili Glabrioni era la famiglia di Priscilla, colei che concesse l’area per la realizzazione del cimitero cristiano.
Romana, moglie di un senatore, Priscilla protesse i primi cristiani dalle persecuzioni e ne accolse i corpi in queste cave di tufo di sua proprietà.
Molte furono le donne patrizie o comunque di alta estrazione sociale, che nell’antica Roma imperiale furono profondamente toccate dall’annuncio evangelico del Cristo e si profusero in donazioni e forme varie di partecipazione e sostegno alla nuova religione dal richiamo escatologico, che prometteva una vita di gioia e di ricompensa oltre il travaglio della vita terrena.
Una seconda tappa di questo ideale viaggio romano alla ricerca delle più antiche immagini del Natale ci porta alla basilica paleocristiana di S. Maria Maggiore.
Nell’anno 431 il Concilio di Efeso proclama Maria definendola con l’appellativo di “Theotòkos”, cioè Madre di Dio.
Il papa Sisto III ricostruisce immediatamente l’antica basilica già iniziata da Papa Liberio nel 352, dedicandola proprio a Maria e rivestendola di splendidi mosaici d’oro.
Nella navata centrale scorrono, in splendidi mosaici del V secolo, le storie dell’Antico Testamento.
Gli episodi evangelici sono rappresentati nell’arco trionfale, con colori vivaci e una grande vitalità, realizzati sempre nel V secolo.
Il mosaico dell’abside risale invece alla fine del XIII secolo, a opera di Jacopo Torriti, esponente della scuola pre-giottesca romana.
Qui ammiriamo gli episodi più importanti della vita di Maria e dell’infanzia di Gesù, culminanti nell’Incoronazione della Vergine.
Ma ecco il nostro punto di attenzione: sotto il catino absidale compare la scena della Natività.
Ai più attenti di voi non sfuggirà l’assoluta innovazione di questa rappresentazione, cui spetta il primato per la realizzazione di un “Presepe” vero e proprio.
Il Bambino, la mangiatoia gemmata, le bianche vesti, i quattro angeli, la stella, i Magi in abiti preziosi. Tutto è simbolico e allo stesso tempo vivo e concreto.
Maria è semi-sdraiata, come è naturale per una donna che ha appena partorito, ma nello stesso tempo appare circonfusa di umana regalità.
Giuseppe, seduto in basso, è rappresentato come sovrastato dalla potenza divina di quanto sta avvenendo…
Ecco affermarsi in questa iconografia il senso del compimento: si compie una promessa che potremmo laicamente definire apocalittica, ovvero di rivelazione:
“Un bambino è nato per noi, sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo dominio sul trono di Davide” (Is.9,5-6).
di Maria Cristina Zitelli
Archeologa, storica dell’arte, ricercatrice, progettista di formazione, docente, creatrice di contenuti e video, guida turistica autorizzata.