Ci sono voci che hanno bisogno di essere urlate così da oltrepassare le sbarre di un carcere, varcare i confini iraniani e irrompere nelle case, nelle teste, nell’animo e nei cuori di chi legge.
Leggere Diari dal carcere è prendere il testimone e trasformarsi nella voce di Sepideh Gholian perché a lei e alle altre detenute, è stata tolta anche la forza di urlare:
Ci picchiano da mezzogiorno alle 10 di sera. Temo che non resterò in vita. Dire che sono terrorizzata non basta davvero a esprimere ciò che provo. Sento qualcosa di caldo fuoriuscire dal mio corpo. Resto completamente muta, persino quando mi picchiano non riesco neppure a gemere.
Sepideh Gholian è una giornalista freelance iraniana arrestata nel 2018 perché ha documentato la mobilitazione del sindacato dei lavoratori della raffineria di zucchero Haft Tappeh. È stata detenuta in varie prigioni iraniane, tra cui quella tristemente famosa di Evin, ed ora sta scontando una pena detentiva nel carcere di Bushehr. Nel 2020, approfittando di un periodo di libertà provvisoria, è riuscita a far pubblicare questi diari dal carcere. Per la pubblicazione di questo volume è sotto processo per “diffusione di propaganda e falsità”.
Diari dal carcere raccogliere stralci, sensazioni, brevi descrizioni, illustrazioni e testimonianze di altre donne, di altri dolori, di torture, di morte. È la storia di Sahba, Khulud, Maryam Hamadi, Somayeh Hardani, Zohra Hosseini, Makieh Nisi, Elahe Darvishi, Amineh Zaheri Sari, Sakineh Saguri, Masumeh Saidavi. Donne dai nomi inpronunciabili, alcune morte per impiccagione mentre altre sono in attesa di scontare lunghi anni di detenzione. Sono giovani, giovanissime. Alcune partoriscono in carcere e, in automatico, anche il proprio figlio viene accusato del medesimo reato della madre.
È un volume che trascina negli odori, nella solitudine, nella follia di un regime cieco e totalitario che priva della libertà ma anche della forza di volontà di combattere. Donne private della loro vita e senza alcun futuro.
Ormai, non fa più differenza che una persona sia in prigione oppure no, il solo fatto di vivere in Iran ci rende prigionieri.
Una nazione dove la condizione di inferiorità e sottomissione della donna è una consuetudine perché educate a quello sguardo verso terra, a quel capo chino, a quella continua e peritura tortura psicologica che non lascia via di scampo.
Una nazione intrisa dalla cultura sull’inferiorità delle donne che avvilisce e incupisce al punto da lasciar sognare a Sepideh di quando era a casa, libera, e i suoi fratelli la picchiavano senza alcun motivo, così, di punto in bianco, e di come quelle percosse fossero così forti da farle perdere i sensi.
Una nazione in cui una donna non si libera da quello stato psicologico di sottomissione neanche in punto di morte:
Ogni detenuta donna porta sempre la tortura con sé come un macigno sulle spalle. Ma nel caso di una donna araba detenuta, è come se venisse annichilita sotto la tortura. Emaciata e insanguinata, trascina la tortura con sé attraverso i corridoi del centro di detenzione; persino in punto di morte la tormenta il senso di colpa: che non le fuoriescano i capelli da sotto il velo!
Leggere Diari dal carcere non è piacevole perché non è finzione; leggere è quasi un dovere perché è farsi carico del loro silenzio e amplificarlo; leggere Diari dal carcere è dare voce a chi non ha più voce.
Diari dal carcere è una iniziativa dall’associazione Librerie in Comune di Udine e del festival vicino/lontano, con il patrocinio di Amnesty International Italia e sostenuto da una campagna di crowdfunding sulla piattaforma Ideaginger.it.
Il ricavato della vendita del libro è destinato a coprire le spese legali di Sepideh Gholian e una quota sarà destinata a Amensty International.
Diari dal carcere è pubblicato in prima edizione mondiale da Gaspari Editore ed è un libro che lascia il segno.
Social Media Manager e Scrittrice