Alessandro, 47 anni di Ardea, a Pomezia ha conseguito il diploma di tecnico per le industrie chimiche presso l’Istituto professionale ‘Cavazza’, attuale ‘Largo Brodolini’. Ha una sorella e un nipote che vivono a Roma, che vede poco per impegni di lavoro e di studio, ma che vorrebbe godersi di più, e molti passatempi: sport, cucina, informatica e la scrittura: è infatti tra gli autori del libro “A volo d’angelo” presentato da Pomezianews lo scorso agosto. La scelta di raccontarci il viaggio in Terra Santa nasce dalla forte spiritualità e dalle mille emozioni che gli sono rimaste nel cuore.
Direzione Terra Santa
Dopo il primo pellegrinaggio fatto in Terra Santa è nato il desiderio di un viaggio che non avesse i ritmi serrati dei viaggi organizzati, ma che fosse di sosta, preghiera, scoperta dei vicoli, degli odori e dei sapori del posto e della popolazione. Così è nato “il viaggio”, un breve soggiorno dal 18 al 22 marzo 2019, ma molto intenso e di una ricchezza unica. Siamo partiti in due dall’aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino, con una compagnia low cost e siamo atterrati a quello di Ben-Gurion di Tel Aviv. Con un po’ di inglese e una carta di credito abilitata al pagamento in shekel, la moneta locale, abbiamo preso un treno veloce che ci ha portato in poco tempo alla stazione di Gerusalemme. Li, con un tram, siamo arrivati al nostro alloggio: una struttura semplice e accogliente gestita dalle suore a due passi dalle mura della città vecchia. Ẻ iniziata così la nostra scoperta della città che da secoli ha il suo fascino e il suo punto di “convivenza impossibile’ tra ebrei, mussulmani e cristiani con ritmi e riti diversi, che dividono e uniscono il territorio e i suoi abitanti.
Verso Betlemme, in compagnia
In uno dei giorni di soggiorno decidemmo di visitare la vicina Betlemme. In attesa del bus per andare alla città natale di Gesù abbiamo iniziato a parlare in inglese con delle persone, scoprendo poi che una era brasiliana e l’altra italiana. Abbiamo fatto così il viaggio insieme. L’italiana, Pina, è una giovane donna che ha scelto di fare la volontaria in un orfanotrofio per bambini abbandonati di Gerusalemme. Dopo aver visitato la Basilica della Natività e pranzato insieme abbiamo deciso di visitare un luogo fuori programma, il monastero di San Saba. Dopo aver contrattato con un tassista la tariffa siamo partiti. Il percorso tra le due località è stato piuttosto accidentato, sia per la strada, in mezzo alle montagne del deserto, sia per la guida stile ‘safari’ del nostro autista, un tipo molto intraprendente che voleva portarci a casa dalla sua famiglia per poterci vendere oggetti e souvenir. Il tragitto nel territorio del deserto è stato qualcosa di inaspettato che ci ha lasciato a bocca aperta: l’area desertica è sicuramente un luogo inospitale, ma dove è possibile vivere! Un luogo dove la flora non manca e dove l’uomo è stato capace di costruire nel passato strutture dove abitare e ingegnarsi per raccogliere le acque piovane: abbondanti e torrenziali in alcuni momenti, assenti per la maggior parte dell’anno.
Tra le rocce e le rovine spunta all’improvviso il monastero greco-ortodosso di San Saba, fondato nel 438 D.C., costruito nel mezzo del deserto di Giudea. Il monastero rappresenta uno dei più importanti simboli cristiano-ortodossi del Medio Oriente, eretto da circa cinque mila monaci dediti a San Saba, il monaco che scelse di formare la propria comunità monastica in Terra Santa. I monaci che ancora oggi vivono lì mantengono ancora oggi la regola di non far entrare le donne nel monastero. Cosa che abbiamo scoperto una volta arrivati a destinazione. Il disappunto è stato di tutto il gruppo, ma le foto fatte ci hanno aiutato a condividere con la nostra compagna di viaggio la bellezza, la storia e l’arte del posto. Ancora oggi sono in contatto con Pina che mi porta a conoscenza della cronaca di quei luoghi, notizie che in Italia non arrivano, raccontandoci la difficoltà dei rapporti sociali e politici delle diverse fazioni, ma soprattutto di come vanno avanti i progetti a favore dei bambini della struttura dove presta servizio che vengono portati avanti grazie alle donazioni che arrivano da tutto il mondo. Mi sono reso disponibile a dare spazio ai suoi progetti per sostenere i bambini, e non appena il Covid lo permetterà darò il mio contributo.
Cosa ha riportato a casa
Ho riportato con me le forti emozioni che ho provato in questo viaggio ‘lento’, che mi ha permesso di gustare la bellezza dei luoghi ‘senza correre’, e mi ha dato l’opportunità di apprezzare le persone che vi abitano, e le loro vite che scorrono lentamente e intensamente.
Tra tutti i ricordi che porto dentro di me, il piacere di svegliarsi per andare alla messa delle 5 di mattina nella Basilica del Santo Sepolcro, immerso nel silenzio di quell’atmosfera unica e senza tempo.
Sociologa e formatrice, romana, ma da tanti anni a Pomezia, mi occupo di
comunicazione, viaggi e scienze sociali soprattutto su tematiche inerenti l’infanzia, l’adolescenza e le questioni di genere.