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L’ISOLA DEGLI ALBERI SCOMPARSI di Elif Shafak

By Silvia De Felice on 17 Dicembre 2021
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L’ISOLA DEGLI ALBERI SCOMPARSI di Elif Shafak

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L’ISOLA DEGLI ALBERI SCOMPARSI

di Elif Shafak

Ed. Rizzoli

 

 

Il tempo umano è lineare, un continuum uniforme tra un passato teoricamente finito e concluso e un futuro che si ritiene intatto, immacolato.

Il tempo arboreo è ciclico, ricorrente, perenne; passato e futuro respirano in un unico istante, e il futuro non scorre per forza in un’unica direzione…

Sono incompatibili, il tempo umano e il tempo vegetale.

 

L’isola degli alberi scomparsi di Elif Shafak è una bella lettura; la copertina mi aveva colpito mentre spulciavo in una libreria del quartiere romano del Testaccio. Lì per lì non l’ho acquistato, ma mi è rimasto dentro; poche settimane dopo l’ho ritrovato a casa di una cara amica, preso in prestito e letto, subito, tutto d’un fiato.

L’immagine rappresenta una pianta di fico, nata e cresciuta a Cipro, al sole, al caldo, tra amori, guerre, felicità e disperazione.

La pianta viene trapiantata in Inghilterra, rappresenta un filo che mantiene unite persone e ricordi di una terra lontana; il freddo e la nebbia non le hanno impedito di continuare a vivere, silenziosa testimone di dolori e gioie, nascite e morti.

Elif Shafak ci racconta le storie di famiglie, di amanti e di amici a Cipro, nella sua capitale Nicosia: l’unica città al mondo ancora divisa in due da una guerra che non ha riportato vittorie, ma solo sconfitti.

Due sono le voci narranti in questa storia: inizia Ada figlia di un amore che non conosce confini, etnie e religioni. Poi segue la pianta di fico, che fa da filo conduttore, osserva e vede tutto, ricorda. Un velo di mistero circonda questa pianta che sembra avere un’anima umana.

 

L’amore è una spavalda affermazione di speranza, e quando comandano morte e distruzione non si abbraccia la speranza.

Non si indossa il vestito più bello e non ci si infila un fiore tra i capelli quando si è circondati da schegge e rovine.

Non si regala il cuore quando ogni cuore deve restare sigillato, e soprattutto non a quelli che non credono nella nostra religione, non parlano la nostra lingua, non sono del nostro sangue.

 

L’isola degli alberi scomparsi  è scritto in modo liscio, non stucchevole né tantomeno lamentoso.

Ci immerge in vite segnate, a volte mortalmente, da un conflitto senza ragioni, perché la guerra non ne ha mai.

Elif Shafak ci fa commuovere, sperare e anche assaporare usi e costumi di popoli in effetti neanche troppo lontani; in questa bella storia, non ci sono né greci, né turchi, ma solo isolani, ciprioti.

Dopo il primo breve capitolo che fa da introduzione e anche quasi da riassunto, ci ritroviamo in una classe di un liceo, a fine 2010, a Londra: Ada, una delle due voci narranti, 16 anni all’improvviso emerge dal suo silenzio, e urla.

Un urlo che sconvolge chi ha intorno, un urlo che chiede verità, perché solo la verità potrà permettere ad Ada di superare la perdita e guardare fiduciosa verso il suo futuro.

Ho riflettuto molto sul titolo di questo romanzo, perché a Cipro non sono scomparsi gli alberi, a Cipro sono scomparse le persone.

 

 

SINOSSI

Siamo a Londra, e qui vive Ada, figlia sedicenne di Kostas, esule greco fuggito da Cipro durante la guerra.

Nella loro casa c’è una pianta di fico, sopravvissuta grazie ad una talea, trasportata nella stiva di un aereo e trapiantata a Londra; unico legame con quella terra dilaniata dal conflitto, e con quelle famiglie divisa da usi e religione.

A casa di Ada e Kostas arriverà improvvisamente Meryem, sorella di Dafne la madre turca cipriota di Ada, morta da pochi mesi.

Grazie alla zia, inizialmente quasi odiata, Ada prenderà consapevolezza delle sue origini e acquisterà quella coscienza di sé che gli era stata inibita da anni di silenzi.

 

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